D.Lgs.
9 Aprile 2008, n. 81
Attuazione dell'articolo 1 della
legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza
nei luoghi di lavoro.
Data Emanazione: 09/04/2008
Data Pubblicazione: 30/04/2008
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Indice degli Allegati
Titolo I
PRINCIPI COMUNI
Capo I
Disposizioni generali
Art.1.
Finalità
Art.2. Definizioni
Art.3. Campo di applicazione
Art.4. Computo dei lavoratori
Capo II
Sistema istituzionale
Art.5.
Comitato per l'indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento
nazionale delle attivita' di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul
lavoro
Art.6. Commissione consultiva permanente per la
salute e sicurezza sul lavoro
Art.7. Comitati regionali di coordinamento
Art.8. Sistema informativo nazionale per la prevenzione
nei luoghi di lavoro
Art.9. Enti pubblici aventi compiti in materia di
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
Art.10. Informazione e assistenza in materia di
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
Art.11. Attività promozionali
Art.12. Interpello
Art.13. Vigilanza
Art.14. Disposizioni per il contrasto del lavoro
irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori
Capo III
Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro
Sezione I
MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI
Art.15.
Misure generali di tutela
Art.16. Delega di funzioni
Art.17. Obblighi del datore di lavoro non delegabili
Art.18. Obblighi del datore di lavoro e del dirigente
Art.19. Obblighi del preposto
Art.20. Obblighi dei lavoratori
Art.21. Disposizioni relative ai componenti dell'impresa
familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile e ai lavoratori autonomi
Art.22. Obblighi dei progettisti
Art.23. Obblighi dei fabbricanti e dei fornitori
Art.24. Obblighi degli installatori
Art.25. Obblighi del medico competente
Art.26. Obblighi connessi ai contratti d'appalto
o d'opera o di somministrazione
Art.27. Sistema di qualificazione delle imprese
e dei lavoratori autonomi
Sezione II
VALUTAZIONE DEI RISCHI
Art.28. Oggetto della valutazione
dei rischi
Art.29. Modalita' di effettuazione della valutazione
dei rischi
Art.30. Modelli di organizzazione e di gestione
Sezione III
SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
Art.31.
Servizio di prevenzione e protezione
Art.32. Capacita' e requisiti professionali degli
addetti e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni ed
esterni
Art.33. Compiti del servizio di prevenzione e protezione
Art.34. Svolgimento diretto da parte del datore
di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi
Art.35. Riunione periodica
Sezione IV
FORMAZIONE, INFORMAZIONE E ADDESTRAMENTO
Art.36.
Informazione ai lavoratori
Art.37. Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti
Sezione V
SORVEGLIANZA SANITARIA
Art.38.
Titoli e requisiti del medico competente
Art.39. Svolgimento dell'attivita' di medico competente
Art.40. Rapporti del medico competente con il Servizio
sanitario nazionale
Art.41. Sorveglianza sanitaria
Art.42. Provvedimenti in caso di inidoneita' alla
mansione specifica
Sezione VI
GESTIONE DELLE EMERGENZE
Art.43.
Disposizioni generali
Art.44. Diritti dei lavoratori in caso di pericolo
grave e immediato
Art.45. Primo soccorso
Art.46. Prevenzione incendi
Sezione VII
CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI
Art.47.
Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
Art.48. Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
territoriale
Art.49. Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
di sito produttivo
Art.50. Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza
Art.51. Organismi paritetici
Art.52. Sostegno alla piccola e media impresa,
ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali e alla pariteticita'
Sezione VIII
DOCUMENTAZIONE TECNICO AMMINISTRATIVA E STATISTICHE DEGLI INFORTUNI E DELLE
MALATTIE PROFESSIONALI
Art.53.
Tenuta della documentazione
Art.54. Comunicazioni e trasmissione della documentazione
Capo IV
Disposizioni penali
Sezione I
SANZIONI
Art.55.
Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente
Art.56. Sanzioni per il preposto
Art.57. Sanzioni per i progettisti, i fabbricanti
i fornitori e gli installatori
Art.58. Sanzioni per il medico competente
Art.59. Sanzioni per i lavoratori
Art.60. Sanzioni per i componenti dell'impresa
familiare, i lavoratori autonomi, i piccoli imprenditori e i soci delle societa'
semplici operanti nel settore agricolo
Sezione II
DISPOSIZIONI IN TEMA DI PROCESSO PENALE
Art.61. Esercizio dei diritti
della persona offesa
Titolo II
LUOGHI DI LAVORO
Capo I
Disposizioni generali
Art.62. Definizioni
Art.63. Requisiti di salute e di sicurezza
Art.64. Obblighi del datore di lavoro
Art.65. Locali sotterranei o semisotterranei
Art.66. Lavori in ambienti sospetti di inquinamento
Art.67. Notifiche all'organo di vigilanza competente
per territorio
Capo II
Sanzioni
Art.68. Sanzioni per il datore
di lavoro
Titolo III
USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
Capo I
Uso delle attrezzature di lavoro
Art.69. Definizioni
Art.70. Requisiti di sicurezza
Art.71. Obblighi del datore di lavoro
Art.72. Obblighi dei noleggiatori e dei concedenti
in uso
Art.73. Informazione e formazione
Capo II
Uso dei dispositivi di protezione individuale
Art.74. Definizioni
Art.75. Obblighi di uso
Art.76. Requisiti dei DPI
Art.77. Obblighi del datore di lavoro
Art.78. Obblighi dei lavoratori
Art.79. Criteri per l'individuazione e l'uso
Capo III
Impianti e apparecchiature elettriche
Art.80. Obblighi del datore
di lavoro
Art.81. Requisiti di sicurezza
Art.82. Lavori sotto tensione
Art.83. Lavori in prossimita' di parti attive
Art.84. Protezione dai fulmini
Art.85. Protezione di edifici, impianti strutture ed attrezzature
Art.86. Verifiche
Art.87. Sanzioni a carico del datore di lavoro
Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili
Art.88. Campo di applicazione
Art.89. Definizioni
Art.90. Obblighi del committente o del responsabile dei lavori
Art.91. Obblighi del coordinatore per la progettazione
Art.92. Obblighi del coordinatore per l'esecuzione dei lavori
Art.93. Responsabilita' dei committenti e dei responsabili dei
lavori
Art.94. Obblighi dei lavoratori autonomi
Art.95. Misure generali di tutela
Art.96. Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti
Art.97. Obblighi del datore di lavoro dell'impresa affidataria
Art.98. Requisiti professionali del coordinatore per la progettazione
del coordinatore per l'esecuzione dei lavori
Art.99. Notifica preliminare
Art.100. Piano di sicurezza e di coordinamento
Art.101. Obblighi di trasmissione
Art.102. Consultazione dei rappresentanti per la sicurezza
Art.103. Modalita' di previsione dei livelli di emissione sonora
Art.104. Modalita' attuative di particolari obblighi
Capo II
Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni e nei
lavori in quota
Sezione I
Campo di applicazione
Art.105. Attività soggette
Art.106. Attività escluse
Art.107. Definizioni
Sezione II
Disposizioni di carattere generale
Art.108. Viabilità nei cantieri
Art.109. Recinzione del cantiere
Art.110. Luoghi di transito
Art.111. Obblighi del datore di lavoro nell'uso di attrezzature
per lavori in quota
Art.113. Scale
Art.114. Protezione dei posti di lavoro
Art.115. Sistemi di protezione contro le cadute dall'alto
Art.116. Obblighi dei datori di lavoro concernenti l'impiego
di sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi
Art.117. Lavori in prossimita' di parti attive
Sezione III
Scavi e fondazioni
Art.118. Splateamento e sbancamento
Art.119. Pozzi, scavi e cunicoli
Art.120. Deposito di materiali in prossimita' degli scavi
Art.121. Presenza di gas negli scavi
Sezione IV
Ponteggi e impalcature in legname
Art.122. Ponteggi ed opere provvisionali
Art.123. Montaggio e smontaggio delle opere provvisionali
Art.124. Deposito di materiali sulle impalcature
Art.125. Disposizione dei montanti
Art.126. Parapetti
Art.127. Ponti a sbalzo
Art.128. Sottoponti
Art.129. Impalcature nelle costruzioni in conglomerato cementizio
Art.130. Andatoie e passerelle
Sezione V
Ponteggi fissi
Art.131. Autorizzazione alla costruzione
ed all'impiego
Art.132. Relazione tecnica
Art.133. Progetto
Art.134. Documentazione
Art.135. Marchio del fabbricante
Art.136. Montaggio e smontaggio
Art.137. Manutenzione e revisione
Art.138. Norme particolari
Sezione VI
Ponteggi movibili
Art.139. Ponti su cavalletti
Art.140. Ponti su ruote a torre
Sezione VII
Costruzioni edilizie
Art.141. Strutture speciali
Art.142. Costruzioni di archi, volte e simili
Art.143. Posa delle armature e delle centine
Art.144. Resistenza delle armature
Art.145. Disarmo delle armature
Art.146. Difesa delle aperture
Art.147. Scale in muratura
Art.148. Lavori speciali
Art.149. Paratoie e cassoni
Sezione VIII
Demolizioni
Art.150. Rafforzamento delle strutture
Art.151. Ordine delle demolizioni
Art.152. Misure di sicurezza
Art.153. Convogliamento del materiale di demolizione
Art.154. Sbarramento della zona di demolizione
Art.155. Demolizione per rovesciamento
Art.156. Verifiche
Capo III
Sanzioni
Art.157. Sanzioni per i committenti e i
responsabili dei lavori
Art.158. Sanzioni per i coordinatori
Art.159. Sanzioni per i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti
Art.160. Sanzioni per i lavoratori
Titolo V
SEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
Capo I
Disposizioni generali
Art.161. Campo di applicazione
Art.162. Definizioni
Art.163. Obblighi del datore di lavoro
Capo II
Sanzioni
Art.165. Sanzioni a carico del datore di
lavoro e del dirigente
Art.166. Sanzioni a carico del preposto
Titolo VI
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
Capo I
Disposizioni generali
Art.167. Campo di applicazione
Art.168. Obblighi del datore di lavoro
Art.169. Informazione, formazione e addestramento
Capo II
Sanzioni
Art.170. Sanzioni a carico del datore di
lavoro e del dirigente
Art.171. Sanzioni a carico del preposto
Titolo VII
ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI
Capo I
Disposizioni generali
Art.172. Campo di applicazione
Art.173. Definizioni
Capo II
Obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti
Art.174. Obblighi del datore di lavoro
Art.175. Svolgimento quotidiano del lavoro
Art.176. Sorveglianza sanitaria
Art.177. Informazione e formazione
Capo III
Sanzioni
Art.178.Sanzioni a carico del datore di
lavoro e del dirigente
Art.179. Sanzioni a carico del preposto
Titolo VIII
AGENTI FISICI
Capo I
Disposizioni generali
Art.180. Definizioni e campo di applicazione
Art.181. Valutazione dei rischi
Art.182. Disposizioni miranti ad eliminare o ridurre i rischi
Art.183. Lavoratori particolarmente sensibili
Art.184. Informazione e formazione dei lavoratori
Art.185. Sorveglianza sanitaria
Art.186. Cartella sanitaria e di rischio
Capo II
Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il
lavoro
Art.187. Campo di applicazione
Art.188. Definizioni
Art.189. Valori limite di esposizione e valori di azione
Art.190. Valutazione del rischio
Art.191. Valutazione di attivita' a livello di esposizione molto
variabile
Art.192. Misure di prevenzione e protezione
Art.193. Uso dei dispositivi di protezione individuali
Art.194. Misure per la limitazione dell'esposizione
Art.195. Informazione e formazione dei lavoratori
Art.196. Sorveglianza sanitaria
Art.197. Deroghe
Art.198. Linee Guida per i settori della musica delle attivita'
ricreative e dei call center
Capo III
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni
Art.199. Campo di applicazione
Art.200. Definizioni
Art.201. Valori limite di esposizione e valori d'azione
Art.202. Valutazione dei rischi
Art.203. Misure di prevenzione e protezione
Art.204. Sorveglianza sanitaria
Art.205. Deroghe
Capo IV
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici
Art.206. Campo di applicazione
Art.207. Definizioni
Art.208. Valori limite di esposizione e valori d'azione
Art.209. Identificazione dell'esposizione e valutazione dei rischi
Art.210. Misure di prevenzione e protezione
Art.211. Sorveglianza sanitaria
Art.212. Linee guida
Capo V
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni ottiche artificiali
Art.213. Campo di applicazione
Art.214. Definizioni
Art.215. Valori limite di esposizione
Art.216. Identificazione dell'esposizione e valutazione dei rischi
Art.217. Disposizioni miranti ad eliminare o a ridurre i rischi
Art.218. sorveglianza sanitaria
Capo VI
Sanzioni
Art.219. Sanzioni a carico del datore di
lavoro e del dirigente
Art.220. Sanzioni a carico del medico competente
Titolo IX
SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I
Protezione da agenti chimici
Art.221. Campo di applicazione
Art.222. Definizioni
Art.223. Valutazione dei rischi
Art.224. Misure e principi generali per la prevenzione dei rischi
Art.225. Misure specifiche di protezione e di prevenzione
Art.226. Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze
Art.227. Informazione e formazione per i lavoratori
Art.228. Divieti
Art.229. Sorveglianza sanitaria
Art.230. Cartelle sanitarie e di rischio
Art.231. Consultazione e partecipazione dei lavoratori
Art.232. Adeguamenti normativi
Capo II
Protezione da agenti cancerogeni e mutageni
Sezione I
Disposizioni generali
Art.233. Campo di applicazione
Art.234. Definizioni
Sezione II
Obblighi del datore di lavoro
Art.235. Sostituzione e riduzione
Art.236. Valutazione del rischio
Art.237. Misure tecniche, organizzative, procedurali
Art.238. Misure tecniche
Art.239. Informazione e formazione
Art.240. Esposizione non prevedibile
Art.241. Operazioni lavorative particolari
Sezione III
Sorveglianza sanitaria
Art.242. Accertamenti sanitari e norme preventive
e protettive specifiche
Art.243. Registro di esposizione e cartelle sanitarie
Art.244. Registrazione dei tumori
Art.245. Adeguamenti normativi
Capo III
Protezione dai rischi connessi all'esposizione all'amianto
Sezione I
Disposizioni generali
Art.246. Campo di applicazione
Art.247. Definizioni
Sezione II
Obblighi del datore di lavoro
Art.248. Individuazione della presenza di
amianto
Art.249. Valutazione del rischio
Art.250. Valutazione del rischio
Art.251. Misure di prevenzione e protezione
Art.252. Misure igieniche
Art.253. Controllo dell'esposizione
Art.254. Valore limite
Art.255. Operazioni lavorative particolari
Art.256. Lavori di demolizione o rimozione dell'amianto
Art.257. Informazione dei lavoratori
Art.258. Formazione dei lavoratori
Art.259. Sorveglianza sanitaria
Art.260. Registro di esposizione e cartelle sanitarie e di rischio
Art.261. Mesoteliomi
Capo IV
Sanzioni
Art.262. Sanzioni per il datore di lavoro
e il dirigente
Art.263. Sanzioni per il preposto
Art.264. Sanzioni per il medico competente
Art.265. Sanzioni per i lavoratori
Titolo X
ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI
Capo I
Art.266. Campo di applicazione
Art.267. Definizioni
Art.268. Classificazione degli agenti biologici
Art.269. Comunicazione
Art.270. Autorizzazione
Capo II
Obblighi del datore di lavoro
Art.271. Valutazione del rischio
Art.272. Misure tecniche, organizzative, procedurali
Art.273. Misure igieniche
Art.274. Misure specifiche per strutture sanitarie e veterinarie
Art.275. Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari
Art.276. Misure specifiche per i processi industriali
Art.277. Misure di emergenza
Art.278. Informazioni e formazione
Capo III
Sorveglianza sanitari
Art.279. Prevenzione e controllo
Art.280. Registri degli esposti e degli eventi accidentali
Art.281. Registro dei casi di malattia e di decesso
Capo IV
Sanzioni
Art.282. Sanzioni a carico dei datori di
lavoro e dei dirigenti
Art.283. Sanzioni a carico dei preposti
Art.284. Sanzioni a carico del medico competente
Art.285. Sanzioni a carico dei lavoratori
Art.286. Sanzioni concernenti il divieto di assunzione in luoghi
esposti
Titolo XI
PROTEZIONE DA ATMOSFERE ESPLOSIVE
Capo I
Disposizioni generali
Art.287. Campo di applicazione
Art.288. Definizioni
Capo II
Obblighi del datore di lavoro
Art.289. Prevenzione e protezione contro
le esplosioni
Art.290. Valutazione dei rischi di esplosione
Art.291. Obblighi generali
Art.292. Coordinamento
Art.293. Aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive
Art.294. Documento sulla protezione contro le esplosioni
Art.295. Termini per l'adeguamento
Art.296. Verifiche
Capo III
Sanzioni
Art.297. Sanzioni a carico dei datori di
lavoro e dei dirigenti
Titolo XII
DISPOSIZIONI IN MATERIA PENALE E DI PROCEDURA PENALE
Art.298. Principio di specialita'
Art.299. Esercizio di fatto di poteri direttivi
Art.300. Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231
Art.301. Applicabilita' delle disposizioni di cui agli articoli
20 e seguenti del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758
Art.302. Definizione delle contravvenzioni punite con la sola
pena dell'arresto
Art.303. Circostanza attenuante
Titolo XIII
NORME TRANSITORIE E FINALI
Art.304. Abrogazioni
Art.305. Clausola finanziaria
Art.306. Disposizioni finali
Allegato I - Gravi violazioni ai fini dell’adozione del
provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale
Allegato II - Casi in cui è consentito lo svolgimento diretto
da parte del datore di lavoro dei compiti prevenzione e protezione dai rischi
(art.10)
Allegato IIIA - Cartella sanitaria e di rischio
Allegato IIIB - Informazioni relative ai dati aggregati sanitari
e di rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria
Allegato IV - Requisiti dei luoghi di lavoro
1. AMBIENTI DI LAVORO
2. PRESENZA NEI LUOGHI DI LAVORO DI AGENTI NOCIVI
3. VASCHE, CANALIZZAZIONI, TUBAZIONI, SERBATOI, RECIPIENTI,
SILOS
4. MISURE CONTRO L’INCENDIO E L’ESPLOSIONE
5. PRIMO SOCCORSO
6. DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE AZIENDE AGRICOLE
PARTE I
REQUISITI GENERALI APPLICABILI A TUTTE LE ATTREZZATURE DI LAVORO
1. Osservazioni di carattere generale
2. Sistemi e dispositivi di comando
3. Rischi di rottura, proiezione e caduta di oggetti durante il funzionamento
4. Emissioni di gas, vapori, liquidi, polvere, ecc.
5. Stabilità
6. Rischi dovuti agli elementi mobili
7. Illuminazione
8.Temperature estreme
9. Segnalazioni, indicazioni.
10. Vibrazioni
11. Manutenzione, riparazione, regolazione ecc.
12. Incendio ed esplosione
PARTE II
PRESCRIZIONI SUPPLEMENTARI APPLICABILI AD ATTREZZATURE DI LAVORO SPECIFICHE
1 Prescrizioni applicabili alle attrezzature in pressione
2 Prescrizioni applicabili ad attrezzature di lavoro mobili, semoventi o no.
3.1 Prescrizioni generali
4 Prescrizioni applicabili alle attrezzature di lavoro adibite al sollevamento
di persone e di persone e cose.
5 Prescrizioni applicabili a determinate attrezzature di lavoro
5.1 Mole abrasive
5.2 Bottali, impastatrici, gramolatrici e macchine simili
5.3 Macchine di fucinatura e stampaggio per urto
5.4 Macchine utensili per metalli
5.5 Macchine utensili per legno e materiali affini
5.6 Presse e cesoie
5.7 Frantoi, disintegratori, molazze e polverizzatori
5.8 Macchine per centrifugare e simili
5.9 Laminatoi, rullatrici, calandre e cilindri
5.10 Apritoii, battitoi, carde, sfilacciatrici, pettinatrici e macchine simili
5.11 Macchine per filare e simili
5.12 Telai meccanici di tessitura
5.13 Macchine diverse
5.14 Impianti ed operazioni di saldatura o taglio ossiacetilenica ossidrica,
elettrica e simili
5.15 Forni e stufe di essiccamento o di maturazione
5.16 Impianti macchine ed apparecchi elettrici
Allegato VI - Disposizioni concernenti l'uso delle attrezzature di lavoro
Osservazione preliminare
1 Disposizioni generali applicabili a tutte le attrezzature di lavoro
1.1 Installazione, disposizione e uso.
1.2 Operazioni di montaggio e smontaggio.
1.3 Illuminazione
1.4 Avviamento
1.5 Rischio di proiezione di oggetti
1.6 Rischi dovuti agli elementi mobili
1.7 Rischio di caduta di oggetti
1.8 Materie e prodotti pericolosi e nocivi
1.9 Rischio da spruzzi e investimento da materiali incandescenti
2 Disposizioni concernenti l’uso delle attrezzature di lavoro mobili,
semoventi o no.
3 Disposizioni concernenti l’uso delle attrezzature di lavoro che servono
a sollevare carichi
3.1 Disposizioni di carattere generale
3.2 Attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati
4 Disposizioni concernenti l’uso delle attrezzature di lavoro che servono
a sollevare persone
5 Disposizioni concernenti l’uso di determinate attrezzature di lavoro
6 Rischi per Energia elettrica
7 Materie e prodotti infiammabili o esplodenti
8 Impianti ed operazioni di saldatura ossiacetilenica, ossidrica e simili
9 Macchine utensili per legno e materiali affini
10 Macchine per filare e simili
11 Impianti ed operazioni di saldatura o taglio ossiacetilenica ossidrica, elettrica
e simili
Allegato VII - Verifiche di attrezzature
Allegato VIII
1. Schema indicativo per l'inventario dei rischi ai fini dell'impiego
di attrezzature di protezione individuale
2. Elenco indicativo e non esauriente delle attrezzature di
protezione individuale
Dispositivi di protezione della testa
Dispositivi di protezione dell'udito
Dispositivi di protezione degli occhi e del viso
Dispositivi di protezione delle vie respiratorie
Dispositivi di protezione delle mani e delle braccia
Dispositivi di protezione dei piedi e delle gambe
Dispositivi di protezione amovibili del collo del piede
Dispositivi di protezione della pelle
Dispositivi di protezione del tronco e dell'addome
Dispositivi dell'intero corpo
Dispositivo di sostegno del corpo (imbracatura di sicurezza)
Indumenti di protezione
3. Elenco indicativo e non esauriente delle attività
e dei settori di attività per i quali può rendersi necessario
mettere a disposizione attrezzature di protezione individuale
1. Protezione del capo (protezione del cranio)
2. Protezione del piede
3. Protezione degli occhi o del volto
4. Protezione delle vie respiratorie
5. Protezione dell'udito
6. Protezione del tronco, delle braccia e delle mani
7. Indumenti di protezione contro le intemperie
8. Indumenti fosforescenti
9. Attrezzatura di protezione anticaduta (imbracature di sicurezza)
10. Attacco di sicurezza con corda
11. Protezione dell'epidermide
4) Indicazioni non esaurienti per la valutazione dei dispositivi di protezione
individuale
1. Elmetti di protezione per l’industria
2. Occhiali protettivi e schermi per la protezione del viso
3. Otoprotettori
4. Dispositivi di protezione delle vie respiratorie
5. Guanti di protezione
6. Calzature per uso professionale
7. Indumenti di protezione
8. Giubbotti di salvataggio per l’industria
9. Dispositivi di protezione contro le cadute dall’alto
Allegato IX
Tab. 1 allegato IX – Distanze di sicurezza da parti attive di linee elettriche
e di impianti elettrici non protette o non sufficientemente protette.
Allegato X - Elenco dei lavori edili o di ingegneria civile di
cui all'articolo 89 comma 1, lettera a)
Allegato XI - Elenco dei lavori comportanti rischi particolari
per la sicurezza e la salute dei lavoratori di cui all'articolo 100, comma 1
Allegato XII - Contenuto della notifica preliminare di cui all'articolo
99
Allegato XIII - Prescrizioni di sicurezza e di salute per la
logistica di cantiere
Prescrizioni per i servizi igienico-assistenziali a disposizione dei lavoratori
nei cantieri
Prescrizioni per i posti di lavoro nei cantieri
Allegato XIV - Contenuti minimi del corso di formazione per i coordinatori per
la progettazione e per l’esecuzione dei lavori
PARTE TEORICA
Modulo giuridico per complessive 28 ore
Modulo tecnico per complessive 52 ore
Modulo metodologico/organizzativo per complessive 16 ore
PARTE PRATICA per complessive 24 ore
VERIFICA FINALE DI APPRENDIMENTO
MODALITÀ DI SVOLGIMENTO DEI CORSI
Allegato XV - Contenuti minimi dei piani di sicurezza nei cantieri
temporanei o mobili
1. DISPOSIZIONI GENERALI
2. PIANO DI SICUREZZA E DI COORDINAMENTO
3. - PIANO DI SICUREZZA SOSTITUTIVO E PIANO OPERATIVO DI SICUREZZA
4. - STIMA DEI COSTI DELLA SICUREZZA
Allegato XVI - Fascicolo con le caratteristiche dell'opera
I. Introduzione.
II. Contenuti.
Il fascicolo comprende tre capitoli:
CAPITOLO I
Modalità per la descrizione dell'opera e l’individuazione dei soggetti
interessati.
CAPITOLO II
Individuazione dei rischi, delle misure preventive e protettive in dotazione
dell’opera e di quelle ausiliarie.
CAPITOLO III
Indicazioni per la definizione dei riferimenti della documentazione di supporto
esistente.
Allegato XVII - Idoneità tecnico professionale
Allegato XVIII - Viabilità nei cantieri, ponteggi e
trasporto dei materiali
1. Viabilità nei cantieri
2. Ponteggi
3. Trasporto dei materiali
3.1. Castelli per elevatori
Allegato XIX - Verifiche di sicurezza dei ponteggi metallici
fissi
Allegato XX
A. Costruzione e impiego di scale portatili
B. Autorizzazione ai laboratori di certificazione (concernenti ad esempio: scale,
puntelli, ponti su ruote a torre e ponteggi)
INTRODUZIONE
SOGGETTI FORMATORI, DURATA, INDIRIZZI E REQUISITI MINIMI DEI CORSI DI FORMAZIONE
TEORICO-PRATICO PER LAVORATORI E PREPOSTI ADDETTI AL MONTAGGIO / SMONTAGGIO
/ TRASFORMAZIONE DI PONTEGGI (articolo 136 comma 8)
1. INDIVIDUAZIONE DEI SOGGETTI FORMATORI E SISTEMA DI ACCREDITAMENTO
2. INDIVIDUAZIONE E REQUISITI DEI DOCENTI
3. INDIRIZZI E REQUISITI MINIMI DEI CORSI
3.1 ORGANIZZAZIONE
3.2. ARTICOLAZIONE DEL PERCORSO FORMATIVO
3.3 METODOLOGIA DIDATTICA
4. PROGRAMMA DEI CORSI
PONTEGGI - 28 ORE
5. VALUTAZIONE E CERTIFICAZIONE
6. MODULO DI AGGIORNAMENTO
7. REGISTRAZIONE SUL LIBRETTO FORMATIVO DEL CITTADINO
SOGGETTI FORMATORI, DURATA, INDIRIZZI E REQUISITI MINIMI DEI CORSI DI FORMAZIONE
TEORICO-PRATICO PER LAVORATORI ADDETTI AI SISTEMI DI ACCESSO E POSIZIONAMENTO
MEDIANTE FUNI (art. 116, comma 4)
1. INDIVIDUAZIONE DEI SOGGETTI FORMATORI E SISTEMA DI ACCREDITAMENTO
2. INDIVIDUAZIONE E REQUISITI DEI DOCENTI
3. DESTINATARI DEI CORSI
4. INDIRIZZI E REQUISITI MINIMI DEI CORSI
4.1 ORGANIZZAZIONE
4.2. ARTICOLAZIONE DEL PERCORSO FORMATIVO
4.3 METODOLOGIA DIDATTICA
5. PROGRAMMA DEI CORSI (PER LAVORATORI)
6. VALUTAZIONE E CERTIFICAZIONE
7. MODULO DI AGGIORNAMENTO
8. REGISTRAZIONE SUL LIBRETTO FORMATIVO DEL CITTADINO
MODULO DI FORMAZIONE SPECIFICO TEORICO-PRATICO PER PREPOSTI CON FUNZIONE DI SORVEGLIANZA DEI LAVORI ADDETTI AI SISTEMI DI ACCESSO E POSIZIONAMENTO MEDIANTE FUNI (art. 116 comma 4)
MODULO DI AGGIORNAMENTO
Allegato XXII - Contenuti minimi del Pi.M.U.S.
Allegato XXIII - Deroga ammessa per i ponti su ruote a torre
Allegato XXIV - Prescrizioni generali per la segnaletica di
sicurezza
Allegato XXV - Prescrizioni generali per i cartelli segnaletici
Allegato XXVI - Prescrizioni per la segnaletica dei contenitori
e dellle tubazioni
Allegato XXVII - Prescrizioni per la segnaletica destinata
ad identificare e ad indicare l'ubicazione delle attrezzature antincendio
Allegato XXVIII - Prescrizioni per la segnalazione di ostacoli
di punti di pericolo e per la segnalazione delle vie di circolazione
Allegato XXIX - Prescrizioni per i segnali luminosi
Allegato XXX - Prescrizioni per i segnali acustici
Allegato XXXI - Prescrizioni per la comunicazione verbale
Allegato XXXII - Prescrizioni per i segnali gestuali
Allegato XXXIII
Allegato XXXIV - Requisiti minimi
1. Attrezzature
2. Ambiente
3. Interfaccia elaboratore/uomo
Allegato XXXV
A. Vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio.
B. Vibrazioni trasmesse al corpo intero.
Allegato XXXVI - Valori limite di esposizione e valori di
azione per i campi elettromagnetici
Allegato XXXVII - Radiazioni ottiche
Allegato XXXVIII - Valori limite di esposizione professionale
Allegato XXXIX - Valori limite biologici obbligatori e procedure
di sorveglianza sanitaria
Allegato XL - Divieti
a) Agenti chimici
b) Attività lavorative: Nessuna
Allegato XLI
Allegato XLII - Elenco di sostanze, preparati e processi
Allegato XLIII - Valori limite di esposizione professionale
Allegato XLIV - Elenco esemplificativo di attività lavorative
che possono comportare la presenza di agenti biologici
Allegato XLV - Segnale di rischio biologico
Allegato XLVI - Elenco degli agenti biologici classificati
VIRUS
PARASSITI
FUNGHI
Allegato XLVII - Specifiche sulle misure di contenimento e
sui livelli di contenimento
Allegato XLVIII - Specifiche per processi industriali
Allegato XLIX - Ripartizione delle aree in cui possono formarsi
atmosfere esplosive
Allegato L (articolo 293, articolo 294, comma 2, lettera d), articolo
295, commi 1 e 2)
A. PRESCRIZIONI MINIME PER IL MIGLIORAMENTO DELLA PROTEZIONE DELLA SICUREZZA
E DELLA SALUTE DEI LAVORATORI CHE POSSONO ESSERE ESPOSTI AL RISCHIO DI ATMOSFERE
ESPLOSIVE.
B. CRITERI PER LA SCELTA DEGLI APPARECCHI E DEI SISTEMI DI PROTEZIONE.
D.Lgs. 9 Aprile 2008, n. 81
Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di
tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Data Emanazione: 09/04/2008
Data Pubblicazione: 30/04/2008
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76, 87 e 117 della Costituzione;
Vista la legge 3 agosto 2007, n. 123, recante: misure in tema di tutela della
salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la
riforma della normativa in materia;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, recante:
norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, recante:
norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, recante
norme generali per l'igiene del lavoro;
Visto il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, recante: attuazione delle
direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE,
in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione
ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell'articolo
7 della legge 30 luglio 1990, n. 212;
Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, recante: attuazione
delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE,
90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE,
99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE, 2003/18/CE e 2004/40/CE riguardanti
il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro;
Visto il decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, recante: modificazioni
alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro;
Visto il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493, recante attuazione della
direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di
sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro;
Visto il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, recante attuazione della
direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute
da attuare nei cantieri temporanei o mobili;
Visto il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante disciplina della
responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche, delle societa' e delle
associazioni anche prive di personalita' giuridica, a norma dell'articolo 11
della legge 29 settembre 2000, n. 300;
Visto il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, recante attuazione delle
deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14
febbraio 2003, n. 30;
Vista la direttiva 2004/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29
aprile 2004, sulle prescrizioni minime di sicurezza e salute relative all'esposizione
dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici);
Visto il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 187, recante attuazione della
direttiva 2002/44/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative
all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti da vibrazioni meccaniche;
Vista la direttiva 2006/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5
aprile 2006, concernente le prescrizioni minime di sicurezza e salute relative
all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (radiazioni
ottiche);
Vista la legge comunitaria 2006 del 6 febbraio 2007, n. 13 recante disposizioni
per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita'
europee;
Visto il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 257, recante attuazione della
direttiva 2004/40/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative
all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi
elettromagnetici);
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 6 marzo 2008;
Sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei lavoratori
e dei datori di lavoro;
Acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali;
Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, espresso nella riunione
del 12 marzo 2008;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei
deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del
1° aprile 2008;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri del
lavoro e della previdenza sociale, della salute, delle infrastrutture, dello
sviluppo economico, di concerto con i Ministri per le politiche europee, della
giustizia, delle politiche agricole alimentari e forestali, dell'interno, della
difesa, della pubblica istruzione, della solidarieta' sociale, dell'universita'
e della ricerca, per gli affari regionali e le autonomie locali e dell'economia
e delle finanze;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Titolo I
PRINCIPI COMUNI
Capo I
Disposizioni generali
1. Le disposizioni contenute nel presente decreto legislativo costituiscono attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, per il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro, mediante il riordino e il coordinamento delle medesime in un unico testo normativo. Il presente decreto legislativo persegue le finalita' di cui al presente comma nel rispetto delle normative comunitarie e delle convenzioni internazionali in materia, nonche' in conformita' all'articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative norme di attuazione, garantendo l'uniformita' della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere, di eta' e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati.
2. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione e dall'articolo 16, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, le disposizioni del presente decreto legislativo, riguardanti ambiti di competenza legislativa delle regioni e province autonome, si applicano, nell'esercizio del potere sostitutivo dello Stato e con carattere di cedevolezza, nelle regioni e nelle province autonome nelle quali ancora non sia stata adottata la normativa regionale e provinciale e perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore di quest'ultima, fermi restando i principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117, terzo comma , della Costituzione.
3. Gli atti, i provvedimenti e gli adempimenti attuativi del presente decreto sono effettuati nel rispetto dei principi del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
1. Ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo
si intende per:
a) «lavoratore»: persona che, indipendentemente dalla tipologia
contrattuale, svolge un'attivita' lavorativa nell'ambito dell'organizzazione
di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al
solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli
addetti ai servizi domestici e familiari. Al lavoratore cosi' definito e' equiparato:
il socio lavoratore di cooperativa o di societa', anche di fatto, che presta
la sua attivita' per conto delle societa' e dell'ente stesso;
l'associato in partecipazione di cui all'articolo 2549, e seguenti del codice
civile; il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di
orientamento di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e di
cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse al fine di realizzare
momenti di alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali
mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro; l'allievo degli istituti
di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di formazione professionale
nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti
chimici, fisici e biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali
limitatamente ai periodi in cui l'allievo sia effettivamente applicato alla
strumentazioni o ai laboratori in questione; il volontario, come definito dalla
legge 1° agosto 1991, n. 266; i volontari del Corpo nazionale dei vigili
del fuoco e della protezione civile; il volontario che effettua il servizio
civile; il lavoratore di cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n.
468, e successive modificazioni;
b) «datore di lavoro»: il soggetto titolare del rapporto di lavoro
con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto
dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attivita',
ha la responsabilita' dell'organizzazione stessa o dell'unita' produttiva in
quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni
di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione,
ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui
quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato
dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione
e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attivita', e
dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione,
o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro
coincide con l'organo di vertice medesimo;
c) «azienda»: il complesso della struttura organizzata dal datore
di lavoro pubblico o privato;
d) «dirigente»: persona che, in ragione delle competenze professionali
e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli,
attua le direttive del datore di lavoro organizzando l'attivita' lavorativa
e vigilando su di essa;
e) «preposto»: persona che, in ragione delle competenze professionali
e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico
conferitogli, sovrintende alla attivita' lavorativa e garantisce l'attuazione
delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei
lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa;
f) «responsabile del servizio di prevenzione e protezione»: persona
in possesso delle capacita' e dei requisiti professionali di cui all'articolo
32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio
di prevenzione e protezione dai rischi;
g) «addetto al servizio di prevenzione e protezione»: persona in
possesso delle capacita' e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32,
facente parte del servizio di cui alla lettera l);
h) «medico competente»: medico in possesso di uno dei titoli e dei
requisiti formativi e professionali di cui all'articolo 38, che collabora, secondo
quanto previsto all'articolo 29, comma 1, con il datore di lavoro ai fini della
valutazione dei rischi ed e' nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza
sanitaria e per tutti gli altri compiti di cui al presente decreto;
i) «rappresentante dei lavoratori per la sicurezza»: persona eletta
o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della
salute e della sicurezza durante il lavoro;
l) «servizio di prevenzione e protezione dai rischi»: insieme delle
persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attivita'
di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori;
m) «sorveglianza sanitaria»: insieme degli atti medici, finalizzati
alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all'ambiente
di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalita' di svolgimento
dell'attivita' lavorativa;
n) «prevenzione»: il complesso delle disposizioni o misure necessarie
anche secondo la particolarita' del lavoro, l'esperienza e la tecnica, per evitare
o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione
e dell'integrita' dell'ambiente esterno;
o) «salute»: stato di completo benessere fisico, mentale e sociale,
non consistente solo in un'assenza di malattia o d'infermita'; p) «sistema
di promozione della salute e sicurezza»: complesso dei soggetti istituzionali
che concorrono, con la partecipazione delle parti sociali, alla realizzazione
dei programmi di intervento finalizzati a migliorare le condizioni di salute
e sicurezza dei lavoratori;
q) «valutazione dei rischi»: valutazione globale e documentata di
tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito
dell'organizzazione in cui essi prestano la propria attivita', finalizzata ad
individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare
il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli
di salute e sicurezza;
r) «pericolo»: proprieta' o qualita' intrinseca di un determinato
fattore avente il potenziale di causare danni;
s) «rischio»: probabilita' di raggiungimento del livello potenziale
di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore
o agente oppure alla loro combinazione;
t) «unita' produttiva»: stabilimento o struttura finalizzati alla
produzione di beni o all'erogazione di servizi, dotati di autonomia finanziaria
e tecnico funzionale;
u) «norma tecnica»: specifica tecnica, approvata e pubblicata da
un'organizzazione internazionale, da un organismo europeo o da un organismo
nazionale di normalizzazione, la cui osservanza non sia obbligatoria;
v) «buone prassi»: soluzioni organizzative o procedurali coerenti
con la normativa vigente e con le norme di buona tecnica, adottate volontariamente
e finalizzate a promuovere la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro attraverso
la riduzione dei rischi e il miglioramento delle condizioni di lavoro, elaborate
e raccolte dalle regioni, dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza
del lavoro (ISPESL), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro (INAIL) e dagli organismi paritetici di cui all'articolo
51, validate dalla Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6,
previa istruttoria tecnica dell'ISPESL, che provvede a assicurarne la piu' ampia
diffusione;
z) «linee guida»: atti di indirizzo e coordinamento per l'applicazione
della normativa in materia di salute e sicurezza predisposti dai Ministeri,
dalle regioni, dall'ISPESL e dall'INAIL e approvati in sede di Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano;
aa) «formazione»: processo educativo attraverso il quale trasferire
ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione
aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo
svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione,
alla riduzione e alla gestione dei rischi;
bb) «informazione»: complesso delle attivita' dirette a fornire
conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi
in ambiente di lavoro; cc) «addestramento»: complesso delle attivita'
dirette a fare apprendere ai lavoratori l'uso corretto di attrezzature, macchine,
impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure
di lavoro;
dd) «modello di organizzazione e di gestione»: modello organizzativo
e gestionale per la definizione e l'attuazione di una politica aziendale per
la salute e sicurezza, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto
legislativo 8 giugno 2001, n. 231, idoneo a prevenire i reati di cui agli articoli
589 e 590, terzo comma, del codice penale, commessi con violazione delle norme
antinfortunistiche e sulla tutela della salute sul lavoro;
ee) «organismi paritetici»: organismi costituiti a iniziativa di
una o piu' associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente
piu' rappresentative sul piano nazionale, quali sedi privilegiate per: la programmazione
di attivita' formative e l'elaborazione e la raccolta di buone prassi a fini
prevenzionistici; lo sviluppo di azioni inerenti alla salute e alla sicurezza
sul lavoro; l'assistenza alle imprese finalizzata all'attuazione degli adempimenti
in materia; ogni altra attivita' o funzione assegnata loro dalla legge o dai
contratti collettivi di riferimento;
ff) «responsabilita' sociale delle imprese»: integrazione volontaria
delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle aziende e organizzazioni nelle
loro attivita' commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate.
1. Il presente decreto legislativo si applica a tutti i settori di attivita', privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio.
2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, dei servizi di protezione civile, nonche' nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalita' istituzionali alle attivita' degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle universita', degli istituti di istruzione universitaria, delle istituzioni dell'alta formazione artistica e coreutica, degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, delle organizzazioni di volontariato di cui alla legge 1° agosto 1991, n. 266, e dei mezzi di trasporto aerei e marittimi, le disposizioni del presente decreto legislativo sono applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarita' organizzative, individuate entro e non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo con decreti emanati, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dai Ministri competenti di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della salute e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale nonche', relativamente agli schemi di decreti di interesse delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri ed il Corpo della Guardia di finanza, gli organismi a livello nazionale rappresentativi del personale militare; analogamente si provvede per quanto riguarda gli archivi, le biblioteche e i musei solo nel caso siano sottoposti a particolari vincoli di tutela dei beni artistici storici e culturali. Con i successivi decreti, da emanare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede a dettare le disposizioni necessarie a consentire il coordinamento con la disciplina recata dal presente decreto della normativa relativa alle attivita' lavorative a bordo delle navi, di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, in ambito portuale, di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, e per il settore delle navi da pesca, di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298, e l'armonizzazione delle disposizioni tecniche di cui ai titoli dal II al XII del medesimo decreto con la disciplina in tema di trasporto ferroviario contenuta nella legge 26 aprile 1974, n. 191, e relativi decreti di attuazione.
3. Fino alla scadenza del termine di cui al comma 2, sono fatte salve le disposizioni attuative dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, nonche' le disposizioni di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298, e le disposizioni tecniche del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e del decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, richiamate dalla legge 26 aprile 1974, n. 191, e dai relativi decreti di attuazione; decorso inutilmente tale termine, trovano applicazione le disposizioni di cui al presente decreto.
4. Il presente decreto legislativo si applica a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonche' ai soggetti ad essi equiparati, fermo restando quanto previsto dai commi successivi del presente articolo.
5. Nell'ipotesi di prestatori di lavoro nell'ambito di un contratto di somministrazione di lavoro di cui agli articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, fermo restando quanto specificamente previsto dal comma 5 dell'articolo 23 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione di cui al presente decreto sono a carico dell'utilizzatore.
6. Nell'ipotesi di distacco del lavoratore di cui all'articolo 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione sono a carico del distaccatario, fatto salvo l'obbligo a carico del distaccante di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali egli viene distaccato. Per il personale delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che presta servizio con rapporto di dipendenza funzionale presso altre amministrazioni pubbliche, organi o autorita' nazionali, gli obblighi di cui al presente decreto sono a carico del datore di lavoro designato dall'amministrazione, organo o autorita' ospitante.
7. Nei confronti dei lavoratori a progetto di cui agli articoli 61, e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, e dei collaboratori coordinati e continuativi di cui all'articolo 409, primo comma, n. 3, del codice di procedura civile, le disposizioni di cui al presente decreto si applicano ove la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente.
8. Nei confronti dei lavoratori che effettuano prestazioni occasionali di tipo accessorio, ai sensi dell'articolo 70 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni e integrazioni, il presente decreto legislativo e tutte le altre norme speciali vigenti in materia di sicurezza e tutela della salute si applicano con esclusione dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresi l'insegnamento privato supplementare e l'assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili.
9. Nei confronti dei lavoratori a domicilio di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, e dei lavoratori che rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo dei proprietari di fabbricati trovano applicazione gli obblighi di informazione e formazione di cui agli articoli 36 e 37. Ad essi devono inoltre essere forniti i necessari dispositivi di protezione individuali in relazione alle effettive mansioni assegnate. Nell'ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al titolo III.
10. A tutti i lavoratori subordinati che effettuano una prestazione continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico e telematico, compresi quelli di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 70, e di cui all'accordo-quadro europeo sul telelavoro concluso il 16 luglio 2002, si applicano le disposizioni di cui al titolo VII, indipendentemente dall'ambito in cui si svolge la prestazione stessa. Nell'ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al titolo III. I lavoratori a distanza sono informati dal datore di lavoro circa le politiche aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in particolare in ordine alle esigenze relative ai videoterminali ed applicano correttamente le direttive aziendali di sicurezza. Al fine di verificare la corretta attuazione della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza da parte del lavoratore a distanza, il datore di lavoro, le rappresentanze dei lavoratori e le autorita' competenti hanno accesso al luogo in cui viene svolto il lavoro nei limiti della normativa nazionale e dei contratti collettivi, dovendo tale accesso essere subordinato al preavviso e al consenso del lavoratore qualora la prestazione sia svolta presso il suo domicilio. Il lavoratore a distanza puo' chiedere ispezioni. Il datore di lavoro garantisce l'adozione di misure dirette a prevenire l'isolamento del lavoratore a distanza rispetto agli altri lavoratori interni all'azienda, permettendogli di incontrarsi con i colleghi e di accedere alle informazioni dell'azienda, nel rispetto di regolamenti o accordi aziendali.
11. Nei confronti dei lavoratori autonomi di cui all'articolo 2222 del codice civile si applicano le disposizioni di cui agli articoli 21 e 26.
12. Nei confronti dei componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile, dei piccoli imprenditori di cui all'articolo 2083 del codice civile e dei soci delle societa' semplici operanti nel settore agricolo si applicano le disposizioni di cui all'articolo 21.
13. In considerazione della specificita' dell'attivita' esercitata dalle imprese medie e piccole operanti nel settore agricolo, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della salute e delle politiche agricole, alimentari e forestali, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nel rispetto dei livelli generali di tutela di cui alla normativa in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, e limitatamente alle imprese che impiegano lavoratori stagionali ciascuno dei quali non superi le cinquanta giornate lavorative e per un numero complessivo di lavoratori compatibile con gli ordinamenti colturali aziendali, provvede ad emanare disposizioni per semplificare gli adempimenti relativi all'informazione, formazione e sorveglianza sanitaria previsti dal presente decreto, sentite le organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente piu' rappresentative del settore sul piano nazionale. I contratti collettivi stipulati dalle predette organizzazioni definiscono specifiche modalita' di attuazione delle previsioni del presente decreto legislativo concernenti il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nel caso le imprese utilizzino esclusivamente la tipologia di lavoratori stagionali di cui al precedente periodo.
1. Ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale il presente
decreto legislativo fa discendere particolari obblighi non sono computati:
a) i collaboratori familiari di cui all'articolo 230-bis del codice civile;
b) i soggetti beneficiari delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento
di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e di cui a specifiche
disposizioni delle leggi regionali promosse al fine di realizzare momenti di
alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante
la conoscenza diretta del mondo del lavoro;
c) gli allievi degli istituti di istruzione e universitari e i partecipanti
ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori,
attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese
le attrezzature munite di videoterminali;
d) i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo determinato, ai sensi
dell'articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, in sostituzione
di altri prestatori di lavoro assenti con diritto alla conservazione del posto
di lavoro; e) i lavoratori che svolgono prestazioni occasionali di tipo accessorio
ai sensi degli articoli 70, e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre
2003, n. 276, e successive modificazioni, nonche' prestazioni che esulano dal
mercato del lavoro ai sensi dell'articolo 74 del medesimo decreto.
f) i lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, ove la loro attivita'
non sia svolta in forma esclusiva a favore del datore di lavoro committente;
g) i volontari, come definiti dalla legge 11 agosto 1991, n. 266, i volontari
del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile e i volontari
che effettuano il servizio civile;
h) i lavoratori utilizzati nei lavori socialmente utili di cui al decreto legislativo
1° dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni;
i) i lavoratori autonomi di cui all'articolo 2222 del codice civile, fatto salvo
quanto previsto dalla successiva lettera l);
l) i collaboratori coordinati e continuativi di cui all'articolo 409, primo
comma, n. 3, del codice di procedura civile, nonche' i lavoratori a progetto
di cui agli articoli 61 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003,
n. 276, e successive modificazioni, ove la loro attivita' non sia svolta in
forma esclusiva a favore del committente.
2. I lavoratori utilizzati mediante somministrazione di lavoro ai sensi degli articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, e i lavoratori assunti a tempo parziale ai sensi del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, e successive modificazioni, si computano sulla base del numero di ore di lavoro effettivamente prestato nell'arco di un semestre.
3. Fatto salvo quanto previsto dal comma 4, nell'ambito delle attivita' stagionali definite dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525 e successive modificazioni, nonche' di quelle individuate dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente piu' rappresentative, il personale in forza si computa a prescindere dalla durata del contratto e dall'orario di lavoro effettuato.
4. Il numero dei lavoratori impiegati per l'intensificazione dell'attivita' in determinati periodi dell'anno nel settore agricolo e nell'ambito di attivita' diverse da quelle indicate nel comma 3, corrispondono a frazioni di unita-lavorative-anno (ULA) come individuate sulla base della normativa comunitaria.
Capo II
Sistema istituzionale
Art.5. Comitato per l'indirizzo e la valutazione delle
politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attivita' di vigilanza
in materia di salute e sicurezza sul lavoro
1. Presso il Ministero della salute, il Comitato per l'indirizzo e la valutazione
delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attivita' di vigilanza
in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Il Comitato e' presieduto dal Ministro
della salute ed e' composto da:
a) due rappresentanti del Ministero della salute;
b) due rappresentanti del Ministero del lavoro e della previdenza sociale;
c) un rappresentante del Ministero dell'interno;
d) cinque rappresentanti delle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Al Comitato partecipano, con funzione consultiva, un rappresentante dell'INAIL, uno dell'ISPESL e uno dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA).
3. Il Comitato di cui al comma 1, al fine di garantire la piu' completa attuazione
del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni, ha il compito di:
a) stabilire le linee comuni delle politiche nazionali in materia di salute
e sicurezza sul lavoro;
b) individuare obiettivi e programmi dell'azione pubblica di miglioramento delle
condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori;
c) definire la programmazione annuale in ordine ai settori prioritari di intervento
dell'azione di vigilanza, i piani di attivita' e i progetti operativi a livello
nazionale, tenendo conto delle indicazioni provenienti dai comitati regionali
di coordinamento e dai programmi di azione individuati in sede comunitaria;
d) programmare il coordinamento della vigilanza a livello nazionale in materia
di salute e sicurezza sul lavoro;
e) garantire lo scambio di informazioni tra i soggetti istituzionali al fine
di promuovere l'uniformita' dell'applicazione della normativa vigente;
f) individuare le priorita' della ricerca in tema di prevenzione dei rischi
per la salute e sicurezza dei lavoratori.
4. Ai fini delle definizioni degli obbiettivi di cui al comma 2, lettere a), b), e), f), le parti sociali sono consultate preventivamente. Sull'attuazione delle azioni intraprese e' effettuata una verifica con cadenza almeno annuale.
5. Le modalita' di funzionamento del comitato sono fissate con regolamento interno da adottarsi a maggioranza qualificata rispetto al numero dei componenti; le funzioni di segreteria sono svolte da personale del Ministero della salute appositamente assegnato.
6. Ai componenti del Comitato ed ai soggetti invitati a partecipare ai sensi del comma 1, non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennita' di missione.
Art.6. Commissione consultiva permanente per la salute
e sicurezza sul lavoro
1. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e' istituita la
Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro. La Commissione
e' composta da:
a) un rappresentante del Ministero del lavoro e della previdenza sociale che
la presiede;
b) un rappresentante del Ministero della salute;
c) un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico;
d) un rappresentante del Ministero dell'interno;
e) un rappresentante del Ministero della difesa;
f) un rappresentante del Ministero delle infrastrutture;
g) un rappresentante del Ministero dei trasporti;
h) un rappresentante del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
i) un rappresentante del Ministero della solidarieta' sociale;
l) un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento
della funzione pubblica;
m) dieci rappresentanti delle regioni e delle province autonome di Trento e
di Bolzano, designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
n) dieci esperti designati delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente
piu' rappresentative a livello nazionale;
o) dieci esperti designati delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro,
anche dell'artigianato e della piccola e media impresa, comparativamente piu'
rappresentative a livello nazionale.
2. Per ciascun componente puo' essere nominato un supplente, il quale interviene unicamente in caso di assenza del titolare. Ai lavori della Commissione possono altresi' partecipare rappresentanti di altre amministrazioni centrali dello Stato in ragione di specifiche tematiche inerenti le relative competenze, con particolare riferimento a quelle relative alla materia dell'istruzione per le problematiche di cui all'articolo 11, comma 1, lettera c).
3. All'inizio di ogni mandato la Commissione puo' istituire comitati speciali permanenti, dei quali determina la composizione e la funzione.
4. La Commissione si avvale della consulenza degli istituti pubblici con competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro e puo' richiedere la partecipazione di esperti nei diversi settori di interesse.
5. I componenti della Commissione e i segretari sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, su designazione degli organismi competenti e durano in carica cinque anni.
6. Le modalita' di funzionamento della commissione sono fissate con regolamento interno da adottarsi a maggioranza qualificata rispetto al numero dei componenti; le funzioni di segreteria sono svolte da personale del Ministero del lavoro e della previdenza sociale appositamente assegnato.
7. Ai componenti del Comitato ed ai soggetti invitati a partecipare ai sensi del comma 1, non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennita' di missione.
8. La Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro
ha il compito di:
a) esaminare i problemi applicativi della normativa di salute e sicurezza sul
lavoro e formulare proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione
vigente;
b) esprimere pareri sui piani annuali elaborati dal Comitato di cui all'articolo
5;
c) definire le attivita' di promozione e le azioni di prevenzione di cui all'articolo
11;
d) validare le buone prassi in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
e) redigere annualmente, sulla base dei dati forniti dal sistema informativo
di cui all'articolo 8, una relazione sullo stato di applicazione della normativa
di salute e sicurezza e sul suo possibile sviluppo, da trasmettere alle commissioni
parlamentari competenti e ai presidenti delle regioni;
f) elaborare, entro e non oltre il 31 dicembre 2010, le procedure standardizzate
di effettuazione della valutazione dei rischi di cui all'articolo 29, comma
5, tenendo conto dei profili di rischio e degli indici infortunistici di settore.
Tali procedure vengono recepite con decreto dei Ministeri del lavoro e della
previdenza sociale, della salute e dell'interno acquisito il parere della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e province autonome di Trento
e di Bolzano;
g) definire criteri finalizzati alla definizione del sistema di qualificazione
delle imprese e dei lavoratori autonomi di cui all'articolo 27. Il sistema di
qualificazione delle imprese e' disciplinato con decreto del Presidente della
Repubblica, acquisito il parere della Conferenza per i rapporti permanenti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi
entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto;
h) valorizzare sia gli accordi sindacali sia i codici di condotta ed etici,
adottati su base volontaria, che, in considerazione delle specificita' dei settori
produttivi di riferimento, orientino i comportamenti dei datori di lavoro, anche
secondo i principi della responsabilita' sociale, dei lavoratori e di tutti
i soggetti interessati, ai fini del miglioramento dei livelli di tutela definiti
legislativamente;
i) valutare le problematiche connesse all'attuazione delle direttive comunitarie
e delle convenzioni internazionali stipulate in materia di salute e sicurezza
del lavoro;
l) promuovere la considerazione della differenza di genere in relazione alla
valutazione dei rischi e alla predisposizione delle misure di prevenzione;
m) indicare modelli di organizzazione e gestione aziendale ai fini di cui all'articolo
30.
Art.7. Comitati regionali di coordinamento
1. Al fine di realizzare una programmazione coordinata di interventi, nonche' uniformita' degli stessi ed il necessario raccordo con il Comitato di cui all'articolo 5 e con la Commissione di cui all'articolo 6, presso ogni regione e provincia autonoma opera il comitato regionale di coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 21 dicembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 6 febbraio 2008.
Art.8. Sistema informativo nazionale per la prevenzione
nei luoghi di lavoro
1. E' istituito il Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP) nei luoghi di lavoro al fine di fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia della attivita' di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, e per indirizzare le attivita' di vigilanza, attraverso l'utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l'integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate.
2. Il Sistema informativo di cui al comma 1 e' costituito dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dal Ministero della salute, dal Ministero dell'interno, dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, dall'INAIL, dall'IPSEMA e dall'ISPESL, con il contributo del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL). Allo sviluppo del medesimo concorrono gli organismi paritetici e gli istituti di settore a carattere scientifico, ivi compresi quelli che si occupano della salute delle donne.
3. L'INAIL garantisce la gestione tecnica ed informatica del SINP e, a tale fine, e' titolare del trattamento dei dati, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
4. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro 180 giorni dalla data dell'entrata in vigore del presente decreto legislativo, vengono definite le regole tecniche per la realizzazione ed il funzionamento del SINP, nonche' le regole per il trattamento dei dati. Tali regole sono definite nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, cosi' come modificato ed integrato dal decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 159, e dei contenuti del Protocollo di intesa sul Sistema informativo nazionale integrato per la prevenzione nei luoghi di lavoro. Con il medesimo decreto sono disciplinate le speciali modalita' con le quali le forze armate e le forze di polizia partecipano al sistema informativo relativamente alle attivita' operative e addestrative. Per tale finalita' e' acquisita l'intesa dei Ministri della difesa, dell'interno e dell'economia e delle finanze.
5. La partecipazione delle parti sociali al Sistema informativo avviene attraverso la periodica consultazione in ordine ai flussi informativi di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6.
6. I contenuti dei flussi informativi devono almeno riguardare:
a) il quadro produttivo ed occupazionale;
b) il quadro dei rischi;
c) il quadro di salute e sicurezza dei lavoratori;
d) il quadro degli interventi di prevenzione delle istituzioni preposte;
e) il quadro degli interventi di vigilanza delle istituzioni preposte.
7. La diffusione delle informazioni specifiche e' finalizzata al raggiungimento di obiettivi di conoscenza utili per le attivita' dei soggetti destinatari e degli enti utilizzatori. I dati sono resi disponibili ai diversi destinatari e resi pubblici nel rispetto della normativa di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
8. Le attivita' di cui al presente articolo sono realizzate dalle amministrazioni di cui al comma 2 utilizzando le ordinarie risorse personali, economiche e strumentali in dotazione.
Art.9. Enti pubblici aventi compiti in materia di salute
e sicurezza nei luoghi di lavoro
1. L'ISPESL, l'INAIL e l'IPSEMA sono enti pubblici nazionali con competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro che esercitano le proprie attivita', anche di consulenza, in una logica di sistema con il Ministero della salute, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
2. L'ISPESL, l'INAIL e l'IPSEMA operano in funzione delle attribuzioni loro
assegnate dalla normativa vigente, svolgendo in forma coordinata, per una maggiore
sinergia e complementarieta', le seguenti attivita':
a) elaborazione e applicazione dei rispettivi piani triennali di attivita';
b) interazione, per i rispettivi ruoli e competenze, in logiche di conferenza
permanente di servizio, per assicurare apporti conoscitivi al sistema di sostegno
ai programmi di intervento in materia di sicurezza e salute sul lavoro di cui
all'articolo 2, comma 1, lettera p), per verificare l'adeguatezza dei sistemi
di prevenzione e assicurativi e per studiare e proporre soluzioni normative
e tecniche atte a ridurre il fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali;
c) consulenza alle aziende, in particolare alle medie, piccole e micro imprese,
anche attraverso forme di sostegno tecnico e specialistico finalizzate sia al
suggerimento dei piu' adatti mezzi, strumenti e metodi operativi, efficaci alla
riduzione dei livelli di rischiosita' in materia di salute e sicurezza sul lavoro,
sia all'individuazione degli elementi di innovazione tecnologica in materia
con finalita' prevenzionali, raccordandosi con le altre istituzioni pubbliche
operanti nel settore e con le parti sociali;
d) progettazione ed erogazione di percorsi formativi in materia di salute e
sicurezza sul lavoro tenuto conto ed in conformita' ai criteri e alle modalita'
elaborati ai sensi degli articoli 6 e 11;
e) formazione per i responsabili e gli addetti ai servizi di prevenzione e protezione
di cui all'articolo 32;
f) promozione e divulgazione, della cultura della salute e della sicurezza del
lavoro nei percorsi formativi scolastici, universitari e delle istituzioni dell'alta
formazione artistica, musicale e coreutica, previa stipula di apposite convenzioni
con le istituzioni interessate;
g) partecipazione, con funzioni consultive, al Comitato per l'indirizzo e la
valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attivita'
di vigilanza in materia di salute e sicurezza del lavoro di cui all'articolo
5;
h) consulenza alla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza
del lavoro di cui all'articolo 6;
i) elaborazione, raccolta e diffusione delle buone prassi di cui all'articolo
2, comma 1, lettera v);
l) predisposizione delle linee guida di cui all'articolo 2, comma 1, lettera
z);
m) contributo al Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi
di lavoro secondo quanto previsto dall'articolo 8.
3. L'attivita' di consulenza di cui alla lettera c) del comma 2, non puo' essere svolta dai funzionari degli istituti di cui al presente articolo che svolgono attivita' di controllo e verifica degli obblighi nelle materie di competenza degli istituti medesimi. I soggetti che prestano tale attivita' non possono, per un periodo di tre anni dalla cessazione dell'incarico, esercitare attivita' di controllo e verifica degli obblighi nelle materie di competenza degli istituti medesimi. Nell'esercizio dell'attivita' di consulenza non vi e' l'obbligo di denuncia di cui all'articolo 331 del codice di procedura penale o di comunicazione ad altre Autorita' competenti delle contravvenzioni rilevate ove si riscontrino violazioni alla normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro; in ogni caso, l'esercizio dell'attivita' di consulenza non esclude o limita la possibilita' per l'ente di svolgere l'attivita' di controllo e verifica degli obblighi nelle materie di competenza degli istituti medesimi. Con successivo decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della salute per la parte concernente i funzionari dell'ISPESL, e' disciplinato lo svolgimento dell'attivita' di consulenza e dei relativi proventi, fermo restando che i compensi percepiti per lo svolgimento dell'attivita' di consulenza sono devoluti in ragione della meta' all'ente di appartenenza e nel resto al Fondo di cui all'articolo 52, comma 1.
4. L'INAIL fermo restando quanto previsto dall'articolo 12 della legge 11 marzo
1988, n. 67, dall'articolo 2, comma 6, della legge 28 dicembre 1995, n. 549,
e dall'articolo 2, comma 130, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nonche'
da ogni altra disposizione previgente, svolge, con la finalita' di ridurre il
fenomeno infortunistico e ad integrazione delle proprie competenze quale gestore
dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali, i seguenti compiti oltre a quanto previsto negli altri articoli
del presente decreto:
a) raccoglie e registra, a fini statistici e informativi, i dati relativi agli
infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro di almeno un giorno,
escluso quello dell'evento;
b) concorre alla realizzazione di studi e ricerche sugli infortuni e sulle malattie
correlate al lavoro, coordinandosi con il Ministero della salute e con l'ISPESL;
c) partecipa alla elaborazione, formulando pareri e proposte, della normazione
tecnica in materia;
d) eroga, previo trasferimento delle necessarie risorse da parte del Ministero
del lavoro e della previdenza sociale, le prestazioni del Fondo di cui all'articolo
1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. In sede di prima applicazione,
le relative prestazioni sono fornite con riferimento agli infortuni verificatisi
a fare data dal 1° gennaio 2007.
5. L'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro - ISPESL e' ente di diritto pubblico, nel settore della ricerca, dotato di autonomia scientifica, organizzativa, patrimoniale, gestionale e tecnica. L'ISPESL e' organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale di ricerca, sperimentazione, controllo, consulenza, assistenza, alta formazione, informazione e documentazione in materia di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, sicurezza sul lavoro e di promozione e tutela della salute negli ambienti di vita e di lavoro, del quale si avvalgono gli organi centrali dello Stato preposti ai settori della salute, dell'ambiente, del lavoro e della produzione e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
6. L'ISPESL, nell'ambito delle sue attribuzioni istituzionali, opera avvalendosi
delle proprie strutture centrali e territoriali, garantendo unitarieta' della
azione di prevenzione nei suoi aspetti interdisciplinari e svolge le seguenti
attivita':
a) svolge e promuove programmi di studio e ricerca scientifica e programmi di
interesse nazionale nel campo della prevenzione degli infortuni, e delle malattie
professionali, della sicurezza sul lavoro e della promozione e tutela della
salute negli ambienti di vita e di lavoro;
b) interviene nelle materie di competenza dell'Istituto, su richiesta degli
organi centrali dello Stato e delle regioni e delle province autonome di Trento
e di Bolzano, nell'ambito dei controlli che richiedono un'elevata competenza
scientifica. Ai fini della presente lettera, esegue, accedendo nei luoghi di
lavoro, accertamenti e indagini in materia di salute e sicurezza del lavoro;
c) e' organo tecnico-scientifico delle Autorita' nazionali preposte alla sorveglianza
del mercato ai fini del controllo della conformita' ai requisiti di sicurezza
e salute di prodotti messi a disposizione dei lavoratori;
d) svolge attivita' di organismo notificato per attestazioni di conformita'
relative alle Direttive per le quali non svolge compiti relativi alla sorveglianza
del mercato;
e) e' titolare di prime verifiche e verifiche di primo impianto di attrezzature
di lavoro sottoposte a tale regime;
f) fornisce consulenza al Ministero della salute, agli altri Ministeri e alle
regioni e alle province autonome in materia salute e sicurezza del lavoro;
g) fornisce assistenza al Ministero della salute e alle regioni e alle province
autonome per l'elaborazione del Piano sanitario nazionale, dei piani sanitari
regionali e dei piani nazionali e regionali della prevenzione, per il monitoraggio
delle azioni poste in essere nel campo salute e sicurezza del lavoro e per la
verifica del raggiungimento dei livelli essenziali di assistenza in materia;
h) supporta il Servizio sanitario nazionale, fornendo informazioni, formazione,
consulenza e assistenza alle strutture operative per la promozione della salute,
prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro;
i) svolge, congiuntamente ai servizi di prevenzione e sicurezza nei luoghi di
lavoro delle ASL, l'attivita' di vigilanza sulle strutture sanitarie del Servizio
sanitario nazionale;
l) effettua il raccordo e la divulgazione dei risultati derivanti dalle attivita'
di prevenzione nei luoghi di lavoro svolte dalle strutture del Servizio sanitario
nazionale;
m) partecipa alla elaborazione di norme di carattere generale e formula, pareri
e proposte circa la congruita' della norma tecnica non armonizzata ai requisiti
di sicurezza previsti dalla legislazione nazionale vigente;
n) assicura la standardizzazione tecnico-scientifica delle metodiche e delle
procedure per la valutazione e la gestione dei rischi e per l'accertamento dello
stato di salute dei lavoratori in relazione a specifiche condizioni di rischio
e contribuisce alla definizione dei limiti di esposizione;
o) diffonde, previa istruttoria tecnica, le buone prassi di cui all'articolo
2, comma 1, lettera v);
p) coordina il network nazionale in materia di salute e sicurezza nei luoghi
di lavoro, in qualita' di focal point italiano nel network informativo dell'Agenzia
europea per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;
q) supporta l'attivita' di monitoraggio del Ministero della salute sulla applicazione
dei livelli essenziali di assistenza relativi alla sicurezza nei luoghi di lavoro.
7. L'IPSEMA svolge, con la finalita' di ridurre il fenomeno infortunistico
ed ad integrazione delle proprie competenze quale gestore dell'assicurazione
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali del
settore marittimo, i seguenti compiti oltre a quanto previsto negli altri articoli
del presente decreto:
a) raccoglie e registra, a fini statistici ed informativi, i dati relativi agli
infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro di almeno un giorno,
escluso quello dell'evento;
b) concorre alla realizzazione di studi e ricerche sugli infortuni e sulle malattie
correlate al lavoro, raccordandosi con il Ministero della salute e con l'ISPESL;
c) finanzia, nell'ambito e nei limiti delle proprie spese istituzionali, progetti
di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
d) supporta, in raccordo con le amministrazioni competenti in materia di salute
per il settore marittimo, anche mediante convenzioni con l'INAIL, le prestazioni
di assistenza sanitaria riabilitativa per i lavoratori marittimi anche al fine
di assicurare il loro reinserimento lavorativo;
e) eroga, previo trasferimento delle necessarie risorse da parte del Ministero
del lavoro e della previdenza sociale, le prestazioni del Fondo di cui all'articolo
1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, con riferimento agli infortuni
del settore marittimo. In sede di prima applicazione, le relative prestazioni
sono fornite con riferimento agli infortuni verificatisi a fare data dal 1°
gennaio 2007.
Art.10. Informazione e assistenza in materia di salute
e sicurezza nei luoghi di lavoro
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, tramite le AA.SS.LL. del SSN, il Ministero dell'interno tramite le strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro (ISPESL), il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, il Ministero dello sviluppo economico per il settore estrattivo, l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), l'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA), gli organismi paritetici e gli enti di patronato svolgono, anche mediante convenzioni, attivita' di informazione, assistenza, consulenza, formazione, promozione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, in particolare nei confronti delle imprese artigiane, delle imprese agricole e delle piccole e medie imprese e delle rispettive associazioni dei datori di lavoro.
1. Nell'ambito della Commissione consultiva di cui all'articolo 6 sono definite,
in coerenza con gli indirizzi individuati dal Comitato di cui all'articolo 5,
le attivita' promozionali della cultura e delle azioni di prevenzione con riguardo
in particolare a:
a) finanziamento di progetti di investimento in materia di salute e sicurezza
sul lavoro da parte delle piccole, medie e micro imprese;
per l'accesso a tali finanziamenti deve essere garantita la semplicita' delle
procedure;
b) finanziamento di progetti formativi specificamente dedicati alle piccole,
medie e micro imprese, ivi compresi quelli di cui all'articolo 52, comma 1,
lettera b);
c) finanziamento delle attivita' degli istituti scolastici, universitari e di
formazione professionale finalizzata all'inserimento in ogni attivita' scolastica
ed universitaria, nelle istituzioni dell'alta formazione artistica e coreutica
e nei percorsi di istruzione e formazione professionale di specifici percorsi
formativi interdisciplinari alle diverse materie scolastiche volti a favorire
la conoscenza delle tematiche della salute e della sicurezza nel rispetto delle
autonomie didattiche.
2. Ai finanziamenti di cui al comma 1 si provvede con oneri a carico delle risorse di cui all'articolo 1, comma 7-bis, della legge 3 agosto 2007, n. 123, come introdotto dall'articolo 2, comma 533, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, dell'istruzione e dell'universita' e della ricerca, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede al riparto annuale delle risorse tra le attivita' di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 e dell'articolo 52, comma 2, lettera d).
3. Le amministrazioni centrali e le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto delle proprie competenze, concorrono alla programmazione e realizzazione di progetti formativi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, attraverso modalita' operative da definirsi in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. Alla realizzazione e allo sviluppo di quanto previsto nel periodo precedente possono altresi' concorrere le parti sociali, anche mediante i fondi interprofessionali.
4. Ai fini della promozione e divulgazione della cultura della salute e sicurezza sul lavoro e' facolta' degli istituti scolastici, universitari e di formazione professionale inserire in ogni attivita' scolastica ed universitaria nelle istituzioni dell'alta formazione artistica e coreutica e nei percorsi di istruzione e formazione professionale, percorsi formativi interdisciplinari alle diverse materie scolastiche ulteriori rispetto a quelli disciplinati dal comma 1, lettera c) e volti alle medesime finalita'. Tale attivita' e' svolta nell'ambito e nei limiti delle risorse disponibili degli istituti.
5. Nell'ambito e nei limiti delle risorse di cui al comma 2 trasferite dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, l'INAIL finanzia progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro rivolti in particolare alle piccole, medie e micro imprese e progetti volti a sperimentare soluzioni innovative e strumenti di natura organizzativa e gestionale ispirati ai principi di responsabilita' sociale delle imprese. Costituisce criterio di priorita' per l'accesso al finanziamento l'adozione da parte delle imprese delle buone passi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera v).
6. Nell'ambito dei rispettivi compiti istituzionali, le amministrazioni pubbliche promuovono attivita' specificamente destinate ai lavoratori immigrati o alle lavoratrici, finalizzate a migliorare i livelli di tutela dei medesimi negli ambienti di lavoro.
7. In sede di prima applicazione, per il primo anno dall'entrata in vigore del presente decreto, le risorse di cui all'articolo 1, comma 7-bis, della legge 3 agosto 2007, n. 123, come introdotto dall'articolo 2, comma 533, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono utilizzate, secondo le priorita', ivi compresa una campagna straordinaria di formazione, stabilite, entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, con accordo adottato, previa consultazione delle parti sociali, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e la province autonome di Trento e di Bolzano.
1. Gli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonche', di propria iniziativa o su segnalazione dei propri iscritti, le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale e i consigli nazionali degli ordini o collegi professionali, possono inoltrare alla Commissione per gli interpelli di cui al comma 2, esclusivamente tramite posta elettronica, quesiti di ordine generale sull'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro.
2. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e' istituita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la Commissione per gli interpelli composta da due rappresentanti del Ministero del lavoro e previdenza sociale, da due rappresentanti del Ministero della salute e da quattro rappresentanti delle regioni e delle province autonome. Qualora la materia oggetto di interpello investa competenze di altre amministrazioni pubbliche la Commissione e' integrata con rappresentanti delle stesse. Ai componenti della Commissione non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennita' di missione.
3. Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti di cui al comma 1 costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l'esercizio delle attivita' di vigilanza.
1. La vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e' svolta dalla azienda sanitaria locale competente per territorio e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonche' per il settore minerario, fino all'effettiva attuazione del trasferimento di competenze da adottarsi ai sensi del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, dal Ministero dello sviluppo economico, e per le industrie estrattive di seconda categoria e le acque minerali e termali dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano. Le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalita' del presente articolo, nell'ambito delle proprie competenze, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti.
2. Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla legislazione
vigente al personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale,
lo stesso personale puo' esercitare l'attivita' di vigilanza sull'applicazione
della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro nelle
seguenti attivita', informandone preventivamente il servizio di prevenzione
e sicurezza dell'Azienda sanitaria locale competente per territorio:
a) attivita' nel settore delle costruzioni edili o di genio civile e piu' in
particolare lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione
e risanamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura e in cemento
armato, opere stradali, ferroviarie, idrauliche, scavi, montaggio e smontaggio
di elementi prefabbricati; lavori in sotterraneo e gallerie, anche comportanti
l'impiego di esplosivi;
b) lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori subacquei;
c) ulteriori attivita' lavorative comportanti rischi particolarmente elevati,
individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta
dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, e della salute, adottato
sentito il comitato di cui all'articolo 5 e previa intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, in relazione alle quali il personale ispettivo del Ministero
del lavoro e della previdenza sociale svolge attivita' di vigilanza sull'applicazione
della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, informandone
preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza dell'Azienda sanitaria
locale competente per territorio.
3. In attesa del complessivo riordino delle competenze in tema di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, restano ferme le competenze in materia di salute e sicurezza dei lavoratori attribuite alle autorita' marittime a bordo delle navi ed in ambito portuale, agli uffici di sanita' aerea e marittima, alle autorita' portuali ed aeroportuali, per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed aeroportuale nonche' ai servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e per le Forze di polizia e per i Vigili del fuoco; i predetti servizi sono competenti altresi' per le aree riservate o operative e per quelle che presentano analoghe esigenze da individuarsi, anche per quel che riguarda le modalita' di attuazione, con decreto del Ministro competente, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute. L'Amministrazione della giustizia puo' avvalersi dei servizi istituiti per le Forze armate e di polizia, anche mediante convenzione con i rispettivi Ministeri, nonche' dei servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie.
4. La vigilanza di cui al presente articolo e' esercitata nel rispetto del coordinamento di cui agli articoli 5 e 7.
5. Il personale delle pubbliche amministrazioni, assegnato agli uffici che svolgono attivita' di vigilanza, non puo' prestare, ad alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attivita' di consulenza.
6. L'importo delle somme che l'ASL, in qualita' di organo di vigilanza, ammette a pagare in sede amministrativa ai sensi dell'articolo 21, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, integra l'apposito capitolo regionale per finanziare l'attivita' di prevenzione nei luoghi di lavoro svolta dai dipartimenti di prevenzione delle AA.SS.LL.
7. E' fatto salvo quanto previsto dall'articolo 64 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, con riferimento agli organi di vigilanza competenti, come individuati dal presente decreto.
Art.14. Disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare
e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori
1. Al fine di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori, nonche' di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per l'esecuzione dei lavori di cui all'articolo 92, comma 1, lettera e), gli organi di vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze, possono adottare provvedimenti di sospensione di un'attivita' imprenditoriale qualora riscontrino l'impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, nonche' in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro individuate con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, adottato sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. In attesa della adozione del citato decreto, le violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro che costituiscono il presupposto per l'adozione del provvedimento di sospensione dell'attivita' imprenditoriale sono quelle individuate nell'allegato I. L'adozione del provvedimento di sospensione e' comunicata all'Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 ed al Ministero delle infrastrutture, per gli aspetti di rispettiva competenza, al fine dell'emanazione di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata sospensione nonche' per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione e comunque non superiore a due anni. Le disposizioni del presente comma si applicano anche con riferimento ai lavori nell'ambito dei cantieri edili. Ai provvedimenti del presente articolo non si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241. (1)
2. I poteri e gli obblighi di cui al comma 1 spettano anche agli organi di vigilanza delle aziende sanitarie locali, con riferimento all'accertamento della reiterazione delle violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro di cui al comma 1. In materia di prevenzione incendi trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 16, 19 e 20 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.
3. Il provvedimento di sospensione puo' essere revocato da parte dell'organo di vigilanza che lo ha adottato.
4. E' condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'organo di vigilanza
del Ministero del lavoro e della previdenza sociale di cui al comma 1:
a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra
documentazione obbligatoria;
b) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi
di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della
salute e della sicurezza sul lavoro; (1)
c) il pagamento di una somma aggiuntiva unica pari a Euro 2500 rispetto a quelle
di cui al comma 6.
5. E' condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'organo di vigilanza
delle aziende sanitarie locali di cui al comma 2:
a) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi
di gravi e reiterate violazioni delle disciplina in materia di tutela della
salute e della sicurezza sul lavoro;
b) il pagamento di una somma aggiuntiva unica pari a Euro 2500 rispetto a quelle
di cui al comma 6.
6. E' comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative vigenti.
7. L'importo delle somme aggiuntive di cui al comma 4, lettera c), integra la dotazione del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, ed e' destinato al finanziamento degli interventi di contrasto al lavoro sommerso ed irregolare individuati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di cui all'articolo 1, comma 1156, lettera g), della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
8. L'importo delle somme aggiuntive di cui al comma 5, lettera b), integra l'apposito capitolo regionale per finanziare l'attivita' di prevenzione nei luoghi di lavoro.
9. Avverso i provvedimenti di sospensione di cui ai commi 1 e 2 e' ammesso ricorso, entro 30 giorni, rispettivamente, alla Direzione regionale del lavoro territorialmente competente e al presidente della Giunta regionale, i quali si pronunciano nel termine di 15 giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo termine il provvedimento di sospensione perde efficacia.
10. Il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di sospensione di cui al presente articolo e' punito con l'arresto fino a sei mesi.
11. Nelle ipotesi delle violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro di cui al comma 1, le disposizioni del presente articolo si applicano nel rispetto delle competenze in tema di vigilanza in materia.
(1) Comma così modificato dalla legge 6 agosto 2008, n. 133
Capo III
Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro
Sezione I
MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI
Art.15. Misure generali di tutela
1. Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori
nei luoghi di lavoro sono:
a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza;
b) la programmazione della prevenzione, mirata ad un complesso che integri in
modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive dell'azienda
nonche' l'influenza dei fattori dell'ambiente e dell'organizzazione del lavoro;
c) l'eliminazione dei rischi e, ove cio' non sia possibile, la loro riduzione
al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico;
d) il rispetto dei principi ergonomici nell'organizzazione del lavoro, nella
concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione
dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti
sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo;
e) la riduzione dei rischi alla fonte;
f) la sostituzione di cio' che e' pericoloso con cio' che non lo e', o e' meno
pericoloso;
g) la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono
essere, esposti al rischio;
h) l'utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici sui luoghi di
lavoro;
i) la priorita' delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di
protezione individuale;
l) il controllo sanitario dei lavoratori;
m) l'allontanamento del lavoratore dall'esposizione al rischio per motivi sanitari
inerenti la sua persona e l'adibizione, ove possibile, ad altra mansione;
n) l'informazione e formazione adeguate per i lavoratori;
o) l'informazione e formazione adeguate per dirigenti e i preposti;
p) l'informazione e formazione adeguate per i rappresentanti dei lavoratori
per la sicurezza;
q) l'istruzioni adeguate ai lavoratori;
r) la partecipazione e consultazione dei lavoratori;
s) la partecipazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza;
t) la programmazione delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento
nel tempo dei livelli di sicurezza, anche attraverso l'adozione di codici di
condotta e di buone prassi;
u) le misure di emergenza da attuare in caso di primo soccorso, di lotta antincendio,
di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave e immediato;
v) l'uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
z) la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti, con particolare
riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformita' alla indicazione dei fabbricanti.
2. Le misure relative alla sicurezza, all'igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.
1. La delega di funzioni da parte del datore di lavoro, ove non espressamente
esclusa, e' ammessa con i seguenti limiti e condizioni:
a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;
b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalita' ed esperienza
richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione
e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
d) che essa attribuisca al delegato l'autonomia di spesa necessaria allo svolgimento
delle funzioni delegate;
e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.
2. Alla delega di cui al comma 1 deve essere data adeguata e tempestiva pubblicita'.
3. La delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite. La vigilanza si esplica anche attraverso i sistemi di verifica e controllo di cui all'articolo 30, comma 4.
Art.17. Obblighi del datore di lavoro non delegabili
1. Il datore di lavoro non puo' delegare le seguenti attivita':
a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento
previsto dall'articolo 28;
b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione
dai rischi.
Art.18. Obblighi del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro, che esercita le attivita' di cui all'articolo 3, e
i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attivita' secondo le attribuzioni
e competenze ad essi conferite, devono:
a) nominare il medico competente per l'effettuazione della sorveglianza sanitaria
nei casi previsti dal presente decreto legislativo.
b) designare preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure
di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro
in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e,
comunque, di gestione dell'emergenza;
c) nell'affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacita' e delle
condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;
d) fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale,
sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico
competente, ove presente;
e) prendere le misure appropriate affinche' soltanto i lavoratori che hanno
ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento accedano alle zone che
li espongono ad un rischio grave e specifico;
f) richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti,
nonche' delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del
lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione
individuali messi a loro disposizione;
g) richiedere al medico competente l'osservanza degli obblighi previsti a suo
carico nel presente decreto;
h) adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di
emergenza e dare istruzioni affinche' i lavoratori, in caso di pericolo grave,
immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
i) informare il piu' presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un
pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o
da prendere in materia di protezione;
l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui
agli articoli 36 e 37;
m) astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di tutela della
salute e sicurezza, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attivita'
in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato;
n) consentire ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della
salute;
o) consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza,
su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, copia del documento
di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), nonche' consentire al medesimo
rappresentante di accedere ai dati di cui alla lettera r);
p) elaborare il documento di cui all'articolo 26, comma 3, e, su richiesta di
questi e per l'espletamento della sua funzione, consegnarne tempestivamente
copia ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
q) prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate
possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente
esterno verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio;
r) comunicare all'INAIL, o all'IPSEMA, in relazione alle rispettive competenze,
a fini statistici e informativi, i dati relativi agli infortuni sul lavoro che
comportino un'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento
e, a fini assicurativi, le informazioni relative agli infortuni sul lavoro che
comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni;
s) consultare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nelle ipotesi
di cui all'articolo 50;
t) adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione
dei luoghi di lavoro, nonche' per il caso di pericolo grave e immediato, secondo
le disposizioni di cui all'articolo 43. Tali misure devono essere adeguate alla
natura dell'attivita', alle dimensioni dell'azienda o dell'unita' produttiva,
e al numero delle persone presenti;
u) nell'ambito dello svolgimento di attivita' in regime di appalto e di subappalto,
munire i lavoratori di apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia,
contenente le generalita' del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro;
v) nelle unita' produttive con piu' di 15 lavoratori, convocare la riunione
periodica di cui all'articolo 35;
z) aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi
e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e sicurezza del lavoro,
o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della
protezione;
aa) comunicare annualmente all'INAIL i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori
per la sicurezza;
bb) vigilare affinche' i lavoratori per i quali vige l'obbligo di sorveglianza
sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto
giudizio di idoneita'.
2. Il datore di lavoro fornisce al servizio di prevenzione e protezione ed
al medico competente informazioni in merito a:
a) la natura dei rischi;
b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure
preventive e protettive;
c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
d) i dati di cui al comma 1, lettera r), e quelli relativi alle malattie professionali;
e) i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza.
3. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti dal presente decreto legislativo, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.
1. In riferimento alle attivita' indicate all'articolo 3, i preposti, secondo
le loro attribuzioni e competenze, devono:
a) sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori
dei loro obblighi di legge, nonche' delle disposizioni aziendali in materia
di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi
e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in
caso di persistenza della inosservanza, informare i loro superiori diretti;
b) verificare affinche' soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni
accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
c) richiedere l'osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di
rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinche' i lavoratori, in caso
di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o
la zona pericolosa;
d) informare il piu' presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un
pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o
da prendere in materia di protezione;
e) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori
di riprendere la loro attivita' in una situazione di lavoro in cui persiste
un pericolo grave ed immediato;
f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze
dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale,
sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle
quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta;
g) frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall'articolo
37.
Art.20. Obblighi dei lavoratori
1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. I lavoratori devono in particolare:
a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento
degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro,
dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;
c) utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati
pericolosi, i mezzi di trasporto, nonche' i dispositivi di sicurezza;
d) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;
e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto
le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d), nonche'
qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi
direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle proprie competenze e possibilita'
e fatto salvo l'obbligo di cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le situazioni
di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza;
f) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza
o di segnalazione o di controllo;
g) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro
competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri
lavoratori;
h) partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal
datore di lavoro;
i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo
o comunque disposti dal medico competente.
3. I lavoratori di aziende che svolgono attivita' in regime di appalto o subappalto, devono esporre apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalita' del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attivita' nel medesimo luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.
Art.21. Disposizioni relative ai componenti dell'impresa
familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile e ai lavoratori autonomi
1. I componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice
civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell'articolo
2222 del codice civile, i piccoli imprenditori di cui all'articolo 2083 del
codice civile e i soci delle societa' semplici operanti nel settore agricolo
devono:
a) utilizzare attrezzature di lavoro in conformita' alle disposizioni di cui
al titolo III;
b) munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente
alle disposizioni di cui al titolo III;
c) munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente
le proprie generalita', qualora effettuino la loro prestazione in un luogo di
lavoro nel quale si svolgano attivita' in regime di appalto o subappalto.
2. I soggetti di cui al comma 1, relativamente ai rischi propri delle attivita'
svolte e con oneri a proprio carico hanno facolta' di:
a) beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui all'articolo
41, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali;
b) partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza
sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attivita' svolte, secondo le
previsioni di cui all'articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da norme
speciali.
Art.22. Obblighi dei progettisti
1. I progettisti dei luoghi e dei posti di lavoro e degli impianti rispettano i principi generali di prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro al momento delle scelte progettuali e tecniche e scelgono attrezzature, componenti e dispositivi di protezione rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari in materia.
Art.23. Obblighi dei fabbricanti e dei fornitori
1. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
2. In caso di locazione finanziaria di beni assoggettati a procedure di attestazione alla conformita', gli stessi debbono essere accompagnati, a cura del concedente, dalla relativa documentazione.
Art.24. Obblighi degli installatori
1. Gli installatori e montatori di impianti, attrezzature di lavoro o altri mezzi tecnici, per la parte di loro competenza, devono attenersi alle norme di salute e sicurezza sul lavoro, nonche' alle istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti.
Art.25. Obblighi del medico competente
1. Il medico competente:
a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione
alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario,
della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure
per la tutela della salute e della integrita' psico-fisica dei lavoratori, all'attivita'
di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza,
e alla organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari
tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalita' organizzative del
lavoro. Collabora inoltre alla attuazione e valorizzazione di programmi volontari
di «promozione della salute», secondo i principi della responsabilita'
sociale;
b) programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 attraverso
protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione
gli indirizzi scientifici piu' avanzati;
c) istituisce, anche tramite l'accesso alle cartelle sanitarie e di rischio,
di cui alla lettera f), aggiorna e custodisce, sotto la propria responsabilita',
una cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza
sanitaria. Nelle aziende o unita' produttive con piu' di 15 lavoratori il medico
competente concorda con il datore di lavoro il luogo di custodia;
d) consegna al datore di lavoro, alla cessazione dell'incarico, la documentazione
sanitaria in suo possesso, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto
legislativo del 30 giugno 2003, n. 196, e con salvaguardia del segreto professionale;
e) consegna al lavoratore, alla cessazione del rapporto di lavoro, la documentazione
sanitaria in suo possesso e gli fornisce le informazioni riguardo la necessita'
di conservazione;
f) invia all'ISPESL, esclusivamente per via telematica, le cartelle sanitarie
e di rischio nei casi previsti dal presente decreto legislativo, alla cessazione
del rapporto di lavoro, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo
30 giugno 2003, n. 196. Il lavoratore interessato puo' chiedere copia delle
predette cartelle all'ISPESL anche attraverso il proprio medico di medicina
generale;
g) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato della sorveglianza sanitaria
cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo
termine, sulla necessita' di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo
la cessazione della attivita' che comporta l'esposizione a tali agenti. Fornisce
altresi', a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori
per la sicurezza;
h) informa ogni lavoratore interessato dei risultati della sorveglianza sanitaria
di cui all'articolo 41 e, a richiesta dello stesso, gli rilascia copia della
documentazione sanitaria;
i) comunica per iscritto, in occasione delle riunioni di cui all'articolo 35,
al datore di lavoro, al responsabile del servizio di prevenzione protezione
dai rischi, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, i risultati anonimi
collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata e fornisce indicazioni sul
significato di detti risultati ai fini della attuazione delle misure per la
tutela della salute e della integrita' psico-fisica dei lavoratori;
l) visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all'anno o a cadenza diversa
che stabilisce in base alla valutazione dei rischi; la indicazione di una periodicita'
diversa dall'annuale deve essere comunicata al datore di lavoro ai fini della
sua annotazione nel documento di valutazione dei rischi;
m) partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori
i cui risultati gli sono forniti con tempestivita' ai fini della valutazione
del rischio e della sorveglianza sanitaria;
n) comunica, mediante autocertificazione, il possesso dei titoli e requisiti
di cui all'articolo 38 al Ministero della salute entro il termine di sei mesi
dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Art.26. Obblighi connessi ai contratti d'appalto o
d'opera o di somministrazione
1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori all'impresa appaltatrice
o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola
unita' produttiva della stessa, nonche' nell'ambito dell'intero ciclo produttivo
dell'azienda medesima:
a) verifica, con le modalita' previste dal decreto di cui all'articolo 6, comma
8, lettera g), l'idoneita' tecnico professionale delle imprese appaltatrici
o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o mediante
contratto d'opera o di somministrazione. Fino alla data di entrata in vigore
del decreto di cui al periodo che precede, la verifica e' eseguita attraverso
le seguenti modalita':
1) acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria
e artigianato;
2) acquisizione dell'autocertificazione dell'impresa appaltatrice o dei lavoratori
autonomi del possesso dei requisiti di idoneita' tecnico professionale, ai sensi
dell'articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari
in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente
della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445;
b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici
esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione
e di emergenza adottate in relazione alla propria attivita'.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori:
a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi
sul lavoro incidenti sull'attivita' lavorativa oggetto dell'appalto;
b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono
esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare
rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte
nell'esecuzione dell'opera complessiva.
3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove cio' non e' possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze. Tale documento e' allegato al contratto di appalto o di opera. Ai contratti stipulati anteriormente al 25 agosto 2007 ed ancora in corso alla data del 31 dicembre 2008, il documento di cui al precedente periodo deve essere allegato entro tale ultima data. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai rischi specifici propri dell'attivita' delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.
4. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilita' solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l'imprenditore committente risponde in solido con l'appaltatore, nonche' con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall'appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) o dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA). Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell'attivita' delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.
5. Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione, anche qualora in essere al momento della data di entrata in vigore del presente decreto, di cui agli articoli 1559, ad esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi essenziali, 1655, 1656 e 1677 del codice civile, devono essere specificamente indicati a pena di nullita' ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile i costi relativi alla sicurezza del lavoro con particolare riferimento a quelli propri connessi allo specifico appalto. Con riferimento ai contratti di cui al precedente periodo stipulati prima del 25 agosto 2007 i costi della sicurezza del lavoro devono essere indicati entro il 31 dicembre 2008, qualora gli stessi contratti siano ancora in corso a tale data. A tali dati possono accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale.
6. Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all'entita' e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. Ai fini del presente comma il costo del lavoro e' determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente piu' rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro e' determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico piu' vicino a quello preso in considerazione.
7. Per quanto non diversamente disposto dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, come da ultimo modificate dall'articolo 8, comma 1, della legge 3 agosto 2007, n. 123, trovano applicazione in materia di appalti pubblici le disposizioni del presente decreto.
8. Nell'ambito dello svolgimento di attivita' in regime di appalto o subappalto, il personale occupato dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalita' del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro.
Art.27. Sistema di qualificazione delle imprese e dei
lavoratori autonomi
1. Nell'ambito della Commissione di cui all'articolo 6, anche tenendo conto delle indicazioni provenienti da organismi paritetici, vengono individuati settori e criteri finalizzati alla definizione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, con riferimento alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, fondato sulla base della specifica esperienza, competenza e conoscenza, acquisite anche attraverso percorsi formativi mirati.
2. Il possesso dei requisiti per ottenere la qualificazione di cui al comma 1 costituisce elemento vincolante per la partecipazione alle gare relative agli appalti e subappalti pubblici e per l'accesso ad agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico della finanza pubblica, sempre se correlati ai medesimi appalti o subappalti.
Sezione II
VALUTAZIONE DEI RISCHI
Art.28. Oggetto della valutazione dei rischi
1. La valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonche' nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonche' quelli connessi alle differenze di genere, all'eta', alla provenienza da altri Paesi.
2. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione
della valutazione, deve avere data certa e contenere:
a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute
durante l'attivita' lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati
per la valutazione stessa;
b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi
di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all'articolo
17, comma 1, lettera a);
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento
nel tempo dei livelli di sicurezza;
d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare,
nonche' dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a
cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze
e poteri;
e) l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione
e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello
territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del
rischio;
f) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori
a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacita' professionale,
specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.
3. Il contenuto del documento di cui al comma 2 deve altresi' rispettare le indicazioni previste dalle specifiche norme sulla valutazione dei rischi contenute nei successivi titoli del presente decreto.
Art.29. Modalita' di effettuazione della valutazione
dei rischi
1. Il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, nei casi di cui all'articolo 41.
2. Le attivita' di cui al comma 1 sono realizzate previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
3. La valutazione e il documento di cui al comma 1 debbono essere rielaborati, nel rispetto delle modalita' di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o dell'organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e della sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione e della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessita'. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate.
4. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), e quello di cui all'articolo 26, comma 3, devono essere custoditi presso l'unita' produttiva alla quale si riferisce la valutazione dei rischi.
5. I datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori effettuano la valutazione dei rischi di cui al presente articolo sulla base delle procedure standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f). Fino alla scadenza del diciottesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f), e, comunque, non oltre il 30 giugno 2012, gli stessi datori di lavoro possono autocertificare l'effettuazione della valutazione dei rischi. Quanto previsto nel precedente periodo non si applica alle attivita' di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d) nonche g).
6. I datori di lavoro che occupano fino a 50 lavoratori possono effettuare la valutazione dei rischi sulla base delle procedure standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f). Nelle more dell'elaborazione di tali procedure trovano applicazione le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, e 4.
7. Le disposizioni di cui al comma 6 non si applicano alle attivita' svolte
nelle seguenti aziende:
a) aziende di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d), f) e g);
b) aziende in cui si svolgono attivita' che espongono i lavoratori a rischi
chimici, biologici, da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, connessi all'esposizione
ad amianto;
c) aziende che rientrano nel campo di applicazione del titolo IV del presente
decreto.
Art.30. Modelli di organizzazione e di gestione
1. Il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia esimente
della responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche, delle societa'
e delle associazioni anche prive di personalita' giuridica di cui al decreto
legislativo 8 giugno 2001, n. 231, deve essere adottato ed efficacemente attuato,
assicurando un sistema aziendale per l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici
relativi:
a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature,
impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici;
b) alle attivita' di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure
di prevenzione e protezione conseguenti;
c) alle attivita' di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso,
gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
d) alle attivita' di sorveglianza sanitaria;
e) alle attivita' di informazione e formazione dei lavoratori;
f) alle attivita' di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e
delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori;
g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge;
h) alle periodiche verifiche dell'applicazione e dell'efficacia delle procedure
adottate.
2. Il modello organizzativo e gestionale di cui al comma 1 deve prevedere idonei sistemi di registrazione dell'avvenuta effettuazione delle attivita' di cui al comma 1.
3. Il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell'organizzazione e dal tipo di attivita' svolta, un'articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonche' un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
4. Il modello organizzativo deve altresi' prevedere un idoneo sistema di controllo sull'attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneita' delle misure adottate. Il riesame e l'eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell'organizzazione e nell'attivita' in relazione al progresso scientifico e tecnologico.
5. In sede di prima applicazione, i modelli di organizzazione aziendale definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007 si presumono conformi ai requisiti di cui al presente articolo per le parti corrispondenti. Agli stessi fini ulteriori modelli di organizzazione e gestione aziendale possono essere indicati dalla Commissione di cui all'articolo 6.
6. L'adozione del modello di organizzazione e di gestione di cui al presente articolo nelle imprese fino a 50 lavoratori rientra tra le attivita' finanziabili ai sensi dell'articolo 11.
Sezione III
SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
Art.31. Servizio di prevenzione e protezione
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 34, il datore di lavoro organizza il servizio di prevenzione e protezione all'interno della azienda o della unita' produttiva, o incarica persone o servizi esterni costituiti anche presso le associazioni dei datori di lavoro o gli organismi paritetici, secondo le regole di cui al presente articolo.
2. Gli addetti e i responsabili dei servizi, interni o esterni, di cui al comma 1, devono possedere le capacita' e i requisiti professionali di cui all'articolo 32, devono essere in numero sufficiente rispetto alle caratteristiche dell'azienda e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa della attivita' svolta nell'espletamento del proprio incarico.
3. Nell'ipotesi di utilizzo di un servizio interno, il datore di lavoro puo' avvalersi di persone esterne alla azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie, per integrare, ove occorra, l'azione di prevenzione e protezione del servizio.
4. Il ricorso a persone o servizi esterni e' obbligatorio in assenza di dipendenti che, all'interno dell'azienda ovvero dell'unita' produttiva, siano in possesso dei requisiti di cui all'articolo 32.
5. Ove il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni non e' per questo esonerato dalla propria responsabilita' in materia.
6. L'istituzione del servizio di prevenzione e protezione all'interno dell'azienda,
ovvero dell'unita' produttiva, e' comunque obbligatoria nei seguenti casi:
a) nelle aziende industriali di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 17
agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni, soggette all'obbligo di notifica
o rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8 del medesimo decreto;
b) nelle centrali termoelettriche;
c) negli impianti ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto
legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni;
d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi,
polveri e munizioni;
e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori;
f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;
g) nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori.
7. Nelle ipotesi di cui al comma 6 il responsabile del servizio di prevenzione e protezione deve essere interno.
8. Nei casi di aziende con piu' unita' produttive nonche' nei casi di gruppi di imprese, puo' essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione. I datori di lavoro possono rivolgersi a tale struttura per l'istituzione del servizio e per la designazione degli addetti e del responsabile.
Art.32. Capacita' e requisiti professionali degli addetti
e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni ed esterni
1. Le capacita' ed i requisiti professionali dei responsabili e degli addetti ai servizi di prevenzione e protezione interni o esterni devono essere adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attivita' lavorative.
2. Per lo svolgimento delle funzioni da parte dei soggetti di cui al comma
1, e' necessario essere in possesso di un titolo di studio non inferiore al
diploma di istruzione secondaria superiore nonche' di un attestato di frequenza,
con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione adeguati alla
natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attivita' lavorative.
Per lo svolgimento della funzione di responsabile del servizio prevenzione e
protezione, oltre ai requisiti di cui al precedente periodo, e' necessario possedere
un attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi
di formazione in materia di prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura
ergonomica e da stress lavoro-correlato di cui all'articolo 28, comma 1, di
organizzazione e gestione delle attivita' tecnico amministrative e di tecniche
di comunicazione in azienda e di relazioni sindacali. I corsi di cui ai periodi
precedenti devono rispettare in ogni caso quanto previsto dall'accordo sancito
il 26 gennaio 2006 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 2006, e successive modificazioni.
3. Possono altresi' svolgere le funzioni di responsabile o addetto coloro che, pur non essendo in possesso del titolo di studio di cui al comma 2, dimostrino di aver svolto una delle funzioni richiamate, professionalmente o alle dipendenze di un datore di lavoro, almeno da sei mesi alla data del 13 agosto 2003 previo svolgimento dei corsi secondo quanto previsto dall'accordo di cui al comma 2.
4. I corsi di formazione di cui al comma 2 sono organizzati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, dalle universita', dall'ISPESL, dall'INAIL, o dall'IPSEMA per la parte di relativa competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco dall'amministrazione della Difesa, dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione e dalle altre Scuole superiori delle singole amministrazioni, dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori o dagli organismi paritetici, nonche' dai soggetti di cui al punto 4 dell'accordo di cui al comma 2 nel rispetto dei limiti e delle specifiche modalita' ivi previste. Ulteriori soggetti formatori possono essere individuati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
5. Coloro che sono in possesso di laurea in una delle seguenti classi: L7, L8, L9, L17, L23, di cui al decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca in data 16 marzo 2007, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 155 del 6 luglio 2007, o nelle classi 8, 9, 10, 4, di cui al decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica in data 4 agosto 2000, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000, ovvero nella classe 4 di cui al decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica in data 2 aprile 2001, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001, ovvero di altre lauree riconosciute corrispondenti ai sensi della normativa vigente, sono esonerati dalla frequenza ai corsi di formazione di cui al comma 2, primo periodo. Ulteriori titoli di studio possono essere individuati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
6. I responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione sono
tenuti a frequentare corsi di aggiornamento secondo gli indirizzi definiti nell'accordo
Stato-regioni di cui al comma 2.
E' fatto salvo quanto previsto dall'articolo 34.
7. Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento delle attivita' di formazione di cui al presente articolo nei confronti dei componenti del servizio interno sono registrate nel libretto formativo del cittadino di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni.
8. Negli istituti di istruzione, di formazione professionale e universitari
e nelle istituzioni dell'alta formazione artistica e coreutica, il datore di
lavoro che non opta per lo svolgimento diretto dei compiti propri del servizio
di prevenzione e protezione dei rischi designa il responsabile del servizio
di prevenzione e protezione, individuandolo tra:
a) il personale interno all'unita' scolastica in possesso dei requisiti di cui
al presente articolo che si dichiari a tal fine disponibile;
b) il personale interno ad una unita' scolastica in possesso dei requisiti di
cui al presente articolo che si dichiari disponibile ad operare in una pluralita'
di istituti.
9. In assenza di personale di cui alle lettere a) e b) del comma 8, gruppi di istituti possono avvalersi in maniera comune dell'opera di un unico esperto esterno, tramite stipula di apposita convenzione, in via prioritaria con gli enti locali proprietari degli edifici scolastici e, in via subordinata, con enti o istituti specializzati in materia di salute e sicurezza sul lavoro o con altro esperto esterno libero professionista.
10. Nei casi di cui al comma 8 il datore di lavoro che si avvale di un esperto esterno per ricoprire l'incarico di responsabile del servizio deve comunque organizzare un servizio di prevenzione e protezione con un adeguato numero di addetti.
Art.33. Compiti del servizio di prevenzione e protezione
1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:
a) all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e
all'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrita' degli ambienti
di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza
dell'organizzazione aziendale;
b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive
di cui all'articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo di tali misure;
c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attivita' aziendali;
d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e sicurezza
sul lavoro, nonche' alla riunione periodica di cui all'articolo 35;
f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all'articolo 36.
2. I componenti del servizio di prevenzione e protezione sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni di cui al presente decreto legislativo.
3. Il servizio di prevenzione e protezione e' utilizzato dal datore di lavoro.
Art.34. Svolgimento diretto da parte del datore di
lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi
1. Salvo che nei casi di cui all'articolo 31, comma 6, il datore di lavoro puo' svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, di primo soccorso, nonche' di prevenzione incendi e di evacuazione, nelle ipotesi previste nell'allegato 2 dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai commi successivi.
2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare corsi di formazione, di durata minima di 16 ore e massima di 48 ore, adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attivita' lavorative, nel rispetto dei contenuti e delle articolazioni definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di dodici mesi dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo. Fino alla pubblicazione dell'accordo di cui al periodo precedente, conserva validita' la formazione effettuata ai sensi dell'articolo 3 del decreto ministeriale 16 gennaio 1997, il cui contenuto e' riconosciuto dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in sede di definizione dell'accordo di cui al periodo precedente.
3. Il datore di lavoro che svolge i compiti di cui al comma 1 e' altresi' tenuto a frequentare corsi di aggiornamento nel rispetto di quanto previsto nell'accordo di cui al precedente comma. L'obbligo di cui al precedente periodo si applica anche a coloro che abbiano frequentato i corsi di cui all'articolo 3 del decreto ministeriale 16 gennaio 1997 e agli esonerati dalla frequenza dei corsi, ai sensi dell'articolo 95 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
1. Nelle aziende e nelle unita' produttive che occupano piu' di 15 lavoratori,
il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione
dai rischi, indice almeno una volta all'anno una riunione cui partecipano:
a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
c) il medico competente, ove nominato;
d) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame dei partecipanti:
a) il documento di valutazione dei rischi;
b) l'andamento degli infortuni e delle malattie professionali e della sorveglianza
sanitaria;
c) i criteri di scelta, le caratteristiche tecniche e l'efficacia dei dispositivi
di protezione individuale;
d) i programmi di informazione e formazione dei dirigenti, dei preposti e dei
lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro salute.
3. Nel corso della riunione possono essere individuati:
a) codici di comportamento e buone prassi per prevenire i rischi di infortuni
e di malattie professionali;
b) obiettivi di miglioramento della sicurezza complessiva sulla base delle linee
guida per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro.
4. La riunione ha altresi' luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione e l'introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori. Nelle ipotesi di cui al presente articolo, nelle unita' produttive che occupano fino a 15 lavoratori e' facolta' del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza chiedere la convocazione di un'apposita riunione.
5. Della riunione deve essere redatto un verbale che e' a disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.
Sezione IV
FORMAZIONE, INFORMAZIONE E ADDESTRAMENTO
Art.36. Informazione ai lavoratori
1. Il datore di lavoro provvede affinche' ciascun lavoratore riceva una adeguata
informazione:
a) sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attivita' della
impresa in generale;
b) sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione
dei luoghi di lavoro;
c) sui nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli
articoli 45 e 46;
d) sui nominativi del responsabile e degli addetti del servizio di prevenzione
e protezione, e del medico competente.
2. Il datore di lavoro provvede altresi' affinche' ciascun lavoratore riceva
una adeguata informazione:
a) sui rischi specifici cui e' esposto in relazione all'attivita' svolta, le
normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;
b) sui pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla
base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle
norme di buona tecnica;
c) sulle misure e le attivita' di protezione e prevenzione adottate.
3. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettera a), e al comma 2, lettere a), b) e c), anche ai lavoratori di cui all'articolo 3, comma 9.
4. Il contenuto della informazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo.
Art.37. Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti
1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione
sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle
conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a:
a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della
prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi
di vigilanza, controllo, assistenza;
b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure
e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto
di appartenenza dell'azienda.
2. La durata, i contenuti minimi e le modalita' della formazione di cui al comma 1 sono definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottato, previa consultazione delle parti sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.
3. Il datore di lavoro assicura, altresi', che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in merito ai rischi specifici di cui ai titoli del presente decreto successivi al I. Ferme restando le disposizioni gia' in vigore in materia, la formazione di cui al periodo che precede e' definita mediante l'accordo di cui al comma 2.
4. La formazione e, ove previsto, l'addestramento specifico devono avvenire
in occasione:
a) della costituzione del rapporto di lavoro o dell'inizio dell'utilizzazione
qualora si tratti di somministrazione di lavoro;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie,
di nuove sostanze e preparati pericolosi.
5. L'addestramento viene effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro.
6. La formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti deve essere periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi o all'insorgenza di nuovi rischi.
7. I preposti ricevono a cura del datore di lavoro e in azienda, un'adeguata
e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti
in materia di salute e sicurezza del lavoro. I contenuti della formazione di
cui al presente comma comprendono:
a) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi;
b) definizione e individuazione dei fattori di rischio;
c) valutazione dei rischi;
d) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione
e protezione.
8. I soggetti di cui all'articolo 21, comma 1, possono avvalersi dei percorsi formativi appositamente definiti, tramite l'accordo di cui al comma 2, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
9. I lavoratori incaricati dell'attivita' di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza devono ricevere un'adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico; in attesa dell'emanazione delle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 46, continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'interno in data 10 marzo 1998, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7 aprile 1998, attuativo dell'articolo 13 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
10. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.
11. Le modalita', la durata e i contenuti specifici della formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale, nel rispetto dei seguenti contenuti minimi: a) principi giuridici comunitari e nazionali; b) legislazione generale e speciale in materia di salute e sicurezza sul lavoro; c) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi; d) definizione e individuazione dei fattori di rischio; e) valutazione dei rischi; f) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione; g) aspetti normativi dell'attivita' di rappresentanza dei lavoratori; h) nozioni di tecnica della comunicazione. La durata minima dei corsi e' di 32 ore iniziali, di cui 12 sui rischi specifici presenti in azienda e le conseguenti misure di prevenzione e protezione adottate, con verifica di apprendimento. La contrattazione collettiva nazionale disciplina le modalita' dell'obbligo di aggiornamento periodico, la cui durata non puo' essere inferiore a 4 ore annue per le imprese che occupano dai 15 ai 50 lavoratori e a 8 ore annue per le imprese che occupano piu' di 50 lavoratori.
12. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'articolo 50 ove presenti, durante l'orario di lavoro e non puo' comportare oneri economici a carico dei lavoratori.
13. Il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze e competenze necessarie in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Ove la formazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua veicolare utilizzata nel percorso formativo.
14. Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento delle attivita' di formazione di cui al presente decreto sono registrate nel libretto formativo del cittadino di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni. Il contenuto del libretto formativo e' considerato dal datore di lavoro ai fini della programmazione della formazione e di esso gli organi di vigilanza tengono conto ai fini della verifica degli obblighi di cui al presente decreto.
Sezione V
SORVEGLIANZA SANITARIA
Art.38. Titoli e requisiti del medico competente
1. Per svolgere le funzioni di medico competente e' necessario possedere uno
dei seguenti titoli o requisiti:
a) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori
e psicotecnica;
b) docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e
psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia
e igiene del lavoro o in clinica del lavoro;
c) autorizzazione di cui all'articolo 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991,
n. 277;
d) specializzazione in igiene e medicina preventiva o in medicina legale.
2. I medici in possesso dei titoli di cui al comma 1, lettera d), sono tenuti
a frequentare appositi percorsi formativi universitari da definire con apposito
decreto del Ministero dell'universita' e della ricerca di concerto con il Ministero
della salute. I soggetti di cui al precedente periodo i quali, alla data di
entrata in vigore del presente decreto, svolgano le attivita' di medico competente
o dimostrino di avere svolto tali attivita' per almeno un anno nell'arco dei
tre anni anteriori all'entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono
abilitati a svolgere le medesime funzioni.
A tal fine sono tenuti a produrre alla Regione attestazione del datore di lavoro
comprovante l'espletamento di tale attivita'.
3. Per lo svolgimento delle funzioni di medico competente e' altresi' necessario partecipare al programma di educazione continua in medicina ai sensi del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, e successive modificazioni e integrazioni, a partire dal programma triennale successivo all'entrata in vigore del presente decreto legislativo. I crediti previsti dal programma triennale dovranno essere conseguiti nella misura non inferiore al 70 per cento del totale nella disciplina «medicina del lavoro e sicurezza degli ambienti di lavoro».
4. I medici in possesso dei titoli e dei requisiti di cui al presente articolo sono iscritti nell'elenco dei medici competenti istituito presso il Ministero della salute.
Art.39. Svolgimento dell'attivita' di medico competente
1. L'attivita' di medico competente e' svolta secondo i principi della medicina del lavoro e del codice etico della Commissione internazionale di salute occupazionale (ICOH).
2. Il medico competente svolge la propria opera in qualita' di:
a) dipendente o collaboratore di una struttura esterna pubblica o privata, convenzionata
con l'imprenditore;
b) libero professionista;
c) dipendente del datore di lavoro.
3. Il dipendente di una struttura pubblica, assegnato agli uffici che svolgono attivita' di vigilanza, non puo' prestare, ad alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attivita' di medico competente.
4. Il datore di lavoro assicura al medico competente le condizioni necessarie per lo svolgimento di tutti i suoi compiti garantendone l'autonomia.
5. Il medico competente puo' avvalersi, per accertamenti diagnostici, della collaborazione di medici specialisti scelti in accordo con il datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.
6. Nei casi di aziende con piu' unita' produttive, nei casi di gruppi d'imprese nonche' qualora la valutazione dei rischi ne evidenzi la necessita', il datore di lavoro puo' nominare piu' medici competenti individuando tra essi un medico con funzioni di coordinamento.
Art.40. Rapporti del medico competente con il Servizio
sanitario nazionale
1. Entro il primo trimestre dell'anno successivo all'anno di riferimento il medico competente trasmette, esclusivamente per via telematica, ai servizi competenti per territorio le informazioni, elaborate evidenziando le differenze di genere, relative ai dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori, sottoposti a sorveglianza sanitaria secondo il modello in allegato 3B.
2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano trasmettono le informazioni di cui al comma 1, aggregate dalle aziende sanitarie locali, all'ISPESL.
Art.41. Sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria e' effettuata dal medico competente:
a) nei casi previsti dalla normativa vigente, dalle direttive europee nonche'
dalle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva di cui all'articolo 6;
b) qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico
competente correlata ai rischi lavorativi.
2. La sorveglianza sanitaria comprende:
a) visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza di controindicazioni
al lavoro cui il lavoratore e' destinato al fine di valutare la sua idoneita'
alla mansione specifica;
b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori
ed esprimere il giudizio di idoneita' alla mansione specifica. La periodicita'
di tali accertamenti, qualora non prevista dalla relativa normativa, viene stabilita,
di norma, in una volta l'anno. Tale periodicita' puo' assumere cadenza diversa,
stabilita dal medico competente in funzione della valutazione del rischio.
L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, puo' disporre contenuti e
periodicita' della sorveglianza sanitaria differenti rispetto a quelli indicati
dal medico competente;
c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico
competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute,
suscettibili di peggioramento a causa dell'attivita' lavorativa svolta, al fine
di esprimere il giudizio di idoneita' alla mansione specifica;
d) visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l'idoneita'
alla mansione specifica;
e) visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla
normativa vigente.
3. Le visite mediche di cui al comma 2 non possono essere effettuate:
a) in fase preassuntiva;
b) per accertare stati di gravidanza;
c) negli altri casi vietati dalla normativa vigente.
4. Le visite mediche di cui al comma 2, a cura e spese del datore di lavoro, comprendono gli esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente. Nei casi ed alle condizioni previste dall'ordinamento, le visite di cui al comma 2, lettere a), b) e d) sono altresi' finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti.
5. Gli esiti della visita medica devono essere allegati alla cartella sanitaria e di rischio di cui all'articolo 25, comma 1, lettera c), secondo i requisiti minimi contenuti nell'Allegato 3A e predisposta su formato cartaceo o informatizzato, secondo quanto previsto dall'articolo 53.
6. Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche di
cui al comma 2, esprime uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione specifica:
a) idoneita';
b) idoneita' parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni;
c) inidoneita' temporanea;
d) inidoneita' permanente.
7. Nel caso di espressione del giudizio di inidoneita' temporanea vanno precisati i limiti temporali di validita'.
8. Dei giudizi di cui al comma 6, il medico competente informa per iscritto il datore di lavoro e il lavoratore.
9. Avverso i giudizi del medico competente e' ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.
Art.42. Provvedimenti in caso di inidoneita' alla mansione
specifica
1. Il datore di lavoro, anche in considerazione di quanto disposto dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, in relazione ai giudizi di cui all'articolo 41, comma 6, attua le misure indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano un'inidoneita' alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, ad altra mansione compatibile con il suo stato di salute.
2. Il lavoratore di cui al comma 1 che viene adibito a mansioni inferiori conserva la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonche' la qualifica originaria. Qualora il lavoratore venga adibito a mansioni equivalenti o superiori si applicano le norme di cui all'articolo 2103 del codice civile, fermo restando quanto previsto dall'articolo 52 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Sezione VI
GESTIONE DELLE EMERGENZE
1. Ai fini degli adempimenti di cui all'articolo 18, comma 1, lettera t), il
datore di lavoro:
a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia
di primo soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell'emergenza;
b) designa preventivamente i lavoratori di cui all'articolo 18, comma 1, lettera
b);
c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti a un pericolo grave
e immediato circa le misure predisposte e i comportamenti da adottare;
d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e da' istruzioni affinche'
i lavoratori, in caso di pericolo grave e immediato che non puo' essere evitato,
possano cessare la loro attivita', o mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente
il luogo di lavoro;
e) adotta i provvedimenti necessari affinche' qualsiasi lavoratore, in caso
di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza o per quella di altre
persone e nell'impossibilita' di contattare il competente superiore gerarchico,
possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo,
tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.
2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di lavoro tiene conto delle dimensioni dell'azienda e dei rischi specifici dell'azienda o della unita' produttiva secondo i criteri previsti nei decreti di cui all'articolo 46.
3. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione. Essi devono essere formati, essere in numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni e dei rischi specifici dell'azienda o dell'unita' produttiva.
4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attivita' in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato.
Art.44. Diritti dei lavoratori in caso di pericolo
grave e immediato
1. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non puo' essere evitato, si allontana dal posto di lavoro o da una zona pericolosa, non puo' subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.
2. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e nell'impossibilita' di contattare il competente superiore gerarchico, prende misure per evitare le conseguenze di tale pericolo, non puo' subire pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia commesso una grave negligenza.
1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura della attivita' e delle dimensioni dell'azienda o della unita' produttiva, sentito il medico competente ove nominato, prende i provvedimenti necessari in materia di primo soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati.
2. Le caratteristiche minime delle attrezzature di primo soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione, individuati in relazione alla natura dell'attivita', al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori di rischio sono individuati dal decreto ministeriale 15 luglio 2003, n. 388 e dai successivi decreti ministeriali di adeguamento acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
3. Con appositi decreti ministeriali, acquisito il parere della Conferenza permanente, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, vengono definite le modalita' di applicazione in ambito ferroviario del decreto ministeriale 15 luglio 2003, n. 388 e successive modificazioni.
1. La prevenzione incendi e' la funzione di preminente interesse pubblico, di esclusiva competenza statuale, diretta a conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumita' delle persone e di tutela dei beni e dell'ambiente.
2. Nei luoghi di lavoro soggetti al presente decreto legislativo devono essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l'incolumita' dei lavoratori.
3. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 8 marzo 2006, n.
139 e dalle disposizioni concernenti la prevenzione incendi di cui al presente
decreto, i Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, in
relazione ai fattori di rischio, adottano uno o piu' decreti nei quali sono
definiti:
a) i criteri diretti atti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio ed a limitarne le conseguenze
qualora esso si verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio,
compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione.
4. Fino all'adozione dei decreti di cui al comma 3, continuano ad applicarsi i criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro di cui al decreto del Ministro dell'interno in data 10 marzo 1998.
5. Al fine di favorire il miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro, ed ai sensi dell'articolo 14, comma 2, lettera h), del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, con decreto del Ministro dell'interno sono istituiti, presso ogni direzione regionale dei vigili del fuoco, dei nuclei specialistici per l'effettuazione di una specifica attivita' di assistenza alle aziende. Il medesimo decreto contiene le procedure per l'espletamento della attivita' di assistenza.
6. In relazione ai principi di cui ai commi precedenti, ogni disposizione contenuta nel presente decreto legislativo, concernente aspetti di prevenzione incendi, sia per l'attivita' di disciplina che di controllo, deve essere riferita agli organi centrali e periferici del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139. Restano ferme le rispettive competenze di cui all'articolo 13.
7. Le maggiori risorse derivanti dall'espletamento della funzione di controllo di cui al presente articolo, sono rassegnate al Corpo nazionale dei vigili per il miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro.
Sezione VII
CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI
Art.47. Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
1. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' istituito a livello territoriale o di comparto, aziendale e di sito produttivo. L'elezione dei rappresentanti per la sicurezza avviene secondo le modalita' di cui al comma 6.
2. In tutte le aziende, o unita' produttive, e' eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
3. Nelle aziende o unita' produttive che occupano fino a 15 lavoratori il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' di norma eletto direttamente dai lavoratori al loro interno oppure e' individuato per piu' aziende nell'ambito territoriale o del comparto produttivo secondo quanto previsto dall'articolo 48.
4. Nelle aziende o unita' produttive con piu' di 15 lavoratori il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' eletto o designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali rappresentanze, il rappresentante e' eletto dai lavoratori della azienda al loro interno.
5. Il numero, le modalita' di designazione o di elezione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, nonche' il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.
6. L'elezione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza aziendali, territoriali o di comparto, salvo diverse determinazioni in sede di contrattazione collettiva, avviene di norma in corrispondenza della giornata nazionale per la salute e sicurezza sul lavoro, individuata, nell'ambito della settimana europea per la salute e sicurezza sul lavoro, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro della salute, sentite le confederazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale. Con il medesimo decreto sono disciplinate le modalita' di attuazione del presente comma.
7. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 2 e' il seguente: a) un rappresentante nelle aziende ovvero unita' produttive sino a 200 lavoratori; b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unita' produttive da 201 a 1.000 lavoratori; c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende o unita' produttive oltre i 1.000 lavoratori. In tali aziende il numero dei rappresentanti e' aumentato nella misura individuata dagli accordi interconfederali o dalla contrattazione collettiva.
8. Qualora non si proceda alle elezioni previste dai commi 3 e 4, le funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono esercitate dai rappresentanti di cui agli articoli 48 e 49, salvo diverse intese tra le associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale.
Art.48. Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
territoriale
1. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale di cui all'articolo 47, comma 3, esercita le competenze del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di cui all'articolo 50 e i termini e con le modalita' ivi previste con riferimento a tutte le aziende o unita' produttive del territorio o del comparto di competenza nelle quali non sia stato eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
2. Le modalita' di elezione o designazione del rappresentante di cui al comma 1 sono individuate dagli accordi collettivi nazionali, interconfederali o di categoria, stipulati dalle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale. In mancanza dei predetti accordi, le modalita' di elezione o designazione sono individuate con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le associazioni di cui al presente comma.
3. Tutte le aziende o unita' produttive nel cui ambito non e' stato eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza partecipano al Fondo di cui all'articolo 52.
4. Per l'esercizio delle proprie attribuzioni, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale accede ai luoghi di lavoro nel rispetto delle modalita' e del termine di preavviso individuati dagli accordi di cui al comma 2. Il termine di preavviso non opera in caso di infortunio grave. In tale ultima ipotesi l'accesso avviene previa segnalazione all'organismo paritetico.
5. Ove l'azienda impedisca l'accesso, nel rispetto delle modalita' di cui al presente articolo, al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale, questi lo comunica all'organismo paritetico o, in sua mancanza, all'organo di vigilanza territorialmente competente.
6. L'organismo paritetico o, in mancanza, il Fondo di cui all'articolo 52 comunica alle aziende e ai lavoratori interessati il nominativo del rappresentante della sicurezza territoriale.
7. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi. Le modalita', la durata e i contenuti specifici della formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva secondo un percorso formativo di almeno 64 ore iniziali, da effettuarsi entro 3 mesi dalla data di elezione o designazione, e 8 ore di aggiornamento annuale.
8. L'esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e' incompatibile con l'esercizio di altre funzioni sindacali operative.
Art.49. Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
di sito produttivo
1. Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo sono individuati
nei seguenti specifici contesti produttivi caratterizzati dalla compresenza
di piu' aziende o cantieri:
a) i porti di cui all'articolo 4, comma 1, lettere b), c) e d), della legge
28 gennaio 1994, n. 84, sedi di autorita' portuale nonche' quelli sede di autorita'
marittima da individuare con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza
sociale e dei trasporti, da adottare entro dodici mesi dalla data di entrata
in vigore del presente decreto;
b) centri intermodali di trasporto di cui alla direttiva del Ministro dei trasporti
del 18 ottobre 2006, n. 3858;
c) impianti siderurgici;
d) cantieri con almeno 30.000 uomini-giorno, intesa quale entita' presunta dei
cantieri, rappresentata dalla somma delle giornate lavorative prestate dai lavoratori,
anche autonomi, previste per la realizzazione di tutte le opere;
e) contesti produttivi con complesse problematiche legate alla interferenza
delle lavorazioni e da un numero complessivo di addetti mediamente operanti
nell'area superiore a 500.
2. Nei contesti di cui al comma precedente il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo e' individuato, su loro iniziativa, tra i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza delle aziende operanti nel sito produttivo.
3. La contrattazione collettiva stabilisce le modalita' di individuazione di cui al comma 2, nonche' le modalita' secondo cui il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo esercita le attribuzioni di cui all'articolo 50 in tutte le aziende o cantieri del sito produttivo in cui non vi siano rappresentanti per la sicurezza e realizza il coordinamento tra i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza del medesimo sito.
Art.50. Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza
1. Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) e' consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione
dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della
prevenzione nella azienda o unita' produttiva;
c) e' consultato sulla designazione del responsabile e degli addetti al servizio
di prevenzione, alla attivita' di prevenzione incendi, al primo soccorso, alla
evacuazione dei luoghi di lavoro e del medico competente;
d) e' consultato in merito all'organizzazione della formazione di cui all'articolo
37;
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla valutazione
dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonche' quelle inerenti alle
sostanze ed ai preparati pericolosi, alle macchine, agli impianti, alla organizzazione
e agli ambienti di lavoro, agli infortuni ed alle malattie professionali;
f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata e, comunque, non inferiore a quella prevista
dall'articolo 37;
h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di
prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrita' fisica dei lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle
autorita' competenti, dalle quali e', di norma, sentito;
l) partecipa alla riunione periodica di cui all'articolo 35;
m) fa proposte in merito alla attivita' di prevenzione;
n) avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati nel corso della
sua attivita';
o) puo' fare ricorso alle autorita' competenti qualora ritenga che le misure
di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti
e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e
la salute durante il lavoro.
2. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo svolgimento dell'incarico senza perdita di retribuzione, nonche' dei mezzi e degli spazi necessari per l'esercizio delle funzioni e delle facolta' riconosciutegli, anche tramite l'accesso ai dati, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera r), contenuti in applicazioni informatiche. Non puo' subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attivita' e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.
3. Le modalita' per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.
4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su sua richiesta e per l'espletamento della sua funzione, riceve copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a).
5. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza dei lavoratori rispettivamente del datore di lavoro committente e delle imprese appaltatrici, su loro richiesta e per l'espletamento della loro funzione, ricevono copia del documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 26, comma 3.
6. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' tenuto al rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e del segreto industriale relativamente alle informazioni contenute nel documento di valutazione dei rischi e nel documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 26, comma 3, nonche' al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni.
7. L'esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' incompatibile con la nomina di responsabile o addetto al servizio di prevenzione e protezione.
1. A livello territoriale sono costituiti gli organismi paritetici di cui all'articolo 2, comma 1, lettera ee).
2. Fatto salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva, gli organismi di cui al comma 1 sono prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull'applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme vigenti.
3. Gli organismi paritetici possono supportare le imprese nell'individuazione di soluzioni tecniche e organizzative dirette a garantire e migliorare la tutela della salute e sicurezza sul lavoro;
4. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali o partecipativi previsti da accordi interconfederali, di categoria, nazionali, territoriali o aziendali.
5. Agli effetti dell'articolo 9 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, gli organismi di cui al comma 1 sono parificati ai soggetti titolari degli istituti della partecipazione di cui al medesimo articolo.
6. Gli organismi paritetici di cui al comma 1, purche' dispongano di personale con specifiche competenze tecniche in materia di salute e sicurezza sul lavoro, possono effettuare, nei luoghi di lavoro rientranti nei territori e nei comparti produttivi di competenza, sopralluoghi per le finalita' di cui al comma 3.
7. Gli organismi di cui al presente articolo trasmettono al Comitato di cui all'articolo 7 una relazione annuale sull'attivita' svolta.
8. Gli organismi paritetici comunicano alle aziende di cui all'articolo 48, comma 2, i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriale. Analoga comunicazione effettuano nei riguardi degli organi di vigilanza territorialmente competenti.
Art.52. Sostegno alla piccola e media impresa, ai rappresentanti
dei lavoratori per la sicurezza territoriali e alla pariteticita'
1. Presso l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro (INAIL) e' costituito il fondo di sostegno alla piccola e media impresa,
ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali e alla pariteticita'.
Il fondo opera a favore delle realta' in cui la contrattazione nazionale o integrativa
non preveda o costituisca sistemi di rappresentanza dei lavoratori e di pariteticita'
migliorativi o, almeno, di pari livello ed ha quali obiettivi il:
a) sostegno ed il finanziamento, in misura non inferiore al cinquanta per cento
delle disponibilita' del Fondo, delle attivita' delle rappresentanze dei lavoratori
per la sicurezza territoriali, anche con riferimento alla formazione;
b) finanziamento della formazione dei datori di lavoro delle piccole e medie
imprese, dei piccoli imprenditori di cui all'articolo 2083 del codice civile,
dei lavoratori stagionali del settore agricolo e dei lavoratori autonomi;
c) sostegno delle attivita' degli organismi paritetici.
2. Il fondo di cui al comma 1 e' finanziato:
a) da un contributo delle aziende di cui all'articolo 48, comma 3, in misura
pari a due ore lavorative annue per ogni lavoratore occupato presso l'azienda
ovvero l'unita' produttiva;
b) dalle entrate derivanti dall'irrogazione delle sanzioni previste dal presente
decreto per la parte eccedente quanto riscosso a seguito dell'irrogazione delle
sanzioni previste dalla previgente normativa abrogata dal presente decreto nel
corso dell'anno 2007, incrementato del 10 per cento;
c) con una quota parte delle risorse di cui all'articolo 9, comma 3;
d) relativamente all'attivita' formative per le piccole e medie imprese di cui
al comma 1, lettera b), anche dalle risorse di cui all'articolo 11, comma 2.
3. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottato, previa intesa con le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definiti le modalita' di funzionamento del fondo di cui al comma 1, i criteri di riparto delle risorse tra le finalita' di cui al medesimo comma nonche' il relativo procedimento amministrativo e contabile di alimentazione.
4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale redige una relazione annuale sulla attivita' svolta, da inviare al Fondo.
Sezione VIII
DOCUMENTAZIONE TECNICO AMMINISTRATIVA E STATISTICHE DEGLI INFORTUNI E DELLE
MALATTIE PROFESSIONALI
Art.53. Tenuta della documentazione
1. E' consentito l'impiego di sistemi di elaborazione automatica dei dati per la memorizzazione di qualunque tipo di documentazione prevista dal presente decreto legislativo.
2. Le modalita' di memorizzazione dei dati e di accesso al sistema di gestione
della predetta documentazione devono essere tali da assicurare che:
a) l'accesso alle funzioni del sistema sia consentito solo ai soggetti a cio'
espressamente abilitati dal datore di lavoro;
b) la validazione delle informazioni inserite sia consentito solo alle persone
responsabili, in funzione della natura dei dati;
c) le operazioni di validazione dei dati di cui alla lettera b) siano univocamente
riconducibili alle persone responsabili che le hanno effettuate mediante la
memorizzazione di codice identificativo autogenerato dagli stessi;
d) le eventuali informazioni di modifica, ivi comprese quelle inerenti alle
generalita' e ai dati occupazionali del lavoratore, siano solo aggiuntive a
quelle gia' memorizzate;
e) sia possibile riprodurre su supporti a stampa, sulla base dei singoli documenti,
ove previsti dal presente decreto legislativo, le informazioni contenute nei
supporti di memoria;
f) le informazioni siano conservate almeno su due distinti supporti informatici
di memoria e siano implementati programmi di protezione e di controllo del sistema
da codici virali;
g) sia redatta, a cura dell'esercente del sistema, una procedura in cui siano
dettagliatamente descritte le operazioni necessarie per la gestione del sistema
medesimo. Nella procedura non devono essere riportati i codici di accesso.
3. Nel caso in cui le attivita' del datore di lavoro siano articolate su vari sedi geografiche o organizzate in distinti settori funzionali, l'accesso ai dati puo' avvenire mediante reti di comunicazione elettronica, attraverso la trasmissione della password in modalita' criptata e fermo restando quanto previsto al comma 2 relativamente alla immissione e validazione dei dati da parte delle persone responsabili.
4. La documentazione, sia su supporto cartaceo che informatico, deve essere custodita nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di protezione dei dati personali.
5. Tutta la documentazione rilevante in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e tutela delle condizioni di lavoro puo' essere tenuta su unico supporto cartaceo o informatico. Ferme restando le disposizioni relative alla valutazione dei rischi, le modalita' per l'eventuale eliminazione o per la tenuta semplificata della documentazione di cui al periodo che precede sono definite con successivo decreto, adottato, previa consultazione delle parti sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
6. Fino ai sei mesi successivi all'adozione del decreto interministeriale di cui all'articolo 8 comma 4, del presente decreto restano in vigore le disposizioni relative al registro infortuni ed ai registri degli esposti ad agenti cancerogeni e biologici.
Art.54. Comunicazioni e trasmissione della documentazione
1. La trasmissione di documentazione e le comunicazioni a enti o amministrazioni pubbliche, comunque previste dal presente decreto legislativo possono avvenire tramite sistemi informatizzati, nel formato e con le modalita' indicati dalle strutture riceventi.
Capo IV
Disposizioni penali
Sezione I
SANZIONI
Art.55. Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente
1. E' punito con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 5.000
a 15.000 euro il datore di lavoro:
a) che omette la valutazione dei rischi e l'adozione del documento di cui all'articolo
17, comma 1, lettera a), ovvero che lo adotta in assenza degli elementi di cui
alle lettere a), b), d) ed f) dell'articolo 28 e che viola le disposizioni di
cui all'articolo 18, comma 1, lettere q) e z), prima parte;
b) che non provvede alla nomina del responsabile del servizio di prevenzione
e protezione ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera b), salvo il caso previsto
dall'articolo 34;
2. Nei casi previsti al comma 1, lettera a), si applica la pena dell'arresto
da sei mesi a un anno e sei mesi se la violazione e' commessa:
a) nelle aziende di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d), f);
b) in aziende in cui si svolgono attivita' che espongono i lavoratori a rischi
biologici di cui all'articolo 268, comma 1, lettere c) e d), da atmosfere esplosive,
cancerogeni mutageni, e da attivita' di manutenzione, rimozione smaltimento
e bonifica di amianto;
c) per le attivita' disciplinate dal titolo IV caratterizzate dalla compresenza
di piu' imprese e la cui entita' presunta di lavoro non sia inferiore a 200
uomini-giorno.
3. E' punito con l'ammenda da 3.000 a 9.000 euro il datore di lavoro che non redige il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), secondo le modalita' di cui all'articolo 29, commi 1, 2 e 3, nonche' nei casi in cui nel documento di valutazione dei rischi manchino una o piu' delle indicazioni di cui all'articolo 28, comma 2, lettere c) ed e).
4. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 800 a 3.000 euro per
la violazione degli articoli 18, comma 1, lettere b), e), g), i), m), n), o),
p), 34, comma 3, 36, commi 1, 2 e 3, 43, comma 1, lettere a), b) e c);
b) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a 5.000 euro per
la violazione degli articoli 18, commi 1, lettere d), h), e v), e 2, 26, comma
1, lettera b), 43, comma 1, lettere d) ed e), 45, comma 1, 46, comma 2;
c) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a 5.000 euro per
la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera c). Nei casi previsti dal comma
2, si applica la pena dell'arresto da quattro a otto mesi;
d) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 1.500 a 6.000 euro
per la violazione degli articoli 26, comma 1, e 2, lettere a) e b), 34, commi
1 e 2;
e) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000 a 4.000 euro
per la violazione degli articoli 18, comma 1, lettera l), e 43, comma 4;
f) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a 10.000 euro per
non aver provveduto alla nomina di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a);
g) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 a 4.500 euro per la violazione
dell'articolo 18, comma 1, lettera bb);
h) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.000 euro per la violazione
degli articoli 29, comma 4, e 35, comma 2; (1)
i) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 7.500 euro per la violazione
dell'articolo 18, comma 1, lettera r), con riferimento agli infortuni superiori
ai tre giorni;
l) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 3.000 euro per la violazione
dell'articolo 18, comma 1, lettera r), con riferimento agli infortuni superiori
ad un giorno;
m) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per ciascun lavoratore,
in caso di violazione dell'articolo 26, comma 8;
n) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 3.000 in caso
di violazione dall'articolo 18, comma 1, lettera s);
o) con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 500 in caso di violazione
dall'articolo 18, comma 1, lettera aa).
5. L'applicazione della sanzione di cui al comma 4, lettera i), esclude l'applicazione delle sanzioni conseguenti alla violazione dell'articolo 53 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.
(1) Comma così modificato dalla legge 6 agosto 2008, n. 133
Art.56. Sanzioni per il preposto
1. I preposti sono puniti nei limiti dell'attivita' alla quale sono tenuti
in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda da 500 a 2.000 euro per la
violazione dell'articolo 19, comma 1, lettere a), e), f);
b) con l'arresto sino a un mese o con l'ammenda da 300 a 900 euro per la violazione
dell'articolo 19, comma 1, lettere b), c), d);
c) con l'ammenda da 300 a 900 euro per la violazione dell'articolo 19, comma
1, lettera g).
Art.57. Sanzioni per i progettisti, i fabbricanti i
fornitori e gli installatori
1. I progettisti che violano il disposto dell'articolo 22 sono puniti con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 600 a 2.000 euro.
2. I fabbricanti e i fornitori che violano il disposto dell'articolo 23 sono puniti con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 15.000 a 45.000 euro.
3. Gli installatori che violano il disposto dell'articolo 24 sono puniti con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 1.000 a 3.000 euro.
Art.58. Sanzioni per il medico competente
1. Il medico competente e' punito:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 500 a 2.500 euro per la violazione
dell'articolo 25, comma 1, lettere d), e) e f);
b) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 1.000 a 4.500 euro per la
violazione dell'articolo 25, comma 1, lettere b), c) e g);v c) con l'arresto
fino a tre mesi o con l'ammenda da 1.000 a 5.000 euro per la violazione dell'articolo
25, comma 1, lettera l);
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 3.000 euro per la violazione
dell'articolo 25, comma 1, lettere h), i) e m), e per la violazione dell'articolo
41, comma 5;
e) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.500 euro per la violazione
dell'articolo 40, comma 1.
Art.59. Sanzioni per i lavoratori
1. I lavoratori sono puniti:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200 a 600 euro per la violazione
dell'articolo 20, comma 2, lettere b), c), d), e), f), g), h) e i);
b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 300 euro per la violazione
dell'articolo 20 comma 3; la stessa sanzione si applica ai lavoratori autonomi
di cui alla medesima disposizione.
Art.60. Sanzioni per i componenti dell'impresa familiare,
i lavoratori autonomi, i piccoli imprenditori e i soci delle societa' semplici
operanti nel settore agricolo
1. I soggetti di cui all'articolo 21 sono puniti:
a) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 2.000 euro per la violazione
dell'articolo 21, comma 1, lettere a) e b);
b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 300 euro per la violazione
dell'articolo 21, comma 1, lettera c).
Sezione II
DISPOSIZIONI IN TEMA DI PROCESSO PENALE
Art.61. Esercizio dei diritti della persona offesa
1. In caso di esercizio dell'azione penale per i delitti di omicidio colposo o di lesioni personali colpose, se il fatto e' commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbia determinato una malattia professionale, il pubblico ministero ne da' immediata notizia all'INAIL ed all'IPSEMA, in relazione alle rispettive competenze, ai fini dell'eventuale costituzione di parte civile e dell'azione di regresso.
2. Le organizzazioni sindacali e le associazioni dei familiari delle vittime di infortuni sul lavoro hanno facolta' di esercitare i diritti e le facolta' della persona offesa di cui agli articoli 91 e 92 del codice di procedura penale, con riferimento ai reati commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.
Titolo II
LUOGHI DI LAVORO
Capo I
Disposizioni generali
1. Ferme restando le disposizioni di cui al titolo I, unicamente ai fini dell'applicazione
del presente titolo, si intendono per luoghi di lavoro:
a) i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda
o dell'unita' produttiva, nonche' ogni altro luogo di pertinenza dell'azienda
o dell'unita' produttiva accessibile al lavoratore nell'ambito del proprio lavoro;
b) i campi, i boschi e altri terreni facenti parte di un'azienda agricola o
forestale.
2. Le disposizioni di cui al presente titolo non si applicano:
a) ai mezzi di trasporto;
b) ai cantieri temporanei o mobili;
c) alle industrie estrattive;
d) ai pescherecci.
Art.63. Requisiti di salute e di sicurezza
1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato IV.
2. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili.
3. L'obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le vie di circolazione, le scale, le docce, i gabinetti ed i posti di lavoro utilizzati ed occupati direttamente da lavoratori disabili.
4. La disposizione di cui al comma 2 non si applica ai luoghi di lavoro gia' utilizzati prima del 1° gennaio 1993; in ogni caso devono essere adottate misure idonee a consentire la mobilita' e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.
5. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adempimenti di cui al comma 1 il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e previa autorizzazione dell'organo di vigilanza territorialmente competente, adotta le misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
6. I requisiti di sicurezza e di salute relativi a campi, boschi e altri terreni facenti parte di una azienda agricola o forestale, sono specificati nel punto 7 dell'allegato IV.
Art.64. Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all'articolo 63, commi
1, 2 e 3;
b) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a uscite o ad uscite
di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne
l'utilizzazione in ogni evenienza;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare
manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto piu' rapidamente possibile,
i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
d) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare
pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate;
e) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all'eliminazione
dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del
loro funzionamento.
Art.65. Locali sotterranei o semisotterranei
1. E' vietato destinare al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei.
2. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, possono essere destinati al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei, quando ricorrano particolari esigenze tecniche. In tali casi il datore di lavoro provvede ad assicurare idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima.
3. L'organo di vigilanza puo' consentire l'uso dei locali chiusi sotterranei o semisotterranei anche per altre lavorazioni per le quali non ricorrono le esigenze tecniche, quando dette lavorazioni non diano luogo ad emissioni di agenti nocivi, sempre che siano rispettate le norme del presente decreto legislativo e si sia provveduto ad assicurare le condizioni di cui al comma 2.
Art.66. Lavori in ambienti sospetti di inquinamento
1. E' vietato consentire l'accesso dei lavoratori in pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri, senza che sia stata previamente accertata l'assenza di pericolo per la vita e l'integrita' fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell'atmosfera mediante ventilazione o altri mezzi idonei. Quando possa esservi dubbio sulla pericolosita' dell'atmosfera, i lavoratori devono essere legati con cintura di sicurezza, vigilati per tutta la durata del lavoro e, ove occorra, forniti di apparecchi di protezione. L'apertura di accesso a detti luoghi deve avere dimensioni tali da poter consentire l'agevole recupero di un lavoratore privo di sensi.
Art.67. Notifiche all'organo di vigilanza competente
per territorio
1. La costruzione e la realizzazione di edifici o locali da adibire a lavorazioni industriali, nonche' gli ampliamenti e le ristrutturazioni di quelli esistenti, devono essere eseguiti nel rispetto della normativa di settore ed essere notificati all'organo di vigilanza competente per territorio.
2. La notifica di cui al comma 1 deve indicare gli aspetti considerati nella
valutazione e relativi:
a) alla descrizione dell'oggetto delle lavorazioni e delle principali modalita'
di esecuzione delle stesse;
b) alla descrizione delle caratteristiche dei locali e degli impianti.
L'organo di vigilanza territorialmente competente puo' chiedere ulteriori dati
e prescrivere modificazioni in relazione ai dati notificati.
3. La notifica di cui al presente articolo si applica ai luoghi di lavoro ove e' prevista la presenza di piu' di tre lavoratori.
4. La notifica di cui al presente articolo e' valida ai fini delle eliminazioni e delle semplificazioni di cui all'articolo 53, comma 5.
Capo II
Sanzioni
Art.68. Sanzioni per il datore di lavoro
1. Il datore di lavoro e' punito:
a) con l'arresto da sei a dodici mesi o con l'ammenda da 4.000 a 16.000 euro
per la violazione dell'articolo 66;
b) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a 10.000 euro per
la violazione degli articoli 64 e 65, commi 1 e 2;
c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 2.500 euro per la violazione
dell'articolo 67, commi 1 e 2.
Titolo III
USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
Capo I
Uso delle attrezzature di lavoro
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si intende per:
a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto
destinato ad essere usato durante il lavoro;
b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa
ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio,
l'impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione,
la pulizia, il montaggio, lo smontaggio;
c) zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimita' di una
attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce
un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso;
d) lavoratore esposto: qualsiasi lavoratore che si trovi interamente o in parte
in una zona pericolosa;
e) operatore: il lavoratore incaricato dell'uso di una attrezzatura di lavoro.
Art.70. Requisiti di sicurezza
1. Salvo quanto previsto al comma 2, le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono essere conformi alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto.
2. Le attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni legislative e regolamentari di cui al comma 1, e quelle messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente all'emanazione di norme legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, devono essere conformi ai requisiti generali di sicurezza di cui all'allegato V.
3. Si considerano conformi alle disposizioni di cui al comma 2 le attrezzature di lavoro costruite secondo le prescrizioni dei decreti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 395 del decreto Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, ovvero dell'articolo 28 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
4. Qualora gli organi di vigilanza, nell'espletamento delle loro funzioni ispettive,
in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, accertino che un'attrezzatura
di lavoro messa a disposizione dei lavoratori dopo essere stata immessa sul
mercato o messa in servizio ai sensi della direttiva di prodotto, in tutto o
in parte, risulta non rispondente a uno o piu' requisiti essenziali di sicurezza
previsti dalle disposizioni legislative e regolamentari di cui al comma 2, ne
informano immediatamente l'autorita' nazionale di sorveglianza del mercato competente
per tipo di prodotto. In tale caso le procedure previste dagli articoli 20 e
21 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, vengono espletate:
a) dall'organo di vigilanza che ha rilevato la non rispondenza in sede di utilizzo,
nei confronti del datore di lavoro utilizzatore dell'esemplare di attrezzatura
oggetto dell'accertamento, mediante apposita prescrizione a rimuovere la situazione
di rischio determinata dalla mancata rispondenza ad uno o piu' requisiti essenziali
di sicurezza;
b) dall'organo di vigilanza territorialmente competente, nei confronti del fabbricante
e dei soggetti della catena della distribuzione, alla conclusione dell'accertamento
tecnico effettuato dall'autorita' nazionale per la sorveglianza del mercato.
Art.71. Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all'articolo precedente, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie.
2. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro, il datore di lavoro
prende in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse;
d) i rischi derivanti da interferenze con le altre attrezzature gia' in uso.
3. Il datore di lavoro, al fine di ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte, adotta adeguate misure tecniche ed organizzative, tra le quali quelle dell'allegato VI.
4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche':
a) le attrezzature di lavoro siano:
1) installate ed utilizzate in conformita' alle istruzioni d'uso;
2) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza
dei requisiti di sicurezza di cui all'articolo 70 e siano corredate, ove necessario,
da apposite istruzioni d'uso e libretto di manutenzione;
3) assoggettate alle misure di aggiornamento dei requisiti minimi di sicurezza
stabilite con specifico provvedimento regolamentare adottato in relazione alle
prescrizioni di cui all'articolo 18, comma 1, lettera z);
b) siano curati la tenuta e l'aggiornamento del registro di controllo delle
attrezzature di lavoro per cui lo stesso e' previsto.
5. Le modifiche apportate alle macchine quali definite all'articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, per migliorarne le condizioni di sicurezza non configurano immissione sul mercato ai sensi dell'articolo 1, comma 3, secondo periodo, sempre che non comportino modifiche delle modalita' di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore.
6. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche' il posto di lavoro e la posizione dei lavoratori durante l'uso delle attrezzature presentino requisiti di sicurezza e rispondano ai principi dell'ergonomia.
7. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilita'
particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro prende
le misure necessarie affinche':
a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro sia riservato ai lavoratori allo scopo
incaricati che abbiano ricevuto una formazione adeguata e specifica;
b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, i lavoratori interessati
siano qualificati in maniera specifica per svolgere detti compiti.
8. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il datore di lavoro provvede
affinche':
1) le attrezzature di lavoro la cui sicurezza dipende dalle condizioni di installazione
siano sottoposte a un controllo iniziale (dopo l'installazione e prima della
messa in esercizio) e ad un controllo dopo ogni montaggio in un nuovo cantiere
o in una nuova localita' di impianto, al fine di assicurarne l'installazione
corretta e il buon funzionamento;
2) le attrezzature soggette a influssi che possono provocare deterioramenti
suscettibili di dare origine a situazioni pericolose siano sottoposte:
1. a controlli periodici, secondo frequenze stabilite in base alle indicazioni
fornite dai fabbricanti, ovvero dalle norme di buona tecnica, o in assenza di
queste ultime, desumibili dai codici di buona prassi;
2. a controlli straordinari al fine di garantire il mantenimento di buone condizioni
di sicurezza, ogni volta che intervengano eventi eccezionali che possano avere
conseguenze pregiudizievoli per la sicurezza delle attrezzature di lavoro, quali
riparazioni, trasformazioni, incidenti, fenomeni naturali o periodi prolungati
di inattivita';
c) i controlli di cui alle lettere a) e b) sono volti ad assicurare il buono
stato di conservazione e l'efficienza a fini di sicurezza delle attrezzature
di lavoro e devono essere effettuati da persona competente.
9. I risultati dei controlli di cui al comma 8 devono essere riportati per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni, devono essere conservati e tenuti a disposizione degli organi di vigilanza.
10. Qualora le attrezzature di lavoro di cui al comma 8 siano usate al di fuori della sede dell'unita' produttiva devono essere accompagnate da un documento attestante l'esecuzione dell'ultimo controllo con esito positivo.
11. Oltre a quanto previsto dal comma 8, il datore di lavoro sottopone le attrezzature di lavoro riportate in allegato VII a verifiche periodiche, con la frequenza indicata nel medesimo allegato. La prima di tali verifiche e' effettuata dall'ISPESL e le successive dalle ASL. Le verifiche sono onerose e le spese per la loro effettuazione sono a carico del datore di lavoro.
12. Per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 11, le ASL e l'ISPESL possono avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati. I soggetti privati abilitati acquistano la qualifica di incaricati di pubblico servizio e rispondono direttamente alla struttura pubblica titolare della funzione.
13. Le modalita' di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'allegato VII, nonche' i criteri per l'abilitazione dei soggetti pubblici o privati di cui al comma precedente sono stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della salute, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
14. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentiti i Ministri della salute e dello sviluppo economico, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e province autonome di Trento e di Bolzano e sentita la Commissione consultiva di cui all'articolo 6, vengono apportate le modifiche all'allegato VII relativamente all'elenco delle attrezzature di lavoro da sottoporre alle verifiche di cui al comma 11.
Art.72. Obblighi dei noleggiatori e dei concedenti
in uso
1. Chiunque venda, noleggi o conceda in uso o locazione finanziaria attrezzature di lavoro di cui all'articolo 70, comma 2, deve attestare, sotto la propria responsabilita', che le stesse siano conformi, al momento della consegna a chi acquisti, riceva in uso, noleggio o locazione finanziaria, ai requisiti di sicurezza di cui all'allegato V.
2. Chiunque noleggi o conceda in uso ad un datore di lavoro attrezzature di lavoro senza conduttore deve, al momento della cessione, attestarne il buono stato di conservazione, manutenzione ed efficienza a fini di sicurezza. Dovra' altresi' acquisire e conservare agli atti per tutta la durata del noleggio o della concessione dell'attrezzatura una dichiarazione del datore di lavoro che riporti l'indicazione del lavoratore o dei lavoratori incaricati del loro uso, i quali devono risultare formati conformemente alle disposizioni del presente titolo.
Art.73. Informazione e formazione
1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37 il datore di lavoro
provvede, affinche' per ogni attrezzatura di lavoro messa a disposizione, i
lavoratori incaricati dell'uso dispongano di ogni necessaria informazione e
istruzione e ricevano una formazione adeguata in rapporto alla sicurezza relativamente:
a) alle condizioni di impiego delle attrezzature;
b) alle situazioni anormali prevedibili.
2. Il datore di lavoro provvede altresi' a informare i lavoratori sui rischi cui sono esposti durante l'uso delle attrezzature di lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti nell'ambiente immediatamente circostante, anche se da essi non usate direttamente, nonche' sui cambiamenti di tali attrezzature.
3. Le informazioni e le istruzioni d'uso devono risultare comprensibili ai lavoratori interessati.
4. Il datore di lavoro provvede affinche' i lavoratori incaricati dell'uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilita' particolari di cui all'articolo 71, comma 7, ricevano una formazione adeguata e specifica, tale da consentirne l'utilizzo delle attrezzature in modo idoneo e sicuro, anche in relazione ai rischi che possano essere causati ad altre persone.
5. In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono individuate le attrezzature di lavoro per le quali e' richiesta una specifica abilitazione degli operatori nonche' le modalita' per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validita' della formazione.
Capo II
Uso dei dispositivi di protezione individuale
1. Si intende per dispositivo di protezione individuale, di seguito denominato «DPI», qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o piu' rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonche' ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.
2. Non costituiscono DPI:
a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati
a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;
b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;
c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze
di polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell'ordine pubblico;
d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto
stradali;
e) i materiali sportivi quando utilizzati a fini specificamente sportivi e non
per attivita' lavorative;
f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;
g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.
1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.
1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, e sue successive modificazioni.
2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per se' un rischio
maggiore;
b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro; c) tenere
conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
d) poter essere adattati all'utilizzatore secondo le sue necessita'.
3. In caso di rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di piu' DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell'uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti.
Art.77. Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati
con altri mezzi;
b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinche' questi siano adeguati
ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti
di rischio rappresentate dagli stessi DPI;
c) valuta, sulla base delle informazioni e delle norme d'uso fornite dal fabbricante
a corredo dei DPI, le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta
con quelle individuate alla lettera b);
d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa
negli elementi di valutazione.
2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d'uso fornite dal fabbricante, individua le condizioni in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto riguarda la durata dell'uso, in funzione di: a) entita' del rischio;
b) frequenza dell'esposizione al rischio;
c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;
d) prestazioni del DPI.
3. Il datore di lavoro, sulla base delle indicazioni del decreto di cui all'articolo 79, comma 2, fornisce ai lavoratori DPI conformi ai requisiti previsti dall'articolo 76.
4. Il datore di lavoro:
a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d'igiene, mediante
la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie e secondo le eventuali
indicazioni fornite dal fabbricante;
b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo
casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante;
c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;
d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano
l'uso di uno stesso DPI da parte di piu' persone, prende misure adeguate affinche'
tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori;
e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge;
f) rende disponibile nell'azienda ovvero unita' produttiva informazioni adeguate
su ogni DPI;
g) stabilisce le procedure aziendali da seguire, al termine dell'utilizzo, per
la riconsegna e il deposito dei DPI;
h) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno specifico
addestramento circa l'uso corretto e l'utilizzo pratico dei DPI.
5. In ogni caso l'addestramento e' indispensabile:
a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475,
appartenga alla terza categoria;
b) per i dispositivi di protezione dell'udito.
Art.78. Obblighi dei lavoratori
1. In ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 20, comma 2, lettera h), i lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell'articolo 77 commi 4, lettera h), e 5.
2. In ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 20, comma 2, lettera d), i lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente all'informazione e alla formazione ricevute e all'addestramento eventualmente organizzato ed espletato.
3. I lavoratori:
a) provvedono alla cura dei DPI messi a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.
4. Al termine dell'utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI.
5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione.
Art.79. Criteri per l'individuazione e l'uso
1. Il contenuto dell'allegato VIII, costituisce elemento di riferimento per l'applicazione di quanto previsto all'articolo 77, commi 1 e 4.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6, tenendo conto della natura, dell'attivita' e dei fattori specifici di rischio sono indicati:
a) i criteri per l'individuazione e l'uso dei DPI;
b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorita' delle
misure di protezione collettiva, si rende necessario l'impiego dei DPI.
Capo III
Impianti e apparecchiature elettriche
Art.80. Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche' i materiali, le
apparecchiature e gli impianti elettrici messi a disposizione dei lavoratori
siano progettati, costruiti, installati, utilizzati e manutenuti in modo da
salvaguardare i lavoratori da tutti i rischi di natura elettrica ed in particolare
quelli derivanti da:
a) contatti elettrici diretti;
b) contatti elettrici indiretti;
c) innesco e propagazione di incendi e di ustioni dovuti a sovratemperature
pericolose, archi elettrici e radiazioni;
d) innesco di esplosioni;
e) fulminazione diretta ed indiretta;
f) sovratensioni;
g) altre condizioni di guasto ragionevolmente prevedibili.
2. A tale fine il datore di lavoro esegue una valutazione dei rischi di cui
al precedente comma 1, tenendo in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro, ivi comprese eventuali
interferenze;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) tutte le condizioni di esercizio prevedibili.
3. A seguito della valutazione del rischio elettrico il datore di lavoro adotta le misure tecniche ed organizzative necessarie ad eliminare o ridurre al minimo i rischi presenti, ad individuare i dispositivi di protezione collettivi ed individuali necessari alla conduzione in sicurezza del lavoro ed a predisporre le procedure di uso e manutenzione atte a garantire nel tempo la permanenza del livello di sicurezza raggiunto con l'adozione delle misure di cui al comma 1.
Art.81. Requisiti di sicurezza
1. Tutti i materiali, i macchinari e le apparecchiature, nonche' le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici devono essere progettati, realizzati e costruiti a regola d'arte.
2. Ferme restando le disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, i materiali, i macchinari, le apparecchiature, le installazioni e gli impianti di cui al comma precedente, si considerano costruiti a regola d'arte se sono realizzati secondo le norme di buona tecnica contenute nell'allegato IX.
3. Le procedure di uso e manutenzione devono essere predisposte tenendo conto delle disposizioni legislative vigenti, delle indicazioni contenute nei manuali d'uso e manutenzione delle apparecchiature ricadenti nelle direttive specifiche di prodotto e di quelle indicate nelle norme di buona tecnica contenute nell'allegato IX.
1. E' vietato eseguire lavori sotto tensione. Tali lavori sono tuttavia consentiti
nei casi in cui le tensioni su cui si opera sono di sicurezza, secondo quanto
previsto dallo stato della tecnica secondo la migliore scienza ed esperienza,
nonche' quando i lavori sono eseguiti nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono conformi ai criteri
definiti nelle norme di buona tecnica;
b) per tensioni nominali non superiori a 1000 V in corrente alternata e 1500
V in corrente continua:
1) l'esecuzione di lavori su parti in tensione deve essere affidata a lavoratori
riconosciuti dal datore di lavoro come idonei per tale attivita' secondo le
indicazioni della pertinente normativa tecnica;
2) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono conformi ai criteri
definiti nelle norme di buona tecnica;
c) per tensioni nominali superiori a 1000 V in corrente alternata e 1500 V in
corrente continua purche':
1) i lavori su parti in tensione sono effettuati da aziende autorizzate con
specifico provvedimento dei competenti uffici del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale ad operare sotto tensione;
2) l'esecuzione di lavori su parti in tensione e' affidata a lavoratori abilitati
dal datore di lavoro ai sensi della pertinente normativa tecnica riconosciuti
idonei per tale attivita';
3) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono conformi ai criteri
definiti nelle norme di buona tecnica.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono definiti i criteri per il rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 1, lettera c), numero 1).
3. Hanno diritto al riconoscimento di cui al comma 2 le aziende gia' autorizzate ai sensi della legislazione vigente.
Art.83. Lavori in prossimita' di parti attive
1. Non possono essere eseguiti lavori in prossimita' di linee elettriche o di impianti elettrici con parti attive non protette, o che per circostanze particolari si debbano ritenere non sufficientemente protette, e comunque a distanze inferiori ai limiti di cui alla tabella 1 dell'allegato IX, salvo che vengano adottate disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi.
2. Si considerano idonee ai fini di cui al comma 1 le disposizioni contenute nella pertinente normativa di buona tecnica.
Art.84. Protezione dai fulmini
1. Il datore di lavoro provvede affinche' gli edifici, gli impianti, le strutture, le attrezzature, siano protetti dagli effetti dei fulmini con sistemi di protezione realizzati secondo le norme di buona tecnica.
Art.85. Protezione di edifici, impianti strutture ed
attrezzature
1. Il datore di lavoro provvede affinche' gli edifici, gli impianti, le strutture, le attrezzature, siano protetti dai pericoli determinati dall'innesco elettrico di atmosfere potenzialmente esplosive per la presenza o sviluppo di gas, vapori, nebbie o polveri infiammabili, o in caso di fabbricazione, manipolazione o deposito di materiali esplosivi.
2. Le protezioni di cui al comma 1 si realizzano utilizzando le specifiche disposizioni di cui al presente decreto legislativo e le pertinenti norme di buona tecnica di cui all'allegato IX.
1. Ferme restando le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462, il datore di lavoro provvede affinche' gli impianti elettrici e gli impianti di protezione dai fulmini, siano periodicamente sottoposti a controllo secondo le indicazioni delle norme di buona tecnica e la normativa vigente per verificarne lo stato di conservazione e di efficienza ai fini della sicurezza.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della salute vengono stabilite, sulla base delle disposizioni vigenti, le modalita' ed i criteri per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 1.
3. L'esito dei controlli di cui al comma 1 deve essere verbalizzato e tenuto a disposizione dell'autorita' di vigilanza.
Art.87. Sanzioni a carico del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro e' punito con la pena dell'arresto da tre a sei mesi
o con l'ammenda da 2.000 a 10.000 euro per la violazione:
a) dell'articolo 70, comma 1 e dell'articolo 70, comma 2, limitatamente ai punti
3.2.1, 5.6.1, 5.6.6, 5.6.7, 5.9.1, 5.9.2, 5.13.8 e 5.13.9 dell'allegato V, parte
II;
b) dell'articolo 71, commi 1, 2, 4, 7 ed 8;
c) dell'articolo 82, comma 1, 83, comma 1 e 85, comma 1.
2. Il datore di lavoro e' punito con la pena dell'arresto da due a quattro
mesi o con l'ammenda da 1.000 euro a 4.000 euro per la violazione:
a) dell'articolo 70, comma 2, limitatamente ai punti 2.10, 3.1.8, 3.1.11, 3.3.1,
5.1.3, 5.1.4, 5.5.3, 5.5.8, 5.7.1, 5.7.3, 5.12.1, 5.15.2, 5.16.2, 5.16. 4, dell'allegato
V, parte II;
b) dell'articolo 71, comma 3, limitatamente ai punti 2.6, 2.11, 3.1.3, 3.1.4,
3.1.5, 3.1.6, 3.1.7, 3.2.1 dell'allegato VI.
3. Il datore di lavoro e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria
da euro 750 a euro 2.500 per la violazione:
a) dell'articolo 70, comma 2, limitatamente ai punti diversi da quelli indicati
alle lettere a) e b) dell'allegato V, parte II, e dell'allegato VI;
b) dell'articolo 71 commi 6 e 9 e 11;
c) dell'articolo 72, commi 1 e 2;
d) dell'articolo 86, comma 3.
Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili
1. Il presente capo contiene disposizioni specifiche relative alle misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili quali definiti all'articolo 89, comma 1, lettera a).
2. Le disposizioni del presente capo non si applicano:
a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali;
b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attivita' minerarie esistenti
entro il perimetro dei permessi di ricerca, delle concessioni o delle autorizzazioni;
c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze della miniera:
gli impianti fissi interni o esterni, i pozzi, le gallerie, nonche' i macchinari,
gli apparecchi e utensili destinati alla coltivazione della miniera, le opere
e gli impianti destinati all'arricchimento dei minerali, anche se ubicati fuori
del perimetro delle concessioni;
d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e trasporto dei prodotti
delle cave ed alle operazioni di caricamento di tali prodotti dai piazzali;
e) alle attivita' di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi
liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma
continentale e nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello
Stato;
f) ai lavori svolti in mare;
g) alle attivita' svolte in studi teatrali, cinematografici, televisivi o in
altri luoghi in cui si effettuino riprese, purche' tali attivita' non implichino
l'allestimento di un cantiere temporaneo o mobile.
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente capo si intendono per:
a) cantiere temporaneo o mobile, di seguito denominato: «cantiere»:
qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile il
cui elenco e' riportato nell'allegato X.
b) committente: il soggetto per conto del quale l'intera opera viene realizzata,
indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione. Nel caso
di appalto di opera pubblica, il committente e' il soggetto titolare del potere
decisionale e di spesa relativo alla gestione dell'appalto;
c) responsabile dei lavori: soggetto incaricato, dal committente, della progettazione
o del controllo dell'esecuzione dell'opera; tale soggetto coincide con il progettista
per la fase di progettazione dell'opera e con il direttore dei lavori per la
fase di esecuzione dell'opera. Nel campo di applicazione del decreto legislativo
12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, il responsabile dei lavori
e' il responsabile unico del procedimento;
d) lavoratore autonomo: persona fisica la cui attivita' professionale contribuisce
alla realizzazione dell'opera senza vincolo di subordinazione;
e) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la progettazione
dell'opera, di seguito denominato coordinatore per la progettazione: soggetto
incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei
compiti di cui all'articolo 91;
f) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la realizzazione
dell'opera, di seguito denominato coordinatore per l'esecuzione dei lavori:
soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell'esecuzione
dei compiti di cui all'articolo 92, che non puo' essere il datore di lavoro
delle imprese esecutrici o un suo dipendente o il responsabile del servizio
di prevenzione e protezione (RSPP) da lui designato;
g) uomini-giorno: entita' presunta del cantiere rappresentata dalla somma delle
giornate lavorative prestate dai lavoratori, anche autonomi, previste per la
realizzazione dell'opera;
h) piano operativo di sicurezza: il documento che il datore di lavoro dell'impresa
esecutrice redige, in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi
dell'articolo 17 comma 1, lettera a), i cui contenuti sono riportati nell'allegato
XV;
i) impresa affidataria: impresa titolare del contratto di appalto con il committente
che, nell'esecuzione dell'opera appaltata, puo' avvalersi di imprese subappaltatrici
o di lavoratori autonomi;
l) idoneita' tecnico-professionale: possesso di capacita' organizzative, nonche'
disponibilita' di forza lavoro, di macchine e di attrezzature, in riferimento
alla realizzazione dell'opera.
Art.90. Obblighi del committente o del responsabile
dei lavori
1. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase di progettazione dell'opera, ed in particolare al momento delle scelte tecniche, nell'esecuzione del progetto e nell'organizzazione delle operazioni di cantiere, si attiene ai principi e alle misure generali di tutela di cui all'articolo 15. Al fine di permettere la pianificazione dell'esecuzione in condizioni di sicurezza dei lavori o delle fasi di lavoro che si devono svolgere simultaneamente o successivamente tra loro, il committente o il responsabile dei lavori prevede nel progetto la durata di tali lavori o fasi di lavoro.
2. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase della progettazione dell'opera, valuta i documenti di cui all'articolo 91, comma 1, lettere a) e b).
3. Nei cantieri in cui e' prevista la presenza di piu' imprese, anche non contemporanea, il committente, anche nei casi di coincidenza con l'impresa esecutrice, o il responsabile dei lavori, contestualmente all'affidamento dell'incarico di progettazione, designa il coordinatore per la progettazione.
4. Nel caso di cui al comma 3, il committente o il responsabile dei lavori, prima dell'affidamento dei lavori, designa il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 98.
5. La disposizione di cui al comma 4 si applica anche nel caso in cui, dopo l'affidamento dei lavori a un'unica impresa, l'esecuzione dei lavori o di parte di essi sia affidata a una o piu' imprese.
6. Il committente o il responsabile dei lavori, qualora in possesso dei requisiti di cui all'articolo 98, ha facolta' di svolgere le funzioni sia di coordinatore per la progettazione sia di coordinatore per l'esecuzione dei lavori.
7. Il committente o il responsabile dei lavori comunica alle imprese esecutrici e ai lavoratori autonomi il nominativo del coordinatore per la progettazione e quello del coordinatore per l'esecuzione dei lavori. Tali nominativi sono indicati nel cartello di cantiere.
8. Il committente o il responsabile dei lavori ha facolta' di sostituire in qualsiasi momento, anche personalmente, se in possesso dei requisiti di cui all'articolo 98, i soggetti designati in attuazione dei commi 3 e 4.
9. Il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento
dei lavori ad un'unica impresa:
a) verifica l'idoneita' tecnico-professionale dell'impresa affidataria, delle
imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi in relazione alle funzioni o ai
lavori da affidare, con le modalita' di cui all'allegato XVII. Nei casi di cui
al comma 11, il requisito di cui al periodo che precede si considera soddisfatto
mediante presentazione da parte delle imprese del certificato di iscrizione
alla Camera di commercio, industria e artigianato e del documento unico di regolarita'
contributiva, corredato da autocertificazione in ordine al possesso degli altri
requisiti previsti dall'allegato XVII;
b) chiede alle imprese esecutrici una dichiarazione dell'organico medio annuo,
distinto per qualifica, corredata dagli estremi delle denunce dei lavoratori
effettuate all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), all'Istituto
nazionale assicurazione infortuni sul lavoro (INAIL) e alle casse edili, nonche'
una dichiarazione relativa al contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni
sindacali comparativamente piu' rappresentative, applicato ai lavoratori dipendenti.
Nei casi di cui al comma 11, il requisito di cui al periodo che precede si considera
soddisfatto mediante presentazione da parte delle imprese del documento unico
di regolarita' contributiva e dell'autocertificazione relativa al contratto
collettivo applicato;
c) trasmette all'amministrazione competente, prima dell'inizio dei lavori oggetto
del permesso di costruire o della denuncia di inizio attivita', il nominativo
delle imprese esecutrici dei lavori unitamente alla documentazione di cui alle
lettere a) e b). L'obbligo di cui al periodo che precede sussiste anche in caso
di lavori eseguiti in economia mediante affidamento delle singole lavorazioni
a lavoratori autonomi, ovvero di lavori realizzati direttamente con proprio
personale dipendente senza ricorso all'appalto. In assenza del documento unico
di regolarita' contributiva, anche in caso di variazione dell'impresa esecutrice
dei lavori, l'efficacia del titolo abilitativo e' sospesa.
10. In assenza del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 o del fascicolo di cui all'articolo 91, comma 1, lettera b), quando previsti, oppure in assenza di notifica di cui all'articolo 99, quando prevista, e' sospesa l'efficacia del titolo abilitativo. L'organo di vigilanza comunica l'inadempienza all'amministrazione concedente.
11. In caso di lavori privati, la disposizione di cui al comma 3 non si applica ai lavori non soggetti a permesso di costruire. Si applica in ogni caso quanto disposto dall'articolo 92, comma 2.
Art.91. Obblighi del coordinatore per la progettazione
1. Durante la progettazione dell'opera e comunque prima della richiesta di presentazione
delle offerte, il coordinatore per la progettazione:
a) redige il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100,
comma 1, i cui contenuti sono dettagliatamente specificati nell'allegato XV;
b) predispone un fascicolo, i cui contenuti sono definiti all'allegato XVI,
contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione e della protezione
dai rischi cui sono esposti i lavoratori, tenendo conto delle specifiche norme
di buona tecnica e dell'allegato II al documento UE 26 maggio 1993. Il fascicolo
non e' predisposto nel caso di lavori di manutenzione ordinaria di cui all'articolo
3, comma 1, lettera a) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari
in materia di edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6
giugno 2001, n. 380.
2. Il fascicolo di cui al comma 1, lettera b), e' preso in considerazione all'atto di eventuali lavori successivi sull'opera.
Art.92. Obblighi del coordinatore per l'esecuzione
dei lavori
1. Durante la realizzazione dell'opera, il coordinatore per l'esecuzione
dei lavori:
a) verifica, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l'applicazione,
da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni
loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo
100 e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro;
b) verifica l'idoneita' del piano operativo di sicurezza, da considerare come
piano complementare di dettaglio del piano di sicurezza e coordinamento di cui
all'articolo 100, assicurandone la coerenza con quest'ultimo, adegua il piano
di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 e il fascicolo di cui
all'articolo 91, comma 1, lettera b), in relazione all'evoluzione dei lavori
ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese
esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere, verifica che le imprese
esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi piani operativi di sicurezza;
c) organizza tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la
cooperazione ed il coordinamento delle attivita' nonche' la loro reciproca informazione;
d) verifica l'attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali
al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza
finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere;
e) segnala al committente e al responsabile dei lavori, previa contestazione
scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati, le inosservanze alle
disposizioni degli articoli 94, 95 e 96 e alle prescrizioni del piano di cui
all'articolo 100, e propone la sospensione dei lavori, l'allontanamento delle
imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto.
Nel caso in cui il committente o il responsabile dei lavori non adotti alcun
provvedimento in merito alla segnalazione, senza fornire idonea motivazione,
il coordinatore per l'esecuzione da' comunicazione dell'inadempienza alla azienda
unita' sanitaria locale e alla direzione provinciale del lavoro territorialmente
competenti;
f) sospende, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato,
le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati
dalle imprese interessate.
2. Nei casi di cui all'articolo 90, comma 5, il coordinatore per l'esecuzione, oltre a svolgere i compiti di cui al comma 1, redige il piano di sicurezza e di coordinamento e predispone il fascicolo, di cui all'articolo 91, comma 1, lettere a) e b).
Art.93. Responsabilita' dei committenti e dei responsabili
dei lavori
1. Il committente e' esonerato dalle responsabilita' connesse all'adempimento
degli obblighi limitatamente all'incarico conferito al responsabile dei lavori.
In ogni caso il conferimento dell'incarico al responsabile dei lavori non esonera
il committente dalle responsabilita' connesse alla verifica degli adempimenti
degli obblighi di cui agli articoli 90, 92, comma 1, lettera e), e 99.
2. La designazione del coordinatore per la progettazione e del coordinatore
per l'esecuzione, non esonera il responsabile dei lavori dalle responsabilita'
connesse alla verifica dell'adempimento degli obblighi di cui agli articoli
91, comma 1, e 92, comma 1, lettere a), b), c) e d).
Art.94. Obblighi dei lavoratori autonomi
1. I lavoratori autonomi che esercitano la propria attivita' nei
cantieri, fermo restando gli obblighi di cui al presente decreto legislativo,
si adeguano alle indicazioni fornite dal coordinatore per l'esecuzione dei lavori,
ai fini della sicurezza.
Art.95. Misure generali di tutela
1. I datori di lavoro delle imprese esecutrici, durante l'esecuzione
dell'opera osservano le misure generali di tutela di cui all'articolo 15 e curano,
ciascuno per la parte di competenza, in particolare:
a) il mantenimento del cantiere in condizioni ordinate e di soddisfacente salubrita';
b) la scelta dell'ubicazione di posti di lavoro tenendo conto delle condizioni
di accesso a tali posti, definendo vie o zone di spostamento o di circolazione;
c) le condizioni di movimentazione dei vari materiali;
d) la manutenzione, il controllo prima dell'entrata in servizio e il controllo
periodico degli impianti e dei dispositivi al fine di eliminare i difetti che
possono pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
e) la delimitazione e l'allestimento delle zone di stoccaggio e di deposito
dei vari materiali, in particolare quando si tratta di materie e di sostanze
pericolose;
f) l'adeguamento, in funzione dell'evoluzione del cantiere, della durata effettiva
da attribuire ai vari tipi di lavoro o fasi di lavoro;
g) la cooperazione tra datori di lavoro e lavoratori autonomi;
h) le interazioni con le attivita' che avvengono sul luogo, all'interno o in
prossimita' del cantiere.
Art.96. Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti
e dei preposti
1. I datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese
esecutrici, anche nel caso in cui nel cantiere operi una unica impresa, anche
familiare o con meno di dieci addetti:
a) adottano le misure conformi alle prescrizioni di cui all'allegato XIII;
b) predispongono l'accesso e la recinzione del cantiere con modalita' chiaramente
visibili e individuabili;
c) curano la disposizione o l'accatastamento di materiali o attrezzature in
modo da evitarne il crollo o il ribaltamento;
d) curano la protezione dei lavoratori contro le influenze atmosferiche che
possono compromettere la loro sicurezza e la loro salute;
e) curano le condizioni di rimozione dei materiali pericolosi, previo, se del
caso, coordinamento con il committente o il responsabile dei lavori;
f) curano che lo stoccaggio e l'evacuazione dei detriti e delle macerie avvengano
correttamente;
g) redigono il piano operativo di sicurezza di cui all'articolo 89, comma 1,
lettera h).
2. L'accettazione da parte di ciascun datore di lavoro delle imprese esecutrici del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 e la redazione del piano operativo di sicurezza costituiscono, limitatamente al singolo cantiere interessato, adempimento alle disposizioni di cui all'articolo 17 comma 1, lettera a), all'articolo 18, comma 1, lettera z), e all'articolo 26, commi 1, lettera b), e 3.
Art.97. Obblighi del datore di lavoro dell'impresa
affidataria
1. Il datore di lavoro dell'impresa affidataria vigila sulla sicurezza
dei lavori affidati e sull'applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni
del piano di sicurezza e coordinamento.
2. Gli obblighi derivanti dall'articolo 26, fatte salve le disposizioni di cui
all'articolo 96, comma 2, sono riferiti anche al datore di lavoro dell'impresa
affidataria. Per la verifica dell'idoneita' tecnico professionale si fa riferimento
alle modalita' di cui all'allegato XVII.
3. Il datore di lavoro dell'impresa affidataria deve, inoltre:
a) coordinare gli interventi di cui agli articoli 95 e 96;
b) verificare la congruenza dei piani operativi di sicurezza (POS) delle imprese
esecutrici rispetto al proprio, prima della trasmissione dei suddetti piani
operativi di sicurezza al coordinatore per l'esecuzione.
Art.98. Requisiti professionali del coordinatore per
la progettazione del coordinatore per l'esecuzione dei lavori
1. Il coordinatore per la progettazione e il coordinatore per l'esecuzione
dei lavori devono essere in possesso dei seguenti requisiti:
a) laurea magistrale conseguita in una delle seguenti classi: LM-4, da LM-20
a LM-35, LM-69, LM-73, LM-74, di cui al decreto del Ministro dell'universita'
e della ricerca in data 16 marzo 2007, pubblicato nel supplemento ordinario
alla Gazzetta Ufficiale n. 157 del 9 luglio 2007, ovvero laurea specialistica
conseguita nelle seguenti classi: 4/S, da 25/S a 38/S, 77/S, 74/S, 86/S, di
cui al decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica
in data 4 agosto 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale
n. 245 del 19 ottobre 2000, ovvero corrispondente diploma di laurea ai sensi
del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca in
data 5 maggio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 196 del 21 agosto
2004, nonche' attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante
l'espletamento di attivita' lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno
un anno;
b) laurea conseguita nelle seguenti classi L7, L8, L9, L17, L23, di cui al predetto
decreto ministeriale in data 16 marzo 2007, ovvero laurea conseguita nelle classi
8, 9, 10, 4, di cui al citato decreto ministeriale in data 4 agosto 2000, nonche'
attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l'espletamento
di attivita' lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due anni;
c) diploma di geometra o perito industriale o perito agrario o agrotecnico,
nonche' attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante
l'espletamento di attivita' lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno
tre anni.
2. I soggetti di cui al comma 1, devono essere, altresi', in possesso di attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento finale, a specifico corso in materia di sicurezza organizzato dalle regioni, mediante le strutture tecniche operanti nel settore della prevenzione e della formazione professionale, o, in via alternativa, dall'ISPESL, dall'INAIL, dall'Istituto italiano di medicina sociale, dai rispettivi ordini o collegi professionali, dalle universita', dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori o dagli organismi paritetici istituiti nel settore dell'edilizia.
3. I contenuti, le modalita' e la durata dei corsi di cui al comma 2 devono rispettare almeno le prescrizioni di cui all'allegato XIV.
4. L'attestato di cui al comma 2 non e' richiesto per coloro che, non piu' in servizio, abbiano svolto attivita' tecnica in materia di sicurezza nelle costruzioni, per almeno cinque anni, in qualita' di pubblici ufficiali o di incaricati di pubblico servizio e per coloro che producano un certificato universitario attestante il superamento di un esame relativo ad uno specifico insegnamento del corso di laurea nel cui programma siano presenti i contenuti minimi di cui all'allegato XIV, o l'attestato di partecipazione ad un corso di perfezionamento universitario con i medesimi contenuti minimi. L'attestato di cui al comma 2 non e' richiesto per coloro che sono in possesso della laurea magistrale LM-26.
5. Le spese connesse all'espletamento dei corsi di cui al comma 2 sono a totale carico dei partecipanti.
6. Le regioni determinano la misura degli oneri per il funzionamento dei corsi di cui al comma 2, da esse organizzati, da porsi a carico dei partecipanti.
Art.99. Notifica preliminare
1. Il committente o il responsabile dei lavori, prima dell'inizio
dei lavori, trasmette all'azienda unita' sanitaria locale e alla direzione provinciale
del lavoro territorialmente competenti la notifica preliminare elaborata conformemente
all'allegato XII, nonche' gli eventuali aggiornamenti nei seguenti casi:
a) cantieri di cui all'articolo 90, comma 3;
b) cantieri che, inizialmente non soggetti all'obbligo di notifica, ricadono
nelle categorie di cui alla lettera a) per effetto di varianti sopravvenute
in corso d'opera;
c) cantieri in cui opera un'unica impresa la cui entita' presunta di lavoro
non sia inferiore a duecento uomini-giorno.
2. Copia della notifica deve essere affissa in maniera visibile presso il cantiere e custodita a disposizione dell'organo di vigilanza territorialmente competente.
3. Gli organismi paritetici istituiti nel settore delle costruzioni in attuazione dell'articolo 51 possono chiedere copia dei dati relativi alle notifiche preliminari presso gli organi di vigilanza.
Art.100. Piano di sicurezza e di coordinamento
1. Il piano e' costituito da una relazione tecnica e prescrizioni
correlate alla complessita' dell'opera da realizzare ed alle eventuali fasi
critiche del processo di costruzione, atte a prevenire o ridurre i rischi per
la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i rischi particolari di
cui all'allegato XI, nonche' la stima dei costi di cui al punto 4 dell'allegato
XV. Il piano di sicurezza e coordinamento (PSC) e' corredato da tavole esplicative
di progetto, relative agli aspetti della sicurezza, comprendenti almeno una
planimetria sull'organizzazione del cantiere e, ove la particolarita' dell'opera
lo richieda, una tavola tecnica sugli scavi. I contenuti minimi del piano di
sicurezza e di coordinamento e l'indicazione della stima dei costi della sicurezza
sono definiti all'allegato XV.
2. Il piano di sicurezza e coordinamento e' parte integrante del contratto di
appalto.
3. I datori di lavoro delle imprese esecutrici e i lavoratori autonomi sono
tenuti ad attuare quanto previsto nel piano di cui al comma 1 e nel piano operativo
di sicurezza.
4. I datori di lavoro delle imprese esecutrici mettono a disposizione dei rappresentanti
per la sicurezza copia del piano di sicurezza e di coordinamento e del piano
operativo di sicurezza almeno dieci giorni prima dell'inizio dei lavori.
5. L'impresa che si aggiudica i lavori ha facolta' di presentare al coordinatore
per l'esecuzione proposte di integrazione al piano di sicurezza e di coordinamento,
ove ritenga di poter meglio garantire la sicurezza nel cantiere sulla base della
propria esperienza. In nessun caso le eventuali integrazioni possono giustificare
modifiche o adeguamento dei prezzi pattuiti.
6. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai lavori la cui esecuzione
immediata e' necessaria per prevenire incidenti imminenti o per organizzare
urgenti misure di salvataggio.
Art.101. Obblighi di trasmissione
1. Il committente o il responsabile dei lavori trasmette il piano di sicurezza e di coordinamento a tutte le imprese invitate a presentare offerte per l'esecuzione dei lavori. In caso di appalto di opera pubblica si considera trasmissione la messa a disposizione del piano a tutti i concorrenti alla gara di appalto.
2. Prima dell'inizio dei lavori l'impresa affidataria trasmette il piano di cui al comma 1 alle imprese esecutrici e ai lavoratori autonomi.
3. Prima dell'inizio dei rispettivi lavori ciascuna impresa esecutrice trasmette il proprio piano operativo di sicurezza all'impresa affidataria, la quale, previa verifica della congruenza rispetto al proprio, lo trasmette al coordinatore per l'esecuzione. I lavori hanno inizio dopo l'esito positivo delle suddette verifiche che sono effettuate tempestivamente e comunque non oltre 15 giorni dall'avvenuta ricezione.
Art.102. Consultazione dei rappresentanti per la sicurezza
1. Prima dell'accettazione del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 e delle modifiche significative apportate allo stesso, il datore di lavoro di ciascuna impresa esecutrice consulta il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli fornisce eventuali chiarimenti sul contenuto del piano. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha facolta' di formulare proposte al riguardo.
Art.103. Modalita' di previsione dei livelli di emissione
sonora
1. L'emissione sonora di attrezzature di lavoro, macchine e impianti puo' essere stimata in fase preventiva facendo riferimento a livelli di rumore standard individuati da studi e misurazioni la cui validita' e' riconosciuta dalla Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6, riportando la fonte documentale cui si e' fatto riferimento.
Art.104. Modalita' attuative di particolari obblighi
1. Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori e' inferiore ai duecento giorni lavorativi, l'adempimento di quanto previsto dall'articolo 102 costituisce assolvimento dell'obbligo di riunione di cui all'articolo 35, salvo motivata richiesta del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
2. Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori e' inferiore ai 200 giorni lavorativi, e ove sia prevista la sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41, la visita del medico competente agli ambienti di lavoro in cantieri aventi caratteristiche analoghe a quelli gia' visitati dallo stesso medico competente e gestiti dalle stesse imprese, e' sostituita o integrata, a giudizio del medico competente, con l'esame di piani di sicurezza relativi ai cantieri in cui svolgono la loro attivita' i lavoratori soggetti alla sua sorveglianza. Il medico competente visita almeno una volta all'anno l'ambiente di lavoro in cui svolgono la loro attivita' i lavoratori soggetti alla sua sorveglianza.
3. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 37, i criteri e i contenuti per la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti possono essere definiti dalle parti sociali in sede di contrattazione nazionale di categoria.
4. I datori di lavoro, quando e' previsto nei contratti di affidamento dei lavori che il committente o il responsabile dei lavori organizzi apposito servizio di pronto soccorso, antincendio ed evacuazione dei lavoratori, sono esonerati da quanto previsto dall'articolo 18, comma 1, lettera b).
Capo II
Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni e nei
lavori in quota
Sezione I
Campo di applicazione
1. Le norme del presente capo si applicano alle attivita' che, da chiunque esercitate e alle quali siano addetti lavoratori subordinati o autonomi, concernono la esecuzione dei lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le linee e gli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche, di bonifica, sistemazione forestale e di sterro. Costituiscono, inoltre, lavori di costruzione edile o di ingegneria civile gli scavi, ed il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile. Le norme del presente capo si applicano ai lavori in quota di cui al presente capo e ad in ogni altra attivita' lavorativa.
1. Le disposizioni del presente capo non si applicano:
a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali;
b) alle attivita' di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi
liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma
continentale e nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello
Stato;
c) ai lavori svolti in mare.
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente capo si intende per lavoro in quota: attivita' lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile.
Sezione II
Disposizioni di carattere generale
Art.108. Viabilità nei cantieri
1. Durante i lavori deve essere assicurata nei cantieri la viabilita' delle persone e dei veicoli conformemente al punto 1 dell'allegato XVIII.
Art.109. Recinzione del cantiere
1. Il cantiere, in relazione al tipo di lavori effettuati, deve essere dotato di recinzione avente caratteristiche idonee ad impedire l'accesso agli estranei alle lavorazioni
1. Il transito sotto ponti sospesi, ponti a sbalzo, scale aeree e simili deve essere impedito con barriere o protetto con l'adozione di misure o cautele adeguate.
Art.111. Obblighi del datore di lavoro nell'uso di
attrezzature per lavori in quota
1. Il datore di lavoro, nei casi in cui i lavori temporanei in quota non possono
essere eseguiti in condizioni di sicurezza e in condizioni ergonomiche adeguate
a partire da un luogo adatto allo scopo, sceglie le attrezzature di lavoro piu'
idonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure, in conformita' ai
seguenti criteri:
a) priorita' alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione
individuale;
b) dimensioni delle attrezzature di lavoro confacenti alla natura dei lavori
da eseguire, alle sollecitazioni prevedibili e ad una circolazione priva di
rischi.
2. Il datore di lavoro sceglie il tipo piu' idoneo di sistema di accesso ai posti di lavoro temporanei in quota in rapporto alla frequenza di circolazione, al dislivello e alla durata dell'impiego. Il sistema di accesso adottato deve consentire l'evacuazione in caso di pericolo imminente. Il passaggio da un sistema di accesso a piattaforme, impalcati, passerelle e viceversa non deve comportare rischi ulteriori di caduta.
3. Il datore di lavoro dispone affinche' sia utilizzata una scala a pioli quale posto di lavoro in quota solo nei casi in cui l'uso di altre attrezzature di lavoro considerate piu' sicure non e' giustificato a causa del limitato livello di rischio e della breve durata di impiego oppure delle caratteristiche esistenti dei siti che non puo' modificare.
4. Il datore di lavoro dispone affinche' siano impiegati sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi alle quali il lavoratore e' direttamente sostenuto, soltanto in circostanze in cui, a seguito della valutazione dei rischi, risulta che il lavoro puo' essere effettuato in condizioni di sicurezza e l'impiego di un'altra attrezzatura di lavoro considerata piu' sicura non e' giustificato a causa della breve durata di impiego e delle caratteristiche esistenti dei siti che non puo' modificare. Lo stesso datore di lavoro prevede l'impiego di un sedile munito di appositi accessori in funzione dell'esito della valutazione dei rischi ed, in particolare, della durata dei lavori e dei vincoli di carattere ergonomico.
5. Il datore di lavoro, in relazione al tipo di attrezzature di lavoro adottate in base ai commi precedenti, individua le misure atte a minimizzare i rischi per i lavoratori, insiti nelle attrezzature in questione, prevedendo, ove necessario, l'installazione di dispositivi di protezione contro le cadute. I predetti dispositivi devono presentare una configurazione ed una resistenza tali da evitare o da arrestare le cadute da luoghi di lavoro in quota e da prevenire, per quanto possibile, eventuali lesioni dei lavoratori. I dispositivi di protezione collettiva contro le cadute possono presentare interruzioni soltanto nei punti in cui sono presenti scale a pioli o a gradini.
6. Il datore di lavoro nel caso in cui l'esecuzione di un lavoro di natura particolare richiede l'eliminazione temporanea di un dispositivo di protezione collettiva contro le cadute, adotta misure di sicurezza equivalenti ed efficaci. Il lavoro e' eseguito previa adozione di tali misure. Una volta terminato definitivamente o temporaneamente detto lavoro di natura particolare, i dispositivi di protezione collettiva contro le cadute devono essere ripristinati.
7. Il datore di lavoro effettua i lavori temporanei in quota soltanto se le condizioni meteorologiche non mettono in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori.
8. Il datore di lavoro dispone affinche' sia vietato assumere e somministrare bevande alcoliche e superalcoliche ai lavoratori addetti ai lavori in quota.
Art.112. Idoneita' delle opere provvisionali
1. Le opere provvisionali devono essere allestite con buon materiale ed a regola d'arte, proporzionate ed idonee allo scopo; esse devono essere conservate in efficienza per la intera durata del lavoro.
2. Prima di reimpiegare elementi di ponteggi di qualsiasi tipo si deve provvedere alla loro verifica per eliminare quelli non ritenuti piu' idonei ai sensi dell'allegato XIX.
1. Le scale fisse a gradini, destinate al normale accesso agli ambienti di lavoro, devono essere costruite e mantenute in modo da resistere ai carichi massimi derivanti da affollamento per situazioni di emergenza. I gradini devono avere pedata e alzata dimensionate a regola d'arte e larghezza adeguata alle esigenze del transito. Dette scale ed i relativi pianerottoli devono essere provvisti, sui lati aperti, di parapetto normale o di altra difesa equivalente. Le rampe delimitate da due pareti devono essere munite di almeno un corrimano.
2. Le scale a pioli di altezza superiore a m 5, fissate su pareti o incastellature verticali o aventi una inclinazione superiore a 75 gradi, devono essere provviste, a partire da m 2,50 dal pavimento o dai ripiani, di una solida gabbia metallica di protezione avente maglie o aperture di ampiezza tale da impedire la caduta accidentale della persona verso l'esterno. La parete della gabbia opposta al piano dei pioli non deve distare da questi piu' di cm 60. I pioli devono distare almeno 15 centimetri dalla parete alla quale sono applicati o alla quale la scala e' fissata. Quando l'applicazione della gabbia alle scale costituisca intralcio all'esercizio o presenti notevoli difficolta' costruttive, devono essere adottate, in luogo della gabbia, altre misure di sicurezza atte ad evitare la caduta delle persone per un tratto superiore ad un metro.
3. Le scale semplici portatili (a mano) devono essere costruite con materiale
adatto alle condizioni di impiego, devono essere sufficientemente resistenti
nell'insieme e nei singoli elementi e devono avere dimensioni appropriate al
loro uso. Dette scale, se di legno, devono avere i pioli fissati ai montanti
mediante incastro. I pioli devono essere privi di nodi. Tali pioli devono essere
trattenuti con tiranti in ferro applicati sotto i due pioli estremi; nelle scale
lunghe piu' di 4 metri deve essere applicato anche un tirante intermedio. E'
vietato l'uso di scale che presentino listelli di legno chiodati sui montanti
al posto dei pioli rotti. Esse devono inoltre essere provviste di:
a) dispositivi antisdrucciolevoli alle estremita' inferiori dei due montanti;
b) ganci di trattenuta o appoggi antisdrucciolevoli alle estremita' superiori,
quando sia necessario per assicurare la stabilita' della scala.
4. Per le scale provviste alle estremita' superiori di dispositivi di trattenuta,
anche scorrevoli su guide, non sono richieste le misure di sicurezza indicate
nelle lettere a) e b) del comma 3. Le scale a mano usate per l'accesso ai vari
piani dei ponteggi e delle impalcature non devono essere poste l'una in prosecuzione
dell'altra.
Le scale che servono a collegare stabilmente due ponti, quando sono sistemate
verso la parte esterna del ponte, devono essere provviste sul lato esterno di
un corrimano parapetto.
5. Quando l'uso delle scale, per la loro altezza o per altre cause, comporti pericolo di sbandamento, esse devono essere adeguatamente assicurate o trattenute al piede da altra persona.
6. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano sistemate in modo
da garantire la loro stabilita' durante l'impiego e secondo i seguenti criteri:
a) le scale a pioli portatili devono poggiare su un supporto stabile, resistente,
di dimensioni adeguate e immobile, in modo da garantire la posizione orizzontale
dei pioli;
b) le scale a pioli sospese devono essere agganciate in modo sicuro e, ad eccezione
delle scale a funi, in maniera tale da evitare spostamenti e qualsiasi movimento
di oscillazione;
c) lo scivolamento del piede delle scale a pioli portatili, durante il loro
uso, deve essere impedito con fissaggio della parte superiore o inferiore dei
montanti, o con qualsiasi dispositivo antiscivolo, o ricorrendo a qualsiasi
altra soluzione di efficacia equivalente;
d) le scale a pioli usate per l'accesso devono essere tali da sporgere a sufficienza
oltre il livello di accesso, a meno che altri dispositivi garantiscono una presa
sicura;
e) le scale a pioli composte da piu' elementi innestabili o a sfilo devono essere
utilizzate in modo da assicurare il fermo reciproco dei vari elementi;
f) le scale a pioli mobili devono essere fissate stabilmente prima di accedervi.
7. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano utilizzate in modo da consentire ai lavoratori di disporre in qualsiasi momento di un appoggio e di una presa sicuri. In particolare il trasporto a mano di pesi su una scala a pioli non deve precludere una presa sicura.
8. Per l'uso delle scale portatili composte di due o piu' elementi innestati
(tipo all'italiana o simili), oltre quanto prescritto nel comma 3, si devono
osservare le seguenti disposizioni:
a) la lunghezza della scala in opera non deve superare i 15 metri, salvo particolari
esigenze, nel qual caso le estremita' superiori dei montanti devono essere assicurate
a parti fisse;
b) le scale in opera lunghe piu' di 8 metri devono essere munite di rompitratta
per ridurre la freccia di inflessione;
c) nessun lavoratore deve trovarsi sulla scala quando se ne effettua lo spostamento
laterale;
d) durante l'esecuzione dei lavori, una persona deve esercitare da terra una
continua vigilanza della scala.
9. Le scale doppie non devono superare l'altezza di m 5 e devono essere provviste di catena di adeguata resistenza o di altro dispositivo che impedisca l'apertura della scala oltre il limite prestabilito di sicurezza.
10. E' ammessa la deroga alle disposizioni di carattere costruttivo di cui ai commi 3, 8 e 9 per le scale portatili conformi all'allegato XX.
Art.114. Protezione dei posti di lavoro
1. Quando nelle immediate vicinanze dei ponteggi o del posto di caricamento
e sollevamento dei materiali vengono impastati calcestruzzi e malte o eseguite
altre operazioni a carattere continuativo il posto di lavoro deve essere protetto
da un solido impalcato sovrastante, contro la caduta di materiali.
2. Il posto di carico e di manovra degli argani a terra deve essere delimitato
con barriera per impedire la permanenza ed il transito sotto i carichi.
3. Nei lavori che possono dar luogo a proiezione di schegge, come quelli di
spaccatura o scalpellatura di blocchi o pietre e simili, devono essere predisposti
efficaci mezzi di protezione a difesa sia delle persone direttamente addette
a tali lavori sia di coloro che sostano o transitano in vicinanza. Tali misure
non sono richieste per i lavori di normale adattamento di pietrame nella costruzione
di muratura comune.
Art.115. Sistemi di protezione contro le cadute dall'alto
1. Nei lavori in quota qualora non siano state attuate misure di protezione
collettiva come previsto all'articolo 111, comma 1, lettera a), e' necessario
che i lavoratori utilizzino idonei sistemi di protezione composti da diversi
elementi, non necessariamente presenti contemporaneamente, quali i seguenti:
a) assorbitori di energia;
b) connettori;
c) dispositivo di ancoraggio;
d) cordini;
e) dispositivi retrattili;
f) guide o linee vita flessibili;
g) guide o linee vita rigide;
h) imbracature.
2. Il sistema di protezione, certificato per l'uso specifico, deve permettere una caduta libera non superiore a 1,5 m o, in presenza di dissipatore di energia a 4 metri.
3. Il cordino deve essere assicurato, direttamente o mediante connettore lungo una guida o linea vita, a parti stabili delle opere fisse o provvisionali.
4. Nei lavori su pali il lavoratore deve essere munito di ramponi o mezzi equivalenti e di idoneo dispositivo anticaduta.
Art.116. Obblighi dei datori di lavoro concernenti
l'impiego di sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi
1. Il datore di lavoro impiega sistemi di accesso e di posizionamento mediante
funi in conformita' ai seguenti requisiti:
a) sistema comprendente almeno due funi ancorate separatamente, una per l'accesso,
la discesa e il sostegno, detta fune di lavoro, e l'altra con funzione di dispositivo
ausiliario, detta fune di sicurezza. E' ammesso l'uso di una fune in circostanze
eccezionali in cui l'uso di una seconda fune rende il lavoro piu' pericoloso
e se sono adottate misure adeguate per garantire la sicurezza;
b) lavoratori dotati di un'adeguata imbracatura di sostegno collegata alla fune
di sicurezza;
c) fune di lavoro munita di meccanismi sicuri di ascesa e discesa e dotata di
un sistema autobloccante volto a evitare la caduta nel caso in cui l'utilizzatore
perda il controllo dei propri movimenti.
La fune di sicurezza deve essere munita di un dispositivo mobile contro le cadute
che segue gli spostamenti del lavoratore;
d) attrezzi ed altri accessori utilizzati dai lavoratori, agganciati alla loro
imbracatura di sostegno o al sedile o ad altro strumento idoneo;
e) lavori programmati e sorvegliati in modo adeguato, anche al fine di poter
immediatamente soccorrere il lavoratore in caso di necessita'. Il programma
dei lavori definisce un piano di emergenza, le tipologie operative, i dispositivi
di protezione individuale, le tecniche e le procedure operative, gli ancoraggi,
il posizionamento degli operatori, i metodi di accesso, le squadre di lavoro
e gli attrezzi di lavoro;
f) il programma di lavoro deve essere disponibile presso i luoghi di lavoro
ai fini della verifica da parte dell'organo di vigilanza competente per territorio
di compatibilita' ai criteri di cui all'articolo 111, commi 1 e 2.
2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori interessati una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste, in particolare in materia di procedure di salvataggio.
3. La formazione di cui al comma 2 ha carattere teorico-pratico e deve riguardare:
a) l'apprendimento delle tecniche operative e dell'uso dei dispositivi necessari;
b) l'addestramento specifico sia su strutture naturali, sia su manufatti;
c) l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, loro caratteristiche
tecniche, manutenzione, durata e conservazione;
d) gli elementi di primo soccorso;
e) i rischi oggettivi e le misure di prevenzione e protezione;
f) le procedure di salvataggio.
4. I soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validita' dei corsi sono riportati nell'allegato XXI.
Art.117. Lavori in prossimita' di parti attive
1. Quando occorre effettuare lavori in prossimita' di linee elettriche o di
impianti elettrici con parti attive non protette o che per circostanze particolari
si debbano ritenere non sufficientemente protette, ferme restando le norme di
buona tecnica, si deve rispettare almeno una delle seguenti precauzioni:
a) mettere fuori tensione ed in sicurezza le parti attive per tutta la durata
dei lavori;
b) posizionare ostacoli rigidi che impediscano l'avvicinamento alle parti attive;
c) tenere in permanenza, persone, macchine operatrici, apparecchi di sollevamento,
ponteggi ed ogni altra attrezzatura a distanza di sicurezza.
2. La distanza di sicurezza deve essere tale che non possano avvenire contatti diretti o scariche pericolose per le persone tenendo conto del tipo di lavoro, delle attrezzature usate e delle tensioni presenti.
Sezione III
Scavi e fondazioni
Art.118. Splateamento e sbancamento
1. Nei lavori di splateamento o sbancamento eseguiti senza l'impiego di escavatori
meccanici, le pareti delle fronti di attacco devono avere una inclinazione o
un tracciato tali, in relazione alla natura del terreno, da impedire franamenti.
Quando la parete del fronte di attacco supera l'altezza di m 1,50, e' vietato
il sistema di scavo manuale per scalzamento alla base e conseguente franamento
della parete.
2. Quando per la particolare natura del terreno o per causa di piogge, di infiltrazione,
di gelo o disgelo, o per altri motivi, siano da temere frane o scoscendimenti,
deve essere provveduto all'armatura o al consolidamento del terreno.
3. Nei lavori di escavazione con mezzi meccanici deve essere vietata la presenza
degli operai nel campo di azione dell'escavatore e sul ciglio del fronte di
attacco.
4. Il posto di manovra dell'addetto all'escavatore, quando questo non sia munito
di cabina metallica, deve essere protetto con solido riparo.
5. Ai lavoratori deve essere fatto esplicito divieto di avvicinarsi alla base
della parete di attacco e, in quanto necessario in relazione all'altezza dello
scavo o alle condizioni di accessibilita' del ciglio della platea superiore,
la zona superiore di pericolo deve essere almeno delimitata mediante opportune
segnalazioni spostabili col proseguire dello scavo.
Art.119. Pozzi, scavi e cunicoli
1. Nello scavo di pozzi e di trincee profondi piu' di m 1,50, quando la consistenza
del terreno non dia sufficiente garanzia di stabilita', anche in relazione alla
pendenza delle pareti, si deve provvedere, man mano che procede lo scavo, alla
applicazione delle necessarie armature di sostegno.
2. Le tavole di rivestimento delle pareti devono sporgere dai bordi degli scavi
di almeno 30 centimetri.
3. Nello scavo dei cunicoli, a meno che si tratti di roccia che non presenti
pericolo di distacchi, devono predisporsi idonee armature per evitare franamenti
della volta e delle pareti. Dette armature devono essere applicate man mano
che procede il lavoro di avanzamento; la loro rimozione puo' essere effettuata
in relazione al progredire del rivestimento in muratura.
4. Idonee armature e precauzioni devono essere adottate nelle sottomurazioni
e quando in vicinanza dei relativi scavi vi siano fabbriche o manufatti le cui
fondazioni possano essere scoperte o indebolite dagli scavi.
5. Nella infissione di pali di fondazione devono essere adottate misure e precauzioni
per evitare che gli scuotimenti del terreno producano lesioni o danni alle opere
vicine con pericolo per i lavoratori.
6. Nei lavori in pozzi di fondazione profondi oltre 3 metri deve essere disposto,
a protezione degli operai addetti allo scavo ed all'asportazione del materiale
scavato, un robusto impalcato con apertura per il passaggio della benna.
7. Nei pozzi e nei cunicoli deve essere prevista una adeguata assistenza all'esterno
e le loro dimensioni devono essere tali da permettere il recupero di un lavoratore
infortunato privo di sensi.
Art.120. Deposito di materiali in prossimita' degli
scavi
1. E' vietato costituire depositi di materiali presso il ciglio degli scavi. Qualora tali depositi siano necessari per le condizioni del lavoro, si deve provvedere alle necessarie puntellature.
Art.121. Presenza di gas negli scavi
1. Quando si eseguono lavori entro pozzi, fogne, cunicoli, camini e fosse in genere, devono essere adottate idonee misure contro i pericoli derivanti dalla presenza di gas o vapori tossici, asfissianti, infiammabili o esplosivi, specie in rapporto alla natura geologica del terreno o alla vicinanza di fabbriche, depositi, raffinerie, stazioni di compressione e di decompressione, metanodotti e condutture di gas, che possono dar luogo ad infiltrazione di sostanze pericolose.
2. Quando sia accertata o sia da temere la presenza di gas tossici, asfissianti o la irrespirabilita' dell'aria ambiente e non sia possibile assicurare una efficiente aerazione ed una completa bonifica, i lavoratori devono essere provvisti di idonei dispositivi di protezione individuale delle vie respiratore, ed essere muniti di idonei dispositivi di protezione individuale collegati ad un idoneo sistema di salvataggio, che deve essere tenuto all'esterno dal personale addetto alla sorveglianza. Questo deve mantenersi in continuo collegamento con gli operai all'interno ed essere in grado di sollevare prontamente all'esterno il lavoratore colpito dai gas.
3. Possono essere adoperate le maschere respiratorie, in luogo di autorespiratori, solo quando, accertate la natura e la concentrazione dei gas o vapori nocivi o asfissianti, esse offrano garanzia di sicurezza e sempreche' sia assicurata una efficace e continua aerazione.
4. Quando si sia accertata la presenza di gas infiammabili o esplosivi, deve provvedersi alla bonifica dell'ambiente mediante idonea ventilazione; deve inoltre vietarsi, anche dopo la bonifica, se siano da temere emanazioni di gas pericolosi, l'uso di apparecchi a fiamma, di corpi incandescenti e di apparecchi comunque suscettibili di provocare fiamme o surriscaldamenti atti ad incendiare il gas.
5. Nei casi previsti dai commi 2, 3 e 4, i lavoratori devono essere abbinati nell'esecuzione dei lavori.
Sezione IV
Ponteggi e impalcature in legname
Art.122. Ponteggi ed opere provvisionali
1. Nei lavori che sono eseguiti ad un'altezza superiore ai m 2, devono essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose conformemente al punto 2 dell'allegato XVIII.
Art.123. Montaggio e smontaggio delle opere provvisionali
1. Il montaggio e lo smontaggio delle opere provvisionali devono essere eseguiti sotto la diretta sorveglianza di un preposto ai lavori.
Art.124. Deposito di materiali sulle impalcature
1. Sopra i ponti di servizio e sulle impalcature in genere e' vietato qualsiasi deposito, eccettuato quello temporaneo dei materiali ed attrezzi necessari ai lavori.
2. Il peso dei materiali e delle persone deve essere sempre inferiore a quello che e' consentito dalla resistenza strutturale del ponteggio; lo spazio occupato dai materiali deve consentire i movimenti e le manovre necessarie per l'andamento del lavoro.
Art.125. Disposizione dei montanti
1. I montanti devono essere costituiti con elementi accoppiati, i cui punti
di sovrapposizione devono risultare sfalsati di almeno un metro; devono altresi'
essere verticali o leggermente inclinati verso la costruzione.
2. Per le impalcature fino ad 8 metri di altezza sono ammessi montanti singoli
in un sol pezzo; per impalcature di altezza superiore, soltanto per gli ultimi
7 metri i montanti possono essere ad elementi singoli.
3. Il piede dei montanti deve essere solidamente assicurato alla base di appoggio
o di infissione in modo che sia impedito ogni cedimento in senso verticale ed
orizzontale.
4. L'altezza dei montanti deve superare di almeno metri 1,20 l'ultimo impalcato
o il piano di gronda.
5. La distanza tra due montanti consecutivi non deve essere superiore a m 3,60;
puo' essere consentita una maggiore distanza quando cio' sia richiesto da evidenti
motivi di esercizio del cantiere, purche', in tale caso, la sicurezza del ponteggio
risulti da un progetto redatto da un ingegnere o architetto corredato dai relativi
calcoli di stabilita'.
6. Il ponteggio deve essere efficacemente ancorato alla costruzione almeno in
corrispondenza ad ogni due piani di ponteggio e ad ogni due montanti, con disposizione
di ancoraggi a rombo o di pari efficacia.
Art.126. Parapetti
1. Gli impalcati e ponti di servizio, le passerelle, le andatoie, che siano
posti ad un'altezza maggiore di 2 metri, devono essere provvisti su tutti i
lati verso il vuoto di robusto parapetto e in buono stato di conservazione.
Art.127. Ponti a sbalzo
1. Nei casi in cui particolari esigenze non permettono l'impiego di ponti normali,
possono essere consentiti ponti a sbalzo purche' la loro costruzione risponda
a idonei procedimenti di calcolo e ne garantisca la solidita' e la stabilita'.
Art.128. Sottoponti
1. Gli impalcati e ponti di servizio devono avere un sottoponte di sicurezza,
costruito come il ponte, a distanza non superiore a m 2,50.
2. La costruzione del sottoponte puo' essere omessa per i ponti sospesi, per
i ponti a sbalzo e quando vengano eseguiti lavori di manutenzione e di riparazione
di durata non superiore a cinque giorni.
Art.129. Impalcature nelle costruzioni in conglomerato
cementizio
1. Nella esecuzione di opere a struttura in conglomerato cementizio, quando
non si provveda alla costruzione da terra di una normale impalcatura con montanti,
prima di iniziare la erezione delle casseforme per il getto dei pilastri perimetrali,
deve essere sistemato, in corrispondenza al piano raggiunto, un regolare ponte
di sicurezza a sbalzo, avente larghezza utile di almeno m 1,20.
2. Le armature di sostegno del cassero per il getto della successiva soletta
o della trave perimetrale, non devono essere lasciate sporgere dal filo del
fabbricato piu' di 40 centimetri per l'affrancamento della sponda esterna del
cassero medesimo. Come sotto ponte puo' servire l'impalcato o ponte a sbalzo
costruito in corrispondenza al piano sottostante.
3. In corrispondenza ai luoghi di transito o stazionamento deve essere sistemato,
all'altezza del solaio di copertura del piano terreno, un impalcato di sicurezza
(mantovana) a protezione contro la caduta di materiali dall'alto. Tale protezione
puo' essere sostituita con una chiusura continua in graticci sul fronte del
ponteggio, qualora presenti le stesse garanzie di sicurezza, o con la segregazione
dell'area sottostante.
Art.130. Andatoie e passerelle
1. Le andatoie devono avere larghezza non minore di m 0,60, quando siano destinate
soltanto al passaggio di lavoratori e di m 1,20, se destinate al trasporto di
materiali. La loro pendenza non deve essere maggiore del 50 per cento.
2. Le andatoie lunghe devono essere interrotte da pianerottoli di riposo ad
opportuni intervalli; sulle tavole delle andatoie devono essere fissati listelli
trasversali a distanza non maggiore del passo di un uomo carico.
Sezione
VI
Ponteggi movibili
Art.139. Ponti su cavalletti
1. I ponti su cavalletti non devono aver altezza superiore
a metri 2 e non devono essere montati sugli impalcati dei ponteggi.
Capo
II
Sanzioni
Art.165. Sanzioni a carico del
datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da
2.000 a 10.000 euro per la violazione degli articoli 163 e 164, comma 1, lettera
b);
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda
da 1.000 a 4.500 euro per la violazione dell'articolo 164, comma 1, lettera
a).
Art.166. Sanzioni a carico del preposto
1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla
quale e' tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 400
a 1.200 euro per la violazione dell'articolo 163;
b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da 150
a 600 euro per la violazione dell'articolo 164, comma 1, lettera a).
Titolo VI
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
Capo I
Disposizioni generali
Art.167. Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attivita'
lavorative di movimentazione manuale dei carichi che comportano per i lavoratori
rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari.
2. Ai fini del presente titolo, s'intendono:
a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di
trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o piu' lavoratori, comprese
le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico,
che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche
sfavorevoli, comportano rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in
particolare dorso-lombari;
b) patologie da sovraccarico biomeccanico: patologie delle
strutture osteoarticolari, muscolotendinee e nervovascolari.
Art.168. Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative
necessarie e ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche,
per evitare la necessita' di una movimentazione manuale dei carichi da parte
dei lavoratori.
2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione
manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure
organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati e fornisce ai lavoratori
stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione
manuale di detti carichi, tenendo conto dell'allegato XXXIII, ed in particolare:
a) organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione
assicuri condizioni di sicurezza e salute;
b) valuta, se possibile anche in fase di proget-tazione,
le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione tenendo
conto dell'allegato XXXIII;
c) evita o riduce i rischi, particolarmente di patologie
dorso-lombari, adottando le misure adeguate, tenendo conto in particolare dei
fattori individuali di rischio, delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro
e delle esigenze che tale attivita' comporta, in base all'allegato XXXIII;
d) sottopone i lavoratori alla sorveglianza sanitaria
di cui all'articolo 41, sulla base della valutazione del rischio e dei fattori
individuali di rischio di cui all'allegato XXXIII.
3. Le norme tecniche costituiscono criteri di riferimento
per le finalita' del presente articolo e dell'allegato XXXIII, ove applicabili.
Negli altri casi si puo' fare riferimento alle buone prassi e alle linee guida.
Art.169. Informazione, formazione
e addestramento
1. Tenendo conto dell'allegato XXXIII, il datore di lavoro:
a) fornisce ai lavoratori le informazioni adeguate relativamente
al peso ed alle altre caratteristiche del carico movimentato;
b) assicura ad essi la formazione adeguata in relazione
ai rischi lavorativi ed alle modalita' di corretta esecuzione delle attivita'.
2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori l'addestramento
adeguato in merito alle corrette manovre e procedure da adottare nella movimentazione
manuale dei carichi.
Capo II
Sanzioni
Art.170. Sanzioni a carico del
datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da
euro 2.000 fino ad euro 10.000 per la violazione dell'articolo 168, commi 1
e 2, 169, comma 1, lettera b);
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda
da euro 1.000 a euro 4.500 per la violazione dell'articolo 169, comma 1, lettera
a).
Art.171. Sanzioni a carico del preposto
1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla
quale e' tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da euro
400 ad euro 1.200 per la violazione dell'articolo 168, commi 1 e 2;
b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da euro
150 ad euro 600 per la violazione dell'articolo 169, comma 1, lettera a).
Titolo VII
ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI
Capo I
Disposizioni generali
Art.172. Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attivita'
lavorative che comportano l'uso di attrezzature munite di videoterminali.
2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori
addetti:
a) ai posti di guida di veicoli o macchine;
b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo
di trasporto;
c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario
all'utilizzazione da parte del pubblico;
d) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa
e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione
dei dati o delle misure, necessario all'uso diretto di tale attrezzatura;
e) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.
Art.173. Definizioni
1. Ai fini del presente decreto legislativo si intende
per:
a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico
a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;
b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature
munite di videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di
immissione dati, incluso il mouse, il software per l'interfaccia uomo-macchina,
gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l'unita'
a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti,
la sedia, il piano di lavoro, nonche' l'ambiente di lavoro immediatamente circostante;
c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un'attrezzatura
munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali,
dedotte le interruzioni di cui all'articolo 175.
Capo II
Obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti
Art.174. Obblighi del datore
di lavoro
1. Il datore di lavoro, all'atto della valutazione del
rischio di cui all'articolo 28, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai problemi legati alla postura ed all'affaticamento
fisico o mentale;
c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per
ovviare ai rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo
conto della somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.
3. Il datore di lavoro organizza e predispone i posti
di lavoro di cui all'articolo 173, in conformita' ai requisiti minimi di cui
all'allegato XXXIV.
Art.175. Svolgimento quotidiano del
lavoro
1. Il lavoratore, ha diritto ad una interruzione della
sua attivita' mediante pause ovvero cambiamento di attivita'.
2. Le modalita' di tali interruzioni sono stabilite dalla
contrattazione collettiva anche aziendale.
3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante
l'interruzione di cui al comma 1, il lavoratore comunque ha diritto ad una pausa
di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale.
4. Le modalita' e la durata delle interruzioni possono
essere stabilite temporaneamente a livello individuale ove il medico competente
ne evidenzi la necessita'.
5. E' comunque esclusa la cumulabilita' delle interruzioni
all'inizio ed al termine dell'orario di lavoro.
6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi
i tempi di attesa della risposta da parte del sistema elettronico, che sono
considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non possa
abbandonare il posto di lavoro.
7. La pausa e' considerata a tutti gli effetti parte integrante
dell'orario di lavoro e, come tale, non e' riassorbibile all'interno di accordi
che prevedono la riduzione dell'orario complessivo di lavoro.
Art.176. Sorveglianza sanitaria
1. I lavoratori sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria
di cui all'articolo 41, con particolare riferimento:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai rischi per l'apparato muscolo-scheletrico.
2. Sulla base delle risultanze degli accertamenti di cui
al comma 1 i lavoratori vengono classificati ai sensi dell'articolo 41, comma
6.
3. Salvi i casi particolari che richiedono una frequenza
diversa stabilita dal medico competente, la periodicita' delle visite di controllo
e' biennale per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni o limitazioni
e per i lavoratori che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di eta'; quinquennale
negli altri casi.
4. Per i casi di inidoneita' temporanea il medico competente
stabilisce il termine per la successiva visita di idoneita'.
5. Il lavoratore e' sottoposto a visita di controllo per
i rischi di cui al comma 1 a sua richiesta, secondo le modalita' previste all'articolo
41, comma 2, lettera c).
6. Il datore di lavoro fornisce a sue spese ai lavoratori
i dispositivi speciali di correzione visiva, in funzione dell'attivita' svolta,
quando l'esito delle visite di cui ai commi 1, 3 e 4 ne evidenzi la necessita'
e non sia possibile utilizzare i dispositivi normali di correzione.
Art.177. Informazione e formazione
1. In ottemperanza a quanto previsto in via generale dall'articolo
18, comma 1, lettera l), il datore di lavoro:
a) fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare
per quanto riguarda:
1) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all'analisi
dello stesso di cui all'articolo 174;
2) le modalita' di svolgimento dell'attivita';
3) la protezione degli occhi e della vista;
b) assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare
in ordine a quanto indicato al comma 1, lettera a).
Capo III
Sanzioni
Art.178.Sanzioni a carico del
datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da
euro 2.000 fino ad euro 10.000 per la violazione dell'articolo 174, comma 2
e 3, 175, 176, commi 1, 3, 5, 177, comma 1, lettera b);
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda
da euro 1.000 a euro 4.500 per la violazione dell'articolo 177, comma 1, lettera
a).
Art.179. Sanzioni a carico del preposto
1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla
quale e' tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da euro
400 ad euro 1.200 per la violazione dell'articolo 174, comma 2 e 3, 175;
b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da euro
150 ad euro 600 per la violazione dell'articolo 174, comma 1, lettera a).
Titolo
VIII
AGENTI FISICI
Capo I
Disposizioni generali
Art.180. Definizioni e campo
di applicazione
1. Ai fini del presente decreto legislativo per agenti
fisici si intendono il rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni
meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche, di origine artificiale,
il microclima e le atmosfere iperbariche che possono comportare rischi per la
salute e la sicurezza dei lavoratori.
2. Fermo restando quanto previsto dal presente capo, per
le attivita' comportanti esposizione a rumore si applica il capo II, per quelle
comportanti esposizione a vibrazioni si applica il capo III, per quelle comportanti
esposizione a campi elettromagnetici si applica il capo IV, per quelle comportanti
esposizione a radiazioni ottiche artificiali si applica il capo V.
3. La protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti
e' disciplinata unicamente dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e
sue successive modificazioni.
Art.181. Valutazione dei rischi
1. Nell'ambito della valutazione di cui all'articolo 28,
il datore di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti
fisici in modo da identificare e adottare le opportune misure di prevenzione
e protezione con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed alle
buone prassi.
2. La valutazione dei rischi derivanti da esposizioni
ad agenti fisici e' programmata ed effettuata, con cadenza almeno quadriennale,
da personale qualificato nell'ambito del servizio di prevenzione e protezione
in possesso di specifiche conoscenze in materia. La valutazione dei rischi e'
aggiornata ogni qual volta si verifichino mutamenti che potrebbero renderla
obsoleta, ovvero, quando i risultati della sorveglianza sanitaria rendano necessaria
la sua revisione. I dati ottenuti dalla valutazione, misurazione e calcolo dei
livelli di esposizione costituiscono parte integrante del documento di valutazione
del rischio.
3. Il datore di lavoro nella valutazione dei rischi precisa
quali misure di prevenzione e protezione devono essere adottate. La valutazione
dei rischi e' riportata sul documento di valutazione di cui all'articolo 28,
essa puo' includere una giustificazione del datore di lavoro secondo cui la
natura e l'entita' dei rischi non rendono necessaria una valutazione dei rischi
piu' dettagliata.
Art.182. Disposizioni miranti ad
eliminare o ridurre i rischi
1. Tenuto conto del progresso tecnico e della disponibilita'
di misure per controllare il rischio alla fonte, i rischi derivanti dall'esposizione
agli agenti fisici sono eliminati alla fonte o ridotti al minimo. La riduzione
dei rischi derivanti dall'esposizione agli agenti fisici si basa sui principi
generali di prevenzione contenuti nel presente decreto.
2. In nessun caso i lavoratori devono essere esposti a
valori superiori ai valori limite di esposizione definiti nei capi II, III,
IV e V. Allorche', nonostante i provvedimenti presi dal datore di lavoro in
applicazione del presente capo i valori limite di esposizione risultino superati,
il datore di lavoro adotta misure immediate per riportare l'esposizione al di
sotto dei valori limite di esposizione, individua le cause del superamento dei
valori limite di esposizione e adegua di conseguenza le misure di protezione
e prevenzione per evitare un nuovo superamento.
Art.183. Lavoratori particolarmente
sensibili
1. Il datore di lavoro adatta le misure di cui all'articolo
182 alle esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili
al rischio, incluse le donne in stato di gravidanza ed i minori.
Art.184. Informazione e formazione
dei lavoratori
1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 36
e 37, il datore di lavoro provvede affinche' i lavoratori esposti a rischi derivanti
da agenti fisici sul luogo di lavoro e i loro rappresentanti vengano informati
e formati in relazione al risultato della valutazione dei rischi con particolare
riguardo:
a) alle misure adottate in applicazione del presente titolo;
b) all'entita' e al significato dei valori limite di esposizione
e dei valori di azione definiti nei Capi II, III, IV e V, nonche' ai potenziali
rischi associati;
c) ai risultati della valutazione, misurazione o calcolo
dei livelli di esposizione ai singoli agenti fisici;
d) alle modalita' per individuare e segnalare gli effetti
negativi dell'esposizione per la salute;
e) alle circostanze nelle quali i lavoratori hanno diritto
a una sorveglianza sanitaria e agli obiettivi della stessa;
f) alle procedure di lavoro sicure per ridurre al minimo
i rischi derivanti dall'esposizione;
g) all'uso corretto di adeguati dispositivi di protezione
individuale e alle relative indicazioni e controindicazioni sanitarie all'uso.
Art.185. Sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti agli
agenti fisici viene svolta secondo i principi generali di cui all'articolo 41,
ed e' effettuata dal medico competente nelle modalita' e nei casi previsti ai
rispettivi capi del presente titolo sulla base dei risultati della valutazione
del rischio che gli sono trasmessi dal datore di lavoro per il tramite del servizio
di prevenzione e protezione.
2. Nel caso in cui la sorveglianza sanitaria riveli in
un lavoratore un'alterazione apprezzabile dello stato di salute correlata ai
rischi lavorativi il medico competente ne informa il lavoratore e, nel rispetto
del segreto professionale, il datore di lavoro, che provvede a:
a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi;
b) sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare
o ridurre i rischi;
c) tenere conto del parere del medico competente nell'attuazione
delle misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio.
Art.186. Cartella sanitaria e di
rischio
1. Nella cartella di cui all'articolo 25, comma 1, lettera
c), il medico competente riporta i dati della sorveglianza sanitaria, ivi compresi
i valori di esposizione individuali, ove previsti negli specifici capi del presente
titolo, comunicati dal datore di lavoro per il tramite del servizio di prevenzione
e protezione.
Capo II
Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione
al rumore durante il lavoro
Art.187. Campo di applicazione
1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la
protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti
dall'esposizione al rumore durante il lavoro e in particolare per l'udito.
Art.188. Definizioni
1. Ai fini del presente capo si intende per:
a) pressione acustica di picco (ppeak): valore massimo
della pressione acustica istantanea ponderata in frequenza «C»;
b) livello di esposizione giornaliera al rumore (LEX,8h):
[dB(A) riferito a 20 \muPa]: valore medio, ponderato in funzione del tempo,
dei livelli di esposizione al rumore per una giornata lavorativa nominale di
otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999: 1990 punto 3.6. Si riferisce
a tutti i rumori sul lavoro, incluso il rumore impulsivo;
c) livello di esposizione settimanale al rumore (LEX,w):
valore medio, ponderato in funzione del tempo, dei livelli di esposizione giornaliera
al rumore per una settimana nominale di cinque giornate lavorative di otto ore,
definito dalla norma internazionale ISO 1999: 1990 punto 3.6, nota 2.
Art.189. Valori limite di esposizione
e valori di azione
1. I valori limite di esposizione e i valori di azione,
in relazione al livello di esposizione giornaliera al rumore e alla pressione
acustica di picco, sono fissati a:
a) valori limite di esposizione rispettivamente LEX =
87 dB(A) e ppeak = 200 Pa (140 dB(C) riferito a 20 \muPa);
b) valori superiori di azione: rispettivamente LEX = 85
dB(A) e ppeak = 140 Pa (137 dB(C) riferito a 20 \muPa);
c) valori inferiori di azione: rispettivamente LEX = 80
dB(A) e ppeak = 112 Pa (135 dB(C) riferito a 20 \muPa).
2. Laddove a causa delle caratteristiche intrinseche della
attivita' lavorativa l'esposizione giornaliera al rumore varia significativamente,
da una giornata di lavoro all'altra, e' possibile sostituire, ai fini dell'applicazione
dei valori limite di esposizione e dei valori di azione, il livello di esposizione
giornaliera al rumore con il livello di esposizione settimanale a condizione
che:
a) il livello di esposizione settimanale al rumore, come
dimostrato da un controllo idoneo, non ecceda il valore limite di esposizione
di 87 dB(A);
b) siano adottate le adeguate misure per ridurre al minimo
i rischi associati a tali attivita'.
3. Nel caso di variabilita' del livello di esposizione
settimanale va considerato il livello settimanale massimo ricorrente.
Art.190. Valutazione del rischio
1. Nell'ambito di quanto previsto dall'articolo 181, il
datore di lavoro valuta l'esposizione dei lavoratori al rumore durante il lavoro
prendendo in considerazione in particolare:
a) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi
inclusa ogni esposizione a rumore impulsivo;
b) i valori limite di esposizione e i valori di azione
di cui all'articolo 189;
c) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei
lavoratori particolarmente sensibili al rumore, con particolare riferimento
alle donne in gravidanza e i minori;
d) per quanto possibile a livello tecnico, tutti gli effetti
sulla salute e sicurezza dei lavoratori derivanti da interazioni fra rumore
e sostanze ototossiche connesse con l'attivita' svolta e fra rumore e vibrazioni;
e) tutti gli effetti indiretti sulla salute e sulla sicurezza
dei lavoratori risultanti da interazioni fra rumore e segnali di avvertimento
o altri suoni che vanno osservati al fine di ridurre il rischio di infortuni;
f) le informazioni sull'emissione di rumore fornite dai
costruttori dell'attrezzatura di lavoro in conformita' alle vigenti disposizioni
in materia;
g) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate
per ridurre l'emissione di rumore;
h) il prolungamento del periodo di esposizione al rumore
oltre l'orario di lavoro normale, in locali di cui e' responsabile;
i) le informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria,
comprese, per quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura scientifica;
l) la disponibilita' di dispositivi di protezione dell'udito
con adeguate caratteristiche di attenuazione.
2. Se, a seguito della valutazione di cui al comma 1,
puo' fondatamente ritenersi che i valori inferiori di azione possono essere
superati, il datore di lavoro misura i livelli di rumore cui i lavoratori sono
esposti, i cui risultati sono riportati nel documento di valutazione.
3. I metodi e le strumentazioni utilizzati devono essere
adeguati alle caratteristiche del rumore da misurare, alla durata dell'esposizione
e ai fattori ambientali secondo le indicazioni delle norme tecniche. I metodi
utilizzati possono includere la campionatura, purche' sia rappresentativa dell'esposizione
del lavoratore.
4. Nell'applicare quanto previsto nel presente articolo,
il datore di lavoro tiene conto dell'incertezza delle misure determinate secondo
la prassi metrologica.
5. La valutazione di cui al comma 1 individua le misure
di prevenzione e protezione necessarie ai sensi degli articoli 192, 193, 194,
195 e 196 ed e' documentata in conformita' all'articolo 28, comma 2.
Art.191. Valutazione di attivita'
a livello di esposizione molto variabile
1. Fatto salvo il divieto al superamento dei valori limite
di esposizione, per attivita' che comportano un'elevata fluttuazione dei livelli
di esposizione personale dei lavoratori, il datore di lavoro puo' attribuire
a detti lavoratori un'esposizione al rumore al di sopra dei valori superiori
di azione, garantendo loro le misure di prevenzione e protezione conseguenti
e in particolare:
a) la disponibilita' dei dispositivi di protezione individuale
dell'udito; b) l'informazione e la formazione;
c) il controllo sanitario. In questo caso la misurazione
associata alla valutazione si limita a determinare il livello di rumore prodotto
dalle attrezzature nei posti operatore ai fini dell'identificazione delle misure
di prevenzione e protezione e per formulare il programma delle misure tecniche
e organizzative di cui all'articolo 192, comma 2.
2. Sul documento di valutazione di cui all'articolo 28,
a fianco dei nominativi dei lavoratori cosi' classificati, va riportato il riferimento
al presente articolo.
Art.192. Misure di prevenzione e
protezione
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 182, il
datore di lavoro elimina i rischi alla fonte o li riduce al minimo mediante
le seguenti misure:
a) adozione di altri metodi di lavoro che implicano una
minore esposizione al rumore;
b) scelta di attrezzature di lavoro adeguate, tenuto conto
del lavoro da svolgere, che emettano il minor rumore possibile, inclusa l'eventualita'
di rendere disponibili ai lavoratori attrezzature di lavoro conformi ai requisiti
di cui al titolo III, il cui obiettivo o effetto e' di limitare l'esposizione
al rumore;
c) progettazione della struttura dei luoghi e dei posti
di lavoro;
d) adeguata informazione e formazione sull'uso corretto
delle attrezzature di lavoro in modo da ridurre al minimo la loro esposizione
al rumore;
e) adozione di misure tecniche per il contenimento:
1) del rumore trasmesso per via aerea, quali schermature,
involucri o rivestimenti realizzati con materiali fonoassorbenti;
2) del rumore strutturale, quali sistemi di smorzamento
o di isolamento;
f) opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature
di lavoro, del luogo di lavoro e dei sistemi sul posto di lavoro;
g) riduzione del rumore mediante una migliore organizzazione
del lavoro attraverso la limitazione della durata e dell'intensita' dell'esposizione
e l'adozione di orari di lavoro appropriati, con sufficienti periodi di riposo.
2. Se a seguito della valutazione dei rischi di cui all'articolo
190 risulta che i valori inferiori di azione sono superati, il datore di lavoro
elabora ed applica un programma di misure tecniche e organizzative volte a ridurre
l'esposizione al rumore, considerando in particolare le misure di cui al comma
1.
3. I luoghi di lavoro dove i lavoratori possono essere
esposti ad un rumore al di sopra dei valori superiori di azione sono indicati
da appositi segnali. Dette aree sono inoltre delimitate e l'accesso alle stesse
e' limitato, ove cio' sia tecnicamente possibile e giustificato dal rischio
di esposizione.
4. Nel caso in cui, data la natura dell'attivita', il
lavoratore benefici dell'utilizzo di locali di riposo messi a disposizione dal
datore di lavoro, il rumore in questi locali e' ridotto a un livello compatibile
con il loro scopo e le loro condizioni di utilizzo.
Art.193. Uso dei dispositivi di protezione
individuali
1. In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 18,
comma 1, lettera c), il datore di lavoro, nei casi in cui i rischi derivanti
dal rumore non possono essere evitati con le misure di prevenzione e protezione
di cui all'articolo 192, fornisce i dispositivi di protezione individuali per
l'udito conformi alle disposizioni contenute nel titolo III, capo II, e alle
seguenti condizioni:
a) nel caso in cui l'esposizione al rumore superi i valori
inferiori di azione il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori
dispositivi di protezione individuale dell'udito;
b) nel caso in cui l'esposizione al rumore sia pari o
al di sopra dei valori superiori di azione esige che i lavoratori utilizzino
i dispositivi di protezione individuale dell'udito;
c) sceglie dispositivi di protezione individuale dell'udito
che consentono di eliminare il rischio per l'udito o di ridurlo al minimo, previa
consultazione dei lavoratori o dei loro rappresentanti;
d) verifica l'efficacia dei dispositivi di protezione
individuale dell'udito.
2. Il datore di lavoro tiene conto dell'attenuazione prodotta
dai dispositivi di protezione individuale dell'udito indossati dal lavoratore
solo ai fini di valutare l'efficienza dei DPI uditivi e il rispetto del valore
limite di esposizione. I mezzi individuali di protezione dell'udito sono considerati
adeguati ai fini delle presenti norme se, correttamente usati, mantengono un
livello di rischio uguale od inferiore ai livelli inferiori di azione.
Art.194. Misure per la limitazione
dell'esposizione
1. Fermo restando l'obbligo del non superamento dei valori
limite di esposizione, se, nonostante l'adozione delle misure prese in applicazione
del presente capo, si individuano esposizioni superiori a detti valori, il datore
di lavoro:
a) adotta misure immediate per riportare l'esposizione
al di sotto dei valori limite di esposizione;
b) individua le cause dell'esposizione eccessiva;
c) modifica le misure di protezione e di prevenzione per
evitare che la situazione si ripeta.
Art.195. Informazione e formazione
dei lavoratori
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 184 nell'ambito
degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37, il datore di lavoro garantisce
che i lavoratori esposti a valori uguali o superiori ai valori inferiori di
azione vengano informati e formati in relazione ai rischi provenienti dall'esposizione
al rumore.
Art.196. Sorveglianza sanitaria
1. Il datore di lavoro sottopone a sorveglianza sanitaria
i lavoratori la cui esposizione al rumore eccede i valori superiori di azione.
La sorveglianza viene effettuata periodicamente, di norma una volta l'anno o
con periodicita' diversa decisa dal medico competente, con adeguata motivazione
riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti
per la sicurezza di lavoratori in funzione della valutazione del rischio. L'organo
di vigilanza, con provvedimento motivato, puo' disporre contenuti e periodicita'
della sorveglianza diversi rispetto a quelli forniti dal medico competente.
2. La sorveglianza sanitaria di cui al comma 1 e' estesa
ai lavoratori esposti a livelli superiori ai valori inferiori di azione, su
loro richiesta e qualora il medico competente ne confermi l'opportunita'.
Art.197. Deroghe
1. Il datore di lavoro puo' richiedere deroghe all'uso
dei dispositivi di protezione individuale e al rispetto del valore limite di
esposizione, quando, per la natura del lavoro, l'utilizzazione di tali dispositivi
potrebbe comportare rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori maggiori
rispetto a quanto accadrebbe senza la loro utilizzazione.
2. Le deroghe di cui al comma 1 sono concesse, sentite
le parti sociali, per un periodo massimo di quattro anni dall'organo di vigilanza
territorialmente competente che provvede anche a darne comunicazione, specificando
le ragioni e le circostanze che hanno consentito la concessione delle stesse,
al Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Le circostanze che giustificano
le deroghe di cui al comma 1 sono riesaminate ogni quattro anni e, in caso di
venire meno dei relativi presupposti, riprende immediata applicazione la disciplina
regolare.
3. La concessione delle deroghe di cui al comma 2 e' condizionata
dall'intensificazione della sorveglianza sanitaria e da condizioni che garantiscano,
tenuto conto delle particolari circostanze, che i rischi derivanti siano ridotti
al minimo. Il datore di lavoro assicura l'intensificazione della sorveglianza
sanitaria ed il rispetto delle condizioni indicate nelle deroghe.
4. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale
trasmette ogni quattro anni alla Commissione della Unione europea un prospetto
globale e motivato delle deroghe concesse ai sensi del presente articolo.
Art.198. Linee Guida per i settori
della musica delle attivita' ricreative e dei call center
1. Su proposta della Commissione permanente per la prevenzione
degli infortuni e l'igiene del lavoro di cui all'articolo 6, sentite la parti
sociali, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente capo, la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano definisce le linee guida per l'applicazione
del presente capo nei settori della musica, delle attivita' ricreative e dei
call center.
Capo III
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a
vibrazioni
Art.199. Campo di applicazione
1. Il presente capo prescrive le misure per la tutela
della salute e della sicurezza dei lavoratori che sono esposti o possono essere
esposti a rischi derivanti da vibrazioni meccaniche. Nei riguardi dei soggetti
indicati all'articolo 3, comma 2, del presente decreto legislativo le disposizioni
del presente capo sono applicate tenuto conto delle particolari esigenze connesse
al servizio espletato, quali individuate dai decreti ivi previsti.
Art.200. Definizioni
1. Ai fini del presente capo, si intende per:
a) vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio: le vibrazioni
meccaniche che, se trasmesse al sistema mano-braccio nell'uomo, comportano un
rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in particolare disturbi
vascolari, osteoarticolari, neurologici o muscolari;
b) vibrazioni trasmesse al corpo intero: le vibrazioni
meccaniche che, se trasmesse al corpo intero, comportano rischi per la salute
e la sicurezza dei lavoratori, in particolare lombalgie e traumi del rachide;
c) esposizione giornaliera a vibrazioni trasmesse al sistema
mano-braccio A(8): [ms-2]: valore mediato nel tempo, ponderato in frequenza,
delle accelerazioni misurate per una giornata lavorativa nominale di otto ore;
d) esposizione giornaliera a vibrazioni trasmesse al corpo
intero A(8): [ms-2]: valore mediato nel tempo, ponderato, delle accelerazioni
misurate per una giornata lavorativa nominale di otto ore.
Art.201. Valori limite di esposizione
e valori d'azione
1. Ai fini del presente capo, si definiscono i seguenti
valori limite di esposizione e valori di azione.
a) per le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio:
1) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato a un periodo di
riferimento di 8 ore, e' fissato a 5 m/s2; mentre su periodi brevi e' pari a
20 m/s2;
2) il valore d'azione giornaliero, normalizzato a un periodo
di riferimento di 8 ore, che fa scattare l'azione, e' fissato a 2,5 m/s2.
b) per le vibrazioni trasmesse al corpo intero:
1) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato
a un periodo di riferimento di 8 ore, e' fissato a 1,0 m/s2; mentre su periodi
brevi e' pari a 1,5 m/s2;
2) il valore d'azione giornaliero, normalizzato a un periodo
di riferimento di 8 ore, e' fissato a 0,5 m/s2.
2. Nel caso di variabilita' del livello di esposizione
giornaliero va considerato il livello giornaliero massimo ricorrente.
Art.202. Valutazione dei rischi
1. Nell'ambito di quanto previsto dall'articolo 181, il
datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura, i livelli di vibrazioni
meccaniche cui i lavoratori sono esposti.
2. Il livello di esposizione alle vibrazioni meccaniche
puo' essere valutato mediante l'osservazione delle condizioni di lavoro specifiche
e il riferimento ad appropriate informazioni sulla probabile entita' delle vibrazioni
per le attrezzature o i tipi di attrezzature nelle particolari condizioni di
uso reperibili presso banche dati dell'ISPESL o delle regioni o, in loro assenza,
dalle informazioni fornite in materia dal costruttore delle attrezzature. Questa
operazione va distinta dalla misurazione, che richiede l'impiego di attrezzature
specifiche e di una metodologia appropriata e che resta comunque il metodo di
riferimento.
3. L'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse
al sistema mano-braccio e' valutata o misurata in base alle disposizioni di
cui all'allegato XXXV, parte A.
4. L'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse
al corpo intero e' valutata o misurata in base alle disposizioni di cui all'allegato
XXXV, parte B.
5. Ai fini della valutazione di cui al comma 1, il datore
di lavoro tiene conto, in particolare, dei seguenti elementi:
a) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi
inclusa ogni esposizione a vibrazioni intermittenti o a urti ripetuti;
b) i valori limite di esposizione e i valori d'azione
specificati nell'articolo 201;
c) gli eventuali effetti sulla salute e sulla sicurezza
dei lavoratori particolarmente sensibili al rischio con particolare riferimento
alle donne in gravidanza e ai minori;
d) gli eventuali effetti indiretti sulla sicurezza e salute
dei lavoratori risultanti da interazioni tra le vibrazioni meccaniche, il rumore
e l'ambiente di lavoro o altre attrezzature;
e) le informazioni fornite dal costruttore dell'attrezzatura
di lavoro;
f) l'esistenza di attrezzature alternative progettate
per ridurre i livelli di esposizione alle vibrazioni meccaniche;
g) il prolungamento del periodo di esposizione a vibrazioni
trasmesse al corpo intero al di la' delle ore lavorative, in locali di cui e'
responsabile;
h) condizioni di lavoro particolari, come le basse temperature,
il bagnato, l'elevata umidita' o il sovraccarico biomeccanico degli arti superiori
e del rachide;
i) informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria,
comprese, per quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura scientifica.
Art.203. Misure di prevenzione e
protezione
1. Fermo restando quanto previsto nell'articolo 182, in
base alla valutazione dei rischi di cui all'articolo 202, quando sono superati
i valori d'azione, il datore di lavoro elabora e applica un programma di misure
tecniche o organizzative, volte a ridurre al minimo l'esposizione e i rischi
che ne conseguono, considerando in particolare quanto segue:
a) altri metodi di lavoro che richiedono una minore esposizione
a vibrazioni meccaniche;
b) la scelta di attrezzature di lavoro adeguate concepite
nel rispetto dei principi ergonomici e che producono, tenuto conto del lavoro
da svolgere, il minor livello possibile di vibrazioni;
c) la fornitura di attrezzature accessorie per ridurre
i rischi di lesioni provocate dalle vibrazioni, quali sedili che attenuano efficacemente
le vibrazioni trasmesse al corpo intero e maniglie o guanti che attenuano la
vibrazione trasmessa al sistema mano-braccio;
d) adeguati programmi di manutenzione delle attrezzature
di lavoro, del luogo di lavoro, dei sistemi sul luogo di lavoro e dei DPI;
e) la progettazione e l'organizzazione dei luoghi e dei
posti di lavoro;
f) l'adeguata informazione e formazione dei lavoratori
sull'uso corretto e sicuro delle attrezzature di lavoro e dei DPI, in modo da
ridurre al minimo la loro esposizione a vibrazioni meccaniche;
g) la limitazione della durata e dell'intensita' dell'esposizione;
h) l'organizzazione di orari di lavoro appropriati, con
adeguati periodi di riposo;
i) la fornitura, ai lavoratori esposti, di indumenti per
la protezione dal freddo e dall'umidita'.
2. Se, nonostante le misure adottate, il valore limite
di esposizione e' stato superato, il datore di lavoro prende misure immediate
per riportare l'esposizione al di sotto di tale valore, individua le cause del
superamento e adatta, di conseguenza, le misure di prevenzione e protezione
per evitare un nuovo superamento.
Art.204. Sorveglianza sanitaria
1. I lavoratori esposti a livelli di vibrazioni superiori
ai valori d'azione sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria. La sorveglianza
viene effettuata periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicita'
diversa decisa dal medico competente con adeguata motivazione riportata nel
documento di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti per la sicurezza
dei lavoratori in funzione della valutazione del rischio. L'organo di vigilanza,
con provvedimento motivato, puo' disporre contenuti e periodicita' della sorveglianza
diversi rispetto a quelli forniti dal medico competente.
2. I lavoratori esposti a vibrazioni sono altresi' sottoposti
alla sorveglianza sanitaria quando, secondo il medico competente, si verificano
una o piu' delle seguenti condizioni: l'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni
e' tale da rendere possibile l'individuazione di un nesso tra l'esposizione
in questione e una malattia identificabile o ad effetti nocivi per la salute
ed e' probabile che la malattia o gli effetti sopraggiungano nelle particolari
condizioni di lavoro del lavoratore ed esistono tecniche sperimentate che consentono
di individuare la malattia o gli effetti nocivi per la salute.
Art.205. Deroghe
1. Nei settori della navigazione marittima e aerea, il
datore di lavoro, in circostanze debitamente giustificate, puo' richiedere la
deroga, limitatamente al rispetto dei valori limite di esposizione per il corpo
intero qualora, tenuto conto della tecnica e delle caratteristiche specifiche
dei luoghi di lavoro, non sia possibile rispettare tale valore limite nonostante
le misure tecniche e organizzative messe in atto.
2. Nel caso di attivita' lavorative in cui l'esposizione
di un lavoratore a vibrazioni meccaniche e' abitualmente inferiore ai valori
di azione, ma puo' occasionalmente superare il valore limite di esposizione,
il datore di lavoro puo' richiedere la deroga al rispetto dei valori limite
a condizione che il valore medio dell'esposizione calcolata su un periodo di
40 ore sia inferiore al valore limite di esposizione e dimostri, con elementi
probanti, che i rischi derivanti dal tipo di esposizione cui e' sottoposto il
lavoratore sono inferiori a quelli derivanti dal livello di esposizione corrispondente
al valore limite.
3. Le deroghe di cui ai commi 1 e 2 sono concesse, per
un periodo massimo di quattro anni, dall'organo di vigilanza territorialmente
competente che provvede anche a darne comunicazione, specificando le ragioni
e le circostanze che hanno consentito la concessione delle stesse, al Ministero
del lavoro e della previdenza sociale. Le deroghe sono rinnovabili e possono
essere revocate quando vengono meno le circostanze che le hanno giustificate.
4. La concessione delle deroghe di cui ai commi 1 e 2
e' condizionata all'intensificazione della sorveglianza sanitaria e da condizioni
che garantiscano, tenuto conto delle particolari circostanze, che i rischi derivanti
siano ridotti al minimo. Il datore di lavoro assicura l'intensificazione della
sorveglianza sanitaria ed il rispetto delle condizioni indicate nelle deroghe.
5. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale
trasmette ogni quattro anni alla Commissione della Unione europea un prospetto
dal quale emergano circostanze e motivi delle deroghe concesse ai sensi del
presente articolo.
Capo IV
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici
Art.206. Campo di applicazione
1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la
protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti
dall'esposizione ai campi elettromagnetici (da 0 Hz a 300 GHz), come definiti
dall'articolo 207, durante il lavoro. Le disposizioni riguardano la protezione
dai rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori dovuti agli effetti nocivi
a breve termine conosciuti nel corpo umano derivanti dalla circolazione di correnti
indotte e dall'assorbimento di energia, e da correnti di contatto.
2. Il presente capo non riguarda la protezione da eventuali
effetti a lungo termine e i rischi risultanti dal contatto con i conduttori
in tensione.
Art.207. Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni del presente capo si
intendono per:
a) campi elettromagnetici: campi magnetici statici e campi
elettrici, magnetici ed elettromagnetici variabili nel tempo di frequenza inferiore
o pari a 300 GHz;
b) valori limite di esposizione: limiti all'esposizione
a campi elettromagnetici che sono basati direttamente sugli effetti sulla salute
accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di questi limiti garantisce
che i lavoratori esposti ai campi elettromagnetici sono protetti contro tutti
gli effetti nocivi a breve termine per la salute conosciuti;
c) valori di azione: l'entita' dei parametri direttamente
misurabili, espressi in termini di intensita' di campo elettrico (E), intensita'
di campo magnetico (H), induzione magnetica (B) e densita' di potenza (S), che
determina l'obbligo di adottare una o piu' delle misure specificate nel presente
capo. Il rispetto di questi valori assicura il rispetto dei pertinenti valori
limite di esposizione.
Art.208. Valori limite di esposizione e valori d'azione
1. I valori limite di esposizione sono riportati nell'allegato XXXVI, lettera
A, tabella 1.
2. I valori di azione sono riportati nell'allegato XXXVI,
lettera B, tabella 2.
Art.209. Identificazione
dell'esposizione e valutazione dei rischi
1. Nell'ambito della valutazione dei rischi di cui all'articolo
181, il datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura o calcola i livelli
dei campi elettromagnetici ai quali sono esposti i lavoratori. La valutazione,
la misurazione e il calcolo devono essere effettuati in conformita' alle norme
europee standardizzate del Comitato europeo di normalizzazione elettrotecnica
(CENELEC). Finche' le citate norme non avranno contemplato tutte le pertinenti
situazioni per quanto riguarda la valutazione, misurazione e calcolo dell'esposizione
dei lavoratori ai campi elettromagnetici, il datore di lavoro adotta le specifiche
linee guida individuate od emanate dalla Commissione consultiva permanente per
la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, o, in alternativa,
quelle del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI), tenendo conto, se necessario,
dei livelli di emissione indicati dai fabbricanti delle attrezzature.
2. A seguito della valutazione dei livelli dei campi elettromagnetici
effettuata in conformita' al comma 1, qualora risulti che siano superati i valori
di azione di cui all'articolo 208, il datore di lavoro valuta e, quando necessario,
calcola se i valori limite di esposizione sono stati superati.
3. La valutazione, la misurazione e il calcolo di cui
ai commi 1 e 2 non devono necessariamente essere effettuati in luoghi di lavoro
accessibili al pubblico, purche' si sia gia' proceduto ad una valutazione conformemente
alle disposizioni relative alla limitazione dell'esposizione della popolazione
ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz e risultino rispettate per i lavoratori
le restrizioni previste dalla raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio, del
12 luglio 1999, e siano esclusi rischi relativi alla sicurezza.
4. Nell'ambito della valutazione del rischio di cui all'articolo
181, il datore di lavoro presta particolare attenzione ai seguenti elementi:
a) il livello, lo spettro di frequenza, la durata e il
tipo dell'esposizione;
b) i valori limite di esposizione e i valori di azione
di cui all'articolo 208;
c) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei
lavoratori particolarmente sensibili al rischio;
d) qualsiasi effetto indiretto quale:
1) interferenza con attrezzature e dispositivi medici
elettronici (compresi stimolatori cardiaci e altri dispositivi impiantati);
2) rischio propulsivo di oggetti ferromagnetici in campi
magnetici statici con induzione magnetica superiore a 3 mT;
3) innesco di dispositivi elettro-esplosivi (detonatori);
4) incendi ed esplosioni dovuti all'accensione di materiali
infiammabili provocata da scintille prodotte da campi indotti, correnti di contatto
o scariche elettriche;
e) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate
per ridurre i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici;
f) la disponibilita' di azioni di risanamento volte a
minimizzare i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici;
g) per quanto possibile, informazioni adeguate raccolte
nel corso della sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni reperibili
in pubblicazioni scientifiche;
h) sorgenti multiple di esposizione;
i) esposizione simultanea a campi di frequenze diverse.
5. Il datore di lavoro nel documento di valutazione del
rischio di cui all'articolo 28 precisa le misure adottate, previste dall'articolo
210.
Art.210. Misure
di prevenzione e protezione
1. A seguito della valutazione dei rischi, qualora risulti
che i valori di azione di cui all'articolo 208 sono superati, il datore di lavoro,
a meno che la valutazione effettuata a norma dell'articolo 209, comma 2, dimostri
che i valori limite di esposizione non sono superati e che possono essere esclusi
rischi relativi alla sicurezza, elabora ed applica un programma d'azione che
comprenda misure tecniche e organizzative intese a prevenire esposizioni superiori
ai valori limite di esposizione, tenendo conto in particolare:
a) di altri metodi di lavoro che implicano una minore
esposizione ai campi elettromagnetici;
b) della scelta di attrezzature che emettano campi elettromagnetici
di intensita' inferiore, tenuto conto del lavoro da svolgere;
c) delle misure tecniche per ridurre l'emissione dei campi
elettromagnetici, incluso se necessario l'uso di dispositivi di sicurezza, schermature
o di analoghi meccanismi di protezione della salute;
d) degli appropriati programmi di manutenzione delle attrezzature
di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
e) della progettazione e della struttura dei luoghi e
delle postazioni di lavoro;
f) della limitazione della durata e dell'intensita' dell'esposizione;
g) della disponibilita' di adeguati dispositivi di protezione
individuale.
2. I luoghi di lavoro dove i lavoratori possono essere
esposti a campi elettromagnetici che superano i valori di azione devono essere
indicati con un'apposita segnaletica. Tale obbligo non sussiste nel caso che
dalla valutazione effettuata a norma dell'articolo 209, comma 2, il datore di
lavoro dimostri che i valori limite di esposizione non sono superati e che possono
essere esclusi rischi relativi alla sicurezza. Dette aree sono inoltre identificate
e l'accesso alle stesse e' limitato laddove cio' sia tecnicamente possibile
e sussista il rischio di un superamento dei valori limite di esposizione.
3. In nessun caso i lavoratori devono essere esposti a
valori superiori ai valori limite di esposizione. Allorche', nonostante i provvedimenti
presi dal datore di lavoro in applicazione del presente capo, i valori limite
di esposizione risultino superati, il datore di lavoro adotta misure immediate
per riportare l'esposizione al di sotto dei valori limite di esposizione, individua
le cause del superamento dei valori limite di esposizione e adegua di conseguenza
le misure di protezione e prevenzione per evitare un nuovo superamento.
4. A norma dell'articolo 209, comma 4, lettera c), il
datore di lavoro adatta le misure di cui al presente articolo alle esigenze
dei lavoratori esposti particolarmente sensibili al rischio.
Art.211. Sorveglianza
sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria viene effettuata periodicamente,
di norma una volta l'anno o con periodicita' inferiore decisa dal medico competente
con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente sensibili al rischio
di cui all'articolo 183, tenuto conto dei risultati della valutazione dei rischi
trasmessi dal datore di lavoro. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato,
puo' disporre contenuti e periodicita' diversi da quelli forniti dal medico
competente.
2. Fermo restando il rispetto di quanto stabilito dall'articolo
182, sono tempestivamente sottoposti a controllo medico i lavoratori per i quali
e' stata rilevata un'esposizione superiore ai valori di azione di cui all'articolo
208, comma 2.
Art.212. Linee
guida
1. Il Ministero della salute, avvalendosi degli organi
tecnico-scientifici del Servizio sanitario nazionale, sentita la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, elabora le linee guida per l'applicazione del presente capo nello specifico
settore dell'utilizzo in ambito sanitario delle attrezzature di risonanza magnetica.
Art.214. Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni del presente capo si
intendono per:
a) radiazioni ottiche: tutte le radiazioni elettromagnetiche
nella gamma di lunghezza d'onda compresa tra 100 ¯Fm e 1 mm. Lo spettro delle
radiazioni ottiche si suddivide in radiazioni ultraviolette, radiazioni visibili
e radiazioni infrarosse:
1) radiazioni ultraviolette: radiazioni ottiche a lunghezza
d'onda compresa tra 100 e 400 ¯Fm. La banda degli ultravioletti e' suddivisa
in UVA (315-400 ¯Fm), UVB (280-315 ¯Fm) e UVC (100-280 ¯Fm);
2) radiazioni visibili: radiazioni ottiche a lunghezza
d'onda compresa tra 380 e 780 ¯Fm;
3) radiazioni infrarosse: radiazioni ottiche a lunghezza
d'onda compresa tra 780 ¯Fm e 1 mm. La regione degli infrarossi e' suddivisa
in IRA (780-1400 ¯Fm), IRB (1400-3000 ¯Fm) e IRC (3000 ¯Fm-1 mm);
b) laser (amplificazione di luce mediante emissione stimolata
di radiazione): qualsiasi dispositivo al quale si possa far produrre o amplificare
le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezze d'onda delle radiazioni
ottiche, soprattutto mediante il processo di emissione stimolata controllata;
c) radiazione laser: radiazione ottica prodotta da un
laser;
d) radiazione non coerente: qualsiasi radiazione ottica
diversa dalla radiazione laser;
e) valori limite di esposizione: limiti di esposizione
alle radiazioni ottiche che sono basati direttamente sugli effetti sulla salute
accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di questi limiti garantisce
che i lavoratori esposti a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche siano
protetti contro tutti gli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute conosciuti;
f) irradianza (E) o densita' di potenza: la potenza radiante
incidente per unita' di area su una superficie espressa in watt su metro quadrato
(W m-2);
g) esposizione radiante (H): integrale nel tempo dell'irradianza
espresso in joule su metro quadrato (J m-2);
h) radianza (L): il flusso radiante o la potenza per unita'
d'angolo solido per unita' di superficie, espressa in watt su metro quadrato
su steradiante (W m-2 sr-1);
i) livello: la combinazione di irradianza, esposizione
radiante e radianza alle quali e' esposto un lavoratore.
Art.215. Valori
limite di esposizione
1. I valori limite di esposizione per le radiazioni incoerenti
sono riportati nell'allegato XXXVII, parte I.
2. I valori limite di esposizione per le radiazioni laser
sono riportati nell'allegato XXXVII, parte II.
Art.216. Identificazione
dell'esposizione e valutazione dei rischi
1. Nell'ambito della valutazione dei rischi di cui all'articolo
181, il datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura e/o calcola i livelli
delle radiazioni ottiche a cui possono essere esposti i lavoratori. La metodologia
seguita nella valutazione, nella misurazione e/o nel calcolo rispetta le norme
della Commissione elettrotecnica internazionale (IEC), per quanto riguarda le
radiazioni laser, le raccomandazioni della Commissione internazionale per l'illuminazione
(CIE) e del Comitato europeo di normazione (CEN) per quanto riguarda le radiazioni
incoerenti. Nelle situazioni di esposizione che esulano dalle suddette norme
e raccomandazioni, fino a quando non saranno disponibili norme e raccomandazioni
adeguate dell'Unione europea, il datore di lavoro adotta le specifiche linee
guida individuate od emanate dalla Commissione consultiva permanente per la
prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro o, in subordine, linee
guida nazionali o internazionali scientificamente fondate. In tutti i casi di
esposizione, la valutazione tiene conto dei dati indicati dai fabbricanti delle
attrezzature, se contemplate da pertinenti direttive comunitarie di prodotto.
2. Il datore di lavoro, in occasione della valutazione
dei rischi, presta particolare attenzione ai seguenti elementi:
a) il livello, la gamma di lunghezze d'onda e la durata
dell'esposizione a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche;
b) i valori limite di esposizione di cui all'articolo
215;
c) qualsiasi effetto sulla salute e sulla sicurezza dei
lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio;
d) qualsiasi eventuale effetto sulla salute e sulla sicurezza
dei lavoratori risultante dalle interazioni sul posto di lavoro tra le radiazioni
ottiche e le sostanze chimiche foto-sensibilizzanti;
e) qualsiasi effetto indiretto come l'accecamento temporaneo,
le esplosioni o il fuoco;
f) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate
per ridurre i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche artificiali;
g) la disponibilita' di azioni di risanamento volte a
minimizzare i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche;
h) per quanto possibile, informazioni adeguate raccolte
nel corso della sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni pubblicate;
i) sorgenti multiple di esposizione alle radiazioni ottiche
artificiali;
l) una classificazione dei laser stabilita conformemente
alla pertinente norma IEC e, in relazione a tutte le sorgenti artificiali che
possono arrecare danni simili a quelli di un laser della classe 3B o 4, tutte
le classificazioni analoghe;
m) le informazioni fornite dai fabbricanti delle sorgenti
di radiazioni ottiche e delle relative attrezzature di lavoro in conformita'
delle pertinenti direttive comunitarie.
3. Il datore di lavoro nel documento di valutazione dei
rischi deve precisare le misure adottate previste dagli articoli 217 e 218.
Art.217. Disposizioni
miranti ad eliminare o a ridurre i rischi
1. Se la valutazione dei rischi di cui all'articolo 17,
comma 1, lettera a), mette in evidenza che i valori limite d'esposizione possono
essere superati, il datore di lavoro definisce e attua un programma d'azione
che comprende misure tecniche e/o organizzative destinate ad evitare che l'esposizione
superi i valori limite, tenendo conto in particolare:
a) di altri metodi di lavoro che comportano una minore
esposizione alle radiazioni ottiche;
b) della scelta di attrezzature che emettano meno radiazioni
ottiche, tenuto conto del lavoro da svolgere;
c) delle misure tecniche per ridurre l'emissione delle
radiazioni ottiche, incluso, quando necessario, l'uso di dispositivi di sicurezza,
schermatura o analoghi meccanismi di protezione della salute;
d) degli opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature
di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
e) della progettazione e della struttura dei luoghi e
delle postazioni di lavoro;
f) della limitazione della durata e del livello dell'esposizione;
g) della disponibilita' di adeguati dispositivi di protezione
individuale;
h) delle istruzioni del fabbricante delle attrezzature.
2. In base alla valutazione dei rischi di cui all'articolo
216, i luoghi di lavoro in cui i lavoratori potrebbero essere esposti a livelli
di radiazioni ottiche che superino i valori di azione devono essere indicati
con un'apposita segnaletica. Dette aree sono inoltre identificate e l'accesso
alle stesse e' limitato, laddove cio' sia tecnicamente possibile.
3. Il datore di lavoro adatta le misure di cui al presente
articolo alle esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente
sensibili al rischio.
Art.218. sorveglianza
sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria viene effettuata periodicamente,
di norma una volta l'anno o con periodicita' inferiore decisa dal medico competente
con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente sensibili al rischio,
tenuto conto dei risultati della valutazione dei rischi trasmessi dal datore
di lavoro. La sorveglianza sanitaria e' effettuata con l'obiettivo di prevenire
e scoprire tempestivamente effetti negativi per la salute, nonche' prevenire
effetti a lungo termine negativi per la salute e rischi di malattie croniche
derivanti dall'esposizione a radiazioni ottiche.
2. Fermo restando il rispetto di quanto stabilito dall'articolo
182 e di quanto previsto al comma 1, sono tempestivamente sottoposti a controllo
medico i lavoratori per i quali e' stata rilevata un'esposizione superiore ai
valori limite di cui all'articolo 215.
3. Laddove i valori limite sono superati, oppure sono
identificati effetti nocivi sulla salute:
a) il medico o altra persona debitamente qualificata comunica
al lavoratore i risultati che lo riguardano. Il lavoratore riceve in particolare
le informazioni e i pareri relativi al controllo sanitario cui dovrebbe sottoporsi
dopo la fine dell'esposizione;
b) il datore di lavoro e' informato di tutti i dati significativi
emersi dalla sorveglianza sanitaria tenendo conto del segreto professionale.
Capo VI
Sanzioni
Art.219. Sanzioni a carico del datore
di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro e' punito con l'arresto da quattro
a otto mesi o con l'ammenda da 4.000 a 12.000 euro per la violazione degli articoli
181, comma 2, 190, commi 1 e 5, 209, commi 1 e 5, 216, comma 1.
2. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda
da 2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli 182, comma 2, 184, 185,
190, commi 2 e 3, 192, comma 2, 193, comma 1, 195, 197, comma 3, 202, 203, 205,
comma 4, 209, commi 2 e 4, 210, comma 1, e 217, comma 1;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda
da euro 1.000 a euro 4.500 per la violazione degli articoli 210, commi 2 e 3,
e 217, commi 2 e 3.
Art.220. Sanzioni
a carico del medico competente
1. Il medico competente e' punito con l'arresto fino tre
mesi o con l'ammenda da euro 1.000 a euro 4.000 per la violazione degli articoli
185 e 186.
Titolo IX
SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I
Protezione da agenti chimici
Art.221. Campo di applicazione
1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la
protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che derivano,
o possono derivare, dagli effetti di agenti chimici presenti sul luogo di lavoro
o come risultato di ogni attivita' lavorativa che comporti la presenza di agenti
chimici.
2. I requisiti individuati dal presente capo si applicano
a tutti gli agenti chimici pericolosi che sono presenti sul luogo di lavoro,
fatte salve le disposizioni relative agli agenti chimici per i quali valgono
provvedimenti di protezione radiologica regolamentati dal decreto legislativo
del 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni.
3. Le disposizioni del presente capo si applicano altresi'
al trasporto di agenti chimici pericolosi, fatte salve le disposizioni specifiche
contenute nei decreti ministeriali 4 settembre 1996, 15 maggio 1997, 28 settembre
1999 e nel decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 41, nelle disposizioni del
codice IMDG del codice IBC e nel codice IGC, quali definite dall'articolo 2
della direttiva 93/75/CEE, del Consiglio, del 13 settembre 1993, nelle disposizioni
dell'accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose
per vie navigabili interne (ADN) e del regolamento per il trasporto delle sostanze
pericolose sul Reno (ADNR), quali incorporate nella normativa comunitaria e
nelle istruzioni tecniche per il trasporto sicuro di merci pericolose emanate
alla data del 25 maggio 1998.
4. Le disposizioni del presente capo non si applicano
alle attivita' comportanti esposizione ad amianto che restano disciplinate dalle
norme contenute al capo III del presente titolo.
Art.222. Definizioni
1. Ai fini del presente capo si intende per:
a) agenti chimici: tutti gli elementi o composti chimici,
sia da soli sia nei loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti, utilizzati
o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attivita'
lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o no sul
mercato;
b) agenti chimici pericolosi:
1) agenti chimici classificati come sostanze pericolose
ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni,
nonche' gli agenti che corrispondono ai criteri di classificazione come sostanze
pericolose di cui al predetto decreto.
Sono escluse le sostanze pericolose solo per l'ambiente;
2) agenti chimici classificati come preparati pericolosi
ai sensi del decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni,
nonche' gli agenti che rispondono ai criteri di classificazione come preparati
pericolosi di cui al predetto decreto. Sono esclusi i preparati pericolosi solo
per l'ambiente;
3) agenti chimici che, pur non essendo classifi-cabili
come pericolosi, in base ai numeri 1) e 2), possono comportare un rischio per
la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa di loro proprieta' chimico-fisiche,
chimiche o tossicologiche e del modo in cui sono utilizzati o presenti sul luogo
di lavoro, compresi gli agenti chimici cui e' stato assegnato un valore limite
di esposizione professionale;
c) attivita' che comporta la presenza di agenti chimici:
ogni attivita' lavorativa in cui sono utilizzati agenti chimici, o se ne prevede
l'utilizzo, in ogni tipo di procedimento, compresi la produzione, la manipolazione,
l'immagazzinamento, il trasporto o l'eliminazione e il trattamento dei rifiuti,
o che risultino da tale attivita' lavorativa;
d) valore limite di esposizione professionale: se non
diversamente specificato, il limite della concentrazione media ponderata nel
tempo di un agente chimico nell'aria all'interno della zona di respirazione
di un lavoratore in relazione ad un determinato periodo di riferimento; un primo
elenco di tali valori e' riportato nell'allegato XXXVIII;
e) valore limite biologico: il limite della concentrazione
del relativo agente, di un suo metabolita, o di un indicatore di effetto, nell'appropriato
mezzo biologico; un primo elenco di tali valori e' riportato nell'allegato XXXIX;
f) sorveglianza sanitaria: la valutazione dello stato
di salute del singolo lavoratore in funzione dell'esposizione ad agenti chimici
sul luogo di lavoro;
g) pericolo: la proprieta' intrinseca di un agente chimico
di poter produrre effetti nocivi;
h) rischio: la probabilita' che si raggiunga il potenziale
nocivo nelle condizioni di utilizzazione o esposizione.
Art.223. Valutazione
dei rischi
1. Nella valutazione di cui all'articolo 28, il datore
di lavoro determina, preliminarmente l'eventuale presenza di agenti chimici
pericolosi sul luogo di lavoro e valuta anche i rischi per la sicurezza e la
salute dei lavoratori derivanti dalla presenza di tali agenti, prendendo in
considerazione in particolare:
a) le loro proprieta' pericolose;
b) le informazioni sulla salute e sicurezza comunicate
dal responsabile dell'immissione sul mercato tramite la relativa scheda di sicurezza
predisposta ai sensi dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo
2003, n. 65, e successive modifiche;
c) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione;
d) le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza
di tali agenti, compresa la quantita' degli stessi;
e) i valori limite di esposizione professionale o i valori
limite biologici; di cui un primo elenco e' riportato negli allegati XXXVIII
e XXXIX;
f) gli effetti delle misure preventive e protettive adottate
o da adottare;
g) se disponibili, le conclusioni tratte da eventuali
azioni di sorveglianza sanitaria gia' intraprese.
2. Nella valutazione dei rischi il datore di lavoro indica
quali misure sono state adottate ai sensi dell'articolo 224 e, ove applicabile,
dell'articolo 225. Nella valutazione medesima devono essere incluse le attivita',
ivi compresa la manutenzione e la pulizia, per le quali e' prevedibile la possibilita'
di notevole esposizione o che, per altri motivi, possono provocare effetti nocivi
per la salute e la sicurezza, anche dopo l'adozione di tutte le misure tecniche.
3. Nel caso di attivita' lavorative che comportano l'esposizione
a piu' agenti chimici pericolosi, i rischi sono valutati in base al rischio
che comporta la combinazione di tutti i suddetti agenti chimici.
4. Fermo restando quanto previsto dai decreti legislativi
3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni,
il responsabile dell'immissione sul mercato di agenti chimici pericolosi e'
tenuto a fornire al datore di lavoro acquirente tutte le ulteriori informazioni
necessarie per la completa valutazione del rischio.
5. La valutazione del rischio puo' includere la giustificazione
che la natura e l'entita' dei rischi connessi con gli agenti chimici pericolosi
rendono non necessaria un'ulteriore valutazione maggiormente dettagliata dei
rischi.
6. Nel caso di un'attivita' nuova che comporti la presenza
di agenti chimici pericolosi, la valutazione dei rischi che essa presenta e
l'attuazione delle misure di prevenzione sono predisposte preventivamente. Tale
attivita' comincia solo dopo che si sia proceduto alla valutazione dei rischi
che essa presenta e all'attuazione delle misure di prevenzione.
7. Il datore di lavoro aggiorna periodicamente la valutazione
e, comunque, in occasione di notevoli mutamenti che potrebbero averla resa superata
ovvero quando i risultati della sorveglianza medica ne mostrino la necessita'.
Art.224. Misure
e principi generali per la prevenzione dei rischi
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 15, i
rischi derivanti da agenti chimici pericolosi devono essere eliminati o ridotti
al minimo mediante le seguenti misure:
a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione
sul luogo di lavoro;
b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico
e relative procedure di manutenzione adeguate;
c) riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono
o potrebbero essere esposti;
d) riduzione al minimo della durata e dell'intensita'
dell'esposizione;
e) misure igieniche adeguate;
f) riduzione al minimo della quantita' di agenti presenti
sul luogo di lavoro in funzione delle necessita' della lavorazione;
g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni
che garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell'immagazzinamento e nel
trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonche' dei rifiuti
che contengono detti agenti chimici.
2. Se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano
che, in relazione al tipo e alle quantita' di un agente chimico pericoloso e
alle modalita' e frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di
lavoro, vi e' solo un rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute
dei lavoratori e che le misure di cui al comma 1 sono sufficienti a ridurre
il rischio, non si applicano le disposizioni degli articoli 225, 226, 229, 230.
Art.225. Misure
specifiche di protezione e di prevenzione
1. Il datore di lavoro, sulla base dell'attivita' e della
valutazione dei rischi di cui all'articolo 223, provvede affinche' il rischio
sia eliminato o ridotto mediante la sostituzione, qualora la natura dell'attivita'
lo consenta, con altri agenti o processi che, nelle condizioni di uso, non sono
o sono meno pericolosi per la salute dei lavoratori. Quando la natura dell'attivita'
non consente di eliminare il rischio attraverso la sostituzione il datore di
lavoro garantisce che il rischio sia ridotto mediante l'applicazione delle seguenti
misure da adottarsi nel seguente ordine di priorita':
a) progettazione di appropriati processi lavorativi e
controlli tecnici, nonche' uso di attrezzature e materiali adeguati;
b) appropriate misure organizzative e di protezione collettive
alla fonte del rischio;
c) misure di protezione individuali, compresi i dispositivi
di protezione individuali, qualora non si riesca a prevenire con altri mezzi
l'esposizione;
d) sorveglianza sanitaria dei lavoratori a norma degli
articoli 229 e 230.
2. Salvo che possa dimostrare con altri mezzi il conseguimento
di un adeguato livello di prevenzione e di protezione, il datore di lavoro,
periodicamente ed ogni qualvolta sono modificate le condizioni che possono influire
sull'esposizione, provvede ad effettuare la misurazione degli agenti che possono
presentare un rischio per la salute, con metodiche standardizzate di cui e'
riportato un elenco meramente indicativo nell'allegato XLI o in loro assenza,
con metodiche appropriate e con particolare riferimento ai valori limite di
esposizione professionale e per periodi rappresentativi dell'esposizione in
termini spazio temporali.
3. Quando sia stato superato un valore limite di esposizione
professionale stabilito dalla normativa vigente il datore di lavoro identifica
e rimuove le cause che hanno cagionato tale superamento dell'evento, adottando
immediatamente le misure appropriate di prevenzione e protezione.
4. I risultati delle misurazioni di cui al comma 2 sono
allegati ai documenti di valutazione dei rischi e resi noti ai rappresentanti
per la sicurezza dei lavoratori. Il datore di lavoro tiene conto delle misurazioni
effettuate ai sensi del comma 2 per l'adempimento degli obblighi conseguenti
alla valutazione dei rischi di cui all'articolo 223. Sulla base della valutazione
dei rischi e dei principi generali di prevenzione e protezione, il datore di
lavoro adotta le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura delle
operazioni, compresi l'immagazzinamento, la manipolazione e l'isolamento di
agenti chimici incompatibili fra di loro; in particolare, il datore di lavoro
previene sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose di sostanze
infiammabili o quantita' pericolose di sostanze chimicamente instabili.
5. Laddove la natura dell'attivita' lavorativa non consenta
di prevenire sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose di
sostanze infiammabili o quantita' pericolose di sostanze chimicamente instabili,
il datore di lavoro deve in particolare:
a) evitare la presenza di fonti di accensione che potrebbero
dar luogo a incendi ed esplosioni, o l'esistenza di condizioni avverse che potrebbero
provocare effetti fisici dannosi ad opera di sostanze o miscele di sostanze
chimicamente instabili;
b) limitare, anche attraverso misure procedurali ed organizzative
previste dalla normativa vigente, gli effetti pregiudizievoli sulla salute e
la sicurezza dei lavoratori in caso di incendio o di esplosione dovuti all'accensione
di sostanze infiammabili, o gli effetti dannosi derivanti da sostanze o miscele
di sostanze chimicamente instabili.
6. Il datore di lavoro mette a disposizione attrezzature
di lavoro ed adotta sistemi di protezione collettiva ed individuale conformi
alle disposizioni legislative e regolamentari pertinenti, in particolare per
quanto riguarda l'uso dei suddetti mezzi in atmosfere potenzialmente esplosive.
7. Il datore di lavoro adotta misure per assicurare un
sufficiente controllo degli impianti, apparecchi e macchinari, anche mettendo
a disposizione sistemi e dispositivi finalizzati alla limitazione del rischio
di esplosione o dispositivi per limitare la pressione delle esplosioni.
8. Il datore di lavoro informa i lavoratori del superamento
dei valori limite di esposizione professionale, delle cause dell'evento e delle
misure di prevenzione e protezione adottate e ne da' comunicazione, senza indugio,
all'organo di vigilanza.
Art.226. Disposizioni
in caso di incidenti o di emergenze
1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli
43 e 44, nonche' quelle previste dal decreto del Ministro dell'interno in data
10 marzo 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale
n. 81 del 7 aprile 1998, il datore di lavoro, al fine di proteggere la salute
e la sicurezza dei lavoratori dalle conseguenze di incidenti o di emergenze
derivanti dalla presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro, predispone
procedure di intervento adeguate da attuarsi al verificarsi di tali eventi.
Tali misure comprendono esercitazioni di sicurezza da effettuarsi a intervalli
connessi alla tipologia di lavorazione e la messa a disposizione di appropriati
mezzi di pronto soccorso.
2. Nel caso di incidenti o di emergenza, il datore di
lavoro adotta immediate misure dirette ad attenuarne gli effetti ed in particolare,
di assistenza, di evacuazione e di soccorso e ne informa i lavoratori. Il datore
di lavoro adotta inoltre misure adeguate per porre rimedio alla situazione quanto
prima.
3. Ai lavoratori cui e' consentito operare nell'area colpita
o ai lavoratori indispensabili all'effettuazione delle riparazioni e delle attivita'
necessarie, sono forniti indumenti protettivi, dispositivi di protezione individuale
ed idonee attrezzature di intervento che devono essere utilizzate sino a quando
persiste la situazione anomala.
4. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per
approntare sistemi d'allarme e altri sistemi di comunicazione necessari per
segnalare tempestivamente l'incidente o l'emergenza.
5. Le misure di emergenza devono essere contenute nel
piano previsto dal decreto di cui al comma 1. In particolare nel piano vanno
inserite:
a) informazioni preliminari sulle attivita' pericolose,
sugli agenti chimici pericolosi, sulle misure per l'identificazione dei rischi,
sulle precauzioni e sulle procedure, in modo tale che servizi competenti per
le situazioni di emergenza possano mettere a punto le proprie procedure e misure
precauzionali;
b) qualunque altra informazione disponibile sui rischi
specifici derivanti o che possano derivare dal verificarsi di incidenti o situazioni
di emergenza, comprese le informazioni sulle procedure elaborate in base al
presente articolo.
6. Nel caso di incidenti o di emergenza i soggetti non
protetti devono immediatamente abbandonare la zona interessata.
Art.227. Informazione
e formazione per i lavoratori
1. Fermo restando quanto previsto agli articoli 36 e 37,
il datore di lavoro garantisce che i lavoratori o i loro rappresentanti dispongano
di:
a) dati ottenuti attraverso la valutazione del rischio
e ulteriori informazioni ogni qualvolta modifiche importanti sul luogo di lavoro
determinino un cambiamento di tali dati;
b) informazioni sugli agenti chimici pericolosi presenti
sul luogo di lavoro, quali l'identita' degli agenti, i rischi per la sicurezza
e la salute, i relativi valori limite di esposizione professionale e altre disposizioni
normative relative agli agenti;
c) formazione ed informazioni su precauzioni ed azioni
adeguate da intraprendere per proteggere loro stessi ed altri lavoratori sul
luogo di lavoro;
d) accesso ad ogni scheda dei dati di sicurezza messa
a disposizione dal responsabile dell'immissione sul mercato ai sensi dei decreti
legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni.
2. Il datore di lavoro assicura che le informazioni siano:
a) fornite in modo adeguato al risultato della valutazione
del rischio di cui all'articolo 223. Tali informazioni possono essere costituite
da comunicazioni orali o dalla formazione e dall'addestramento individuali con
il supporto di informazioni scritte, a seconda della natura e del grado di rischio
rivelato dalla valutazione del rischio;
b) aggiornate per tener conto del cambiamento delle circostanze.
3. Laddove i contenitori e le condutture per gli agenti
chimici pericolosi utilizzati durante il lavoro non siano contrassegnati da
segnali di sicurezza in base a quanto disposto dal titolo V, il datore di lavoro
provvede affinche' la natura del contenuto dei contenitori e delle condutture
e gli eventuali rischi connessi siano chiaramente identificabili.
4. Il responsabile dell'immissione sul mercato devono
trasmettere ai datori di lavoro tutte le informazioni concernenti gli agenti
chimici pericolosi prodotti o forniti secondo quanto stabilito dai decreti legislativi
3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni.
Art.228. Divieti
1. Sono vietate la produzione, la lavorazione e l'impiego
degli agenti chimici sul lavoro e le attivita' indicate all'allegato XL.
2. Il divieto non si applica se un agente e' presente
in un preparato, o quale componente di rifiuti, purche' la concentrazione individuale
sia inferiore al limite indicato nell'allegato stesso.
3. In deroga al divieto di cui al comma 1, possono essere
effettuate, previa autorizzazione da rilasciarsi ai sensi del comma 5, le seguenti
attivita':
a) attivita' a fini esclusivi di ricerca e sperimentazione
scientifica, ivi comprese le analisi;
b) attivita' volte ad eliminare gli agenti chimici che
sono presenti sotto forma di sottoprodotto o di rifiuti;
c) produzione degli agenti chimici destinati ad essere
usati come intermedi.
4. Ferme restando le disposizioni di cui al presente capo,
nei casi di cui al comma 3, lettera c), il datore di lavoro evita l'esposizione
dei lavoratori, stabilendo che la produzione e l'uso piu' rapido possibile degli
agenti come prodotti intermedi avvenga in un sistema chiuso dal quale gli stessi
possono essere rimossi soltanto nella misura necessaria per il controllo del
processo o per la manutenzione del sistema.
5. Il datore di lavoro che intende effettuare le attivita'
di cui al comma 3 deve inviare una richiesta di autorizzazione al Ministero
del lavoro e della previdenza sociale che la rilascia sentito il Ministero della
salute e la regione interessata. La richiesta di autorizzazione e' corredata
dalle seguenti informazioni:
a) i motivi della richiesta di deroga;
b) i quantitativi dell'agente da utilizzare annualmente;
c) il numero dei lavoratori addetti;
d) descrizione delle attivita' e delle reazioni o processi;
e) misure previste per la tutela della salute e sicurezza
e per prevenire l'esposizione dei lavoratori.
Art.229. Sorveglianza
sanitaria
1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 224, comma
2, sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 i lavoratori
esposti agli agenti chimici pericolosi per la salute che rispondono ai criteri
per la classificazione come molto tossici, tossici, nocivi, sensibilizzanti,
corrosivi, irritanti, tossici per il ciclo riproduttivo, cancerogeni e mutageni
di categoria 3.
2. La sorveglianza sanitaria viene effettuata:
a) prima di adibire il lavoratore alla mansione che comporta
l'esposizione;
b) periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicita'
diversa decisa dal medico competente con adeguata motivazione riportata nel
documento di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti per la sicurezza
dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio e dei risultati della
sorveglianza sanitaria;
c) all'atto della cessazione del rapporto di lavoro. In
tale occasione il medico competente deve fornire al lavoratore le eventuali
indicazioni relative alle prescrizioni mediche da osservare.
3. Il monitoraggio biologico e' obbligatorio per i lavoratori
esposti agli agenti per i quali e' stato fissato un valore limite biologico.
Dei risultati di tale monitoraggio viene informato il lavoratore interessato.
I risultati di tale monitoraggio, in forma anonima, vengono allegati al documento
di valutazione dei rischi e comunicati ai rappresentanti per la sicurezza dei
lavoratori.
4. Gli accertamenti sanitari devono essere a basso rischio
per il lavoratore.
5. Il datore di lavoro, su parere conforme del medico
competente, adotta misure preventive e protettive particolari per i singoli
lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.
Le misure possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure
dell'articolo 42.
6. Nel caso in cui all'atto della sorveglianza sanitaria
si evidenzi, in un lavoratore o in un gruppo di lavoratori esposti in maniera
analoga ad uno stesso agente, l'esistenza di effetti pregiudizievoli per la
salute imputabili a tale esposizione o il superamento di un valore limite biologico,
il medico competente informa individualmente i lavoratori interessati ed il
datore di lavoro.
7. Nei casi di cui al comma 6, il datore di lavoro deve:
a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi effettuata
a norma dell'articolo 223;
b) sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare
o ridurre i rischi;
c) tenere conto del parere del medico competente nell'attuazione
delle misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio;
d) prendere le misure affinche' sia effettuata una visita
medica straordinaria per tutti gli altri lavoratori che hanno subito un'esposizione
simile.
8. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato,
puo' disporre contenuti e periodicita' della sorveglianza sanitaria diversi
rispetto a quelli definiti dal medico competente.
Art.230. Cartelle
sanitarie e di rischio
1. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di
cui all'articolo 229 istituisce ed aggiorna la cartella sanitaria secondo quanto
previsto dall'articolo 25, comma 1, lettera c), e fornisce al lavoratore interessato
tutte le informazioni previste dalle lettere g) ed h) del comma 1 del medesimo
articolo. Nella cartella di rischio sono, tra l'altro, indicati i livelli di
esposizione professionale individuali forniti dal Servizio di prevenzione e
protezione.
2. Su richiesta, e' fornita agli organi di vigilanza copia
dei documenti di cui al comma 1.
Art.231. Consultazione
e partecipazione dei lavoratori
1. La consultazione e partecipazione dei lavoratori o
dei loro rappresentanti sono attuate ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo
50.
Art.232. Adeguamenti
normativi
1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza
sociale e della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e' istituito
senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un comitato consultivo
per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale
e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici. Il Comitato e' composto
da nove membri esperti nazionali di chiara fama in materia tossicologica e sanitaria
di cui tre in rappresentanza del Ministero della salute, su proposta dell'Istituto
superiore di sanita', dell'ISPESL e della Commissione tossicologica nazionale,
tre in rappresentanza della Conferenza dei Presidenti delle regioni e tre in
rappresentanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Il Comitato
si avvale del supporto organizzativo e logistico della Direzione generale della
tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale.
2. Con uno o piu' decreti dei Ministri del lavoro e della
previdenza sociale e della salute d'intesa con la Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentiti il Ministro
dello sviluppo economico, il Comitato di cui al comma 1 e le parti sociali,
sono recepiti i valori di esposizione professionale e biologici obbligatori
predisposti dalla Commissione europea, sono altresi' stabiliti i valori limite
nazionali anche tenuto conto dei valori limite indicativi predisposti dalla
Commissione medesima e sono aggiornati gli allegati XXXVIII, XXXIX, XL e XLI
in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche
comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti chimici
pericolosi.
3. Con i decreti di cui al comma 2 e' inoltre determinato
il rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori
di cui all'articolo 224, comma 2, in relazione al tipo, alle quantita' ed alla
esposizione di agenti chimici, anche tenuto conto dei valori limite indicativi
fissati dalla Unione europea e dei parametri di sicurezza.
4. Nelle more dell'adozione dei decreti di cui al comma
2, con uno o piu' decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale
e della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere
stabiliti, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, i parametri per l'individuazione del rischio basso per la sicurezza
e irrilevante per la salute dei lavoratori di cui all'articolo 224, comma 2,
sulla base di proposte delle associazioni di categoria dei datori di lavoro
interessate comparativamente rappresentative, sentite le associazioni dei prestatori
di lavoro interessate comparativamente rappresentative. Scaduto inutilmente
il termine di cui al presente articolo, la valutazione del rischio moderato
e' comunque effettuata dal datore di lavoro.
Capo II
Protezione da agenti cancerogeni e mutageni
Sezione I
Disposizioni generali
Art.233. Campo di applicazione
1. Fatto salvo quanto previsto per le attivita' disciplinate
dal capo III e per i lavoratori esposti esclusivamente alle radiazioni previste
dal trattato che istituisce la Comunita' europea dell'energia atomica, le norme
del presente titolo si applicano a tutte le attivita' nelle quali i lavoratori
sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni a causa della
loro attivita' lavorativa.
Art.234. Definizioni
1. Agli effetti del presente decreto si intende per:
a) agente cancerogeno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla
classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto
legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o piu' sostanze di cui
al numero 1), quando la concentrazione di una o piu' delle singole sostanze
risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione
di un preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti
dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65 e successive
modificazioni;
3) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato
XLII, nonche' una sostanza od un preparato emessi durante un processo previsto
dall'allegato XLII;
b) agente mutageno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla
classificazione nelle categorie mutagene 1 o 2, stabiliti dal decreto legislativo
3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o piu' sostanze di cui
al punto 1), quando la concentrazione di una o piu' delle singole sostanze risponde
ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di
un preparato nelle categorie mutagene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai
decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive
modificazioni;
c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite
della concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno
o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore,
in relazione ad un periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato
XLIII.
Sezione II
Obblighi del datore di lavoro
Art.235. Sostituzione e riduzione
1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione
di un agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo,
se tecnicamente possibile, con una sostanza o un preparato o un procedimento
che nelle condizioni in cui viene utilizzato non risulta nocivo o risulta meno
nocivo per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
2. Se non e' tecnicamente possibile sostituire l'agente
cancerogeno o mutageno il datore di lavoro provvede affinche' la produzione
o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso
purche' tecnicamente possibile.
3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non e' tecnicamente
possibile il datore di lavoro provvede affinche' il livello di esposizione dei
lavoratori sia ridotto al piu' basso valore tecnicamente possibile. L'esposizione
non deve comunque superare il valore limite dell'agente stabilito nell'allegato
XLIII.
Art.236. Valutazione
del rischio
1. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 235, il datore
di lavoro effettua una valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni o mutageni,
i risultati della quale sono riportati nel documento di cui all'articolo 17.
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle
caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza,
dei quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati,
della loro concentrazione, della capacita' degli stessi di penetrare nell'organismo
per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione
e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta
e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne impedisce la
fuoriuscita. La valutazione deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione,
compreso quello in cui vi e' assorbimento cutaneo.
3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della
valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del
presente capo, adattandole alle particolarita' delle situazioni lavorative.
4. Il documento di cui all'articolo 28, comma 2, o l'autocertificazione
dell'effettuazione della valutazione dei rischi di cui all'articolo 29, comma
5, sono integrati con i seguenti dati:
a) le attivita' lavorative che comportano la presenza
di sostanze o preparati cancerogeni o mutageni o di processi industriali di
cui all'allegato XLII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati
agenti cancerogeni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni
o mutageni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurita' o sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente
esposti ad agenti cancerogeni o mutageni;
d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il
grado della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo
dei dispositivi di protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli
agenti cancerogeni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come
sostituti.
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione
di cui al comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo significative
ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi
tre anni dall'ultima valutazione effettuata.
6. Il rappresentante per la sicurezza puo' richiedere
i dati di cui al comma 4, fermo restando l'obbligo di cui all'articolo 50, comma
6.
Art.237. Misure
tecniche, organizzative, procedurali
1. Il datore di lavoro:
a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati,
che nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti
cancerogeni o mutageni non superiori alle necessita' delle lavorazioni e che
gli agenti cancerogeni o mutageni in attesa di impiego, in forma fisica tale
da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro
in quantitativi superiori alle necessita' predette;
b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori
esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche
isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali
di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali «vietato fumare», ed accessibili
soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro
mansione o con la loro funzione. In dette aree e' fatto divieto di fumare;
c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo
che non vi e' emissione di agenti cancerogeni o mutageni nell'aria. Se cio'
non e' tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni o mutageni
deve avvenire il piu' vicino possibile al punto di emissione mediante aspirazione
localizzata, nel rispetto dell'articolo 18, comma 1, lettera q). L'ambiente
di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione
generale;
d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni
per verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per individuare
precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da
un incidente, con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni
dell'allegato XLI del presente decreto legislativo;
e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali,
delle attrezzature e degli impianti;
f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono
comportare esposizioni elevate;
g) assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni sono
conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza;
h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini
dello smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti
cancerogeni, avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando
contenitori ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile;
i) dispone, su conforme parere del medico competente,
misure protettive particolari con quelle categorie di lavoratori per i quali
l'esposizione a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente
elevati.
Art.238. Misure
tecniche
1. Il datore di lavoro:
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici
appropriati ed adeguati;
b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei
indumenti protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) provvede affinche' i dispositivi di protezione individuale
siano custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione,
provvedendo altresi' a far riparare o sostituire quelli difettosi o deteriorati,
prima di ogni nuova utilizzazione.
2. Nelle zone di lavoro di cui all'articolo 237, comma
1, lettera b), e' vietato assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati
al consumo umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici.
Art.239. Informazione
e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base
delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per
quanto riguarda:
a) gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli
lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego,
ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la necessita' di indossare e impiegare indumenti di
lavoro e protettivi e dispositivi individuali di protezione ed il loro corretto
impiego;
e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e
le misure da adottare per ridurre al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione
adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e
2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attivita' in questione
e vengono ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta
si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul
grado dei rischi.
4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinche' gli
impianti, i contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni o mutageni
siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I contrassegni
utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi al disposto dei decreti
legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni.
Art.240. Esposizione
non prevedibile
1. Qualora si verifichino eventi non prevedibili o incidenti
che possono comportare un'esposizione anomala dei lavoratori ad agenti cancerogeni
o mutageni, il datore di lavoro adotta quanto prima misure appropriate per identificare
e rimuovere la causa dell'evento e ne informa i lavoratori e il rappresentante
per la sicurezza.
2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l'area
interessata, cui possono accedere soltanto gli addetti agli interventi di riparazione
ed ad altre operazioni necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e
dispositivi di protezione delle vie respiratorie, messi a loro disposizione
dal datore di lavoro. In ogni caso l'uso dei dispositivi di protezione non puo'
essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, e' limitata al tempo
strettamente necessario.
3. Il datore di lavoro comunica senza indugio all'organo
di vigilanza il verificarsi degli eventi di cui al comma 1 indicando analiticamente
le misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze dannose o pericolose.
Art.241. Operazioni
lavorative particolari
1. Per le operazioni lavorative, quale quella di manutenzione,
per le quali e' prevedibile, nonostante l'adozione di tutte le misure di prevenzione
tecnicamente applicabili, un'esposizione rilevante dei lavoratori addetti ad
agenti cancerogeni o mutageni, il datore di lavoro previa consultazione del
rappresentante per la sicurezza:
a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso
alle suddette aree anche provvedendo, ove tecnicamente possibile, all'isolamento
delle stesse ed alla loro identificazione mediante appositi contrassegni;
b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi
di protezione individuale che devono essere indossati dai lavoratori adibiti
alle suddette operazioni.
2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori
addetti e' in ogni caso ridotta al tempo strettamente necessario con riferimento
alle lavorazioni da espletare.
Sezione III
Sorveglianza sanitaria
Art.242. Accertamenti sanitari e
norme preventive e protettive specifiche
1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'articolo
236 ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico
competente, adotta misure preventive e protettive per i singoli lavoratori sulla
base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento
del lavoratore secondo le procedure dell'articolo 42.
4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato,
nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di
una anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa
il datore di lavoro.
5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore
di lavoro effettua:
a) una nuova valutazione del rischio in conformita' all'articolo
236;
b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della
concentrazione dell'agente in aria per verificare l'efficacia delle misure adottate.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate
informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare
riguardo all'oppor-tunita' di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo
la cessazione dell'attivita' lavorativa.
Art.243. Registro
di esposizione e cartelle sanitarie
1. I lavoratori di cui all'articolo 242 sono iscritti
in un registro nel quale e' riportata, per ciascuno di essi, l'attivita' svolta,
l'agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore dell'esposizione
a tale agente. Detto registro e' istituito ed aggiornato dal datore di lavoro
che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente. Il responsabile
del servizio di prevenzione ed i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso
a detto registro.
2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di
cui all'articolo 242, provvede ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria
e di rischio secondo quanto previsto dall'articolo 25, comma 1, lettera c).
3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati,
su richiesta, le relative annotazioni individuali contenute nel registro di
cui al comma 1 e, tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria
e di rischio.
4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore
di lavoro invia all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul
lavoro - ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato
unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro e ne consegna
copia al lavoratore stesso.
5. In caso di cessazione di attivita' dell'azienda, il
datore di lavoro consegna il registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie
e di rischio all'ISPESL.
6. Le annotazioni individuali contenute nel registro di
cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore
di lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino
a quarant'anni dalla cessazione di ogni attivita' che espone ad agenti cangerogeni
o mutageni.
7. I registri di esposizione, le annotazioni individuali
e le cartelle sanitarie e di rischio sono custoditi e trasmessi con salvaguardia
del segreto professionale e del trattamento dei dati personali e nel rispetto
del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni.
8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore
ad agenti cancerogeni, oltre a quanto previsto ai commi da 1 a 7:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL
ed all'organo di vigilanza competente per territorio, e comunica loro ogni tre
anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni
intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanita'
copia del registro di cui al comma 1;
c) in caso di cessazione di attivita' dell'azienda, consegna
copia del registro di cui al comma 1 all'organo di vigilanza competente per
territorio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza
esercitato attivita' con esposizione ad agenti cancerogeni, il datore di lavoro
chiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro
di cui al comma 1, nonche' copia della cartella sanitaria e di rischio, qualora
il lavoratore non ne sia in possesso ai sensi del comma 4.
9. I modelli e le modalita' di tenuta del registro e delle
cartelle sanitarie e di rischio sono determinati dal decreto del Ministro della
salute 12 luglio 2007, n. 155, ed aggiornati con decreto dello stesso Ministro,
adottato di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e
con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione,
sentita la commissione consultiva permanente.
10. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della
salute dati di sintesi relativi al contenuto dei registri di cui al comma 1
ed a richiesta li rende disponibili alle regioni.
Art.244. Registrazione
dei tumori
1. L'ISPESL, tramite una rete completa di Centri operativi
regionali (COR) e nei limiti delle ordinarie risorse di bilancio, realizza sistemi
di monitoraggio dei rischi occupazionali da esposizione ad agenti chimici cancerogeni
e dei danni alla salute che ne conseguono, anche in applicazione di direttive
e regolamenti comunitari. A tale scopo raccoglie, registra, elabora ed analizza
i dati, anche a carattere nominativo, derivanti dai flussi informativi di cui
all'articolo 8 e dai sistemi di registrazione delle esposizioni occupazionali
e delle patologie comunque attivi sul territorio nazionale, nonche' i dati di
carattere occupazionale rilevati, nell'ambito delle rispettive attivita' istituzionali,
dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, dall'Istituto nazionale di
statistica, dall'Istituto nazionale contro gli infortuni sul lavoro, e da altre
amministrazioni pubbliche. I sistemi di monitoraggio di cui al presente comma
altresi' integrano i flussi informativi di cui all'articolo 8.
2. I medici e le strutture sanitarie pubbliche e private,
nonche' gli istituti previdenziali ed assicurativi pubblici o privati, che identificano
casi di neoplasie da loro ritenute attribuibili ad esposizioni lavorative ad
agenti cancerogeni, ne danno segnalazione all'ISPESL, tramite i Centri operativi
regionali (COR) di cui al comma 1, trasmettendo le informazioni di cui al decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 dicembre 2002, n. 308, che regola
le modalita' di tenuta del registro, di raccolta e trasmissione delle informazioni.
3. Presso l'ISPESL e' costituito il registro nazionale
dei casi di neoplasia di sospetta origine professionale, con sezioni rispettivamente
dedicate:
a) ai casi di mesotelioma, sotto la denominazione di Registro
nazionale dei mesoteliomi (ReNaM);
b) ai casi di neoplasie delle cavita' nasali e dei seni
paranasali, sotto la denominazione di Registro nazionale dei tumori nasali e
sinusali (ReNaTuNS);
c) ai casi di neoplasie a piu' bassa frazione eziologia
riguardo alle quali, tuttavia, sulla base dei sistemi di elaborazione ed analisi
dei dati di cui al comma 1, siano stati identificati cluster di casi possibilmente
rilevanti ovvero eccessi di incidenza ovvero di mortalita' di possibile significativita'
epidemiologica in rapporto a rischi occupazionali.
4. L'ISPESL rende disponibili al Ministero della salute,
al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, all'INAIL ed alle regioni
e province autonome i risultati del monitoraggio con periodicita' annuale.
5. I contenuti, le modalita' di tenuta, raccolta e trasmissione
delle informazioni e di realizzazione complessiva dei sistemi di monitoraggio
di cui ai commi 1 e 3 sono determinati dal Ministero della salute, d'intesa
con le regioni e province autonome.
Art.245. Adeguamenti
normativi
1. La Commissione consultiva tossicologica nazionale individua
periodicamente le sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione
che, pur non essendo classificate ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio
1997, n. 52, rispondono ai criteri di classificazione ivi stabiliti e fornisce
consulenza ai Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della salute,
su richiesta, in tema di classificazione di agenti chimici pericolosi.
2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza
sociale e della salute, sentita la commissione consultiva permanente e la Commissione
consultiva tossicologica nazionale:
a) sono aggiornati gli allegati XLII e XLIII in funzione
del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie
o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni o mutageni;
b) e' pubblicato l'elenco delle sostanze in funzione dell'individuazione
effettuata ai sensi del comma 1.
Capo III
Protezione dai rischi connessi all'esposizione all'amianto
Sezione I
Disposizioni generali
Art.246. Campo di applicazione
1. Fermo restando quanto previsto dalla legge 27 marzo
1992, n. 257, le norme del presente decreto si applicano alle rimanenti attivita'
lavorative che possono comportare, per i lavoratori, il rischio di esposizione
ad amianto, quali manutenzione, rimozione dell'amianto o dei materiali contenenti
amianto, smaltimento e trattamento dei relativi rifiuti, nonche' bonifica delle
aree interessate.
Art.247. Definizioni
l. Ai fini del presente capo il termine amianto designa
i seguenti silicati fibrosi:
a) l'actinolite d'amianto, n. CAS 77536-66-4;
b) la grunerite d'amianto (amosite), n. CAS 12172-73-5;
c) l'antofillite d'amianto, n. CAS 77536-67-5;
d) il crisotilo, n. CAS 12001-29-5;
e) la crocidolite, n. CAS 12001-28-4;
f) la tremolite d'amianto, n. CAS 77536-68-6.
Sezione II
Obblighi del datore di lavoro
Art.248. Individuazione della
presenza di amianto
1. Prima di intraprendere lavori di demolizione o di manutenzione,
il datore di lavoro adotta, anche chiedendo informazioni ai proprietari dei
locali, ogni misura necessaria volta ad individuare la presenza di materiali
a potenziale contenuto d'amianto.
2. Se vi e' il minimo dubbio sulla presenza di amianto
in un materiale o in una costruzione, si applicano le disposizioni previste
dal presente capo.
Art.249. Valutazione
del rischio
l. Nella valutazione di cui all'articolo 28, il datore
di lavoro valuta i rischi dovuti alla polvere proveniente dall'amianto e dai
materiali contenenti amianto, al fine di stabilire la natura e il grado dell'esposizione
e le misure preventive e protettive da attuare.
2. Nei casi di esposizioni sporadiche e di debole intensita'
e a condizione che risulti chiaramente dalla valutazione dei rischi di cui al
comma 1 che il valore limite di esposizione all'amianto non e' superato nell'aria
dell'ambiente di lavoro, non si applicano gli articoli 250, 259 e 260, comma
1, nelle seguenti attivita':
a) brevi attivita' non continuative di manutenzione durante
le quali il lavoro viene effettuato solo su materiali non friabili;
b) rimozione senza deterioramento di materiali non degradati
in cui le fibre di amianto sono fermamente legate ad una matrice;
c) incapsulamento e confinamento di materiali contenenti
amianto che si trovano in buono stato;
d) sorveglianza e controllo dell'aria e prelievo dei campioni
ai fini dell'individuazione della presenza di amianto in un determinato materiale.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione
ogni qualvolta si verifichino modifiche che possono comportare un mutamento
significativo dell'esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente dall'amianto
o dai materiali contenenti amianto.
4. La Commissione consultiva permanente di cui all'articolo
6 provvede a definire orientamenti pratici per la determinazione delle esposizioni
sporadiche e di debole intensita', di cui al comma 2.
Art.250. Valutazione
del rischio
1. Prima dell'inizio dei lavori di cui all'articolo 246,
il datore di lavoro presenta una notifica all'organo di vigilanza competente
per territorio.
2. La notifica di cui al comma l comprende almeno una
descrizione sintetica dei seguenti elementi:
a) ubicazione del cantiere;
b) tipi e quantitativi di amianto manipolati;
c) attivita' e procedimenti applicati;
d) numero di lavoratori interessati;
e) data di inizio dei lavori e relativa durata;
f) misure adottate per limitare l'esposizione dei lavoratori
all'amianto.
3. Il datore di lavoro provvede affinche' i lavoratori
o i loro rappresentanti abbiano accesso, a richiesta, alla documentazione oggetto
della notifica di cui ai commi l e 2.
4. Il datore di lavoro, ogni qualvolta una modifica delle
condizioni di lavoro possa comportare un aumento significativo dell'esposizione
alla polvere proveniente dall'amianto o da materiali contenenti amianto, effettua
una nuova notifica.
Art.251. Misure
di prevenzione e protezione
1. In tutte le attivita' di cui all'articolo 246, l'esposizione
dei lavoratori alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti
amianto nel luogo di lavoro deve essere ridotta al minimo e, in ogni caso, al
di sotto del valore limite fissato nell'articolo 254, in particolare mediante
le seguenti misure:
a) il numero dei lavoratori esposti o che possono essere
esposti alla polvere proveniente dall'amianto o da materiali contenenti amianto
deve essere limitato al numero piu' basso possibile;
b) i lavoratori esposti devono sempre utilizzare dispositivi
di protezione individuale (DPI) delle vie respiratorie con fattore di protezione
operativo adeguato alla concentrazione di amianto nell'aria e tale da garantire
all'utilizzatore in ogni caso che l'aria filtrata presente all'interno del DPI
sia non superiore ad un decimo del valore limite indicato all'articolo 254;
c) l'utilizzo dei DPI deve essere intervallato da periodo
di riposo adeguati all'impegno fisico richiesto dal lavoro, l'accesso alle aree
di riposo deve essere preceduto da idonea decontaminazione di cui all'articolo
256, comma 4, lettera d);
d) per la protezione dei lavoratori addetti alle lavorazioni
previste dall'articolo 249, comma 3, si applica quanto previsto al comma 1,
lettera b), del presente articolo;
e) i processi lavorativi devono essere concepiti in modo
tale da evitare di produrre polvere di amianto o, se cio' non e' possibile,
da evitare emissione di polvere di amianto nell'aria;
f) tutti i locali e le attrezzature per il trattamento
dell'amianto devono poter essere sottoposti a regolare pulizia e manutenzione;
g) l'amianto o i materiali che rilasciano polvere di amianto
o che contengono amianto devono essere stoccati e trasportati in appositi imballaggi
chiusi;
h) i rifiuti devono essere raccolti e rimossi dal luogo
di lavoro il piu' presto possibile in appropriati imballaggi chiusi su cui sara'
apposta un'etichettatura indicante che contengono amianto. Detti rifiuti devono
essere successivamente trattati in conformita' alla vigente normativa in materia
di rifiuti pericolosi.
Art.252. Misure
igieniche
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 249, comma
2, per tutte le attivita' di cui all'articolo 246, il datore di lavoro adotta
le misure appropriate affinche':
a) i luoghi in cui si svolgono tali attivita' siano:
1) chiaramente delimitati e contrassegnati da appositi
cartelli;
2) accessibili esclusivamente ai lavoratori che vi debbano
accedere a motivo del loro lavoro o della loro funzione;
3) oggetto del divieto di fumare;
b) siano predisposte aree speciali che consentano ai lavoratori
di mangiare e bere senza rischio di contaminazione da polvere di amianto;
c) siano messi a disposizione dei lavoratori adeguati
indumenti di lavoro o adeguati dispositivi di protezione individuale;
d) detti indumenti di lavoro o protettivi restino all'interno
dell'impresa. Essi possono essere trasportati all'esterno solo per il lavaggio
in lavanderie attrezzate per questo tipo di operazioni, in contenitori chiusi,
qualora l'impresa stessa non vi provveda o in caso di utilizzazione di indumenti
monouso per lo smaltimento secondo le vigenti disposizioni;
e) gli indumenti di lavoro o protettivi siano riposti
in un luogo separato da quello destinato agli abiti civili;
f) i lavoratori possano disporre di impianti sanitari
adeguati, provvisti di docce, in caso di operazioni in ambienti polverosi;
g) l'equipaggiamento protettivo sia custodito in locali
a tale scopo destinati e controllato e pulito dopo ogni utilizzazione: siano
prese misure per riparare o sostituire l'equipaggiamento difettoso o deteriorato
prima di ogni utilizzazione.
Art.253. Controllo
dell'esposizione
1. Al fine di garantire il rispetto del valore limite
fissato all'articolo 254 e in funzione dei risultati della valutazione iniziale
dei rischi, il datore di lavoro effettua periodicamente la misurazione della
concentrazione di fibre di amianto nell'aria del luogo di lavoro tranne nei
casi in cui ricorrano le condizioni previste dal comma 2 dell'articolo 249.
I risultati delle misure sono riportati nel documento di valutazione dei rischi.
2. Il campionamento deve essere rappresentativo dell'esposizione
personale del lavoratore alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali
contenenti amianto.
3. I campionamenti sono effettuati previa consultazione
dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti.
4. Il prelievo dei campioni deve essere effettuato da
personale in possesso di idonee qualifiche nell'ambito del servizio di cui all'articolo
31. I campioni prelevati sono successivamente analizzati ai sensi del decreto
del Ministro della sanita' in data 14 maggio 1996, pubblicato nel supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 178 del 25 ottobre
1996.
5. La durata dei campionamenti deve essere tale da consentire
di stabilire un'esposizione rappresentativa, per un periodo di riferimento di
otto ore tramite misurazioni o calcoli ponderati nel tempo.
6. Il conteggio delle fibre di amianto e' effettuato di
preferenza tramite microscopia a contrasto di fase, applicando il metodo raccomandato
dall'Organizzazione mondiale della sanita' (OMS) nel 1997 o qualsiasi altro
metodo che offra risultati equivalenti.
7. Ai fini della misurazione dell'amianto nell'aria, di
cui al comma l, si prendono in considerazione unicamente le fibre che abbiano
una lunghezza superiore a cinque micrometri e una larghezza inferiore a tre
micrometri e il cui rapporto lunghezza/larghezza sia superiore a 3:1.
Art.254. Valore
limite
1. Il valore limite di esposizione per l'amianto e' fissato
a 0,1 fibre per centimetro cubo di aria, misurato come media ponderata nel tempo
di riferimento di otto ore. I datori di lavoro provvedono affinche' nessun lavoratore
sia esposto a una concentrazione di amianto nell'aria superiore al valore limite.
2. Quando il valore limite fissato al comma l viene superato,
il datore di lavoro individua le cause del superamento e adotta il piu' presto
possibile le misure appropriate per ovviare alla situazione. Il lavoro puo'
proseguire nella zona interessata solo se vengono prese misure adeguate per
la protezione dei lavoratori interessati.
3. Per verificare l'efficacia delle misure di cui al comma
2, il datore di lavoro procede immediatamente ad una nuova determinazione della
concentrazione di fibre di amianto nell'aria.
4. In ogni caso, se l'esposizione non puo' essere ridotta
con altri mezzi e' necessario l'uso di un dispositivo di protezione individuale
delle vie respiratorie con fattore di protezione operativo tale da garantire
tutte le condizioni previste dall'articolo 251, comma 1, lettera b); l'utilizzo
dei DPI deve essere intervallato da periodi di riposo adeguati all'impegno fisico
richiesto dal lavoro; l'accesso alle aree di riposo deve essere preceduto da
idonea decontaminazione di cui all'articolo 256, comma 4, lettera d).
5. Nell'ipotesi di cui al comma 4, il datore di lavoro,
previa consultazione con i lavoratori o i loro rappresentanti, assicura i periodi
di riposo necessari, in funzione dell'impegno fisico e delle condizioni climatiche.
Art.255. Operazioni
lavorative particolari
1. Nel caso di determinate operazioni lavorative in cui,
nonostante l'adozione di misure tecniche preventive per limitare la concentrazione
di amianto nell'aria, e' prevedibile che questa superi il valore limite di cui
all'articolo 254, il datore di lavoro adotta adeguate misure per la protezione
dei lavoratori addetti, ed in particolare:
a) fornisce ai lavoratori un adeguato dispositivo di protezione
delle vie respiratorie e altri dispositivi di protezione individuali tali da
garantire le condizioni previste dall'articolo 251, comma 1, lettera b);
b) provvede all'affissione di cartelli per segnalare che
si prevede il superamento del valore limite di esposizione;
c) adotta le misure necessarie per impedire la dispersione
della polvere al di fuori dei locali o luoghi di lavoro;
d) consulta i lavoratori o i loro rappresentanti di cui
all'articolo 46 sulle misure da adottare prima di procedere a tali attivita'.
Art.256. Lavori
di demolizione o rimozione dell'amianto
1. I lavori di demolizione o di rimozione dell'amianto
possono essere effettuati solo da imprese rispondenti ai requisiti di cui all'articolo
30, comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
2. Il datore di lavoro, prima dell'inizio di lavori di
demolizione o di rimozione dell'amianto o di materiali contenenti amianto da
edifici, strutture, apparecchi e impianti, nonche' dai mezzi di trasporto, predispone
un piano di lavoro.
3. Il piano di cui al comma 2 prevede le misure necessarie
per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro e
la protezione dell'ambiente esterno.
4. Il piano, in particolare, prevede e contiene informazioni
sui seguenti punti:
a) rimozione dell'amianto o dei materiali contenenti amianto
prima dell'applicazione delle tecniche di demolizione, a meno che tale rimozione
non possa costituire per i lavoratori un rischio maggiore di quello rappresentato
dal fatto che l'amianto o i materiali contenenti amianto vengano lasciati sul
posto;
b) fornitura ai lavoratori di idonei dispositivi di protezione
individuale;
c) verifica dell'assenza di rischi dovuti all'esposizione
all'amianto sul luogo di lavoro, al termine dei lavori di demolizione o di rimozione
dell'amianto;
d) adeguate misure per la protezione e la decontaminazione
del personale incaricato dei lavori;
e) adeguate misure per la protezione dei terzi e per la
raccolta e lo smaltimento dei materiali;
f) adozione, nel caso in cui sia previsto il superamento
dei valori limite di cui all'articolo 254, delle misure di cui all'articolo
255, adattandole alle particolari esigenze del lavoro specifico;
g) natura dei lavori e loro durata presumibile;
h) luogo ove i lavori verranno effettuati;
i) tecniche lavorative adottate per la rimozione dell'amianto;
l) caratteristiche delle attrezzature o dispositivi che
si intendono utilizzare per attuare quanto previsto dalle lettere d) ed e).
5. Copia del piano di lavoro e' inviata all'organo di
vigilanza, almeno 30 giorni prima dell'inizio dei lavori.
6. L'invio della documentazione di cui al comma 5 sostituisce
gli adempimenti di cui all'articolo 50.
7. Il datore di lavoro provvede affinche' i lavoratori
o i loro rappresentanti abbiano accesso alla documentazione di cui al comma
4.
Art.257. Informazione
dei lavoratori
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 36, il
datore di lavoro fornisce ai lavoratori, prima che essi siano adibiti ad attivita'
comportanti esposizione ad amianto, nonche' ai loro rappresentanti, informazioni
su:
a) i rischi per la salute dovuti all'esposizione alla
polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto;
b) le specifiche norme igieniche da osservare, ivi compresa
la necessita' di non fumare;
c) le modalita' di pulitura e di uso degli indumenti protettivi
e dei dispositivi di protezione individuale;
d) le misure di precauzione particolari da prendere nel
ridurre al minimo l'esposizione;
e) l'esistenza del valore limite di cui all'articolo 254
e la necessita' del monitoraggio ambientale.
2. Oltre a quanto previsto al comma l, qualora dai risultati
delle misurazioni della concentrazione di amianto nell'aria emergano valori
superiori al valore limite fissato dall'articolo 254, il datore di lavoro informa
il piu' presto possibile i lavoratori interessati e i loro rappresentanti del
superamento e delle cause dello stesso e li consulta sulle misure da adottare
o, nel caso in cui ragioni di urgenza non rendano possibile la consultazione
preventiva, il datore di lavoro informa tempestivamente i lavoratori interessati
e i loro rappresentanti delle misure adottate.
Art.258. Formazione
dei lavoratori
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 37, il
datore di lavoro assicura che tutti i lavoratori esposti o potenzialmente esposti
a polveri contenenti amianto ricevano una formazione sufficiente ed adeguata,
ad intervalli regolari.
2. Il contenuto della formazione deve essere facilmente
comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze
e le competenze necessarie in materia di prevenzione e di sicurezza, in particolare
per quanto riguarda:
a) le proprieta' dell'amianto e i suoi effetti sulla salute,
incluso l'effetto sinergico del tabagismo;
b) i tipi di prodotti o materiali che possono contenere
amianto;
c) le operazioni che possono comportare un'esposizione
all'amianto e l'importanza dei controlli preventivi per ridurre al minimo tale
esposizione;
d) le procedure di lavoro sicure, i controlli e le attrezzature
di protezione;
e) la funzione, la scelta, la selezione, i limiti e la
corretta utilizzazione dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie;
f) le procedure di emergenza;
g) le procedure di decontaminazione;
h) l'eliminazione dei rifiuti;
i) la necessita' della sorveglianza medica.
3. Possono essere addetti alla rimozione, smaltimento
dell'amianto e alla bonifica delle aree interessate i lavoratori che abbiano
frequentato i corsi di formazione professionale di cui all'articolo 10, comma
2, lettera h), della legge 27 marzo 1992, n. 257.
Art.259. Sorveglianza
sanitaria
1. I lavoratori addetti alle opere di manutenzione, rimozione
dell'amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei
relativi rifiuti, nonche' bonifica delle aree interessate cui all'articolo 246,
prima di essere adibiti allo svolgimento dei suddetti lavori e periodicamente,
almeno una volta ogni tre anni, o con periodicita' fissata dal medico competente,
sono sottoposti ad un controllo sanitario volto a verificare la possibilita'
di indossare dispositivi di protezione respiratoria durante il lavoro.
2. I lavoratori che durante la loro attivita' sono stati
iscritti anche una sola volta nel registro degli esposti di cui all'articolo
243, comma 1, sono sottoposti ad una visita medica all'atto della cessazione
del rapporto di lavoro; in tale occasione il medico competente deve fornire
al lavoratore le indicazioni relative alle prescrizioni mediche da osservare
ed all'opportunita' di sottoporsi a successivi accertamenti sanitari.
3. Gli accertamenti sanitari devono comprendere almeno
l'anamnesi individuale, l'esame clinico generale ed in particolare del torace,
nonche' esami della funzione respiratoria.
4. Il medico competente, sulla base dell'evoluzione delle
conoscenze scientifiche e dello stato di salute del lavoratore, valuta l'opportunita'
di effettuare altri esami quali la citologia dell'espettorato, l'esame radiografico
del torace o la tomodensitometria.
Art.260. Registro
di esposizione e cartelle sanitarie e di rischio
1. Il datore di lavoro, per i lavoratori di cui all'articolo
246, che nonostante le misure di contenimento della dispersione di fibre nell'ambiente
e l'uso di idonei DPI, nella valutazione dell'esposizione accerta che l'esposizione
e' stata superiore a quella prevista dall'articolo 251, comma 1, lettera b),
e qualora si siano trovati nelle condizioni di cui all'articolo 240, li iscrive
nel registro di cui all'articolo 243, comma 1, e ne invia copia agli organi
di vigilanza ed all'ISPESL. L'iscrizione nel registro deve intendersi come temporanea
dovendosi perseguire l'obiettivo della non permanente condizione di esposizione
superiore a quanto indicato all'articolo 251, comma 1, lettera b).
2. Il datore di lavoro, su richiesta, fornisce agli organi
di vigilanza e all'ISPESL copia dei documenti di cui al comma l.
3. Il datore di lavoro, in caso di cessazione del rapporto
di lavoro, trasmette all'ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore
interessato, unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro
di cui al comma 1.
4. L'ISPESL provvede a conservare i documenti di cui al
comma 3 per un periodo di quaranta anni dalla cessazione dell'esposizione.
Art.261. Mesoteliomi
1. Nei casi accertati di mesotelioma, trovano applicazione
le disposizioni contenute nell'articolo 244, comma 3.
Capo IV
Sanzioni
Art.262. Sanzioni per il datore
di lavoro e il dirigente
1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda
da 4.000 a 12.000 euro per la violazione degli articoli 223, commi da 1 a 3,
225, 226, 228, commi 1, 3, 4 e 5, 229, comma 7, 235, 236, comma 3, 237, 238,
comma 1, 239, comma 2, 240, commi 1 e 2, 241 e 242, commi 1, 2 e 5, lettera
b), 250, commi 1, 2 e 4, 251, 253, comma 1, 254, 255, 256, commi da 1 a 4, 257,
258, 259, commi 1, 2 e 3, e 260, comma 1;
b) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda
da 2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli 223, comma 1, 227, commi
1, 2 e 3, 229, commi 1, 2, 3 e 5, 239, commi 1 e 4, 240, comma 3, 248, comma
1, e 252;
c) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 1.000
a 3.000 euro per la violazione degli articoli 250, comma 3, e 256, commi 5 e
7;
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000
a 18.000 euro per la violazione degli articoli 243, commi 3, 4, 5, 6 e 8, 253,
comma 3, e 260, commi 2 e 3.
Art.263. Sanzioni
per il preposto
1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla
quale e' tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da 400
a 1.200 euro per la violazione degli articoli 225, 226, 228, commi 1, 3, 4 e
5, 235, 236, comma 3, 237, 238, comma 1, 240, commi 1 e 2, 241, e 242, commi
1 e 2;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200
a 800 euro per la violazione degli articoli 229, commi 1, 2, 3 e 5, e 239, commi
1 e 4.
Art.264. Sanzioni
per il medico competente
1. Il medico competente e' punito:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 1.000
a 4.500 euro per la violazione degli articoli 229, comma 3, primo periodo, e
comma 6, 230, e 242, comma 4;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200
a 800 euro per la violazione dell'articolo 243, comma 2.
Art.265. Sanzioni
per i lavoratori
1. I lavoratori sono puniti con l'arresto fino a quindici
giorni o con l'ammenda da 100 a 400 euro per la violazione dell'articolo 240,
comma 2.
Titolo X
ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI
Capo I
Art.266. Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le
attivita' lavorative nelle quali vi e' rischio di esposizione ad agenti biologici.
2. Restano ferme le disposizioni particolari di recepimento
delle norme comunitarie sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente
modificati e sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente
modificati.
Art.267. Definizioni
1. Ai sensi del presente titolo s'intende per:
a) agente biologico: qualsiasi microrganismo anche se
geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe
provocare infezioni, allergie o intossicazioni;
b) microrganismo: qualsiasi entita' microbiologica, cellulare
o meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico;
c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro
di cellule derivate da organismi pluricellulari.
Art.268. Classificazione
degli agenti biologici
1. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro
gruppi a seconda del rischio di infezione:
a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta
poche probabilita' di causare malattie in soggetti umani;
b) agente biologico del gruppo 2: un agente che puo' causare
malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; e' poco
probabile che si propaga nella comunita'; sono di norma disponibili efficaci
misure profilattiche o terapeutiche;
c) agente biologico del gruppo 3: un agente che puo' causare
malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori;
l'agente biologico puo' propagarsi nella comunita', ma di norma sono disponibili
efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico
che puo' provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio
per i lavoratori e puo' presentare un elevato rischio di propagazione nella
comunita'; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
2. Nel caso in cui l'agente biologico oggetto di classificazione
non puo' essere attribuito in modo inequivocabile ad uno fra i due gruppi sopraindicati,
esso va classificato nel gruppo di rischio piu' elevato tra le due possibilita'.
3. L'allegato XLVI riporta l'elenco
degli agenti biologici classificati nei gruppi 2, 3 e 4.
Art.269. Comunicazione
1. Il datore di lavoro che intende esercitare attivita'
che comportano uso di agenti biologici dei gruppi 2 o 3, comunica all'organo
di vigilanza territorialmente competente le seguenti informazioni, almeno trenta
giorni prima dell'inizio dei lavori:
a) il nome e l'indirizzo dell'azienda e il suo titolare;
b) il documento di cui all'articolo 271, comma 5.
2. Il datore di lavoro che e' stato autorizzato all'esercizio
di attivita' che comporta l'utilizzazione di un agente biologico del gruppo
4 e' tenuto alla comunicazione di cui al comma 1.
3. Il datore di lavoro invia una nuova comunicazione ogni
qualvolta si verificano nelle lavorazioni mutamenti che comportano una variazione
significativa del rischio per la salute sul posto di lavoro, o, comunque, ogni
qualvolta si intende utilizzare un nuovo agente classificato dal datore di lavoro
in via provvisoria.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso alle
informazioni di cui al comma 1.
5. Ove le attività di cui al comma 1 comportano la presenza
di microrganismi geneticamente modificati, ai quali si applicano i livelli di
contenimento 2, 3 e 4 individuati all'allegato IV del decreto legislativo 12
aprile 2001, n. 206, il documento di cui al comma 1, lettera b), è sostituito
da copia della documentazione prevista per i singoli casi di specie dal predetto
decreto.
6. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico
sono tenuti alla comunicazione di cui al comma 1 anche per quanto riguarda gli
agenti biologici del gruppo 4.
Art.270. Autorizzazione
1. Il datore di lavoro che intende utilizzare, nell'esercizio
della propria attivita', un agente biologico del gruppo 4 deve munirsi di autorizzazione
del Ministero della salute.
2. La richiesta di autorizzazione e' corredata da:
a) le informazioni di cui all'articolo 269, comma 1;
b) l'elenco degli agenti che si intende utilizzare.
3. L'autorizzazione e' rilasciata dai competenti uffici
del Ministero della salute sentito il parere dell'Istituto superiore di sanita'.
Essa ha la durata di 5 anni ed e' rinnovabile. L'accertamento del venir meno
di una delle condizioni previste per l'autorizzazione ne comporta la revoca.
4. Il datore di lavoro in possesso dell'autorizzazione
di cui al comma 1 informa il Ministero della salute di ogni nuovo agente biologico
del gruppo 4 utilizzato, nonche' di ogni avvenuta cessazione di impiego di un
agente biologico del gruppo 4.
5. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico
sono esentati dagli adempimenti di cui al comma 4.
6. Il Ministero della salute comunica all'organo di vigilanza
competente per territorio le autorizzazioni concesse e le variazioni sopravvenute
nell'utilizzazione di agenti biologici del gruppo 4. Il Ministero della salute
istituisce ed aggiorna un elenco di tutti gli agenti biologici del gruppo 4
dei quali e' stata comunicata l'utilizzazione sulla base delle previsioni di
cui ai commi 1 e 4.
Capo II
obblighi del datore di lavoro
Art.271. Valutazione del rischio
1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio
di cui all'articolo 17, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili
relative alle caratteristiche dell'agente biologico e delle modalita' lavorative,
ed in particolare:
a) della classificazione degli agenti biologici che presentano
o possono presentare un pericolo per la salute umana quale risultante dall'allegato
XLVI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base
delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cui all'articolo 268, commi
1 e 2;
b) dell'informazione sulle malattie che possono essere
contratte;
c) dei potenziali effetti allergici e tossici;
d) della conoscenza di una patologia della quale e' affetto
un lavoratore, che e' da porre in correlazione diretta all'attivita' lavorativa
svolta;
e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall'autorita'
sanitaria competente che possono influire sul rischio;
f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici
utilizzati.
2. Il datore di lavoro applica i principi di buona prassi
microbiologica, ed adotta, in relazione ai rischi accertati, le misure protettive
e preventive di cui al presente titolo, adattandole alle particolarita' delle
situazioni lavorative.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione
di cui al comma 1 in occasione di modifiche dell'attivita' lavorativa significative
ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi
tre anni dall'ultima valutazione effettuata.
4. Nelle attivita', quali quelle riportate a titolo esemplificativo
nell'allegato XLIV, che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare
con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori
agli stessi, il datore di lavoro puo' prescindere dall'applicazione delle disposizioni
di cui agli articoli 273, 274, commi 1 e 2, 275, comma 3, e 279, qualora i risultati
della valutazione dimostrano che l'attuazione di tali misure non e' necessaria.
5. Il documento di cui all'articolo 17 e' integrato dai
seguenti dati:
a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano
il rischio di esposizione ad agenti biologici;
b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla
lettera a);
c) le generalita' del responsabile del servizio di prevenzione
e protezione dai rischi;
d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonche'
le misure preventive e protettive applicate;
e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori
contro i rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo
4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico.
6. Il rappresentante per la sicurezza e' consultato prima
dell'effettuazione della valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso anche ai
dati di cui al comma 5.
Art.272. Misure
tecniche, organizzative, procedurali
1. In tutte le attivita' per le quali la valutazione di
cui all'articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il datore
di lavoro attua misure tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogni
esposizione degli stessi ad agenti biologici.
2. In particolare, il datore di lavoro:
a) evita l'utilizzazione di agenti biologici nocivi, se
il tipo di attivita' lavorativa lo consente;
b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente
esposti, al rischio di agenti biologici;
c) progetta adeguatamente i processi lavorativi;
d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure
di protezione individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti l'esposizione;
e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al
minimo la propagazione accidentale di un agente biologico fuori dal luogo di
lavoro;
f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentato
nell'allegato XLV, e altri segnali di avvertimento appropriati;
g) elabora idonee procedure per prelevare, manipolare
e trattare campioni di origine umana ed animale;
h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti;
i) verifica la presenza di agenti biologici sul luogo
di lavoro al di fuori del contenimento fisico primario, se necessario o tecnicamente
realizzabile;
l) predispone i mezzi necessari per la raccolta, l'immagazzinamento
e lo smaltimento dei rifiuti in condizioni di sicurezza, mediante l'impiego
di contenitori adeguati ed identificabili eventualmente dopo idoneo trattamento
dei rifiuti stessi;
m) concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto
in condizioni di sicurezza di agenti biologici all'interno del luogo di lavoro.
Art.273. Misure
igieniche
1. In tutte le attivita' nelle quali la valutazione di
cui all'articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore
di lavoro assicura che:
a) i lavoratori dispongano dei servizi sanitari adeguati
provvisti di docce con acqua calda e fredda, nonche', se del caso, di lavaggi
oculari e antisettici per la pelle;
b) i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi
od altri indumenti idonei, da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) i dispositivi di protezione individuale siano controllati,
disinfettati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresi' a far riparare
o sostituire quelli difettosi prima dell'utilizzazione successiva;
d) gli indumenti di lavoro e protettivi che possono essere
contaminati da agenti biologici vengano tolti quando il lavoratore lascia la
zona di lavoro, conservati separatamente dagli altri indumenti, disinfettati,
puliti e, se necessario, distrutti.
2. Nelle aree di lavoro in cui c'e' rischio di esposizione
e' vietato assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati al consumo
umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici.
Art.274. Misure
specifiche per strutture sanitarie e veterinarie
1. Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie,
in sede di valutazione dei rischi, presta particolare attenzione alla possibile
presenza di agenti biologici nell'organismo dei pazienti o degli animali e nei
relativi campioni e residui e al rischio che tale presenza comporta in relazione
al tipo di attivita' svolta.
2. In relazione ai risultati della valutazione, il datore
di lavoro definisce e provvede a che siano applicate procedure che consentono
di manipolare, decontaminare ed eliminare senza rischi per l'operatore e per
la comunita', i materiali ed i rifiuti contaminati.
3. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti od
animali che sono, o potrebbero essere, contaminati da agenti biologici del gruppo
3 o del gruppo 4, le misure di contenimento da attuare per ridurre al minimo
il rischio di infezione sono indicate nell'allegato XLVII.
Art.275. Misure
specifiche per i laboratori e gli stabulari
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato
XLVI, punto 6, nei laboratori comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi
2, 3 o 4 a fini di ricerca, didattici o diagnostici, e nei locali destinati
ad animali da laboratorio deliberatamente contaminati con tali agenti, il datore
di lavoro adotta idonee misure di contenimento in conformita' all'allegato XLVII.
2. Il datore di lavoro assicura che l'uso di agenti biologici
sia eseguito:
a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo
livello di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 2;
b) in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello
di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 3;
c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello
di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 4.
3. Nei laboratori comportanti l'uso di materiali con possibile
contaminazione da agenti biologici patogeni per l'uomo e nei locali destinati
ad animali da esperimento, possibili portatori di tali agenti, il datore di
lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del secondo livello di contenimento.
4. Nei luoghi di cui ai commi 1 e 3 in cui si fa uso di
agenti biologici non ancora classificati, ma il cui uso puo' far sorgere un
rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure
corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
5. Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministero
della salute, sentito l'Istituto superiore di sanita', puo' individuare misure
di contenimento piu' elevate.
Art.276. Misure
specifiche per i processi industriali
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato
XLVII, punto 6, nei processi industriali comportanti l'uso di agenti biologici
dei gruppi 2, 3 e 4, il datore di lavoro adotta misure opportunamente scelte
tra quelle elencate nell'allegato XLVIII, tenendo anche conto dei criteri di
cui all'articolo 275.
2. Nel caso di agenti biologici non ancora classificati,
il cui uso puo' far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il
datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello
di contenimento.
Art.277. Misure
di emergenza
1. Se si verificano incidenti che possono provocare la
dispersione nell'ambiente di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3
o 4, i lavoratori devono abbandonare immediatamente la zona interessata, cui
possono accedere soltanto quelli addetti ai necessari interventi, con l'obbligo
di usare gli idonei mezzi di protezione.
2. Il datore di lavoro informa al piu' presto l'organo
di vigilanza territorialmente competente, nonche' i lavoratori ed il rappresentante
per la sicurezza, dell'evento, delle cause che lo hanno determinato e delle
misure che intende adottare, o che ha gia' adottato, per porre rimedio alla
situazione creatasi.
3. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di
lavoro o al dirigente o al preposto, qualsiasi infortunio o incidente relativo
all'uso di agenti biologici.
Art.278. Informazioni
e formazione
1. Nelle attivita' per le quali la valutazione di cui
all'articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di
lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni
ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici
utilizzati;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi
e dei dispositivi di protezione individuale ed il loro corretto impiego;
e) le procedure da seguire per la manipolazione di agenti
biologici del gruppo 4;
f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e
le misure da adottare per ridurne al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione
adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e
2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attivita' in questione,
e ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si
verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul
grado dei rischi.
4. Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione ben visibile
cartelli su cui sono riportate le procedure da seguire in caso di infortunio
od incidente.
Capo III
sorveglianza sanitaria
Art.279. Prevenzione e controllo
1. I lavoratori addetti alle attivita' per le quali la
valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti
alla sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico
competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali,
anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione,
fra le quali:
a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei
lavoratori che non sono gia' immuni all'agente biologico presente nella lavorazione,
da somministrare a cura del medico competente;
b) l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo
le procedure dell'articolo 42.
3. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato,
nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di
anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore
di lavoro.
4. A seguito dell'informazione di cui al comma 3 il datore
di lavoro effettua una nuova valutazione del rischio in conformita' all'articolo
271.
5. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate
informazioni sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessita'
di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attivita'
che comporta rischio di esposizione a particolari agenti biologici individuati
nell'allegato XLVI nonche' sui vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione
e della non vaccinazione.
Art.280. Registri
degli esposti e degli eventi accidentali
1. I lavoratori addetti ad attivita' comportanti uso di
agenti del gruppo 3 ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati,
per ciascuno di essi, l'attivita' svolta, l'agente utilizzato e gli eventuali
casi di esposizione individuale.
2. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro
di cui al comma 1 e ne cura la tenuta tramite il medico competente. Il responsabile
del servizio di prevenzione e protezione e il rappresentante per la sicurezza
hanno accesso a detto registro.
3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'Istituto
superiore di sanita', all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza
sul lavoro e all'organo di vigilanza competente per territorio, comunicando
ad essi ogni tre anni e comunque ogni qualvolta questi ne fanno richiesta, le
variazioni intervenute;
b) comunica all'Istituto superiore per la prevenzione
e sicurezza sul lavoro e all'organo di vigilanza competente per territorio la
cessazione del rapporto di lavoro, dei lavoratori di cui al comma 1, fornendo
al contempo l'aggiornamento dei dati che li riguardano e consegna al medesimo
Istituto le relative cartelle sanitarie e di rischio;
c) in caso di cessazione di attivita' dell'azienda, consegna
all'Istituto superiore di sanita' e all'organo di vigilanza competente per territorio
copia del registro di cui al comma 1 ed all'Istituto superiore per la prevenzione
e sicurezza sul lavoro copia del medesimo registro nonche' le cartelle sanitarie
e di rischio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno esercitato
attivita' che comportano rischio di esposizione allo stesso agente richiede
all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui
al comma 1, nonche' copia della cartella sanitaria e di rischio;
e) tramite il medico competente comunica ai lavoratori
interessati le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui
al comma 1 e nella cartella sanitaria e di rischio, ed al rappresentante per
la sicurezza i dati collettivi anonimi contenuti nel registro di cui al comma
1.
4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di
cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore
di lavoro fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a dieci
anni dalla cessazione di ogni attivita' che espone ad agenti biologici. Nel
caso di agenti per i quali e' noto che possono provocare infezioni consistenti
o latenti o che danno luogo a malattie con recrudescenza periodica per lungo
tempo o che possono avere gravi sequele a lungo termine tale periodo e' di quaranta
anni.
5. La documentazione di cui ai precedenti commi e' custodita
e trasmessa con salvaguardia del segreto professionale.
6. I modelli e le modalita' di tenuta del registro di
cui al comma 1 e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con
decreto del Ministro della salute e del lavoro e della previdenza sociale sentita
la Commissione consultiva permanente.
7. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della salute
dati di sintesi relativi alle risultanze del registro di cui al comma 1.
Art.281. Registro
dei casi di malattia e di decesso
1. Presso l'ISPESL e' tenuto un registro dei casi di malattia
ovvero di decesso dovuti all'esposizione ad agenti biologici.
2. I medici, nonche' le strutture sanitarie, pubbliche
o private, che refertano i casi di malattia, ovvero di decesso di cui al comma
1, trasmettono all'ISPESL copia della relativa documentazione clinica.
3. Con decreto dei Ministri della salute e del lavoro
e della previdenza sociale, sentita la Commissione consultiva, sono determinati
il modello e le modalita' di tenuta del registro di cui al comma 1, nonche'
le modalita' di trasmissione della documentazione di cui al comma 2.
4. Il Ministero della salute fornisce alla Commissione
CE, su richiesta, informazioni su l'utilizzazione dei dati del registro di cui
al comma 1.
Capo IV
sanzioni
Art.282. Sanzioni a carico dei
datori di lavoro e dei dirigenti
1. Il datore di lavoro e i dirigenti sono puniti:
a) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda
da 2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli 269, commi 1, 2 e 3;
270, commi 1 e 4; 271, comma 2; 272; 273, comma 1; 274,
commi 2 e 3; 275; 276; 277, comma 2; 278, comma 1, 2 e 4; 279, commi 1, 2, 280,
commi 1 e 2;
b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000
a euro 18.000 per la violazione dell'articolo 280, commi 3 e 4.
Art.283. Sanzioni
a carico dei preposti
1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla
quale e' tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda
da 2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli: 271, comma 2; 272; 273,
comma 1; 274, commi 2 e 3; 275; 276; 278, commi 1 e 4; 279, commi 1 e 2.
Art.284. Sanzioni
a carico del medico competente
1. Il medico competente e' punito con l'arresto fino a
due mesi o con l'ammenda da euro 1.000 a euro 4.000 per la violazione dell'articolo
279, comma 3.
Art.285. Sanzioni
a carico dei lavoratori
1. I lavoratori sono puniti:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da euro
150 a euro 600 per la violazione dell'articolo 277, comma 3;
b) con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda
da euro 103 a euro 309 per la violazione dell'articolo 277, comma 1.
Art.286. Sanzioni
concernenti il divieto di assunzione in luoghi esposti
1. Chiunque viola le disposizioni di cui all'articolo
273, comma 2, e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500
euro.
Titolo XI
PROTEZIONE DA ATMOSFERE ESPLOSIVE
Capo I
Disposizioni generali
Art.287. Campo di applicazione
1. Il presente titolo prescrive le misure per la tutela
della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al
rischio di atmosfere esplosive come definite all'articolo 288.
2. Il presente titolo si applica anche nei lavori in sotterraneo
ove e' presente un'area con atmosfere esplosive, oppure e' prevedibile, sulla
base di indagini geologiche, che tale area si possa formare nell'ambiente.
3. Il presente titolo non si applica:
a) alle aree utilizzate direttamente per le cure mediche
dei pazienti, nel corso di esse;
b) all'uso di apparecchi a gas di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 15 novembre 1996, n. 661;
c) alla produzione, alla manipolazione, all'uso, allo
stoccaggio ed al trasporto di esplosivi o di sostanze chimicamente instabili;
d) alle industrie estrattive a cui si applica il decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 624;
e) all'impiego di mezzi di trasporto terrestre, marittimo,
fluviale e aereo per i quali si applicano le pertinenti disposizioni di accordi
internazionali tra i quali il Regolamento per il trasporto delle sostanze pericolose
sul Reno (ADNR), l'Accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci
pericolose per vie navigabili interne (ADN), l'Organizzazione per l'Aviazione
civile internazionale (ICAO), l'Organizzazione marittima internazionale (IMO),
nonche' la normativa comunitaria che incorpora i predetti accordi. Il presente
titolo si applica invece ai veicoli destinati ad essere utilizzati in atmosfera
potenzialmente esplosiva.
Art.288. Definizioni
1. Ai fini del presente titolo, si intende per: «atmosfera
esplosiva» una miscela con l'aria, a condizioni atmosferiche, di sostanze infiammabili
allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri.
Capo II
obblighi del datore di lavoro
Art.289. Prevenzione e protezione
contro le esplosioni
1. Ai fini della prevenzione e della protezione contro
le esplosioni, sulla base della valutazione dei rischi e dei principi generali
di tutela di cui all'articolo 15, il datore di lavoro adotta le misure tecniche
e organizzative adeguate alla natura dell'attivita'; in particolare il datore
di lavoro previene la formazione di atmosfere esplosive.
2. Se la natura dell'attivita' non consente di prevenire
la formazione di atmosfere esplosive, il datore di lavoro deve:
a) evitare l'accensione di atmosfere esplosive;
b) attenuare gli effetti pregiudizievoli di un'esplosione
in modo da garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori.
3. Se necessario, le misure di cui ai commi 1 e 2 sono
combinate e integrate con altre contro la propagazione delle esplosioni e sono
riesaminate periodicamente e, in ogni caso, ogniqualvolta si verifichino cambiamenti
rilevanti.
Art.290. Valutazione
dei rischi di esplosione
1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo
17, comma 1, il datore di lavoro valuta i rischi specifici derivanti da atmosfere
esplosive, tenendo conto almeno dei seguenti elementi:
a) probabilita' e durata della presenza di atmosfere esplosive;
b) probabilita' che le fonti di accensione, comprese le
scariche elettrostatiche, siano presenti e divengano attive ed efficaci;
c) caratteristiche dell'impianto, sostanze utilizzate,
processi e loro possibili interazioni;
d) entita' degli effetti prevedibili.
2. I rischi di esplosione sono valutati complessi-vamente.
3. Nella valutazione dei rischi di esplosione vanno presi
in considerazione i luoghi che sono o possono essere in collegamento, tramite
aperture, con quelli in cui possono formarsi atmosfere esplosive.
Art.291. Obblighi
generali
1. Al fine di salvaguardare la sicurezza e la salute dei
lavoratori, e secondo i principi fondamentali della valutazione dei rischi e
quelli di cui all'articolo 289, il datore di lavoro prende i provvedimenti necessari
affinche':
a) dove possono svilupparsi atmosfere esplosive in quantita'
tale da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori o di altri,
gli ambienti di lavoro siano strutturati in modo da permettere di svolgere il
lavoro in condizioni di sicurezza;
b) negli ambienti di lavoro in cui possono svilupparsi
atmosfere esplosive in quantita' tale da mettere in pericolo la sicurezza e
la salute dei lavoratori, sia garantito un adeguato controllo durante la presenza
dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio, mediante l'utilizzo
di mezzi tecnici adeguati.
Art.292. Coordinamento
1. Fermo restando quanto previsto dal Titolo IV per i
cantieri temporanei e mobili, qualora nello stesso luogo di lavoro operino lavoratori
di piu' imprese, ciascun datore di lavoro e' responsabile per le questioni soggette
al suo controllo.
2. Fermo restando la responsabilita' individuale di ciascun
datore di lavoro e quanto previsto dall'articolo 26, il datore di lavoro che
e' responsabile del luogo di lavoro, coordina l'attuazione di tutte le misure
riguardanti la salute e la sicurezza dei lavoratori e specifica nel documento
sulla protezione contro le esplosioni, di cui all'articolo 294, l'obiettivo,
le misure e le modalita' di attuazione di detto coordinamento.
Art.293. Aree in
cui possono formarsi atmosfere esplosive
1. Il datore di lavoro ripartisce in zone, a norma dell'allegato
XLIX, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive.
2. Il datore di lavoro assicura che per le aree di cui
al comma 1 siano applicate le prescrizioni minime di cui all'allegato L.
3. Se necessario, le aree in cui possono formarsi atmosfere
esplosive in quantita' tali da mettere in pericolo la sicurezza e la salute
dei lavoratori sono segnalate nei punti di accesso a norma dell'allegato LI.
Art.294.
Documento sulla protezione contro le esplosioni
1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo
290 il datore di lavoro provvede a elaborare e a tenere aggiornato un documento,
denominato: «documento sulla protezione contro le esplosioni».
2. Il documento di cui al comma 1, in particolare, deve
precisare:
a) che i rischi di esplosione sono stati individuati e
valutati;
b) che saranno prese misure adeguate per raggiungere gli
obiettivi del presente titolo;
c) quali sono i luoghi che sono stati classificati nelle
zone di cui all'allegato XLIX;
d) quali sono i luoghi in cui si applicano le prescrizioni
minime di cui all'allegato L;
e) che i luoghi e le attrezzature di lavoro, compresi
i dispositivi di allarme, sono concepiti, impiegati e mantenuti in efficienza
tenendo nel debito conto la sicurezza;
f) che, ai sensi del titolo III, sono stati adottati gli
accorgimenti per l'impiego sicuro di attrezzature di lavoro.
3. Il documento di cui al comma 1 deve essere compilato
prima dell'inizio del lavoro ed essere riveduto qualora i luoghi di lavoro,
le attrezzature o l'organizzazione del lavoro abbiano subito modifiche, ampliamenti
o trasformazioni rilevanti.
4. Il documento di cui al comma 1 e' parte integrante
del documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 17, comma 1
Art.295.
Termini per l'adeguamento
1. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono
formarsi atmosfere esplosive, gia' utilizzate o a disposizione dell'impresa
o dello stabilimento per la prima volta prima del 30 giugno 2003, devono soddisfare,
a decorrere da tale data, i requisiti minimi di cui all'allegato L, parte A,
fatte salve le altre disposizioni che le disciplinano.
2. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono
formarsi atmosfere esplosive, che sono a disposizione dell'impresa o dello stabilimento
per la prima volta dopo il 30 giugno 2003, devono soddisfare i requisiti minimi
di cui all'allegato L, parti A e B.
3. I luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possono
formarsi atmosfere esplosive devono soddisfare le prescrizioni minime stabilite
dal presente titolo.
Art.296. Verifiche
1. Il datore di lavoro provvede affinche' le installazioni
elettriche nelle aree classificate come zone 0, 1, 20 o 21 ai sensi dell'allegato
XLIX siano sottoposte alle verifiche di cui ai capi III e IV del decreto del
Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462.
Capo III
Sanzioni
Art.297. Sanzioni a carico dei
datori di lavoro e dei dirigenti
1. Il datore di lavoro e i dirigenti sono puniti con l'arresto
da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 2.000 a euro 10.000 per la violazione
degli articoli 289, comma 2, 291, 292, comma 2, 293, commi 1 e 2, e 296.
Titolo XII
DISPOSIZIONI IN MATERIA PENALE E DI PROCEDURA PENALE
Art.298. Principio di specialita'
1. Quando uno stesso fatto e' punito da una disposizione
prevista dal titolo I e da una o piu' disposizioni previste negli altri titoli,
si applica la disposizione speciale.
Art.299. Esercizio
di fatto di poteri direttivi
1. Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui
all'articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e), gravano altresi' su colui il
quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri
giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti.
Art.300. Modifiche
al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231
1. L'articolo 25-septies del decreto legislativo 8 giugno
2001, n. 231, e' sostituito dal seguente:
«Art. 25-septies (Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime
commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul
lavoro). - 1. In relazione al delitto di cui all'articolo 589 del codice penale,
commesso con violazione dell'articolo 55, comma 2, del decreto legislativo attuativo
della delega di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di salute e
sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura pari a 1.000
quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano
le sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, per una durata non
inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.
2. Salvo quanto previsto dal comma 1, in relazione al
delitto di cui all'articolo 589 del codice penale, commesso con violazione delle
norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione
pecuniaria in misura non inferiore a 250 quote e non superiore a 500 quote.
Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano
le sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, per una durata non
inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.
3. In relazione al delitto di cui all'articolo 590, terzo
comma, del codice penale, commesso con violazione delle norme sulla tutela della
salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura
non superiore a 250 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente
periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2,
per una durata non superiore a sei mesi.».
Art.301. Applicabilita'
delle disposizioni di cui agli articoli 20 e seguenti del decreto legislativo
19 dicembre 1994, n. 758
1. Alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e
sicurezza sul lavoro previste dal presente decreto nonche' da altre disposizioni
aventi forza di legge, per le quali sia prevista la pena alternativa dell'arresto
o dell'ammenda, si applicano le disposizioni in materia di prescrizione ed estinzione
del reato di cui agli articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 19 dicembre
1994, n. 758.
Art.302. Definizione
delle contravvenzioni punite con la sola pena dell'arresto
1. Per le contravvenzioni previste dal presente decreto
e punite con la sola pena dell'arresto il giudice applica, in luogo dell'arresto,
la pena dell'ammenda in misura comunque non inferiore a 8.000 euro e non superiore
a 24.000 euro, se entro la conclusione del giudizio di primo grado, risultano
eliminate tutte le irregolarita', le fonti di rischio e le eventuali conseguenze
dannose del reato.
2. La sostituzione di cui al comma 1 non e' in ogni caso
consentita:
a) quando la violazione abbia avuto un contributo causale
nel verificarsi di un infortunio sul lavoro;
b) quando il fatto e' stato commesso da soggetto che abbia
gia' riportato condanna definitiva per la violazione di norme relative alla
prevenzione degli infortuni sul lavoro, ovvero per i reati di cui agli articoli
589 e 590 del codice penale, limitatamente all'ipotesi di violazione delle norme
relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro.
3. Nell'ipotesi prevista al comma 1, il reato si estingue
decorsi tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza senza che l'imputato
abbia commesso ulteriori reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro,
ovvero quelli di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale, limitatamente
all'ipotesi di violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni
sul lavoro. In questo caso si estingue ogni effetto penale della condanna.
Art.303. Circostanza
attenuante
1. La pena per i reati previsti dal presente decreto e
puniti con la pena dell'arresto, anche in via alternativa, e' ridotta fino ad
un terzo per il contravventore che, entro i termini di cui all'articolo 491
del codice di procedura penale, si adopera concretamente per la rimozione delle
irregolarita' riscontrate dagli organi di vigilanza e delle eventuali conseguenze
dannose del reato.
2. La riduzione di cui al comma 1 non si applica nei casi
di definizione del reato ai sensi dell'articolo 302.
Titolo XIII
NORME TRANSITORIE E FINALI
Art.304. Abrogazioni
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, comma
3, e dall'articolo 306, comma 2, dalla data di entrata in vigore del presente
decreto legislativo sono abrogati:
a) il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1955, n. 547, il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n.
164, il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, fatta
eccezione per l'articolo 64, il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277,
il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, il decreto legislativo 14
agosto 1996, n. 493, il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, il decreto
legislativo 19 agosto 2005, n. 187;
b) l'articolo 36-bis, commi 1 e 2 del decreto-legge 4
luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006,
n. 248;
c) gli articoli: 2, 3, 5, 6 e 7 della legge 3 agosto 2007,
n. 123;
d) ogni altra disposizione legislativa e regolamentare
nella materia disciplinata dal decreto legislativo medesimo incompatibili con
lo stesso.
2. Con uno o piu' decreti integrativi attuativi della
delega prevista dall'articolo 1, comma 6, della legge 3 agosto 2007, n. 123,
si provvede all'armonizzazione delle disposizioni del presente decreto con quelle
contenute in leggi o regolamenti che dispongono rinvii a norme del decreto legislativo
19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, ovvero ad altre disposizioni
abrogate dal comma 1.
3. Fino all'emanazione dei decreti legislativi di cui
al comma 2, laddove disposizioni di legge o regolamentari dispongano un rinvio
a norme del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni,
ovvero ad altre disposizioni abrogate dal comma 1, tali rinvii si intendono
riferiti alle corrispondenti norme del presente decreto legislativo.
Art.305. Clausola
finanziaria
1. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 11, commi
1 e 2, dall'esecuzione del presente decreto, ivi compreso quanto disposto dagli
articoli 5 e 6, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica. Le amministrazioni competenti provvedono agli adempimenti derivanti
dal presente decreto attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse,
umane, strumentali ed economiche, allo stato in dotazione alle medesime amministrazioni.
Art.306. Disposizioni
finali
1. Le disposizioni contenute nel decreto del Presidente
della Repubblica 19 marzo 1956, n. 302, costituiscono integrazione di quelle
contenute nel presente decreto legislativo.
2. Le disposizioni di cui agli articoli 17, comma 1, lettera
a), e 28, nonche' le altre disposizioni in tema di valutazione dei rischi che
ad esse rinviano, ivi comprese le relative disposizioni sanzionatorie, previste
dal presente decreto, diventano efficaci a decorrere dal 1º gennaio 2009; fino
a tale data continuano a trovare applicazione le disposizioni previgenti.(1)
3. Le disposizioni di cui al titolo VIII, capo IV entrano
in vigore alla data fissata dal primo comma dell'articolo 13, paragrafo 1, della
direttiva 2004/40/CE; le disposizioni di cui al capo V del medesimo titolo VIII
entrano in vigore il 26 aprile 2010.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con i Ministri della salute e dello sviluppo economico,
sentita la commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6, si da' attuazione
alle direttive in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di
lavoro dell'Unione europea per le parti in cui le stesse modificano modalita'
esecutive e caratteristiche di ordine tecnico previste dagli allegati al presente
decreto, nonche' da altre direttive gia' recepite nell'ordinamento nazionale.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara'
inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.
E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato Roma, addi' 9 aprile 2008
NAPOLITANO
Prodi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Damiano, Ministro del lavoro e della previdenza sociale
Turco, Ministro della salute
Di Pietro, Ministro delle infrastrutture
Bersani, Ministro dello sviluppo economico
Bonino, Ministro per le politiche europee
Scotti, Ministro della giustizia
De Castro, Ministro delle politiche agricole alimentari
e forestali
Amato, Ministro dell'interno
Parisi, Ministro della difesa
Fioroni, Ministro della pubblica istruzione
Ferrero, Ministro della solidarieta' sociale
Mussi, Ministro dell'universita' e della ricerca
Lanzillotta, Ministro per gli affari regionali e le autonomie
locali
Padoa Schioppa, Ministro dell'economia e delle finanze
Visto, il Guardasigilli: Scotti
(1) Comma così modificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 129
Allegato I - Gravi violazioni
ai fini dell’adozione del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale
Violazioni che espongono a rischi di carattere
generale
- Mancata elaborazione del documento di valutazione
dei rischi;
- Mancata elaborazione del Pianto di emergenza ed evacuazione;
- Mancata formazione ed addestramento;
- Mancata costituzione del servizio di prevenzione e
protezione e nomina del relativo responsabile;
- Mancata elaborazione del piano di sicurezza e coordinamento
(PSC);
- Mancata elaborazione piano operativo di sicurezza
(POS);
- Mancata nomina del coordinatore per la progettazione;
- Mancata nomina del coordinatore per l’esecuzione.
Violazioni che espongono al rischio di caduta dall’alto
- Mancato utilizzo della cintura di sicurezza;
- Mancanza di protezioni verso il vuoto.
Violazioni che espongono al rischio di seppellimento
- Mancata applicazione delle armature di sostegno, fatte
salve le prescrizioni desumibili dalla relazione tecnica di consistenza del
terreno.
Violazioni che espongono al rischio di elettrocuzione
- Lavori in prossimità di linee elettriche;
- Presenza di conduttori nudi in tensione;
- Mancanza protezione contro i contatti diretti ed indiretti
(impianto di terra, interruttore magnetotermico, interruttore differenziale).
Violazioni che espongono al rischio d’amianto
- Mancata notifica all’organo di vigilanza prima dell’inizio
dei lavori che possono comportare il rischio di esposizione ad amianto.
Allegato II - Casi in cui
è consentito lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti
prevenzione e protezione dai rischi (art.10)
1. Aziende artigiane e industriali (1) ..........fino
a 30 addetti
2. Aziende agricole e zootecniche...............fino
a 10 addetti (2)
3. Aziende della pesca.................................fino
a 20 addetti
4. Altre aziende............................................fino
a 200 addetti
(1) Escluse le aziende industriali di cui all’art.1
del decreto del Presidente della Repubblica n.17 maggio 1988, n.175, e successive
modifiche, soggette all’obbligo di dichiarazione o notifica ai sensi degli
articoli 4 e 6 del decreto stesso, le centrali termoelettriche, gli impianti
ed i laboratori nucleari, le aziende estrattive e altre attività minerarie,
le aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri
e munizioni, le strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
Allegato IIIA - Cartella
sanitaria e di rischio
Cartella Sanitaria e di rischio
Allegato IIIB - Informazioni relative
ai dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza
sanitaria
Contenuti minimi
Dati identificativi dell’azienda
Dati identificativi del Medico competente
Rischi cui sono esposti i lavoratori
Protocolli sanitari adottati
N. giorni di assenze
Infortuni denunciati
Malattie professionali segnalate
Tipologia dei giudizi di idoneità
Allegato IV - Requisiti dei luoghi
di lavoro
1. AMBIENTI DI LAVORO
1.1 Stabilità e solidità
1.1.1. Gli edifici che ospitano i luoghi di lavoro o
qualunque altra opera e struttura presente nel luogo di lavoro devono essere
stabili e possedere una solidità che corrisponda al loro tipo d'impiego ed
alle caratteristiche ambientali.
1.1.2. Gli stessi requisiti vanno garantiti nelle manutenzioni.
1.1.3. I luoghi di lavoro destinati a deposito devono
avere, su una parete o in altro punto ben visibile, la chiara indicazione
del carico massimo ammissibile per unità di superficie dei solai.
1.1.4. I carichi non devono superare tale massimo e
devono essere distribuiti razionalmente ai fini della stabilità del solaio.
1.1.5. L'accesso per i normali lavori di manutenzione
e riparazione ai posti elevati di edifici, parti di impianti, apparecchi,
macchine, pali e simili deve essere reso sicuro ed agevole mediante l'impiego
di mezzi appropriati, quali andatoie, passerelle, scale, staffe o ramponi
montapali o altri idonei dispositivi.
1.1.6. Il datore di lavoro deve mantenere puliti i locali
di lavoro, facendo eseguire la pulizia, per quanto è possibile, fuori dell'orario
di lavoro e in modo da ridurre al minimo il sollevamento della polvere dell'ambiente,
oppure mediante aspiratori.
1.1.7. Nelle adiacenze dei locali di lavoro e delle
loro dipendenze, il datore di lavoro non può tenere depositi di immondizie
o di rifiuti e di altri materiali solidi o liquidi capaci di svolgere emanazioni
insalubri, a meno che non vengano adottati mezzi efficaci per evitare le molestie
o i danni che tali depositi possono arrecare ai lavoratori ed al vicinato.
1.1.8. Le strutture metalliche degli edifici e delle
opere provvisionali, i recipienti e gli apparecchi metallici, di notevoli
dimensioni, situati all'aperto, devono, per se stessi o mediante conduttore
e spandenti appositi, risultare collegati elettricamente a terra in modo da
garantire la dispersione delle scariche atmosferiche.
1.2. Altezza, cubatura e
superficie
1.2.1. I limiti minimi per altezza, cubatura e superficie
dei locali chiusi destinati o da destinarsi al lavoro nelle aziende industriali
che occupano più di cinque lavoratori, ed in ogni caso in quelle che eseguono
le lavorazioni che comportano la sorveglianza sanitaria, sono i seguenti:
1.2.1.1. altezza netta non inferiore a m 3;
1.2.1.2. cubatura non inferiore a mc 10 per lavoratore;
1.2.1.3. ogni lavoratore occupato in ciascun ambiente
deve disporre di una superficie di almeno mq 2.
1.2.2. I valori relativi alla cubatura e alla superficie
si intendono lordi cioè senza deduzione dei mobili, macchine ed impianti fissi.
1.2.3. L'altezza netta dei locali è misurata dal pavimento
all'altezza media della copertura dei soffitti o delle volte.
1.2.4. Quando necessità tecniche aziendali lo richiedono,
l'organo di vigilanza competente per territorio può consentire altezze minime
inferiori a quelle sopra indicate e prescrivere che siano adottati adeguati
mezzi di ventilazione dell'ambiente. L'osservanza dei limiti stabiliti dal
presente articolo circa l'altezza, la cubatura e la superficie dei locali
chiusi di lavoro è estesa anche alle aziende industriali che occupano meno
di cinque lavoratori quando le lavorazioni che in esse si svolgono siano ritenute,
a giudizio dell'organo di vigilanza, pregiudizievoli alla salute dei lavoratori
occupati.
1.2.5. Per i locali destinati o da destinarsi a uffici,
indipendentemente dal tipo di azienda, e per quelli delle aziende commerciali,
i limiti di altezza sono quelli individuati dalla normativa urbanistica vigente.
1.2.6. Lo spazio destinato al lavoratore nel posto di
lavoro deve essere tale da consentire il normale movimento della persona in
relazione al lavoro da compiere.
1.3. Pavimenti, muri, soffitti,
finestre e lucernari dei locali scale e marciapiedi mobili, banchina e rampe
di carico
1.3.1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle
necessità della lavorazione, è vietato adibire a lavori continuativi locali
chiusi che non rispondono alle seguenti condizioni:
1.3.1.1. essere ben difesi contro gli agenti atmosferici,
e provvisti di un isolamento termico e acustico sufficiente, tenuto conto
del tipo di impresa e dell'attività fisica dei lavoratori;
1.3.1.2. avere aperture sufficienti per un rapido ricambio
d'aria;
1.3.1.3. essere ben asciutti e ben difesi contro l'umidità;
1.3.1.4. avere le superfici dei pavimenti, delle pareti,
dei soffitti tali da poter essere pulite e deterse per ottenere condizioni
adeguate di igiene.
1.3.2. I pavimenti dei locali devono essere fissi, stabili
ed antisdrucciolevoli nonché esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati
pericolosi.
1.3.3. Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano
sul pavimento sostanze putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere superficie
unita ed impermeabile e pendenza sufficiente per avviare rapidamente i liquidi
verso i punti di raccolta e scarico.
1.3.4. Quando il pavimento dei posti di lavoro e di
quelli di passaggio si mantiene bagnato, esso deve essere munito in permanenza
di palchetti o di graticolato, se i lavoratori non sono forniti di idonee
calzature impermeabili.
1.3.5. Qualora non ostino particolari condizioni tecniche,
le pareti dei locali di lavoro devono essere a tinta chiara.
1.3.6. Le pareti trasparenti o traslucide, in particolare
le pareti completamente vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti di
lavoro e delle vie di circolazione, devono essere chiaramente segnalate e
costituite da materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento,
ovvero essere separate dai posti di lavoro e dalle vie di circolazione succitati
in modo tale che i lavoratori non possano entrare in contatto con le pareti,
nè rimanere feriti qualora esse vadano in frantumi. Nel caso in cui vengano
utilizzati materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento,
tale altezza è elevata quando ciò è necessario in relazione al rischio che
i lavoratori rimangano feriti qualora esse vadano in frantumi.
1.3.7. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione
devono poter essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in tutta
sicurezza. Quando sono aperti essi devono essere posizionati in modo da non
costituire un pericolo per i lavoratori.
1.3.8. Le finestre e i lucernari devono essere concepiti
congiuntamente con l'attrezzatura o dotati di dispositivi che consentano la
loro pulitura senza rischi per i lavoratori che effettuano tale lavoro nonchè
per i lavoratori presenti nell'edificio ed intorno ad esso.
1.3.9. L'accesso ai tetti costituiti da materiali non
sufficientemente resistenti può essere autorizzato soltanto se siano fornite
attrezzature che permettono di eseguire il lavoro in tutta sicurezza.
1.3.10. Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare
in piena sicurezza, devono essere muniti dei necessari dispositivi di sicurezza
e devono possedere dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili
ed accessibili.
1.3.11. Le banchine e rampe di carico devono essere
adeguate alle dimensioni dei carichi trasportati.
1.3.12. Le banchine di carico devono disporre di almeno
un'uscita. Ove è tecnicamente possibile, le banchine di carico che superano
m 25,0 di lunghezza devono disporre di un'uscita a ciascuna estremità.
1.3.13. Le rampe di carico devono offrire una sicurezza
tale da evitare che i lavoratori possono cadere.
1.3.14. Le disposizioni di cui ai punti 1.3.10., 1.3.11.,
1.3.12., 1.3.13. sono altresì applicabili alle vie di circolazione principali
sul terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di
lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione
e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonchè alle banchine di carico.
1.3.15.1. Le parti di pavimento contornanti i forni
di qualsiasi specie devono essere costituite di materiali incombustibili.
Sono, tuttavia, ammessi pavimenti di legno duro e stagionato nei casi in cui
ciò, in relazione al tipo di forno ed alle condizioni di impianto, non costituisca
pericolo. 1.3.15.2. Le piattaforme sopraelevate dei posti di lavoro e di manovra
dei forni, nonché le relative scale e passerelle di accesso, devono essere
costruite con materiali incombustibili. 1.3.16. I pavimenti e le pareti dei
locali destinati alla lavorazione, alla manipolazione,
all'utilizzazione ed alla conservazione di materie infiammabili,
esplodenti, corrosive o infettanti, devono essere in condizioni tali da consentire
una facile e completa asportazione delle materie pericolose o nocive, che
possano eventualmente depositarsi.
1.3.17. I locali o luoghi nei quali si fabbricano, si
manipolano o si utilizzano le materie o i prodotti indicati tossici, asfissianti,
irritanti ed infettanti, nonché i tavoli di lavoro, le macchine e le attrezzature
in genere impiegati per dette operazioni, devono essere frequentemente ed
accuratamente puliti.
1.4. Vie di circolazione,
zone di pericolo, pavimenti e passaggi
1.4.1. Le vie di circolazione, comprese scale, scale
fisse e banchine e rampe di carico, devono essere situate e calcolate in modo
tale che i pedoni o i veicoli possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza
e conformemente alla loro destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze
di queste vie di circolazione non corrano alcun rischio.
1.4.2. Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione
per persone ovvero merci dovrà basarsi sul numero potenziale degli utenti
e sul tipo di impresa.
1.4.3. Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati
mezzi di trasporto, dovrà essere prevista per i pedoni una distanza di sicurezza
sufficiente.
1.4.4. Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono
passare ad una distanza sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni,
corridoi e scale.
1.4.5. Nella misura in cui l'uso e l'attrezzatura dei
locali lo esigano per garantire la protezione dei lavoratori, il tracciato
delle vie di circolazione deve essere evidenziato.
1.4.6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo
in funzione della natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori
o rischi di cadute d'oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi
per impedire che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone.
1.4.7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere
i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone di pericolo.
1.4.8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in
modo chiaramente visibile.
1.4.9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi
destinati al passaggio non devono presentare buche o sporgenze pericolose
e devono essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il transito
delle persone e dei mezzi di trasporto.
1.4.10. I pavimenti ed i passaggi non devono essere
ingombrati da materiali che ostacolano la normale circolazione.
1.4.11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si
possono completamente eliminare dalle zone di transito ostacoli fissi o mobili
che costituiscono un pericolo per i lavoratori o i veicoli che tali zone devono
percorrere, gli ostacoli devono essere adeguatamente segnalati.
1.4.12.1. Quando argani, paranchi e apparecchi simili
sono usati per il sollevamento o la discesa dei carichi tra piani diversi
di un edificio attraverso aperture nei solai o nelle pareti, le aperture per
il passaggio del carico ai singoli piani, nonché il sottostante spazio di
arrivo o di sganciamento del carico stesso devono essere protetti, su tutti
i lati, mediante parapetti normali provvisti, ad eccezione di quello del piano
terreno, di arresto al piede.
1.4.12.2. I parapetti devono essere disposti in modo
da garantire i lavoratori anche contro i pericoli derivanti da urti o da eventuale
caduta del carico di manovra.
1.4.12.3. Gli stessi parapetti devono essere applicati
anche sui lati delle aperture dove si effettua il carico e lo scarico, a meno
che per le caratteristiche dei materiali in manovra ciò non sia possibile.
In quest'ultimo caso, in luogo del parapetto normale deve essere applicata
una solida barriera mobile, inasportabile e fissabile nella posizione di chiusura
mediante chiavistello o altro dispositivo. Detta barriera deve essere tenuta
chiusa quando non siano eseguite manovre di carico o scarico al piano corrispondente.
1.4.13. Lo spazio sottostante ai trasportatori orizzontali
o inclinati deve essere reso inaccessibile, quando la natura del materiale
trasportato ed il tipo del trasportatore possano costituire pericoli per caduta
di materiali o per rottura degli organi di sospensione, a meno che non siano
adottate altre misure contro detti pericoli.
1.4.14. Davanti alle uscite dei locali e alle vie che
immettono direttamente ed immediatamente in una via di transito dei mezzi
meccanici devono essere disposte barriere atte ad evitare investimenti e,
quando ciò non sia possibile, adeguate segnalazioni.
1.4.15. I segnali indicanti condizioni di pericolo nelle
zone di transito e quelli regolanti il traffico dei trasporti meccanici su
strada o su rotaia devono essere convenientemente illuminati durante il servizio
notturno.
1.4.16.1. Le vie di transito che, per lavori di riparazione
o manutenzione in corso o per guasti intervenuti, non sono percorribili senza
pericolo, devono essere sbarrate.
1.4.16.2. Apposito cartello deve essere posto ad indicare
il divieto di transito.
1.4.17. Durante l'esecuzione di lavoro di riparazione
o manutenzione su linee di transito su rotaie percorse da mezzi meccanici,
quando il traffico non è sospeso o la linea non è sbarrata, una o più persone
devono essere esclusivamente incaricate di segnalare ai lavoratori l'avvicinarsi
dei convogli ai posti di lavoro.
1.4.18. Quando uno o più veicoli sono mossi da un mezzo
meccanico il cui conducente non può, direttamente o a mezzo di altra persona
sistemata su uno di essi, controllarne il percorso, i veicoli devono essere
preceduti o affiancati da un incaricato che provveda alle necessarie segnalazioni
per assicurare l'incolumità delle persone.
1.4.19. All'esterno delle fronti di partenza e di arrivo
dei vagonetti alle stazioni delle teleferiche devono essere applicati solidi
ripari a grigliato metallico atti a trattenere una persona in caso di caduta.
Tali ripari devono essere disposti a non oltre m. 0,50 sotto il margine del
piano di manovra e sporgere da questo per almeno m. 2.
1.5. Vie e uscite di emergenza.
1.5.1. Ai fini del presente punto si intende per:
1.5.1.1. via di emergenza: percorso senza ostacoli al
deflusso che consente alle persone che occupano un edificio o un locale di
raggiungere un luogo sicuro;
1.5.1.2. uscita di emergenza: passaggio che immette
in un luogo sicuro;
1.5.1.3. luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono
da considerarsi al sicuro dagli effetti determinati dall'incendio o altre
situazioni di emergenza;
1.5.1.4. larghezza di una porta o luce netta di una
porta: larghezza di passaggio al netto dell'ingombro dell'anta mobile in posizione
di massima apertura se scorrevole, in posizione di apertura a 90 gradi se
incernierata (larghezza utile di passaggio).
1.5.2. Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere
sgombre e consentire di raggiungere il più rapidamente possibile un luogo
sicuro.
1.5.3. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono
poter essere evacuati rapidamente e in piena sicurezza da parte dei lavoratori.
1.5.4. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle
vie e delle uscite di emergenza devono essere adeguate alle dimensioni dei
luoghi di lavoro, alla loro ubicazione, alla loro destinazione d'uso, alle
attrezzature in essi installate, nonchè al numero massimo di persone che possono
essere presenti in detti luoghi.
1.5.5. Le vie e le uscite di emergenza devono avere
altezza minima di m 2,0 e larghezza minima conforme alla normativa vigente
in materia antincendio.
1.5.6. Qualora le uscite di emergenza siano dotate di
porte, queste devono essere apribili nel verso dell'esodo e, qualora siano
chiuse, devono poter essere aperte facilmente ed immediatamente da parte di
qualsiasi persona che abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza. L'apertura
delle porte delle uscite di emergenza nel verso dell'esodo non è richiesta
quando possa determinare pericoli per passaggio di mezzi o per altre cause,
fatta salva l'adozione di altri accorgimenti adeguati specificamente autorizzati
dal Comando provinciale dei vigili del fuoco competente per territorio.
1.5.7. Le porte delle uscite di emergenza non devono
essere chiuse a chiave quando sono presenti lavoratori in azienda.
1.5.8. Nei locali di lavoro e in quelli destinati a
deposito è vietato adibire, quali porte delle uscite di emergenza, le saracinesche
a rullo, le porte scorrevoli verticalmente e quelle girevoli su asse centrale.
1.5.9. Le vie e le uscite di emergenza, nonchè le vie
di circolazione e le porte che vi danno accesso non devono essere ostruite
da oggetti in modo da poter essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti.
1.5.10. Le vie e le uscite di emergenza devono essere
evidenziate da apposita segnaletica, conforme alle disposizioni vigenti, durevole
e collocata in luoghi appropriati.
1.5.11. Le vie e le uscite di emergenza che richiedono
un'illuminazione devono essere dotate di un'illuminazione di sicurezza di
intensità sufficiente, che entri in funzione in caso di guasto dell'impianto
elettrico.
1.5.12. Gli edifici che sono costruiti o adattati interamente
per le lavorazioni che presentano pericoli di esplosioni o specifici rischi
di incendio alle quali sono adibiti più di cinque lavoratori devono avere
almeno due scale distinte di facile accesso o rispondere a quanto prescritto
dalla specifica normativa antincendio. Per gli edifici già costruiti si dovrà
provvedere in conformità, quando non ne esista l'impossibilità accertata dall'organo
di vigilanza: in quest'ultimo caso sono disposte le misure e cautele ritenute
più efficienti. Le deroghe già concesse mantengono la loro validità salvo
diverso provvedimento dell'organo di vigilanza.
1.5.13. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima
del 1° gennaio 1993 non si applica la disposizione contenuta nel comma 4,
ma gli stessi devono avere un numero sufficiente di vie ed uscite di emergenza.
1.5.14.1. Le aperture esistenti nel suolo o nel pavimento
dei luoghi, degli ambienti di lavoro o di passaggio, comprese le fosse ed
i pozzi, devono essere provviste di solide coperture o di parapetti normali,
atti ad impedire la caduta di persone. Quando dette misure non siano attuabili,
le aperture devono essere munite di apposite segnalazioni di pericolo.
1.5.14.2. Le aperture nelle pareti, che permettono il
passaggio di una persona e che presentano pericolo di caduta per dislivelli
superiori ad un metro, devono essere provviste di solida barriera o munite
di parapetto normale.
1.5.14.3. Per le finestre sono consentiti parapetti
di altezza non minore di cm. 90 quando, in relazione al lavoro eseguito nel
locale, non vi siano condizioni di pericolo.
1.6. Porte e portoni
1.6.1. Le porte dei locali di lavoro devono, per numero,
dimensioni, posizione, e materiali di realizzazione, consentire una rapida
uscita delle persone ed essere agevolmente apribili dall'interno durante il
lavoro.
1.6.2. Quando in un locale le lavorazioni ed i materiali
comportino pericoli di esplosione o specifici rischi di incendio e siano adibiti
alle attività che si svolgono nel locale stesso più di 5 lavoratori, almeno
una porta ogni 5 lavoratori deve essere apribile nel verso dell'esodo ed avere
larghezza minima di m 1,20.
1.6.3. Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse
da quelle previste al comma 2, la larghezza minima delle porte è la seguente:
1.6.3.1. quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente
ivi occupati siano fino a 25, il locale deve essere dotato di una porta avente
larghezza minima di m 0,80;
1.6.3.2. quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente
ivi occupati siano in numero compreso tra 26 e 50, il locale deve essere dotato
di una porta avente larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell'esodo;
1.6.3.3. quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente
ivi occupati siano in numero compreso tra 51 e 100, il locale deve essere
dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente
larghezza minima di m 0,80, che si aprano entrambe nel verso dell'esodo;
1.6.3.4. quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente
ivi occupati siano in numero superiore a 100, in aggiunta alle porte previste
alla lettera c) il locale deve essere dotato di almeno 1 porta che si apra
nel verso dell'esodo avente larghezza minima di m 1,20 per ogni 50 lavoratori
normalmente ivi occupati o frazione compresa tra 10 e 50, calcolati limitatamente
all'eccedenza rispetto a 100.
1.6.4. Il numero complessivo delle porte di cui al punto
1.6.3.4. può anche essere minore, purchè la loro larghezza complessiva non
risulti inferiore.
1.6.5. Alle porte per le quali è prevista una larghezza
minima di m 1,20 è applicabile una tolleranza in meno del 5% (cinque per cento).
Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m 0,80 è applicabile
una tolleranza in meno del 2% (due per cento).
1.6.6. Quando in un locale di lavoro le uscite di emergenza
di cui al punto 1.5.5, coincidono con le porte di cui al punto 1.6.1, si applicano
le disposizioni di cui al punto 1.5.5.
1.6.7. Nei locali di lavoro ed in quelli adibiti a magazzino
non sono ammesse le porte scorrevoli, le saracinesche a rullo, le porte girevoli
su asse centrale, quando non esistano altre porte apribili verso l'esterno
del locale.
1.6.8. Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente
alla circolazione dei veicoli devono esistere, a meno che il passaggio dei
pedoni sia sicuro, porte per la circolazione dei pedoni che devono essere
segnalate in modo visibile ed essere sgombre in permanenza.
1.6.9. Le porte e i portoni apribili nei due versi devono
essere trasparenti o essere muniti di pannelli trasparenti.
1.6.10. Sulle porte trasparenti deve essere apposto
un segno indicativo all'altezza degli occhi.
1.6.11. Se le superfici trasparenti o traslucide delle
porte e dei portoni non sono costituite da materiali di sicurezza e c'è il
rischio che i lavoratori possano rimanere feriti in caso di rottura di dette
superfici, queste devono essere protette contro lo sfondamento.
1.6.12. Le porte scorrevoli devono disporre di un sistema
di sicurezza che impedisca loro di uscire dalle guide o di cadere.
1.6.13. Le porte ed i portoni che si aprono verso l'alto
devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di ricadere.
1.6.14. Le porte ed i portoni ad azionamento meccanico
devono funzionare senza rischi di infortuni per i lavoratori. Essi devono
essere muniti di dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili
ed accessibili e poter essere aperti anche manualmente, salvo che la loro
apertura possa avvenire automaticamente in caso di mancanza di energia elettrica.
1.6.15. Le porte situate sul percorso delle vie di emergenza
devono essere contrassegnate in maniera appropriata con segnaletica durevole
conformemente alla normativa vigente. Esse devono poter essere aperte, in
ogni momento, dall'interno senza aiuto speciale.
1.6.16. Quando i luoghi di lavoro sono occupati le porte
devono poter essere aperte.
1.6.17. I luoghi di lavoro già utilizzati prima del
1° gennaio 1993 devono essere provvisti di porte di uscita che, per numero
ed ubicazione, consentono la rapida uscita delle persone e che sono agevolmente
apribili dall'interno durante il lavoro. Comunque, detti luoghi devono essere
adeguati quanto meno alle disposizioni di cui ai precedenti punti 1.6.9. e
1.6.10.. Per i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati prima del 27 novembre
1994 non si applicano le disposizioni dei punti 1.6.2., 1.6.3., 1.6.4., 1.6.5.
e 1.6.6. concernenti la larghezza delle porte. In ogni caso la larghezza delle
porte di uscita di detti luoghi di lavoro deve essere conforme a quanto previsto
dalla concessione edilizia ovvero dalla licenza di abitabilità.
1.7 Scale
1.7.1.1. Le scale fisse a gradini, destinate al normale
accesso agli ambienti di lavoro, devono essere costruite e mantenute in modo
da resistere ai carichi massimi derivanti da affollamento per situazioni di
emergenza. I gradini devono avere pedata e alzata dimensionate a regola d'arte
e larghezza adeguata alle esigenze del transito.
1.7.1.2. Dette scale ed i relativi pianerottoli devono
essere provvisti, sui lati aperti, di parapetto normale o di altra difesa
equivalente. Le rampe delimitate da due pareti devono essere munite di almeno
un corrimano.
1.7.1.3. Le scale a pioli di altezza superiore a m.
5, fissate su pareti o incastellature verticali o aventi una inclinazione
superiore a 75 gradi, devono essere provviste, a partire da m. 2,50 dal pavimento
o dai ripiani, di una solida gabbia metallica di protezione avente maglie
o aperture di ampiezza tale da impedire la caduta accidentale della persona
verso l'esterno.
1.7.1.4. La parete della gabbia opposta al piano dei
pioli non deve distare da questi più di cm. 60.
1.7.1.5. I pioli devono distare almeno 15 centimetri
dalla parete alla quale sono applicati o alla quale la scala è fissata.
1.7.1.6. Quando l'applicazione della gabbia alle scale
costituisca intralcio all'esercizio o presenti notevoli difficoltà costruttive,
devono essere adottate, in luogo della gabbia, altre misure di sicurezza atte
ad evitare la caduta delle persone per un tratto superiore ad un metro.
1.7.2.1. Agli effetti del presente decreto è considerato
"normale" un parapetto che soddisfi alle seguenti condizioni:
1.7.2.1.1 sia costruito con materiale rigido e resistente
in buono stato di conservazione; 1.7.2.1.2 abbia un'altezza utile di almeno
un metro;
1.7.2.1.3 sia costituito da almeno due correnti, di
cui quello intermedio posto a circa metà distanza fra quello superiore ed
il pavimento;
1.7.2.1.4 sia costruito e fissato in modo da poter resistere,
nell'insieme ed in ogni sua parte, al massimo sforzo cui può essere assoggettato,
tenuto conto delle condizioni ambientali e della sua specifica funzione.
1.7.2.2. E' considerato "parapetto normale con
arresto al piede" il parapetto definito al comma precedente, completato
con fascia continua poggiante sul piano di calpestio ed alta almeno 15 centimetri.
1.7.2.3. E' considerata equivalente ai parapetti definiti
ai commi precedenti, qualsiasi protezione, quale muro, balaustra, ringhiera
e simili, realizzante condizioni di sicurezza contro la caduta verso i lati
aperti, non inferiori a quelle presentate dai parapetti stessi.
1.7.3. Le impalcature, le passerelle, i ripiani, le
rampe di accesso, i balconi ed i posti di lavoro o di passaggio sopraelevati
devono essere provvisti, su tutti i lati aperti, di parapetti normali con
arresto al piede o di difesa equivalenti. Tale protezione non è richiesta
per i piani di caricamento di altezza inferiore a m. 2.00.
1.8 Posti di lavoro e di
passaggio e luoghi di lavoro esterni
1.8.1. I posti di lavoro e di passaggio devono essere
idoneamente difesi contro la caduta o l'investimento di materiali in dipendenza
dell'attività lavorativa.
1.8.2. Ove non sia possibile la difesa con mezzi tecnici,
devono essere adottate altre misure o cautele adeguate.
1.8.3. I posti di lavoro, le vie di circolazione e altri
luoghi o impianti all'aperto utilizzati od occupati dai lavoratori durante
le loro attività devono essere concepiti in modo tale che la circolazione
dei pedoni e dei veicoli può avvenire in modo sicuro.
1.8.4. Le disposizioni di cui ai punti 1.4.1., 1.4.2.,
1.4.3., 1.4.4., 1.4.5., 1.4.6., 1.4.7., 1.4.8., sono altresì applicabili alle
vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa, alle vie di circolazione
che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per
la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonchè
alle banchine di carico.
1.8.5. Le disposizioni sulle vie di circolazione e zone
di pericolo di cui ai punti 1.4.1., 1.4.2., 1.4.3., 1.4.4., 1.4.5., 1.4.6.,
1.4.7., 1.4.8., si applicano per analogia ai luoghi di lavoro esterni.
1.8.6. I luoghi di lavoro all'aperto devono essere opportunamente
illuminati con luce artificiale quando la luce del giorno non è sufficiente.
1.8.7. Quando i lavoratori occupano posti di lavoro
all'aperto, questi devono essere strutturati, per quanto tecnicamente possibile,
in modo tale che i lavoratori:
1.8.7.1 sono protetti contro gli agenti atmosferici
e, se necessario, contro la caduta di oggetti;
1.8.7.2 non sono esposti a livelli sonori nocivi o ad
agenti esterni nocivi, quali gas, vapori, polveri;
1.8.7.3 possono abbandonare rapidamente il posto di
lavoro in caso di pericolo o possono essere soccorsi rapidamente;
1.8.7.4 non possono scivolare o cadere.
1.8.8. I terreni scoperti costituenti una dipendenza
dei locali di lavoro devono essere sistemati in modo da ottenere lo scolo
delle acque di pioggia e di quelle di altra provenienza.
1.9 Microclima
1.9.1. Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi
1.9.1.1. Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far
sì che tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono
sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantità sufficiente
ottenuta preferenzialmente con aperture naturali e quando ciò non sia possibile,
con impianti di areazione.
1.9.1.2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione,
esso deve essere sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve
essere segnalato da un sistema di controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare
la salute dei lavoratori.
1.9.1.3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento
dell'aria o di ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo che
i lavoratori non siano esposti a correnti d'aria fastidiosa.
1.9.1.4. Gli stessi impianti devono essere periodicamente
sottoposti a controlli, manutenzione, pulizia e sanificazione per la tutela
della salute dei lavoratori.
1.9.1.5. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe
comportare un pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto all'inquinamento
dell'aria respirata deve essere eliminato rapidamente.
1.9.2. Temperatura dei locali
1.9.2.1. La temperatura nei locali di lavoro deve essere
adeguata all'organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei
metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori.
1.9.2.2. Nel giudizio sulla temperatura adeguata per
i lavoratori si deve tener conto della influenza che possono esercitare sopra
di essa il grado di umidità ed il movimento dell'aria concomitanti.
1.9.2.3. La temperatura dei locali di riposo, dei locali
per il personale di sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e dei
locali di pronto soccorso deve essere conforme alla destinazione specifica
di questi locali.
1.9.2.4. Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate
devono essere tali da evitare un soleggiamento eccessivo dei luoghi di lavoro,
tenendo conto del tipo di attività e della natura del luogo di lavoro.
1.9.2.5. Quando non è conveniente modificare la temperatura
di tutto l'ambiente, si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro
le temperature troppo alte o troppo basse mediante misure tecniche localizzate
o mezzi personali di protezione.
1.9.2.6. Gli apparecchi a fuoco diretto destinati al
riscaldamento dell'ambiente nei locali chiusi di lavoro di cui al precedente
articolo, devono essere muniti di condotti del fumo privi di valvole regolatrici
ed avere tiraggio sufficiente per evitare la corruzione dell'aria con i prodotti
della combustione, ad eccezione dei casi in cui, per l'ampiezza del locale,
tale impianto non sia necessario.
1.9.3 Umidità
1.9.3.1 Nei locali chiusi di lavoro delle aziende industriali
nei quali l'aria è soggetta ad inumidirsi notevolmente per ragioni di lavoro,
si deve evitare, per quanto è possibile, la formazione della nebbia, mantenendo
la temperatura e l'umidità nei limiti compatibili con le esigenze tecniche.
1.10. Illuminazione
naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro
1.10.1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle
necessità delle lavorazioni e salvo che non si tratti di locali sotterranei,
i luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale. In ogni caso,
tutti i predetti locali e luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi
che consentano un'illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la
sicurezza, la salute e il benessere di lavoratori.
1.10.2. Gli impianti di illuminazione dei locali di
lavoro e delle vie di circolazione devono essere installati in modo che il
tipo d'illuminazione previsto non rappresenti un rischio di infortunio per
i lavoratori.
1.10.3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono
particolarmente esposti a rischi in caso di guasto dell'illuminazione artificiale,
devono disporre di un'illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità.
1.10.4. Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi
di illuminazione artificiale devono essere tenuti costantemente in buone condizioni
di pulizia e di efficienza.
1.10.5. Gli ambienti, i posti di lavoro ed i passaggi
devono essere illuminati con luce naturale o artificiale in modo da assicurare
una sufficiente visibilità.
1.10.6. Nei casi in cui, per le esigenze tecniche di
particolari lavorazioni o procedimenti, non sia possibile illuminare adeguatamente
gli ambienti, i luoghi ed i posti indicati al punto 1.10.5, si devono adottare
adeguate misure dirette ad eliminare i rischi derivanti dalla mancanza e dalla
insufficienza della illuminazione.
1.10.7. Illuminazione sussidiaria
1.10.7.1. Negli stabilimenti e negli altri luoghi di
lavoro devono esistere mezzi di illuminazione sussidiaria da impiegare in
caso di necessità.
1.10.7.2. Detti mezzi devono essere tenuti in posti
noti al personale, conservati in costante efficienza ed essere adeguati alle
condizioni ed alle necessità del loro impiego.
1.10.7.3. Quando siano presenti più di 100 lavoratori
e la loro uscita all'aperto in condizioni di oscurità non sia sicura ed agevole;
quando l'abbandono imprevedibile ed immediato del governo delle macchine o
degli apparecchi sia di pregiudizio per la sicurezza delle persone o degli
impianti; quando si lavorino o siano depositate materie esplodenti o infiammabili,
l’illuminazione sussidiaria deve essere fornita con mezzi di sicurezza atti
ad entrare immediatamente in funzione in caso di necessità e a garantire una
illuminazione sufficiente per intensità, durata, per numero e distribuzione
delle sorgenti luminose, nei luoghi nei quali la mancanza di illuminazione
costituirebbe pericolo. Se detti mezzi non sono costruiti in modo da entrare
automaticamente in funzione, i dispositivi di accensione devono essere a facile
portata di mano e le istruzioni sull'uso dei mezzi stessi devono essere rese
manifeste al personale mediante appositi avvisi.
1.10.7.4. L'abbandono dei posti di lavoro e l'uscita
all'aperto del personale deve, qualora sia necessario ai fini della sicurezza,
essere disposto prima dell'esaurimento delle fonti della illuminazione sussidiaria.
1.10.8. Ove sia prestabilita la continuazione del lavoro
anche in caso di mancanza dell’illuminazione artificiale normale, quella sussidiaria
deve essere fornita da un impianto fisso atto a consentire la prosecuzione
del lavoro in condizioni di sufficiente visibilità.
1.11. Locali di riposo
e refezione
1.11.1. Locali di riposo
1.11.1.1. Quando la sicurezza e la salute dei lavoratori,
segnatamente a causa del tipo di attività, lo richiedono, i lavoratori devono
poter disporre di un locale di riposo facilmente accessibile.
1.11.1.2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica
quando il personale lavora in uffici o in analoghi locali di lavoro che offrono
equivalenti possibilità di riposo durante la pausa.
1.11.1.3. I locali di riposo devono avere dimensioni
sufficienti ed essere dotati di un numero di tavoli e sedili con schienale
in funzione del numero dei lavoratori.
1.11.1.4. Quando il tempo di lavoro è interrotto regolarmente
e frequentemente e non esistono locali di riposo, devono essere messi a disposizione
del personale altri locali affinchè questi possa soggiornarvi durante l'interruzione
del lavoro nel caso in cui la sicurezza o la salute dei lavoratori lo esige.
1.11.1.5. L'organo di vigilanza può prescrivere che,
anche nei lavori continuativi, il datore di lavoro dia modo ai dipendenti
di lavorare stando a sedere ogni qualvolta ciò non pregiudica la normale esecuzione
del lavoro.
1.11.2. Refettorio
1.11.2.1. Salvo quanto è disposto al punto 1.14.1. per
i lavori all'aperto, le aziende nelle quali più di 30 dipendenti rimangono
nell'azienda durante gli intervalli di lavoro, per la refezione, devono avere
uno o più ambienti destinati ad uso di refettorio, muniti di sedili e di tavoli.
1.11.2.2. I refettori devono essere ben illuminati,
aerati e riscaldati nella stagione fredda. Il pavimento non deve essere polveroso
e le pareti devono essere intonacate ed imbiancate.
1.11.2.3. L'Ispettorato del lavoro può in tutto o in
parte esonerare il datore di lavoro dall'obbligo di cui al primo comma, quando
riconosce che non sia necessario.
1.11.2.4. Nelle aziende in cui i lavoratori siano esposti
a materie insudicianti, sostanze polverose o nocive e nei casi in cui l’organo
di vigilanza ritiene opportuno prescriverlo, in relazione alla natura della
lavorazione, è vietato ai lavoratori di consumare i pasti nei locali di lavoro
ed anche di rimanervi durante il tempo destinato alla refezione.
1.11.3. Conservazione vivande
e somministrazione bevande
1.11.3.1. Ai lavoratori deve essere dato il mezzo di
conservare in adatti posti fissi le loro vivande, di riscaldarle e di lavare
i relativi recipienti.
1.11.3.2. E' vietata la somministrazione di vino, di
birra e di altre bevande alcooliche nell'interno dell'azienda.
1.11.3.3. E' tuttavia consentita la somministrazione
di modiche quantità di vino e di birra nei locali di refettorio durante l'orario
dei pasti.
1.11.4. Le donne incinte e le madri che allattano devono
avere la possibilità di riposarsi in posizione distesa e in condizioni appropriate.
1.12. Spogliatoi e armadi
per il vestiario
1.12.1. Locali appositamente destinati a spogliatoi
devono essere messi a disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare
indumenti di lavoro specifici e quando per ragioni di salute o di decenza
non si può loro chiedere di cambiarsi in altri locali.
1.12.2. Gli spogliatoi devono essere distinti fra i
due sessi e convenientemente arredati. Nelle aziende che occupano fino a cinque
dipendenti lo spogliatoio può essere unico per entrambi i sessi; in tal caso
i locali a ciò adibiti sono utilizzati dal personale dei due sessi, secondo
oppotuni turni prestabiliti e concordati nell'ambito dell'orario di lavoro.
1.12.3. I locali destinati a spogliatoio devono avere
una capacità sufficiente, essere possibilmente vicini ai locali di lavoro
aerati, illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione
fredda e muniti di sedili.
1.12.4. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature
che consentono a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti
durante il tempo di lavoro.
1.12.5. Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti,
polverose, con sviluppo di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze
untuose od incrostanti, nonchè in quelle dove si usano sostanze venefiche,
corrosive od infettanti o comunque pericolose, gli armadi per gli indumenti
da lavoro devono essere separati da quelli per gli indumenti privati.
1.12.6. Qualora non si applichi il punto 1.12.1., ciascun
lavoratore deve poter disporre delle attrezzature di cui al punto 1.12.4.
per poter riporre i propri indumenti.
1.13. Servizi igienico
assistenziali
1.13.1. Acqua
1.13.1.1. Nei luoghi di lavoro o nelle loro immediate
vicinanze deve essere messa a disposizione dei lavoratori acqua in quantità
sufficiente, tanto per uso potabile quanto per lavarsi.
1.13.1.2. Per la provvista, la conservazione e la distribuzione
dell'acqua devono osservarsi le norme igieniche atte ad evitarne l'inquinamento
e ad impedire la diffusione di malattie.
1.13.2. Docce
1.13.2.1. Docce sufficienti ed appropriate devono essere
messe a disposizione dei lavoratori quando il tipo di attività o la salubrità
lo esigono.
1.13.2.2. Devono essere previsti locali per docce separati
per uomini e donne o un'utilizzazione separata degli stessi. Le docce e gli
spogliatoi devono comunque facilmente comunicare tra loro.
1.13.2.3. I locali delle docce devono essere riscaldati
nella stagione fredda ed avere dimensioni sufficienti per permettere a ciascun
lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni appropriate di igiene.
1.13.2.4. Le docce devono essere dotate di acqua corrente
calda e fredda e di mezzi detergenti e per asciugarsi.
1.13.3. Gabinetti e lavabi
1.13.3.1. I lavoratori devono disporre, in prossimità
dei loro posti di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi e delle docce,
di gabinetti e di lavabi con acqua corrente calda, se necessario, e dotati
di mezzi detergenti e per asciugarsi.
1.13.3.2. Per uomini e donne devono essere previsti
gabinetti separati; quando ciò sia impossibile a causa di vincoli urbanistici
o architettonici e nelle aziende che occupano lavoratori di sesso diverso
in numero non superiore a dieci, è ammessa un'utilizzazione separata degli
stessi.
1.13.4. Pulizia delle installazioni
igienico-assistenziali:
1.13.4.1. Le installazioni e gli arredi destinati ai
refettori, agli spogliatoi, ai bagni, alle latrine, ai dormitori ed in genere
ai servizi di igiene e di benessere per i lavoratori, devono essere mantenuti
in stato di scrupolosa pulizia, a cura del datore di lavoro.
1.13.4.2. I lavoratori devono usare con cura e proprietà
i locali, le installazioni e gli arredi indicati al comma precedente.
1.14. Dormitori
1.14.1. Nei lavori eseguiti normalmente all'aperto deve
essere messo a disposizione dei lavoratori un locale in cui possano ricoverarsi
durante le intemperie e nelle ore dei pasti o dei riposi. Detto locale deve
essere fornito di sedili e di un tavolo, e deve essere riscaldato durante
la stagione fredda.
1.14.2.1. I locali forniti dal datore di lavoro ai lavoratori
per uso di dormitorio stabile devono possedere i requisiti di abitabilità
prescritti per le case di abitazione della località ed avere l'arredamento
necessario rispondente alle esigenze dell'igiene. Essi devono essere riscaldati
nella stagione fredda ed essere forniti di luce artificiale in quantità sufficiente,
di latrine, di acqua per bere e per lavarsi e di cucina, in tutto rispondenti
alle stesse condizioni indicate nel presente decreto per gli impianti analoghi
annessi ai locali di lavoro.
1.14.2.2. In detti locali è vietata l'illuminazione
a gas, salvo casi speciali e con l'autorizzazione e le cautele che saranno
prescritte dall'organo di vigilanza.
1.14.3. Per i lavori in aperta campagna, lontano dalle
abitazioni, quando i lavoratori debbano pernottare sul luogo, il datore di
lavoro deve loro fornire dormitori capaci di difenderli efficacemente contro
gli agenti atmosferici. Nel caso in cui la durata dei lavori non superi i
15 giorni nella stagione fredda ed i 30 giorni nelle altre stagioni, possono
essere destinate ad uso di dormitorio costruzioni di fortuna costruite in
tutto o in parte di legno o di altri materiali idonei ovvero tende, a condizione
che siano ben difese dall'umidità del suolo e dagli agenti atmosferici.
1.14.4.1. Quando la durata dei lavori ecceda i limiti
indicati superi i 15 giorni nella stagione fredda ed i 30 giorni nelle altre
stagioni, il datore di lavoro deve provvedere ai dormitori mediante mezzi
più idonei, quali baracche in legno od altre costruzioni equivalenti.
1.14.4.2. Le costruzioni per dormitorio devono rispondere
alle seguenti condizioni:
1.14.4.2.1. gli ambienti per adulti devono essere separati
da quelli per fanciulli e da quelli per donne, a meno che non siano destinati
esclusivamente ai membri di una stessa famiglia;
1.14.4.2.2. essere sollevate dal terreno, oppure basate
sopra terreno bene asciutto e sistemato in guisa da non permettere nè la penetrazione
dell'acqua nelle costruzioni, nè il ristagno di essa in una zona del raggio
di almeno 10 metri attorno;
1.14.4.2.3. essere costruite in tutte le loro parti
in modo da difendere bene l'ambiente interno contro gli agenti atmosferici
ed essere riscaldate durante la stagione fredda;
1.14.4.2.4. avere aperture sufficienti per ottenere
una attiva ventilazione dell'ambiente, ma munite di buona chiusura;
1.14.4.2.5. essere fornite di lampade per l'illuminazione
notturna;
1.14.4.2.6. nelle zone acquitrinose infestate dalla
presenza di insetti alati le aperture devono essere difese contro la penetrazione
di essi.
1.14.4.3. La superficie dei dormitori non può essere
inferiore a 3,50 metri quadrati per persona. 1.14.4.4. A ciascun lavoratore
deve essere assegnato un letto, una branda o una cuccetta arredate con materasso
o saccone, cuscino, lenzuola, federe e coperte sufficienti ed inoltre di sedile,
un attaccapanni ed una mensolina.
1.14.4.5. Anche per i dormitori di cui al comma precedente
vale la norma prevista dal quarto comma dell'art. 44.
1.14.4.6. In vicinanza dei dormitori, oppure facenti
corpo con essi, vi devono essere convenienti locali per uso di cucina e di
refettorio, latrine adatte e mezzi per la pulizia personale.
2. PRESENZA NEI LUOGHI
DI LAVORO DI AGENTI NOCIVI
2.1. Difesa dalle sostanze nocive:
2.1.1. Ferme restando le norme di cui al regio decreto
9 gennaio 1927, n. 157 e successive modificazioni, le materie prime non in
corso di lavorazione, i prodotti ed i rifiuti, che abbiano proprietà tossiche
o caustiche, specialmente se sono allo stato liquido o se sono facilmente
solubili o volatili, devono essere custoditi in recipienti a tenuta e muniti
di buona chiusura.
2.1.2. Le materie in corso di lavorazione che siano
fermentescibili o possano essere nocive alla salute o svolgere emanazioni
sgradevoli, non devono essere accumulate nei locali di lavoro in quantità
superiore a quella strettamente necessaria per la lavorazione.
2.1.3. I recipienti e gli apparecchi che servono alla
lavorazione oppure al trasporto dei materiali putrescibili o suscettibili
di dare emanazioni sgradevoli, devono essere lavati frequentemente e, ove
occorra, disinfettati.
2.1.4. Il datore di lavoro è tenuto ad effettuare, ogni
qualvolta sia possibile, le lavorazioni pericolose o insalubri in luoghi separati,
allo scopo di non esporvi senza necessità i lavoratori addetti ad altre lavorazioni.
2.1.5. L'aspirazione dei gas, vapori, odori o fumi deve
farsi, per quanto è possibile, immediatamente vicino al luogo dove si producono.
2.1.6.1. Nell'ingresso di ogni stabilimento o luogo
dove, in relazione alla fabbricazione, manipolazione, utilizzazione o conservazione
di materie o prodotti di cui all'articolo precedente, sussistano specifici
pericoli, deve essere esposto un estratto delle norme di sicurezza contenute
nel presente decreto e nelle leggi e regolamenti speciali riferentisi alle
lavorazioni che sono eseguite.
2.1.6.2. Nei reparti e presso le macchine e gli apparecchi
dove sono effettuate operazioni che presentano particolari pericoli, devono
essere esposte le disposizioni e le istruzioni concernenti la sicurezza delle
specifiche lavorazioni.
2.1.7. Le operazioni che presentano pericoli di esplosioni,
di incendi, di sviluppo di gas asfissianti o tossici e di irradiazioni nocive
devono effettuarsi in locali o luoghi isolati, adeguatamente difesi contro
la propagazione dell'elemento nocivo.
2.1.8.1. Nei locali o luoghi di lavoro o di passaggio
deve essere per quanto tecnicamente possibile impedito o ridotto al minimo
il formarsi di concentrazioni pericolose o nocive di gas, vapori o polveri
esplodenti, infiammabili, asfissianti o tossici; in quanto necessario, deve
essere provveduto ad una adeguata ventilazione al fine di evitare dette concentrazioni.
2. 1.8.2. Nei locali o luoghi di lavoro o di passaggio,
quando i vapori ed i gas che possono svilupparsi costituiscono pericolo, devono
essere installati apparecchi indicatori e avvisatori automatici atti a segnalare
il raggiungimento delle concentrazioni o delle condizioni pericolose. Ove
ciò non sia possibile, devono essere eseguiti frequenti controlli o misurazioni.
2.1.9. Gli scarti di lavorazione e i rifiuti di materie
infiammabili, esplodenti, corrosive, tossiche, infettanti o comunque nocive
devono essere raccolti durante la lavorazione ed asportati frequentemente
con mezzi appropriati, collocandoli in posti nei quali non possano costituire
pericolo.
2.1.10.1. Il trasporto e l'impiego delle materie e dei
prodotti corrosivi o aventi temperature dannose devono effettuarsi con mezzi
o sistemi tali da impedire che i lavoratori ne vengano a diretto contatto.
2.1.10.2. Quando esigenze tecniche o di lavorazione
non consentano l’attuazione della norma di cui al punto precedente, devono
essere messi a disposizione dei lavoratori mezzi individuali di protezione,
in conformità a quanto è stabilito nel Titolo III, Capo II.
2.1.11.1. Negli stabilimenti o luoghi in cui si producono
o si manipolano liquidi corrosivi devono essere predisposte, a portata di
mano dei lavoratori, adeguate prese di acqua corrente o recipienti contenenti
adatte soluzioni neutralizzanti.
2.1.11.2. Nei casi in cui esista rischio di investimento
da liquidi corrosivi, devono essere installati, nei locali di lavorazione
o nelle immediate vicinanze, bagni o docce con acqua a temperatura adeguata.
2.1.12. In caso di spandimento di liquidi corrosivi,
questi non devono essere assorbiti con stracci, segatura o con altre materie
organiche, ma eliminati con lavaggi di acqua o neutralizzati con materie idonee.
2.1.13. Le disposizioni e le precauzioni prescritte
ai punti 3.2.1. e 3.2.2. devono essere osservate, nella parte applicabile,
per l'accesso agli ambienti o luoghi, specie sotterranei, ai cunicoli, fogne,
pozzi, sottotetti, nei quali esista o sia da temersi la presenza di gas o
vapori tossici o asfissianti.
2.2. Difesa contro le polveri
2.2.1. Nei lavori che danno luogo normalmente alla formazione
di polveri di qualunque specie, il datore di lavoro è tenuto ad adottare i
provvedimenti atti ad impedirne o a ridurne, per quanto è possibile, lo sviluppo
e la diffusione nell'ambiente di lavoro.
2.2.2. Le misure da adottare a tal fine devono tenere
conto della natura delle polveri e della loro concentrazione nella atmosfera.
2.2.3. Ove non sia possibile sostituire il materiale
di lavoro polveroso, si devono adottare procedimenti lavorativi in apparecchi
chiusi ovvero muniti di sistemi di aspirazione e di raccolta delle polveri,
atti ad impedirne la dispersione. L'aspirazione deve essere effettuata, per
quanto è possibile, immediatamente vicino al luogo di produzione delle polveri.
2.2.4. Quando non siano attuabili le misure tecniche
di prevenzione indicate nel comma precedente, e la natura del materiale polveroso
lo consenta, si deve provvedere all'inumidimento del materiale stesso.
2.2.5. Qualunque sia il sistema adottato per la raccolta
e l’eliminazione delle polveri, il datore di lavoro è tenuto ad impedire che
esse possano rientrare nell'ambiente di lavoro.
2.2.6. Nei lavori all'aperto e nei lavori di breve durata
e quando la natura e la concentrazione delle polveri non esigano l'attuazione
dei provvedimenti tecnici indicati ai comma precedenti, e non possano essere
causa di danno o di incomodo al vicinato, l’organo di vigilanza può esonerare
il datore di lavoro dagli obblighi previsti dai comma precedenti, prescrivendo,
in sostituzione, ove sia necessario, mezzi personali di protezione.
2.2.7. I mezzi personali possono altresì essere prescritti
dall’organo di vigilanza, ad integrazione dei provvedimenti previsti al comma
terzo e quarto del presente articolo, in quelle operazioni in cui, per particolari
difficoltà d'ordine tecnico, i predetti provvedimenti non siano atti a garantire
efficacemente la protezione dei lavoratori contro le polveri.
3. VASCHE, CANALIZZAZIONI, TUBAZIONI,
SERBATOI, RECIPIENTI, SILOS
3.1. Le tubazioni, le canalizzazioni e i recipienti,
quali vasche, serbatoi e simili, in cui debbano entrare lavoratori per operazioni
di controllo, riparazione, manutenzione o per altri motivi dipendenti dall'esercizio
dell'impianto o dell'apparecchio, devono essere provvisti di aperture di accesso
aventi dimensioni tali da poter consentire l’agevole recupero di un lavoratore
privo di sensi.
3.2.1. Prima di disporre l'entrata di lavoratori nei
luoghi di cui al punto precedente, chi sovraintende ai lavori deve assicurarsi
che nell'interno non esistano gas o vapori nocivi o una temperatura dannosa
e deve, qualora vi sia pericolo, disporre efficienti lavaggi, ventilazione
o altre misure idonee.
3.2.2. Colui che sovraintende deve, inoltre, provvedere
a far chiudere e bloccare le valvole e gli altri dispositivi dei condotti
in comunicazione col recipiente, e a fare intercettare i tratti di tubazione
mediante flange cieche o con altri mezzi equivalenti ed a far applicare, sui
dispositivi di chiusura o di isolamento, un avviso con l'indicazione del divieto
di manovrarli.
3.2.3. I lavoratori che prestano la loro opera all'interno
dei luoghi predetti devono essere assistiti da altro lavoratore, situato all'esterno
presso l'apertura di accesso.
3.2.4. Quando la presenza di gas o vapori nocivi non
possa escludersi in modo assoluto o quando l'accesso al fondo dei luoghi predetti
è disagevole, i lavoratori che vi entrano devono essere muniti di cintura
di sicurezza con corda di adeguata lunghezza e, se necessario, di apparecchi
idonei a consentire la normale respirazione.
3.3. Qualora nei luoghi di cui al punto 3.1. non possa
escludersi la presenza anche di gas, vapori o polveri infiammabili od esplosivi,
oltre alle misure indicate nell'articolo precedente, si devono adottare cautele
atte ad evitare il pericolo di incendio o di esplosione, quali la esclusione
di fiamme libere, di corpi incandescenti, di attrezzi di materiale ferroso
e di calzature con chiodi. Qualora sia necessario l'impiego di lampade, queste
devono essere di sicurezza.
3.4.1. Le vasche, i serbatoi ed i recipienti aperti
con i bordi a livello o ad altezza inferiore a cm. 90 dal pavimento o dalla
piattaforma di lavoro devono, qualunque sia il liquido o le materie contenute,
essere difese, su tutti i lati mediante parapetto di altezza non minore di
cm. 90, a parete piena o con almeno due correnti. Il parapetto non è richiesto
quando sui bordi delle vasche sia applicata una difesa fino a cm. 90 dal pavimento.
3.4.2. Quando per esigenze della lavorazione o per condizioni
di impianto non sia possibile applicare il parapetto di cui al punto 3.4.1.,
le aperture superiori dei recipienti devono essere provviste di solide coperture
o di altre difese atte ad evitare il pericolo di caduta dei lavoratori entro
di essi.
3.4.3. Per le canalizzazioni nell'interno degli stabilimenti
e dei cantieri e per quelle esterne limitatamente ai tratti che servono da
piazzali di lavoro non adibiti ad operazioni di carico e scarico, la difesa
di cui al punto 3.4.1. deve avere altezza non minore di un metro.
3.4.4. Il presente articolo non si applica quando le
vasche, le canalizzazioni, i serbatoi ed i recipienti, hanno una profondità
non superiore a metri uno e non contengono liquidi o materie dannose e sempre
che siano adottate altre cautele.
3.5. Nei serbatoi, tini, vasche e simili che abbiano
una profondità di oltre 2 metri e che non siano provvisti di aperture di accesso
al fondo, qualora non sia possibile predisporre la scala fissa per l'accesso
al fondo dei suddetti recipienti devono essere usate scale trasportabili,
purché provviste di ganci di trattenuta.
3.6.1. Le tubazioni e le canalizzazioni e le relative
apparecchiature accessorie ed ausiliarie devono essere costruite e collocate
in modo che:
3.6.1.1 in caso di perdite di liquidi o fughe di gas,
o di rotture di elementi dell'impianto, non ne derivi danno ai lavoratori;
3.6.1.2 in caso di necessità sia attuabile il massimo
e più rapido svuotamento delle loro parti. 3.6.2. Quando esistono più tubazioni
o canalizzazioni contenenti liquidi o gas nocivi o pericolosi di diversa natura,
esse e le relative apparecchiature devono essere contrassegnate, anche ad
opportuni intervalli se si tratta di reti estese, con distinta colorazione,
il cui significato deve essere reso noto ai lavoratori mediante tabella esplicativa.
3.7. Le tubazioni e le canalizzazioni chiuse, quando
costituiscono una rete estesa o comprendono ramificazioni secondarie, devono
essere provviste di dispositivi, quali valvole, rubinetti, saracinesche e
paratoie, atti ad effettuare l'isolamento di determinati tratti in caso di
necessità.
3.8. I serbatoi tipo silos per materie capaci di sviluppare
gas o vapori, esplosivi o nocivi, devono, per garantire la sicurezza dei lavoratori,
essere provvisti di appropriati dispositivi o impianti accessori, quali chiusure,
impianti di ventilazione, valvole di esplosione.
3.9.1. I serbatoi e le vasche contenenti liquidi o materie
tossiche, corrosive o altrimenti pericolose, compresa l'acqua a temperatura
ustionante, devono essere provvisti:
3.9.1.1. di chiusure che per i liquidi e materie tossiche
devono essere a tenuta ermetica e per gli altri liquidi e materie dannose
essere tali da impedire che i lavoratori possano venire a contatto con il
contenuto;
3.9.1.2. di tubazioni di scarico di troppo pieno per
impedire il rigurgito o traboccamento.
3.9.2. Qualora per esigenze tecniche le disposizioni
di cui al punto 3.9.1.1. non siano attuabili, devono adottarsi altre idonee
misure di sicurezza.
3.10. I recipienti adibiti al trasporto dei liquidi
o materie infiammabili, corrosive, tossiche o comunque dannose devono essere
provvisti:
3.10.1. di idonee chiusure per impedire la fuoriuscita
del contenuto;
3.10.2. di accessori o dispositivi atti a rendere sicure
ed agevoli le operazioni di riempimento e svuotamento;
3.10.3. di accessori di presa, quali maniglie, anelli,
impugnature, atti a rendere sicuro ed agevole il loro impiego, in relazione
al loro uso particolare;
3.10.4. di involucro protettivo adeguato alla natura
del contenuto.
3.11.1. I recipienti di cui al punto 3.10., compresi
quelli vuoti già usati, devono essere conservati in posti appositi e separati,
con l'indicazione di pieno o vuoto se queste condizioni non sono evidenti.
3.11.2. Quelli vuoti, non destinati ad essere reimpiegati
per le stesse materie già contenute, devono, subito dopo l'uso, essere resi
innocui mediante appropriati lavaggi a fondo, oppure distrutti adottando le
necessarie cautele.
3.11.3. In ogni caso è vietato usare recipienti che
abbiano già contenuto liquidi infiammabili o suscettibili di produrre gas
o vapori infiammabili, o materie corrosive o tossiche, per usi diversi da
quelli originari, senza che si sia provveduto ad una preventiva completa bonifica
del loro interno, con la eliminazione di ogni traccia del primitivo contenuto
o dei suoi residui o prodotti secondari di trasformazione.
4. MISURE CONTRO L’INCENDIO E
L’ESPLOSIONE
4.1. Nelle aziende o lavorazioni in cui esistono pericoli
specifici di incendio:
4.1.1. è vietato fumare;
4.1.2. è vietato usare apparecchi a fiamma libera e
manipolare materiali incandescenti, a meno che non siano adottate idonee misure
di sicurezza;
4.1.3. devono essere predisposti mezzi ed impianti di
estinzione idonei in rapporto alle particolari condizioni in cui possono essere
usati, in essi compresi gli apparecchi estintori portatili o carrellati di
primo intervento. Detti mezzi ed impianti devono essere mantenuti in efficienza
e controllati almeno una volta ogni sei mesi da personale esperto;
4.2.1. L'acqua non deve essere usata per lo spegnimento
di incendi, quando le materie con le quali verrebbe a contatto possono reagire
in modo da aumentare notevolmente di temperatura o da svolgere gas infiammabili
o nocivi.
4.2.2. Parimenti l'acqua e le altre sostanze conduttrici
non devono essere usate in prossimità di conduttori, macchine e apparecchi
elettrici sotto tensione.
4.2.3. I divieti di cui al presente articolo devono
essere resi noti al personale mediante avvisi.
4.3.1. Le aziende e le lavorazioni nelle quali si producono,
si impiegano, si sviluppano o si detengono prodotti infiammabili, incendiabili
o esplodenti e che, per dimensioni, ubicazione ed altre ragioni presentano
in caso di incendio gravi pericoli per la incolumità dei lavoratori sono soggette,
ai fini della prevenzione degli incendi, al controllo del Comando provinciale
dei vigili del fuoco competente per territorio ad esclusione delle attività
svolte dal Ministero della difesa per le quali lo stesso Ministero provvede
ai controlli e all’attuazione di idonee misure a salvaguardia dell’incolumità
dei lavoratori in conformità ai provvedimenti specifici emanati in materia
di prevenzione incendi.
4.4. I progetti di nuovi impianti o costruzioni di cui
al precedente punto o di modifiche di quelli esistenti alla data di entrata
in vigore del presente decreto, devono essere sottoposti al preventivo esame
del Comando provinciale dei vigili del fuoco, al quale dovrà essere richiesta
la visita di controllo ad impianto o costruzione ultimati, prima dell'inizio
delle lavorazioni.
4.5.1. Nella fabbricazione, manipolazione, deposito
e trasporto di materie infiammabili od esplodenti e nei luoghi ove vi sia
pericolo di esplosione o di incendio per la presenza di gas, vapori o polveri,
esplosivi o infiammabili, gli impianti, le macchine, gli attrezzi, gli utensili
ed i meccanismi in genere non devono nel loro uso dar luogo a riscaldamenti
pericolosi o a produzione di scintille.
4.5.2. Idonee misure contro i riscaldamenti pericolosi
o la produzione di scintille devono adottarsi nella scelta ed ubicazione dei
locali e dei posti di lavoro e relativo arredamento, rispetto alla distanza
dalle sorgenti di calore.
4.5.3. Analoghe misure devono essere adottate nell'abbigliamento
dei lavoratori.
4.6.1. Il riscaldamento dei locali nei quali si compiono
le operazioni o esistono i rischi per fabbricazione, manipolazione, deposito
e trasporto di materie infiammabili od esplodenti e nei luoghi ove vi sia
pericolo di esplosione o di incendio per la presenza di gas, vapori o polveri,
esplosivi o infiammabili deve essere ottenuto con mezzi e sistemi tali da
evitare che gli elementi generatori o trasmittenti del calore possano raggiungere
temperature capaci di innescare le materie pericolose ivi esistenti.
4.6.2. Nei casi indicati al punto precedente le finestre
e le altre aperture esistenti negli stessi locali devono essere protette contro
la penetrazione dei raggi solari.
4.7.1. Nei locali di cui all'articolo precedente devono
essere predisposte nelle pareti o nei solai adeguate superfici di minor resistenza
atte a limitare gli effetti delle esplosioni.
4.7.2. Dette superfici possono essere anche costituite
da normali finestre o da intelaiature a vetri cieche fissate a cerniera ed
apribili verso l'esterno sotto l'azione di una limitata pressione.
4.7.3. In ogni caso dette superfici di minor resistenza
devono essere disposte in modo che il loro eventuale funzionamento non possa
arrecare danno alle persone.
4.8.1. Negli stabilimenti dove si producono differenti
qualità di gas non esplosivi nè infiammabili di per se stessi, ma le cui miscele
possono dar luogo a reazioni pericolose, le installazioni che servono alla
preparazione di ciascuna qualità di gas devono essere sistemate in locali
isolati, sufficientemente distanziati fra loro.
4.8.2. La disposizione di cui al punto precedente non
si applica quando i diversi gas sono prodotti contemporaneamente dallo stesso
processo, semprechè siano adottate idonee misure per evitare la formazione
di miscele pericolose.
4.9. Le materie ed i prodotti suscettibili di reagire
fra di loro dando luogo alla formazione di gas o miscele esplosive o infiammabili
devono essere immagazzinati e conservati in luoghi o locali sufficientemente
areati e distanziati ed adeguatamente isolati gli uni dagli altri.
4.10. I dispositivi di aspirazione per gas, vapori e
polveri esplosivi o infiammabili, tanto se predisposti in applicazione del
punto 2.1.8.1., quanto se costituenti elementi degli impianti di produzione
o di lavorazione, devono rispondere ai seguenti requisiti:
4.10.1. essere provvisti di valvole di esplosione, collocate
all'esterno dei locali in posizione tale da non arrecare danno alle persone
in caso di funzionamento;
4.10.2. avere tutte le parti metalliche collegate fra
loro ed il relativo complesso collegato elettricamente a terra;
4.10.3. essere provvisti, in quanto necessario, di mezzi
per la separazione e la raccolta delle polveri esplosive o infiammabili;
4.10.4. avere lo scarico in luogo dove i gas, i vapori
e le polveri non possono essere causa di pericolo.
4.11. Nelle installazioni in cui possono svilupparsi
gas, vapori o polveri suscettibili di dar luogo a miscele esplosive, devono
essere adottati impianti distinti di aspirazione per ogni qualità di gas,
vapore o polvere, oppure adottate altre misure idonee ad evitare i pericoli
di esplosione.
5. PRIMO SOCCORSO
5.1. Nelle aziende industriali, e in quelle commerciali
che occupano più di 25 dipendenti, il datore di lavoro deve tenere i presidi
sanitari indispensabili per prestare le prime immediate cure ai lavoratori
feriti o colpiti da malore improvviso.
5.2. Detti presidi devono essere contenuti in un pacchetto
di medicazione o in una cassetta di pronto soccorso o in una camera di medicazione.
5.3. La quantità e la specie dei presidi chirurgici
e farmaceutici sono definiti dal decreto del Ministro della salute 15 luglio
2003, n. 388 e successive modificazioni.
5.4. Pacchetto di medicazione:
5.4.1. Sono obbligate a tenere un pacchetto di medicazione
le aziende industriali che non si trovano nelle condizioni indicate nei successivi
punti 5.5. e 5.6., nonché le aziende commerciali che occupano più di 25 dipendenti.
5.5. Cassetta di pronto soccorso:
5.5.1. Sono obbligate a tenere una cassetta di pronto
soccorso:
5.5.1.1. le aziende industriali, che occupano fino a
5 dipendenti, quando siano ubicate lontano dai centri abitati provvisti di
posto pubblico permanente di pronto soccorso e le attività che in esse si
svolgono presentino rischi di scoppio, di asfissia, di infezione o di avvelenamento;
5.5.1.2. le aziende industriali, che occupano fino a
50 dipendenti, quando siano ubicate in località di difficile accesso o lontane
da posti pubblici permanenti di pronto soccorso e le attività che in esse
si svolgono non presentino i rischi considerati alla lettera a);
5.5.1.3. le aziende industriali, che occupano oltre
5 dipendenti, quando siano ubicate nei centri abitati provvisti di posto pubblico
permanente di pronto soccorso e le attività che in esse si svolgono presentino
rischi di scoppio, di asfissia, di infezione o di avvelenamento;
5.5.1.4. le aziende industriali, che occupano oltre
50 dipendenti, ovunque ubicate che non presentano i rischi particolari sopra
indicati.
5.6. Camera di medicazione:
5.6.1. Sono obbligate a tenere la camera di medicazione
le aziende industriali che occupano più di 5 dipendenti quando siano ubicate
lontano dai posti pubblici permanenti di pronto soccorso e le attività che
in esse si svolgono presentino rischi di scoppio, di asfissia, di infezione
o di avvelenamento.
5.6.2. Quando, a giudizio dell’organo di vigilanza,
ricorrano particolari condizioni di rischio e di ubicazione, le aziende di
cui al precedente punto 5.5., in luogo della cassetta di pronto soccorso,
sono obbligate ad allestire la camera di medicazione.
5.6.3. Sono obbligate a tenere la camera di medicazione
anche le aziende industriali che occupano più di 50 dipendenti soggetti all'obbligo
delle visite mediche preventive e periodiche a norma dell’articolo 40 del
presente decreto.
5.6.4. La camera di medicazione, oltre a contenere i
presidi sanitari previsti al punto 5.1., deve essere convenientemente aerata
ed illuminata, riscaldata nella stagione fredda e fornita di un lettino con
cuscino e due coperte di lana; di acqua per bere e per lavarsi; di sapone
e asciugamani.
5.7.1. Nei complessi industriali, ove la distanza dei
vari reparti di lavoro dal posto di pronto soccorso della azienda è tale da
non garantire la necessaria tempestività delle cure, l’organo di vigilanza
può prescrivere che l'azienda, oltre a disporre del posto centrale di pronto
soccorso, provveda ad istituirne altri localizzati nei reparti più lontani
o di più difficile accesso.
5.7.2. Detti posti di soccorso, quando le lavorazioni
non presentino particolari rischi, devono essere dotati del pacchetto di medicazione.
L'organo di vigilanza, in relazione al numero degli operai occupati nel reparto
ed alla lontananza di questo dal posto di pronto soccorso, può prescrivere
che sia tenuta, in luogo del pacchetto di medicazione, la cassetta del pronto
soccorso.
5.7.3. Quando le lavorazioni eseguite nei vari reparti
presentino rischi specifici, l'organo di vigilanza può altresì prescrivere
che vi siano sul posto i presidi e le apparecchiature di pronto soccorso ritenuti
necessari in relazione alla natura e alla pericolosità delle lavorazioni.
5.8. Personale sanitario:
5.8.1. Nelle aziende ove i lavoratori sono sottoposti
a sorveglianza sanitaria deve essere affisso in luogo ben visibile un cartello
indicante il nome, il cognome e il domicilio od il recapito del medico a cui
si può ricorrere ed eventualmente il numero del suo telefono, oppure il posto
di soccorso pubblico più vicino all'azienda.
5.8.2. Nelle aziende di cui ai punti 5.5. e 5.6., un
infermiere od, in difetto, una persona pratica dei servizi di infermeria,
deve essere incaricato di curare la buona conservazione dei locali, degli
arredi e dei materiali destinati al pronto soccorso.
6. DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE
AZIENDE AGRICOLE
6.1. Abitazioni e dormitori:
6.1.1. Ferme restando le disposizioni relative alle
condizioni di abitabilità delle case rurali, contenute nel testo unico delle
leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, è vietato
di adibire ad abitazioni di lavoratori stabili o a dormitorio di lavoratori
assunti per lavori stagionali di carattere periodico:
6.1.1.1 grotte naturali od artificiali o costruzioni
di qualunque specie le cui pareti o coperture sono costituite in tutto od
in parte dalla roccia;
6.1.1.2 capanne costruite in tutto o in parte con paglia,
fieno, canne, frasche o simili, oppure anche tende od altre costruzioni di
ventura.
6.1.2. E' fatta eccezione per i ricoveri diurni e per
i soli lavori non continuativi, nè periodici che si devono eseguire in località
distanti più di cinque chilometri dal centro abitato, per il qual caso si
applicano le disposizioni di cui al punto 1.14.3..
6.1.3. E' fatta pure eccezione per i ricoveri dei pastori,
quando siano destinati ad essere abitati per la sola durata del pascolo e
si debbano cambiare col mutare delle zone a questo di mano in mano assegnate.
6.2. Dormitori temporanei:
6.2.1. Le costruzioni fisse o mobili, adibite ad uso
di dormitorio dei lavoratori assunti per lavori stagionali di carattere periodico,
devono rispondere alle condizioni prescritte per le costruzioni di cui ai
punti 1.14.4.1., 1.14.4.2., 1.14.4.2.1., 1.14.4.2.2., 1.14.4.2.3., 1.14.4.2.4.,
1.14.4.2.5., 1.14.4.2.6., 1.14.4.3., 1.14.4.4., 1.14.4.5., 1.14.4.6. del presente
decreto.
6.2.2. L’organo di vigilanza può prescrivere che i dormitori
dispongano dei servizi accessori previsti al punto 1.14.4.6., quando li ritenga
necessari in relazione alla natura e alla durata dei lavori, nonché alle condizioni
locali.
6.3. Acqua:
6.3.1. Per la provvista, la conservazione e la distribuzione
dell'acqua potabile ai lavoratori devono essere osservate le norme igieniche
atte ad evitarne l'inquinamento e ad impedire la diffusione di malattie.
6.4. Acquai e latrine:
6.4.1. Le abitazioni stabili assegnate dal datore di
lavoro ad ogni famiglia di lavoratori devono essere provviste di acquaio e
di latrina.
6.4.2. Gli scarichi degli acquai, dei lavatoi e degli
abbeveratoi devono essere costruiti in modo che le acque siano versate nel
terreno a distanza non inferiore a 25 metri dall'abitazione, nonché dai depositi
e dalle condutture dell'acqua potabile.
6.4.3. Gli scarichi delle latrine devono essere raccolti
in bottini impermeabili e muniti di tubo sfogatore di gas.
6.4.4. I locali delle latrine non devono comunicare
direttamente con le stanze di abitazione, a meno che le latrine non siano
a chiusura idraulica.
6.5. Stalle e concimaie:
6.5.1. Le stalle non devono comunicare direttamente
con i locali di abitazione o con i dormitori.
6.5.2. Quando le stalle siano situate sotto i locali
predetti devono avere solaio costruito in modo da impedire il passaggio del
gas.
6.5.3. Le stalle devono avere pavimento impermeabile
ed essere munite di fossetti di scolo per le deiezioni liquide, da raccogliersi
in appositi bottini collocati fuori dalle stalle stesse secondo le norme consigliate
dalla igiene.
6.5.4. Nei locali di nuova costruzione le stalle non
devono avere aperture nella stessa facciata ove si aprono le finestre delle
abitazioni o dei dormitori a distanza minore di 3 metri in linea orizzontale.
6.5.5. Le concimaie devono essere normalmente situate
a distanza non minore di 25 metri dalle abitazioni o dai dormitori nonché
dai depositi e dalle condutture dell'acqua potabile.
6.5.6. Qualora, per difficoltà provenienti dalla ubicazione,
non sia possibile mantenere la distanza suddetta, l'Ispettorato del lavoro
può consentire che la concimaia venga situata anche a distanze minori.
6.6. Mezzi di pronto soccorso e di profilassi:
6.6.1. Le aziende che occupano almeno cinque lavoratori,
devono tenere il pacchetto di medicazione di cui al punto 6.4.; quando il
numero dei lavoratori superi i cinquanta, le aziende devono tenere la cassetta
di pronto soccorso di cui al punto predetto.
6.6.2. Le aziende devono altresì tenere a disposizione
dei lavoratori addetti alla custodia del bestiame i mezzi di disinfezione
necessari per evitare il contagio delle malattie infettive.
6.6.3. Nelle attività concernenti il diserbamento, la
distruzione dei parassiti delle piante, dei semi e degli animali, la distruzione
dei topi o di altri animali nocivi, nonché in quelle concernenti la prevenzione
e la cura delle malattie infettive del bestiame e le disinfezioni da eseguire
nei luoghi e sugli oggetti infetti ed, in genere, nei lavori in cui si adoperano
o si producono sostanze asfissianti, tossiche, infettanti o comunque nocive
alla salute dei lavoratori, devono essere osservate le disposizioni contenute
ai punti 2.1.1., 2.1.2., 2.1.3. e 2.1.4..
Allegato V - Requisiti di sicurezza
delle attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni legislative
e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, o
messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente alla data della loro
emanazione
PARTE I
REQUISITI GENERALI APPLICABILI A TUTTE LE ATTREZZATURE
DI LAVORO
1. Osservazioni di carattere generale
1.1 I requisiti del presente allegato si applicano allorché
esiste, per l’attrezzatura di lavoro considerata, un rischio corrispondente.
1.2 Eventuali disposizioni concernenti l’uso di talune
attrezzature di lavoro sono riportate nel presente allegato al fine di consentirne
l’impiego sicuro, in relazione ai loro rischi specifici.
2. Sistemi e dispositivi di comando
2.1. I sistemi di comando devono essere sicuri ed essere
scelti tenendo conto dei guasti, dei disturbi e delle sollecitazioni prevedibili
nell'ambito dell'uso progettato dell’attrezzatura.
I dispositivi di comando di un'attrezzatura di lavoro
aventi un'incidenza sulla sicurezza devono essere chiaramente visibili, individuabili
ed eventualmente contrassegnati in maniera appropriata.
I dispositivi di comando devono essere ubicati al di
fuori delle zone pericolose, eccettuati, se necessario, taluni dispositivi
di comando, quali ad es. gli arresti d emergenza, le consolle di apprendimento
dei robot, ecc, e disposti in modo che la loro manovra non possa causare rischi
supplementari. Essi non devono comportare rischi derivanti da una manovra
accidentale.
Se necessario, dal posto di comando principale l'operatore
deve essere in grado di accertarsi dell'assenza di persone nelle zone pericolose.
Se ciò non dovesse essere possibile, qualsiasi messa in moto dell’attrezzatura
di lavoro deve essere preceduta automaticamente da un segnale d'avvertimento
sonoro e/o visivo. La persona esposta deve avere il tempo e/o i mezzi di sottrarsi
rapidamente ad eventuali rischi causati dalla messa in moto e/o dall'arresto
dell'attrezzatura di lavoro.
I dispositivi di comando devono essere bloccabili, se
necessario in rapporto ai rischi di azionamento intempestivo o involontario.
I motori soggetti a variazioni di velocità che possono
essere fonte di pericolo devono essere provvisti di regolatore automatico
di velocità, tale da impedire che questa superi i limiti prestabiliti.
Il regolatore deve essere munito di un dispositivo che
ne segnali il mancato funzionamento.
2.2. La messa in moto di un'attrezzatura deve poter
essere effettuata soltanto mediante un'azione volontaria su un organo di comando
concepito a tal fine.
Lo stesso vale:
- per la rimessa in moto dopo un arresto, indipendentemente
dalla sua origine,
- per il comando di una modifica rilevante delle condizioni
di funzionamento (ad esempio,
velocità, pressione, ecc.), salvo che questa rimessa
in moto o modifica di velocità non presenti nessun pericolo per il lavoratore
esposto.
Questa disposizione non si applica quando la rimessa
in moto o la modifica delle condizioni di funzionamento risultano dalla normale
sequenza di un ciclo automatico.
2.3. Ogni attrezzatura di lavoro deve essere dotata
di un dispositivo di comando che ne permetta l'arresto generale in condizioni
di sicurezza.
Ogni postazione di lavoro deve essere dotata di un dispositivo
di comando che consenta di arrestare, in funzione dei rischi esistenti, tutta
l'attrezzatura di lavoro, oppure soltanto una parte di essa, in modo che l'attrezzatura
si trovi in condizioni di sicurezza. L'ordine di arresto dell'attrezzatura
di lavoro deve essere prioritario rispetto agli ordini di messa in moto. Ottenuto
l'arresto dell'attrezzatura di lavoro, o dei suoi elementi pericolosi, l'alimentazione
degli azionatori deve essere interrotta.
2.4. Se ciò è appropriato e funzionale rispetto ai pericoli
dell'attrezzatura di lavoro e del tempo di arresto normale, un'attrezzatura
di lavoro deve essere munita di un dispositivo di arresto di emergenza.
3. Rischi di rottura, proiezione
e caduta di oggetti durante il funzionamento
3.1. Un'attrezzatura di lavoro che presenti pericoli
causati da cadute o da proiezione di oggetti deve essere munita di dispositivi
appropriati di sicurezza, corrispondenti a tali pericoli.
3.2. Nel caso in cui esistano rischi di spaccatura o
di rottura di elementi mobili di un'attrezzatura di lavoro, tali da provocare
seri pericoli per la sicurezza o la salute dei lavoratori, devono essere prese
le misure di protezione appropriate.
4. Emissioni di gas, vapori, liquidi,
polvere, ecc.
4.1. Un'attrezzatura di lavoro che comporti pericoli
dovuti ad emanazioni di gas, vapori o liquidi ovvero ad emissioni di polveri,
fumi o altre sostanze prodotte, usate o depositate nell'attrezzatura di lavoro
deve essere munita di appropriati dispositivi di ritenuta e/o di estrazione
vicino alla fonte corrispondente a tali pericoli.
5. Stabilità
5.1. Qualora ciò risulti necessario ai fini della sicurezza
o della salute dei lavoratori, le attrezzature di lavoro ed i loro elementi
debbono essere resi stabili mediante fissazione o con altri mezzi.
6. Rischi dovuti agli elementi mobili
6.1. Se gli elementi mobili di un'attrezzatura di lavoro
presentano rischi di contatto meccanico che possono causare incidenti, essi
devono essere dotati di protezioni o di sistemi protettivi che impediscano
l'accesso alle zone pericolose o che arrestino i movimenti pericolosi prima
che sia possibile accedere alle zone in questione.
Le protezioni ed i sistemi protettivi:
- devono essere di costruzione robusta,
- non devono provocare rischi supplementari,
- non devono essere facilmente elusi o resi inefficaci,
- devono essere situati ad una sufficiente distanza
dalla zona pericolosa,
- non devono limitare più del necessario l'osservazione
del ciclo di lavoro,
- devono permettere gli interventi indispensabili per
l'installazione e/o la sostituzione degli attrezzi, nonché per i lavori di
manutenzione, limitando però l'accesso unicamente al settore dove deve essere
effettuato il lavoro e, se possibile, senza che sia necessario smontare le
protezioni o il sistema protettivo.
6.2. Quando per effettive ragioni tecniche o di lavorazione
non sia possibile conseguire una efficace protezione o segregazione degli
organi lavoratori e delle zone di operazione pericolose delle attrezzature
di lavoro si devono adottare altre misure per eliminare o ridurre il pericolo,
quali idonei attrezzi, alimentatori automatici, dispositivi supplementari
per l’arresto della macchina e congegni di messa in marcia a comando multiplo
simultaneo.
6.3. Gli apparecchi di protezione amovibili degli organi
lavoratori, delle zone di operazione e degli altri organi pericolosi delle
attrezzature di lavoro, quando sia tecnicamente possibile e si tratti di eliminare
un rischio grave e specifico, devono essere provvisti di un dispositivo di
blocco collegato con gli organi di messa in moto e di movimento della attrezzatura
di lavoro tale che:
a) impedisca di rimuovere o di aprire il riparo quando
l’attrezzatura di lavoro è in moto o provochi l’arresto dell’attrezzatura
di lavoro all’atto della rimozione o dell’apertura del riparo;
b) non consenta l’avviamento dell’attrezzatura di lavoro
se il riparo non è nella posizione di chiusura.
6.4. Nei casi previsti nei punti 6.2 e 6.3, quando gli
organi lavoratori non protetti o non completamente protetti possono afferrare,
trascinare o schiacciare e sono dotati di notevole inerzia, il dispositivo
di arresto dell’attrezzatura di lavoro, oltre ad avere l’organo di comando
a immediata portata delle mani o di altre parti del corpo del lavoratore,
deve comprendere anche un efficace sistema di frenatura che consenta l’arresto
nel più breve tempo possibile.
6.5. Quando per effettive esigenze della lavorazione
non sia possibile proteggere o segregare in modo completo gli organi lavoratori
e le zone di operazione pericolose delle attrezzature di lavoro, la parte
di organo lavoratore o di zona di operazione non protetti deve essere limitata
al minimo indispensabile richiesto da tali esigenze e devono adottarsi misure
per ridurre al minimo il pericolo.
7. Illuminazione
7.1. Le zone di operazione ed i punti di lavoro o di
manutenzione di un'attrezzatura di lavoro devono essere opportunamente illuminati
in funzione dei lavori da effettuare.
8.Temperature estreme
8.1. Le parti di un'attrezzatura di lavoro a temperatura
elevata o molto bassa debbono, ove necessario, essere protette contro i rischi
di contatti o di prossimità a danno dei lavoratori.
9. Segnalazioni, indicazioni.
9.1. I dispositivi di allarme dell'attrezzatura di lavoro
devono essere ben visibili e le relative segnalazioni comprensibili senza
possibilità di errore.
9.2. L'attrezzatura di lavoro deve recare gli avvertimenti
e le indicazioni indispensabili a garantire la sicurezza dei lavoratori.
9.3. Gli strumenti indicatori, quali manometri, termometri,
pirometri, indicatori di livello devono essere collocati e mantenuti in modo
che le loro indicazioni siano chiaramente visibili al personale addetto all’impianto
o all’apparecchio.
9.4. Le macchine e gli apparecchi elettrici devono portare
l’indicazione della tensione, dell’intensità e del tipo di corrente e delle
altre eventuali caratteristiche costruttive necessarie per l’uso.
9.5. Ogni inizio ed ogni ripresa di movimento di trasmissioni
inseribili senza arrestare il motore che comanda la trasmissione principale
devono essere preceduti da un segnale acustico convenuto.
10. Vibrazioni
10.1. Le attrezzature di lavoro devono essere costruite,
installate e mantenute in modo da evitare scuotimenti o vibrazioni che possano
pregiudicare la loro stabilità, la resistenza dei loro elementi e la stabilità
degli edifici.
10.2. Qualora lo scuotimento o la vibrazione siano inerenti
ad una specifica funzione tecnologica dell’attrezzatura di lavoro, devono
adottarsi le necessarie misure o cautele affinché ciò non sia di pregiudizio
alla stabilità degli edifici od arrechi danno alle persone.
11. Manutenzione, riparazione,
regolazione ecc.
11.1. Le operazioni di manutenzione devono poter essere
effettuate quando l'attrezzatura di lavoro è ferma. Se ciò non è possibile,
misure di protezione appropriate devono poter essere prese per l'esecuzione
di queste operazioni oppure esse devono poter essere effettuate al di fuori
delle zone pericolose.
Per ciascuna attrezzatura di lavoro per la quale sia
fornito un libretto di manutenzione occorre prevedere l'aggiornamento di questo
libretto.
11.2. Ogni attrezzatura di lavoro deve essere munita
di dispositivi chiaramente identificabili che consentano di isolarla da ciascuna
delle sue fonti di energia.
Il ripristino dell'alimentazione deve essere possibile
solo in assenza di pericolo per i lavoratori interessati.
11.3. Per effettuare le operazioni di produzione, di
regolazione e di manutenzione delle attrezzature di lavoro, i lavoratori devono
poter accedere in condizioni di sicurezza a tutte le zone interessate.
11.4. Le attrezzature di lavoro che per le operazioni
di caricamento, registrazione, cambio di pezzi, pulizia, riparazione e manutenzione,
richiedono che il lavoratore si introduca in esse o sporga qualche parte del
corpo fra organi che possono entrare in movimento, devono essere provviste
di dispositivi, che assicurino in modo assoluto la posizione di fermo dell’attrezzatura
di lavoro e dei suoi organi durante l’esecuzione di dette operazioni. Devono
altresì adottarsi le necessarie misure e cautele affinché l’attrezzatura di
lavoro o le sue parti non siano messe in moto da altri.
12. Incendio ed esplosione
12.1. Tutte le attrezzature di lavoro debbono essere
adatte a proteggere i lavoratori contro i rischi d'incendio o di surriscaldamento
dell'attrezzatura stessa.
12.2. Tutte le attrezzature di lavoro devono essere
adatte a prevenire i rischi di esplosione dell'attrezzatura stessa e delle
sostanze prodotte, usate o depositate nell'attrezzatura di lavoro.
PARTE II
PRESCRIZIONI SUPPLEMENTARI APPLICABILI AD ATTREZZATURE
DI LAVORO SPECIFICHE
1 Prescrizioni applicabili alle
attrezzature in pressione
1.1 Le attrezzature, insiemi ed impianti sottoposti
a pressione di liquidi, gas, vapori, e loro miscele, devono essere progettati
e costruiti in conformità ai requisiti di resistenza e idoneità all’uso stabiliti
dalle disposizioni vigenti in materia, valutando in particolare i rischi dovuti
alla pressione ed alla temperatura del fluido nei riguardi della resistenza
del materiale della attrezzatura e dell’ambiente circostante alla attrezzatura
stessa
2 Prescrizioni applicabili ad attrezzature
di lavoro mobili, semoventi o no.
2.1 Le attrezzature di lavoro con lavoratore/i a bordo
devono essere strutturate in modo tale da ridurre i rischi per il lavoratore/i
durante lo spostamento. Deve essere previsto anche il rischio che il lavoratore
venga a contatto con le ruote o i cingoli o vi finisca intrappolato.
2.2 Qualora il bloccaggio intempestivo degli elementi
di trasmissione d’energia accoppiabili tra un’attrezzatura di lavoro mobile
e i suoi accessori e/o traini possa provocare rischi specifici, questa attrezzatura
di lavoro deve essere realizzata in modo tale da impedire il bloccaggio degli
elementi di trasmissione d’energia.
Nel caso in cui tale bloccaggio non possa essere impedito,
dovrà essere presa ogni precauzione possibile per evitare conseguenze pregiudizievoli
per i lavoratori.
2.3 Se gli organi di trasmissione di energia accoppiabili
tra attrezzature di lavoro mobili rischiano di sporcarsi e di rovinarsi strisciando
al suolo, deve essere possibile il loro fissaggio.
2.4 Le attrezzature di lavoro mobili con lavoratore/i
a bordo devono limitare, nelle condizioni di utilizzazione reali, i rischi
derivanti da un ribaltamento dell’attrezzatura di lavoro:
- mediante una struttura di protezione che impedisca
all’attrezzatura di ribaltarsi di più di un quarto di giro,
- ovvero mediante una struttura che garantisca uno spazio
sufficiente attorno al lavoratore o ai lavoratori trasportati a bordo qualora
il movimento possa continuare oltre un quarto di giro,
- ovvero mediante qualsiasi altro dispositivo di portata
equivalente.
Queste strutture di protezione possono essere integrate
all’attrezzatura di lavoro.
Queste strutture di protezione non sono obbligatorie
se l’attrezzatura di lavoro è stabilizzata durante tutto il periodo d’uso,
oppure se l’attrezzatura di lavoro è concepita in modo da escludere qualsiasi
ribaltamento della stessa.
Se sussiste il pericolo che in caso di ribaltamento,
il lavoratore o i lavoratori trasportati rimangano schiacciati tra parti dell’attrezzatura
di lavoro e il suolo, deve essere installato un sistema di ritenzione.
2.5 I carrelli elevatori su cui prendono posto uno o
più lavoratori devono essere sistemati o attrezzati in modo da limitarne i
rischi di ribaltamento, ad esempio,
- istallando una cabina per il conducente,
- mediante una struttura atta ad impedire il ribaltamento
del carrello elevatore,
- mediante una struttura concepita in modo tale da lasciare,
in caso di ribaltamento del carrello elevatore, uno spazio sufficiente tra
il suolo e talune parti del carrello stesso per il lavoratore o i lavoratori
a bordo,
- mediante una struttura che trattenga il lavoratore
o i lavoratori sul sedile del posto di guida per evitare che, in caso di ribaltamento
del carrello elevatore, essi possano essere intrappolati da parti del carrello
stesso
2.6 Le attrezzature di lavoro mobili semoventi il cui
spostamento può comportare rischi per le persone devono soddisfare le seguenti
condizioni:
a. esse devono essere dotate dei mezzi necessari per
evitare la messa in moto non autorizzata;
b. esse devono essere dotate dei mezzi appropriati che
consentano di ridurre al minimo le conseguenze di un’eventuale collisione
in caso di movimento simultaneo di più attrezzature di lavoro circolanti su
rotaia;
c. esse devono essere dotate di un dispositivo che consenta
la frenatura e l’arresto; qualora considerazioni di sicurezza l’impongano,
un dispositivo di emergenza con comandi facilmente accessibili o automatici
deve consentire la frenatura e l’arresto in caso di guasto del dispositivo
principale;
d. quando il campo di visione diretto del conducente
è insufficiente per garantire la sicurezza, esse devono essere dotate di dispositivi
ausiliari per migliorare la visibilità;
e. le attrezzature di lavoro per le quali è previsto
un uso notturno o in luoghi bui devono incorporare un dispositivo di illuminazione
adeguato al lavoro da svolgere e garantire sufficiente sicurezza ai lavoratori;
f. le attrezzature di lavoro che comportano, di per
sé o a causa dei loro traini e/o carichi, un rischio di incendio suscettibile
di mettere in pericolo i lavoratori, devono essere dotate di appropriati dispositivi
antincendio a meno che tali dispositivi non si trovino già ad una distanza
sufficientemente ravvicinata sul luogo in cui esse sono usate;
g. le attrezzature di lavoro telecomandate devono arrestarsi
automaticamente se escono dal campo di controllo;
h. le attrezzature di lavoro telecomandate che, usate
in condizioni normali, possono comportare rischi di urto o di intrappolamento
dei lavoratori, devono essere dotate di dispositivi di protezione contro tali
rischi, a meno che non siano installati altri dispositivi per controllare
il rischio di urto.
2.7 Al termine delle linee di trasporto su binari, sia
in pendenza che orizzontali, devono essere predisposti mezzi o adottate misure
per evitare danni alle persone derivanti da eventuali fughe o fuoruscite dei
veicoli.
2.8 I dispositivi che collegano fra loro i mezzi di
trasporto devono essere costruiti in modo da rendere possibile di effettuare
con sicurezza le manovre di attacco e di distacco e da garantire la stabilità
del collegamento.
E' vietato procedere, durante il moto, all'attacco e
al distacco dei mezzi di trasporto, a meno che questi non siano provvisti
di dispositivi che rendano la manovra non pericolosa e che il personale addetto
sia esperto.
2.9 I mezzi di trasporto azionati da motori elettrici
devono avere la maniglia dell'interruttore principale asportabile o bloccabile,
oppure gli apparati di comando sistemati in cabina o armadio chiudibili a
chiave.
I conducenti di detti mezzi, alla cessazione del servizio,
devono asportare o bloccare la maniglia dell'interruttore o chiudere a chiave
la cabina.
2.10 I piani inclinati con rotaie devono essere provvisti,
all'inizio del percorso in pendenza alla stazione superiore, di dispositivi
automatici di sbarramento per impedire la fuga di vagonetti o di convogli
liberi.
Alla stazione o al limite inferiore e lungo lo stesso
percorso del piano inclinato, in relazione alle condizioni di impianto devono
essere predisposte nicchie di rifugio per il personale.
Deve essere vietato alle persone di percorrere i piani
inclinati durante il funzionamento, a meno che il piano stesso non comprenda
ai lati dei binari, passaggi aventi larghezza e sistemazioni tali da permettere
il transito pedonale senza pericolo.
2.11 I piani inclinati devono essere provvisti di dispositivo
di sicurezza atto a provocare il pronto arresto dei carrelli o dei convogli
in caso di rottura o di allentamento degli organi di trazione, quando ciò
sia necessario in relazione alla lunghezza, alla pendenza del percorso, alla
velocità di esercizio o ad altre particolari condizioni di impianto, e comunque
quando siano usati, anche saltuariamente, per il trasporto delle persone.
Quando per ragioni tecniche connesse con le particolarità
dell'impianto o del suo esercizio, non sia possibile adottare il dispositivo
di cui al primo comma, gli organi di trazione e di attacco dei carrelli devono
presentare un coefficiente di sicurezza, almeno uguale a otto; in tal caso
è vietato l'uso dei piani inclinati per il trasporto delle persone.
In ogni caso, gli organi di trazione e di attacco, come
pure i dispositivi di sicurezza devono essere sottoposti a verifica mensile.
2.12 I serbatoi del carburante liquido e le bombole
dei gas compressi destinati all'azionamento dei veicoli devono essere sistemati
in modo sicuro e protetti contro le sorgenti di calore e contro gli urti.
2.13 I mezzi di trasporto meccanici, se per determinati
tratti di percorso sono mossi direttamente dai lavoratori, devono essere provvisti
di adatti elementi di presa che rendano la manovra sicura.
2.14 I veicoli nei quali lo scarico si effettua mediante
ribaltamento devono essere provvisti di dispositivi che impediscano il ribaltamento
accidentale e che consentano di eseguire la manovra in modo sicuro.
2.15 All'esterno delle fronti di partenza e di arrivo
dei vagonetti alle stazioni delle teleferiche devono essere applicati solidi
ripari a grigliato metallico atti a trattenere una persona in caso di caduta.
Tali ripari devono essere disposti a non oltre m. 0,50 sotto il margine del
piano di manovra e sporgere da questo per almeno m. 2.
2.16 Le teleferiche dai cui posti di manovra non sia
possibile controllare tutto il percorso devono avere in ogni stazione o posto
di carico e scarico, un dispositivo che consenta la trasmissione dei segnali
per le manovre dalla stazione principale.
2.17 L'ingrassatura delle funi portanti delle teleferiche
e degli impianti simili deve essere effettuata automaticamente mediante apparecchio
applicato ad apposito carrello.
3 Prescrizioni applicabili alle
attrezzature di lavoro adibite al sollevamento, al trasporto o all’immagazzinamento
di carichi.
3.1 Prescrizioni generali
3.1.1 Le attrezzature di lavoro adibite al sollevamento
di carichi installate stabilmente devono essere costruite in modo da assicurare
la solidità e la stabilità durante l’uso tenendo in considerazione innanzi
tutto i carichi da sollevare e le sollecitazioni che agiscono sui punti di
sospensione o di ancoraggio alle strutture.
3.1.2 Per le gru a ponte ed apparecchi assimilabili
la freccia massima di deformazione elastica, sotto il carico di prova, deve
risultare contenuto nei limiti di seguito indicati:
• per travi ad anima piena laminate con argani per azionamento
meccanico: f ≤ 1/750 luce;
• per travi ad anima piena, composite, con argani ad
azionamento meccanico con velocità di manovra ≤ 25 m/min: f ≤
1/750 luce;
• per travi ad anima piena, composite, con argani ad
azionamento meccanico con velocità di manovra > 25 m/min: f ≤ 1/1000
luce;
• per travi a struttura reticolare: f ≤ 1/1000
luce.
Nel caso di travi a mensola si considera una luce teorica
pari alla lunghezza della mensola; nel caso di travi con aggetto (e simili)
si assume come luce teorica la lunghezza complessiva somma dell’aggetto e
della distanza tra i due punti di appoggio più vicini all’aggetto: la distanza
maggiore tra la trave in flessa e la linea retta passante per le due estremità
della trave rappresenterà la freccia da rilevare che dovrà risultare compresa
nei limiti precedentemente indicati.
Il carico di prova deve corrispondere a quello dichiarato
dal costruttore, per le diverse condizioni di impiego, aumentate del:
• 25% per le autogrù;
• 20% per le gru a torre ed apparecchi assimilabili;
• 10% per tutti gli altri apparecchi.
Il carico di prova deve essere staticamente applicato
per un tempo di 15 min.
3.1 3 Le macchine adibite al sollevamento di carichi,
escluse quelle azionate a mano, devono recare un’indicazione chiaramente visibile
del loro carico nominale e, all’occorrenza, una targa di carico indicante
il carico nominale di ogni singola configurazione della macchina.
Gli accessori di sollevamento devono essere marcati
in modo da poterne identificare le caratteristiche essenziali ai fini di un’utilizzazione
sicura.
I ganci utilizzati nei mezzi di sollevamento e di trasporto
devono portare in rilievo o incisa la chiara indicazione della loro portata
massima ammissibile.
Se l’attrezzatura di lavoro non è destinata al sollevamento
di persone, una segnalazione in tal senso dovrà esservi apposta in modo visibile
onde non ingenerare alcuna possibilità di confusione.
3.1.4 Le attrezzature di lavoro adibite al sollevamento
di carichi installate stabilmente devono essere disposte in modo tale da ridurre
il rischio che i carichi:
a) urtino le persone,
b) in modo involontario derivino pericolosamente o precipitino
in caduta libera, ovvero
c) siano sganciati involontariamente.
3.1.5 I mezzi di sollevamento e di trasporto devono
essere provvisti di dispositivi di frenatura atti ad assicurare il pronto
arresto e la posizione di fermo del carico e del mezzo e, quando è necessario
ai fini della sicurezza, a consentire la gradualità dell’arresto.
Il presente punto non si applica ai mezzi azionati a
mano per i quali, in relazione alle dimensioni, struttura, portata, velocità
e condizioni di uso, la mancanza del freno non costituisca causa di pericolo.
3.1.6 Nei casi in cui l’interruzione dell’energia di
azionamento può comportare pericoli per le persone, i mezzi di sollevamento
devono essere provvisti di dispositivi che provochino l’arresto automatico
sia del mezzo che del carico.
In ogni caso l’arresto deve essere graduale onde evitare
eccessive sollecitazioni nonché il sorgere di oscillazioni pericolose per
la stabilità del carico.
3.1.7 I mezzi di sollevamento e di trasporto quando
ricorrano specifiche condizioni di pericolo devono essere provvisti di appropriati
dispositivi acustici e luminosi di segnalazione e di avvertimento, nonché
di illuminazione del campo di manovra.
3.1.8 Gli apparecchi e gli impianti di sollevamento
e di trasporto per trazione, provvisti di tamburi di avvolgimento e di pulegge
di frizione, come pure di apparecchi di sollevamento a vite, devono essere
muniti di dispositivi che impediscano:
a) l’avvolgimento e lo svolgimento delle funi o catene
o la rotazione della vite, oltre le posizioni limite prestabilite ai fini
della sicurezza in relazione al tipo o alle condizioni d’uso dell’apparecchio
(dispositivo di arresto automatico di fine corsa);
b) la fuoruscita delle funi o catene dalla sede dei
tamburi e delle pulegge durante il normale funzionamento.
Sono esclusi dall’applicazione della disposizione di
cui alla lettera a) i piccoli apparecchi per i quali in relazione alle loro
dimensioni, potenza, velocità e condizioni di uso, la mancanza dei dispositivi
di arresto automatico di fine corsa non costituisca causa di pericolo.
3.1.9 I tamburi e le pulegge degli apparecchi ed impianti
indicati al punto 2.1.8 devono avere le sedi delle funi e delle catene atte,
per dimensioni e profilo, a permettere il libero e normale avvolgimento delle
stesse funi o catene in modo da evitare accavallamenti o sollecitazioni anormali.
Quando per particolari esigenze vengono usati tamburi o pulegge in condizioni
diverse da quelle previste dal comma precedente, devono essere impiegate funi
o catene aventi dimensioni e resistenza adeguate alla maggiore sollecitazione
a cui possono essere sottoposte
3.1.10 I tamburi e le pulegge motrici degli apparecchi
ed impianti indicati nel punto 2.7 sui quali si avvolgono funi metalliche,
salvo quanto previsto da disposizioni speciali, devono avere un diametro non
inferiore a 25 volte il diametro delle funi ed a 300 volte il diametro dei
fili elementari di queste. Per le pulegge di rinvio il diametro non deve essere
inferiore rispettivamente a 20 e a 250 volte.
3.1.11 Le funi e le catene degli impianti e degli apparecchi
di sollevamento e di trazione, salvo quanto previsto al riguardo dai regolamenti
speciali, devono avere, in rapporto alla portata e allo sforzo massimo ammissibile,
un coefficiente di sicurezza di almeno 6 per le funi metalliche, 10 per le
funi composte di fibre e 5 per le catene.
3.1.12 Gli attacchi delle funi e delle catene devono
essere eseguiti in modo da evitare sollecitazioni pericolose, nonché impiglianti
o accavallamenti.
Le estremità libere delle funi, sia metalliche, sia
composte di fibre, devono essere provviste di piombatura o legatura o morsettatura,
allo scopo di impedire lo scioglimento dei trefoli e dei fili elementari.
3.1.13 I posti di manovra dei mezzi ed apparecchi di
sollevamento e di trasporto devono:
a) potersi raggiungere senza pericolo;
b) essere costruiti o difesi in modo da consentire l’esecuzione
delle manovre, i movimenti e la sosta, in condizioni di sicurezza;
c) permettere la perfetta visibilità di tutta la zona
di azione del mezzo.
3.1.14 Gli organi di comando dei mezzi di sollevamento
e di trasporto devono essere collocati in posizione tale che il loro azionamento
risulti agevole e portare la chiara indicazione delle manovre a cui servono.
Gli stessi organi devono essere conformati, protetti
o disposti in modo da impedire la messa in moto accidentale.
3.1.16 Le modalità di impiego degli apparecchi di sollevamento
e di trasporto ed i segnali prestabiliti per l’esecuzione delle manovre devono
essere richiamati mediante avvisi chiaramente leggibili.
3.2 Gru, argani, paranchi e simili
3.2.1 I piani di posa delle rotaie di scorrimento delle
gru a ponte utilizzabili per l’accesso al carro ponte e per altre esigenze
di carattere straordinario relative all’esercizio delle gru medesime devono
essere agevolmente percorribili e provvisti di solido corrimano posto ad altezza
di circa un metro dagli stessi piani e ad una distanza orizzontale non minore
di 50 centimetri dalla sagoma di ingombro del carro ponte.
Detti piani devono avere una larghezza di almeno 60
centimetri oltre la sagoma di ingombro della gru.
3.2.2 Le gru a ponte, le gru a portale e gli altri mezzi
di sollevamento-trasporto, scorrenti su rotaie devono essere provvisti alle
estremità di corsa, sia dei ponti che dei loro carrelli, di tamponi di arresto
o respingenti adeguati per resistenza ed azione ammortizzante alla velocità
ed alla massa del mezzo mobile ed aventi altezza non inferiore ai 6/10 del
diametro delle ruote.
3.2.3 Gli apparecchi di sollevamento-trasporto scorrenti
su rotaie, oltre ai mezzi di arresto indicati nel punto 2.16, devono essere
provvisti di dispositivo agente sull’apparato motore per l’arresto automatico
del carro alle estremità della sua corsa.
3.2.4 Gli elevatori azionati a motore devono essere
costruiti in modo da funzionare a motore innestato anche nella discesa
3.3 Prescrizioni specifiche per attrezzature destinate
ad essere usare durante l’esecuzione di lavori di costruzione, manutenzione,
riparazione e demolizione di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura,
in cemento armato, in metallo, in legno e in altri materiali, comprese le
linee e gli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche,
marittime, idroelettriche, di bonifica, sistemazione forestale e di sterro.
3.3.1 Elevatori montati su impalcature di ponteggi
I montanti delle impalcature, quando gli apparecchi
di sollevamento vengono fissati direttamente ad essi, devono essere rafforzati
e controventati in modo da ottenere una solidità adeguata alle maggiori sollecitazioni
a cui sono sottoposti.
Nei ponti metallici i montanti, su cui sono applicati
direttamente gli elevatori, devono essere di numero ampiamente sufficiente
ed in ogni caso non minore di due.
I bracci girevoli portanti le carrucole ed eventualmente
gli argani degli elevatori devono essere assicurati ai montanti mediante staffe
con bulloni a vite muniti di dado e controdado; analogamente deve essere provveduto
per le carrucole di rinvio delle funi ai piedi dei montanti quando gli argani
sono installati a terra.
Gli argani installati a terra, oltre ad essere saldamente
ancorati, devono essere disposti in modo che la fune si svolga dalla parte
inferiore del tamburo.
3.3.2 - Argani - Salita e discesa dei carichi
nei cantieri
Gli argani a motore devono essere muniti di dispositivi
di extra corsa superiore; è vietata la manovra degli interruttori elettrici
mediante funi o tiranti di ogni genere.
Gli argani o verricelli azionati a mano per altezze
superiori a 5 metri devono essere muniti di dispositivo che impedisca la libera
discesa del carico.
Le funi e le catene degli argani a motore devono essere
calcolate per un carico di sicurezza non minore di 8.
3.3.3 - Trasporti con vagonetti su guide - Il binario
di corsa dei vagonetti deve essere posato su terreno o altro piano resistente
e mantenuto in buono stato per tutta la durata dei lavori.
Le rotaie debbono risultare saldamente assicurate alle
traversine; le piattaforme girevoli devono essere provviste di dispositivo
di blocco.
I binari debbono essere posati in modo da lasciare un
franco libero di almeno 70 centimetri oltre la sagoma di ingombro dei veicoli.
Le passerelle o le andatoie destinate al transito dei
veicoli devono lasciare un uguale franco, avere il piano di posa dei binari
costituito da tavole accostate ed essere provviste di normali parapetti nonché
di tavole fermapiede.
Nelle passerelle od andatoie lunghe, qualora il franco
sia limitato ad un sol lato, devono essere realizzate delle piazzole di rifugio
ad opportuni intervalli lungo l'altro lato.
Deve essere vietato ai lavoratori salire sui vagonetti
spinti a mano.
3.3.4 - Pendenza dei binari - E' fatto divieto di disporre
in pendenza il binario adducente alle scariche delle materie scavate o demolite.
Quando per esigenze tecniche o per condizioni topografiche
non sia possibile evitare la posa del binario in pendenza, l'ultimo tratto
deve essere in contropendenza.
Alle estremità del binario deve essere disposto un arresto
di sicuro affidamento per la trattenuta del vagonetto.
3.3.5 - Transito e attraversamento sui piani inclinati
- E' vietato il transito lungo i tratti di binario in pendenza quando i vagonetti
sono in movimento.
Tale divieto deve essere espresso mediante avvisi posti
alle due estremità del percorso in pendenza.
Quando si renda necessario un attraversamento, davanti
a ciascuno sbocco e parallelamente alle rotaie si devono applicare barriere
con la parte centrale mobile di lunghezza pari almeno a tre volte la larghezza
dell'attraversamento.
3.4 Elevatori e trasportatori a
piani mobili, a tazze, a coclea, a nastro e simili
3.4.1 I trasportatori verticali a piani mobili e quelli
a tazza e simili devono essere sistemati entro vani o condotti chiusi, muniti
delle sole aperture necessarie per il carico e lo scarico.
3.4.2 Presso ogni posto di carico e scarico dei trasportatori
verticali a piani mobili deve essere predisposto un dispositivo per il rapido
arresto dell’apparecchio.
3.4.3 I trasportatori verticali a piani mobili, quelli
a tazza e simili ed i trasportatori a nastro e simili aventi tratti del percorso
in pendenza, devono essere provvisti di un dispositivo automatico per l’arresto
dell’apparecchio quando per l’interruzione improvvisa della forza motrice
si possa verificare la marcia in senso inverso al normale funzionamento.
3.4.4 I condotti dei trasportatori a coclea devono essere
provvisti di copertura e le loro aperture di carico e scarico devono essere
efficacemente protette.
3.4.5 Le aperture per il carico e lo scarico dei trasportatori
in genere devono essere protette contro la caduta delle persone o contro il
contatto con organi pericolosi in moto.
3.4.6. Le aperture di carico dei piani inclinati (scivoli)
devono essere circondate da parapetti alti almeno un metro, ad eccezione del
tratto strettamente necessario per l’introduzione del carico, purché il ciglio
superiore di inizio del piano inclinato si trovi ad una altezza di almeno
cm. 50 dal piano del pavimento. Gli stessi piani devono essere provvisti di
difese laterali per evitare la fuoruscita del carico in movimento e di difese
frontali terminali per evitare la caduta del carico.
3.4.7 Lo spazio sottostante ai trasportatori orizzontali
o inclinati deve essere reso inaccessibile, quando la natura del materiale
trasportato ed il tipo del trasportatore possono costituire pericoli per caduta
di materiali o per rottura degli organi di sospensione, a meno che non siano
adottate altre misure contro detti pericoli.
4 Prescrizioni applicabili alle
attrezzature di lavoro adibite al sollevamento di persone e di persone e cose.
4.1 Le macchine per il sollevamento o lo spostamento
di persone devono essere di natura tale:
a) da evitare i rischi di caduta dall’abitacolo, se
esiste, per mezzo di dispositivi appropriati;
b) da evitare per l’utilizzatore qualsiasi rischio di
caduta fuori dell’abitacolo, se esiste;
c) da escludere qualsiasi rischio di schiacciamento,
di intrappolamento oppure di urto dell’utilizzatore, in particolare i rischi
dovuti a collisione accidentale;
d) da garantire che i lavoratori bloccati in caso di
incidente nell’abitacolo non siano esposti ad alcun pericolo e possano essere
liberati.
Qualora, per ragioni inerenti al cantiere e al dislivello
da superare, i rischi di cui alla precedente lettera a) non possano essere
evitati per mezzo di un dispositivo particolare, dovrà essere installato un
cavo con coefficiente di sicurezza rinforzato e il suo buono stato dovrà essere
verificato ad ogni giornata di lavoro.
4.2 - Ponti su ruote a torre e sviluppabili
a forbice
4.2.1 I ponti su ruote devono avere base ampia in modo
da resistere, con largo margine di sicurezza, ai carichi ed alle oscillazioni
cui possono essere sottoposti durante gli spostamenti o per colpi di vento
e in modo che non possano essere ribaltati.
Il piano di scorrimento delle ruote deve risultare livellato;
il carico del ponte sul terreno deve essere opportunamente ripartito con tavoloni
o altro mezzo equivalente.
Le ruote del ponte in opera devono essere saldamente
bloccate con cunei dalle due parti.
I ponti su ruote devono essere ancorati alla costruzione
almeno ogni due piani.
La verticalità dei ponti su ruote deve essere controllata
con livello o con pendolino.
I ponti sviluppabili devono essere usati esclusivamente
per l'altezza per cui sono costruiti, senza aggiunte di sovrastrutture.
I ponti, esclusi quelli usati nei lavori per le linee
elettriche di contatto, non devono essere spostati quando su di essi si trovano
lavoratori o sovraccarichi.
4.3 - Scale aeree su carro
4.3.1 Il carro della scala aerea deve essere sistemato
su base non cedevole, orizzontale, ed in modo che il piano di simmetria della
scala sia verticale e controllabile mediante pendolino applicato sul lato
posteriore del carro stesso.
Le scale aeree non possono essere adoperate con pendenze
minori di 60° né maggiori di 80° sull'orizzontale; la pendenza deve essere
controllata mediante dispositivo a pendolo annesso al primo tratto della scala.
I pezzi delle scale a tronchi distaccati, che compongono
la volata, devono portare un numero progressivo nell'ordine di montaggio.
Prima che la scala sia montata, alle ruote devono essere
applicate robuste calzatoie doppie per ogni ruota, sagomate e collegate con
catenelle o tiranti.
4.3.2 Qualunque operazione di spostamento e di messa
a punto deve essere eseguita a scala scarica. Durante la salita devono essere
evitate scosse ed urti; il lavoratore ed eventuali carichi in ogni caso non
superiori a 20 chilogrammi a pieno sviluppo della scala, devono gravare sulla
linea mediana della stessa.
E' vietato ogni sforzo di trazione da parte di chi lavora
in cima alla scala, la quale non deve poggiare con la estremità superiore
a strutture fisse.
Quando sia necessario spostare una scala aerea in prossimità
di linee elettriche, si deve evitare ogni possibilità di contatto, abbassando
opportunamente la volata della scala.
4.4 - Ponti sospesi e loro caratteristiche
4.4.1 Sui ponti sospesi leggeri, che hanno una fune
di sospensione ed un argano di manovra per ciascuna estremità, non devono
gravare sovraccarichi, compreso il peso dei lavoratori, superiori a 100 chilogrammi
per metro lineare di sviluppo.
Essi non devono avere larghezza superiore a m. 1.
Detti ponti, sui quali non è consentita la contemporanea
presenza di più di due persone, devono essere usati soltanto per lavori di
rifinitura, di manutenzione, o altri lavori di limitata entità.
I ponti pesanti che hanno quattro funi di sospensione
per ogni unità (ponte singolo) e quattro argani di manovra non devono avere
larghezze maggiori di metri 1,50.
Detti ponti possono essere collegati e formare ponti
continui purché le unità di ponte siano allo stesso livello.
Su ciascuna unità di ponti pesanti non è consentita
la contemporanea presenza di persone in numero superiore a quello indicato
nelle targhette prescritte dal successivo art. 42.
Gli argani di ogni unità di ponte devono essere dello
stesso tipo e della stessa portata.
4.4.2 L'unità di ponte deve essere costituita da due
telai metallici, che sono collegati da correnti sostenenti i traversi, sui
quali viene fissato il tavolame.
I due telai devono essere montati con distanza di non
più di tre metri; i correnti devono avere un franco a sbalzo, oltre ciascun
telaio, di 50 centimetri e devono essere muniti di sicuro sistema di trattenuta
contro il pericolo di sfilamento dai telai.
Il piano di calpestio deve essere costituito da tavole
di spessore non inferiore a 4 centimetri, bene accostate fra loro ed assicurate
contro eventuali spostamenti. Il legname impiegato nel ponte deve essere a
fibre longitudinali dirette e parallele, privo di nodi.
Gli elementi in legno possono essere sostituiti da elementi
metallici di resistenza non minore.
Il collegamento di più unità di ponti pesanti deve essere
effettuato rendendo direttamente connesse fra di loro le unità contigue, senza
inserzione di passerelle tra l'una e l'altra.
I bulloni usati nel montaggio devono essere assicurati
con rondelle elastiche e con contro-dadi.
4.4.3 Sui lati prospicienti il vuoto, il ponte deve
essere munito di normali parapetti e tavola fermapiede. Il corrente superiore
del parapetto esterno dei ponti leggeri deve essere formato con tubo di ferro
di 4 centimetri di diametro; gli altri correnti possono essere di legno; le
distanze libere verticali fra la tavola fermapiede ed il corrente intermedio
e tra questo ed il superiore non devono essere maggiori di 30 centimetri.
Gli elementi costituenti il parapetto devono essere
assicurati solidamente alla parte interna dei ritti estremi del ponte in corrispondenza
degli argani.
I ponti leggeri devono avere il parapetto anche nel
lato prospiciente la costruzione.
Sull'intavolato dei ponti pesanti deve essere applicata
lungo il lato prospiciente la costruzione e privo di parapetto una sponda
di arresto al piede di altezza non inferiore a 5 centimetri.
4.4.4 Gli argani devono essere rigidamente connessi
con i telai di sospensione. Essi devono essere a discesa autofrenante e forniti
di dispositivo di arresto.
Il tamburo di avvolgimento della fune deve essere di
acciaio ed avere le flangie laterali di diametro tale da lasciare, a fune
completamente avvolta, un franco pari a due diametri della fune.
Il diametro del tamburo deve essere non inferiore a
12 volte il diametro della fune.
Le parti dell'argano, soggette a sollecitazioni dinamiche,
devono avere un grado di sicurezza non minore di otto.
Su ciascun argano deve essere fissata in posizione visibile
una targhetta metallica indicante il carico massimo utile ed il numero delle
persone ammissibili riferite all'argano stesso. La targhetta deve anche indicare
la casa costruttrice, l'anno di costruzione ed il numero di matricola.
4.4.5 Le funi devono essere di tipo flessibile, formate
con fili di acciaio al crogiuolo, con un carico di rottura non minore di 120
e non maggiore di 160 kg. per mm² e devono essere calcolate per un coefficiente
di sicurezza non minore di 10.
Le funi ed i fili elementari devono essere protetti
contro gli agenti corrosivi esterni mediante ingrassatura.
L'attacco al tamburo dell'argano deve essere ottenuto
con piombatura a bicchiere o in altro modo che offra eguale garanzia contro
lo sfilamento.
L'attacco alla trave di sostegno deve essere ottenuto
mediante chiusura del capo della fune piegato ad occhiello con impalmatura,
o con non meno di tre morsetti a bulloni; nell'occhiello deve essere inserita
apposita redancia per ripartire la pressione sul gancio o anello di sospensione.
4.4.6 Le travi di sostegno devono essere in profilati
di acciaio e calcolate, per ogni specifica installazione, con un coefficiente
di sicurezza non minore di 6.
Le travi di sostegno, che devono poggiare su strutture
e materiali resistenti, devono avere un prolungamento verso l'interno dell'edificio
non minore del doppio della sporgenza libera e devono essere saldamente ancorate
ad elementi di resistenza accertata, provvedendosi ad una sufficiente distribuzione
degli sforzi e ad impedire qualsiasi spostamento. Non è ammesso l'ancoraggio
con pesi.
Gli anelli o ganci di collegamento della fune alla trave
di sostegno devono avere un coefficiente di sicurezza non inferiore a 6 ed
essere assicurati contro lo scivolamento lungo la trave stessa verso l'esterno.
4.4.7 - L'accesso e l'uscita dal ponte devono avvenire,
a seconda delle varie condizioni di impiego, da punti e con mezzi tali da
rendere sicuri il passaggio e la manovra.
Nel caso di ponti pesanti ad unità collegate, si può
fare uso di scale a mano, sempre che sia stato assicurato l'ancoraggio del
ponte e della scala.
4.4.8 Ad ogni livello di lavoro, i ponti sospesi devono
essere ancorati a parti stabili della costruzione.
La distanza del tavolato dei ponti pesanti dalla parete
della costruzione non deve superare 10 centimetri.
Ove per esigenze della costruzione tale distanza non
possa essere rispettata, i vuoti risultanti devono essere protetti fino alla
distanza massima prevista dal comma precedente.
I ponti sospesi non devono essere usati in nessun caso
come apparecchi di sollevamento e su di essi non devono essere installati
apparecchi del genere.
Nei ponti leggeri il punto di attacco delle funi di
sospensione ai ponti stessi deve essere situato ad altezza non inferiore a
metri 1,50 dal piano di calpestio.
4.4.9 - Manovra dei ponti - Prima di procedere al sollevamento
o all'abbassamento del ponte, deve essere accertato che non esistano ostacoli
al movimento e che non vi siano sovraccarichi di materiali.
Durante la manovra degli argani devono rimanere avvolte
sul tamburo almeno due spire di fune.
La manovra deve essere simultanea sui due argani nei
ponti leggeri; nei ponti pesanti la manovra deve essere simultanea sui due
argani di una estremità dell'unità di ponte, procedendo per le coppie di argani
successive con spostamenti che non determinano sull'impalcato pendenze superiori
al 10 per cento.
4.4.10 La manutenzione e l'efficienza del ponte, la
lubrificazione delle funi e degli argani devono essere costantemente curate.
Le funi non devono essere più usate quando su un tratto
di fune lungo quattro volte il passo dell'elica del filo elementare nel trefolo
il numero dei fili rotti apparenti sia superiore al 10 per cento dei fili
costituenti la fune.
4.5 Ascensori e montacarichi.
4.5.0. Le disposizioni della presente sezione si applicano
agli ascensori e montacarichi comunque azionati non soggetti a disposizioni
speciali.
4.5.1 - Difesa del vano.
Gli spazi ed i vani nei quali si muovono le cabine o
le piattaforme degli ascensori e dei montacarichi devono essere segregati
mediante solide difese per tutte le parti che distano dagli organi mobili
meno di 70 centimetri.
Dette difese devono avere un'altezza minima di m.1,70
a partire dal piano di calpestio dei ripiani e rispettivamente dal ciglio
dei gradini ed essere costituite da pareti cieche o da traforati metallici,
le cui maglie non abbiano ampiezza superiore ad un centimetro, quando le parti
mobili distino meno di 4 centimetri, e non superiore a 3 centimetri quando
le parti mobili distino 4 o più centimetri. Se il contrappeso non è sistemato
nello stesso vano nel quale si muove la cabina, il vano o lo spazio in cui
esso si muove deve essere protetto in conformità alle disposizioni dei commi
precedenti.
4.5.2 Accessi al vano.
Gli accessi al vano degli ascensori e dei montacarichi
devono essere provvisti di porte apribili verso l'esterno o a scorrimento
lungo le pareti, di altezza minima di m. 1,80 quando la cabina è accessibile
alle persone, e comunque eguale all'altezza dell'apertura del vano quando
questa è inferiore a m. 1,80.
Dette porte devono essere costituite da pareti cieche
o da griglie o traforati metallici con maglie di larghezza non superiore ad
un centimetro se la cabina è sprovvista di porta, non superiore a 3 centimetri
se la cabina è munita di una propria porta e la distanza della soglia della
cabina dalla porta al vano non è inferiore a 5 centimetri.
Sono ammesse porte del tipo flessibile, purché tra le
aste costituenti le porte stesse non si abbiano luci di larghezza superiore
a 12 millimetri.
4.5.2 Porte di accesso al vano.
Le porte di accesso al vano di cui all'articolo precedente
devono essere munite di un dispositivo che ne impedisca l'apertura, quando
la cabina non si trova al piano corrispondente, e che non consenta il movimento
della cabina se tutte le porte non sono chiuse.
Il dispositivo di cui al precedente comma non è richiesto
per i montacarichi azionati a mano, a condizione che siano adottate altre
idonee misure di sicurezza.
4.5.3 Installazioni particolari.
Le protezioni ed i dispositivi di cui ai punti 4.5.1,
4.5.2 e 4.5.3, non sono richiesti quando la corsa della cabina o della piattaforma
non supera i m.2 e l'insieme dell'impianto non presenta pericoli di schiacciamento,
di cesoiamento o di caduta nel vano.
4.5.4 Pareti e porte della cabina.
Le cabine degli ascensori e dei montacarichi per trasporto
di cose accompagnate da persone devono avere pareti di altezza non minore
di m.1,80 e porte apribili verso l'interno od a scorrimento lungo le pareti
di altezza non minore a m. 1,80.
Le pareti e le porte della cabina devono essere cieche
o avere aperture di larghezza non superiore a 10 millimetri.
Le porte possono essere del tipo flessibile ed in tal
caso non devono presentare fra le aste costituenti le porte stesse luci di
larghezza superiore a 12 millimetri.
Le porte o le chiusure di cui ai comma precedenti possono
essere omesse quando il vano entro il quale si muove la cabina o la piattaforma
è limitato per tutta la corsa da difese continue, costituite da pareti cieche
o da reti o da traforati metallici le cui maglie non abbiano una apertura
superiore a un centimetro, purché queste difese non presentino sporgenze pericolose
e non siano distanti più di 4 centimetri dalla soglia della cabina o della
piattaforma. In tal caso deve essere assicurata la stabilità del carico.
Per i montacarichi per il trasporto di sole cose è sufficiente
che le cabine o piattaforme abbiano chiusure o dispositivi atti ad impedire
la fuoriuscita o la sporgenza del carico.
4.5.5 Spazi liberi al fondo ed alla sommità del vano.
Quando il vano di corsa degli ascensori e dei montacarichi
supera m² 0,25 di sezione deve esistere uno spazio libero di almeno 50 centimetri
di altezza tra il fondo del vano stesso e la parte più sporgente sottostante
alla cabina. Arresti fissi devono essere predisposti al fine di garantire
che, in ogni caso, la cabina non scenda al di sotto di tale limite.
Uno spazio libero minimo pure dell'altezza di cm.50,
deve essere garantito, con mezzi analoghi, al disopra del tetto della cabina
nel suo più alto livello di corsa.
4.5.6 Posizione dei comandi.
I montacarichi per trasporto di sole merci devono avere
i comandi di manovra posti all'esterno del vano di corsa ed in posizione tale
da non poter essere azionati da persona che si trovi in cabina.
4.5.7 Apparecchi paracadute.
Gli ascensori ed i montacarichi per trasporto cose accompagnate
da persone ed i montacarichi per trasporto di sole cose con cabina accessibile
per le operazioni di carico e scarico, nonché i montacarichi con cabina non
accessibile per le operazioni di carico e scarico purché di portata non inferiore
ai 100 chilogrammi, quando la cabina sia sospesa a funi od a catene e quando
la corsa della stessa sia superiore a m. 4, devono essere provvisti di un
apparecchio paracadute atto ad impedire la caduta della cabina in caso di
rottura delle funi o delle catene di sospensione.
Per montacarichi con cabina non accessibile l'apparecchio
paracadute non è richiesto quando, in relazione alle condizioni dell'impianto,
l'eventuale caduta della cabina non presenta pericoli per le persone.
4.5.8 Arresti automatici di fine corsa.
Gli ascensori e montacarichi di qualsiasi tipo, esclusi
quelli azionati a mano, devono essere provvisti di un dispositivo per l'arresto
automatico dell'apparato motore o del movimento agli estremi inferiore e superiore
della corsa.
4.5.9 Divieto di discesa libera per apparecchi azionati
a motore.
Negli ascensori e montacarichi azionati a motore anche
il movimento di discesa deve avvenire a motore inserito.
4.5.10 Carico e scarico dei montacarichi a gravità.
Le cabine o piattaforme dei montacarichi a gravità accessibili
ai piani devono essere munite di dispositivi che ne assicurino il bloccaggio
durante le operazioni di carico.
4.5.11 Regolazione della velocità dei montacarichi.
I montacarichi azionati a mano e quelli a gravità devono
essere provvisti di un dispositivo di frenatura o di regolazione che impedisca
che la cabina o piattaforma possa assumere velocità pericolosa.
4.5.12 Ascensori da cantiere a pignone e cremagliera
Ferma restando la previsione di cui al comma 3 dell’art.
II, si considerano conformi alle disposizioni della presente sezione gli ascensori
da cantiere a pignone e cremagliera realizzati secondo le prescrizioni di
cui alle pertinenti norme tecniche ovvero della linea guida Ispesl “Trasporto
di persone e materiali fra piani definiti in cantieri temporanei”
5 Prescrizioni applicabili a determinate
attrezzature di lavoro
5.1 Mole abrasive
5.1.1
Le macchine molatrici a velocità variabile devono essere
provviste di un dispositivo, che impedisca l’azionamento della macchina ad
una velocità superiore a quella prestabilita in rapporto al diametro della
mola montata.
5.1.2
Le mole a disco normale devono essere montate sul mandrino
per mezzo di flange di fissaggio, di acciaio o di altro materiale metallico
uguale fra loro e non inferiore ad 1\3 del diametro della mola, salvo quanto
disposto al punto 4.1.4. L’aggiustaggio tra dette flange e la mola deve avvenire
secondo una zona anulare periferica di adeguata larghezza e mediante interposizione
di una guarnizione di materiale comprimibile quale cuoio, cartone, feltro.
Le mole ad anello, a tazza, a scodella, a coltello ed a sagome speciali in
genere, devono essere montate mediante flange, piastre, ghiere o altri idonei
mezzi, in modo da conseguire la maggiore possibile sicurezza contro i pericoli
di spostamento e di rottura della mola in moto.
5.1.3
Le mole abrasive artificiali devono essere protette
da robuste cuffie metalliche, che circondino la massima parte periferica della
mola, lasciando scoperto solo il tratto strettamente necessario per la lavorazione.
La cuffia deve estendersi anche sulle due facce laterali della mola ed essere
il più vicino possibile alle superfici di questa.
Lo spessore della cuffia, in rapporto al materiale di
cui è costituita ed i suoi attacchi alle parti fisse della macchina devono
essere tali da resistere all’urto dei frammenti di mola in caso di rottura.
Le cuffie di protezione di ghisa possono essere tollerate
per mole di diametro non superiore a 25 centimetri, che non abbiano velocità
periferica di lavoro superiore a 25 metri al secondo e purché lo spessore
della cuffia stessa non sia inferiore a 12 millimetri.
5.1.4
1. La cuffia di protezione delle mole abrasive artificiali,
prescritta nel punto 5.1.3 precedente, può, per particolari esigenze di carattere
tecnico, essere limitata alla sola parte periferica oppure essere omessa,
a condizione che la mola sia fissata con flange di diametro tale che essa
non ne sporga più di 3 centimetri, misurati radialmente, per mole fino al
diametro di 30 centimetri; di centimetri 5 per mole fino al diametro di 50
centimetri; di 8 centimetri per mole di diametro maggiore.
2. Nel caso di mole a sagoma speciale o di lavorazioni
speciali gli "sporti" della mola dai dischi possono superare i limiti
previsti dal comma precedente, purché siano adottate altre idonee misure di
sicurezza contro i pericoli derivanti dalla rottura della mola.
5.1.5
Le macchine molatrici devono essere munite di adatto
poggiapezzi. Questo deve avere superficie di appoggio piana di dimensione
appropriata al genere di lavoro da eseguire, deve essere registrabile ed il
suo lato interno deve distare non più di 2 millimetri, dalla mola, a meno
che la natura del materiale in lavorazione (materiali sfaldabili) e la particolarità
di questa non richiedano, ai fini della sicurezza, una maggiore distanza.
5.1.6
Le mole abrasive artificiali che sono usate promiscuamente
da più lavoratori per operazioni di breve durata, devono essere munite di
uno schermo trasparente paraschegge infrangibile e regolabile, a meno che
tutti i lavoratori che le usano non siano provvisti di adatti occhiali di
protezione in dotazione personale.
5.1.7
1. Le mole naturali azionate meccanicamente devono essere
montate tra flange di fissaggio aventi un diametro non inferiore ai 5/10 di
quello della mola fino ad un massimo di m. 1 e non devono funzionare ad una
velocità periferica superiore a 13 metri al minuto secondo.
2. Quando dette mole sono montate con flange di diametro
inferiore ai 5/10 di quello della mola e quando la velocità periferica supera
i 10 metri al minuto secondo, esse devono essere provviste di solide protezioni
metalliche, esclusa la ghisa comune, atte a trattenere i pezzi della mola
in caso di rottura.
5.1.8 Sulla incastellatura o in prossimità delle macchine
molatrici deve essere esposto, a cura dell'utente della macchina, un cartello
indicante il diametro massimo della mola che può essere montata in relazione
al tipo di impasto ed al numero dei giri del relativo albero.
5.1.9
Le macchine pulitrici o levigatrici a nastro, a tamburo,
a rulli, a disco, operanti con smeriglio o altre polveri abrasive, devono
avere la parte abrasiva non utilizzata nell’operazione, protetta contro il
contatto accidentale.
5.2 Bottali, impastatrici, gramolatrici
e macchine simili
5.2.1
Le macchine rotanti costituite da botti, cilindri o
recipienti di altra forma che, in relazione all’esistenza di elementi sporgenti
delle parti in movimento o per altre cause, presentino pericoli per i lavoratori,
devono essere segregate, durante il funzionamento, mediante barriere atte
ad evitare il contatto accidentale con dette parti in movimento.
5.2.2
I bottali da concia e le altre macchine che possono
ruotare accidentalmente durante le operazioni di carico e scarico, debbono
essere provviste di un dispositivo che ne assicuri la posizione di fermo.
5.2.3
1. Le macchine impastatrici devono essere munite di
coperchio totale o parziale atto ad evitare che il lavoratore possa comunque
venire in contatto con gli organi lavoratori in moto.
2. Le protezioni di cui al comma precedente devono essere
provviste del dispositivo di blocco previsto al punto 6.3 parte I.
3. Quando per ragioni tecnologiche non sia possibile
applicare le protezioni ed i dispositivi di cui ai commi precedenti, si devono
adottare altre idonee misure per eliminare o ridurre il pericolo.
5.2.4
1. Nelle gramolatrici e macchine simili devono essere
protetti:
a) la zona di imbocco tra il cono scanalato e la sottostante
vasca girevole, mediante una griglia disposta anteriormente al cono stesso,
a meno che questo non sia preceduto da dispositivo voltapasta;
b) il tratto compreso tra la testata del cono ed il
bordo superiore della vasca contro il pericolo di trascinamento e cesoiamento
delle mani;
c) lo spazio compreso tra il cono e la traversa superiore
posteriormente all’imbocco, quando la distanza tra la parte mobile e quella
fissa è inferiore a 6 centimetri.
5.3 Macchine di fucinatura e stampaggio
per urto
5.3.1
Le macchine di fucinatura e di stampaggio per urto,
quali magli, berte e simili, devono essere provviste di un dispositivo di
blocco atto ad assicurare la posizione di fermo della testa portastampo, durante
il cambio e la sistemazione degli stampi e dei controstampi.
5.3.2
1. Gli schermi di difesa contro le proiezioni di materiali
devono, per le macchine di fucinatura e di stampaggio, essere applicati almeno
posteriormente alla macchina e quando non ostino esigenze di lavoro, anche
sul davanti ed ai lati.
2. Gli schermi possono omettersi quando, in relazione
alla ubicazione della macchina od al particolare sistema di lavoro, sia da
escludersi la possibilità che i lavoratori siano colpiti da dette proiezioni.
5.4 Macchine utensili per metalli
5.4.1
1. Nei torni, le viti di fissaggio del pezzo al mandrino
devono risultare incassate oppure protette con apposito manicotto contornante
il mandrino, onde non abbiano ad impigliare gli indumenti del lavoratore durante
la rotazione. Analoga protezione deve essere adottata quando il pezzo da lavorare
è montato mediante briglia che presenta gli stessi pericoli.
2. Nei torni per la lavorazione dei pezzi dalla barra,
la parte sporgente di questa deve essere protetta mediante sostegno tubolare.
5.4.2
1. I grandi torni e gli alesatori a piattaforma orizzontale
girevole, sulla quale i lavoratori possono salire per sorvegliare lo svolgimento
della lavorazione, devono essere provvisti di un dispositivo di arresto della
macchina, azionabile anche dal posto di osservazione sulla piattaforma.
5.4.3
1. I vani esistenti nella parte superiore del bancale
fisso delle piallatrici debbono essere chiusi allo scopo di evitare possibili
cesoiamenti di parti del corpo del lavoratore tra le traverse del bancale
e le estremità della piattaforma scorrevole portapezzi.
5.4.4
1. I pezzi da forare al trapano, che possono essere
trascinati in rotazione dalla punta dell’utensile, devono essere trattenuti
mediante morsetti od altri mezzi appropriati.
5.4.5
1. Le seghe a nastro per metalli devono essere protette
conformemente a quanto disposto al punto 4.5.2.
5.4.6
1. Le seghe circolari a caldo devono essere munite di
cuffia di protezione in lamiera dello spessore di almeno 3 centimetri per
arrestare le proiezioni di parti incandescenti.
5.5 Macchine utensili per legno
e materiali affini
5.5.1
Le seghe alternative a movimento orizzontale devono
essere munite di una solida protezione della biella atta a trattenerne i pezzi
in caso di rottura.
5.5.2
1. Le seghe a nastro devono avere i volani di rinvio
del nastro completamente protetti. La protezione deve estendersi anche alle
corone dei volani in modo da trattenere il nastro in caso di rottura.
2. Il nastro deve essere protetto contro il contatto
accidentale in tutto il suo percorso che non risulta compreso nelle protezioni
di cui al primo comma, ad eccezione del tratto strettamente necessario per
la lavorazione.
5.5.3
Le seghe circolari fisse devono essere provviste:
a) di una solida cuffia registrabile atta a evitare
il contatto accidentale del lavoratore con la lama e ad intercettare le schegge;
b) di coltello divisore in acciaio, quando la macchina
è usata per segare tavolame in lungo, applicato posteriormente alla lama a
distanza di non più di 3 millimetri dalla dentatura per mantenere aperto il
taglio;
c) di schermi messi ai due lati della lama nella parte
sporgente sotto la tavola di lavoro in modo da impedirne il contatto.
Qualora per esigenze tecniche non sia possibile l’adozione
del dispositivo di cui alla lettera a), si deve applicare uno schermo paraschegge
di dimensioni appropriate.
5.5.4
Le seghe circolari a pendolo, a bilanciere e simili
devono essere provviste di cuffie di protezione conformate in modo che durante
la lavorazione rimanga scoperto il solo tratto attivo del disco. Le seghe
circolari a pendolo e simili devono essere inoltre provviste di un dispositivo
di sicurezza atto ad impedire che la lama possa uscire fuori dal banco dalla
parte del lavoratore in caso di rottura dell’organo tirante.
5.5.6
Le pialle a filo devono avere il portalame di forma
cilindrica e provvisto di scanalature di larghezza non superiore a 12 millimetri
per l’eliminazione dei trucioli.
La distanza fra i bordi dell’apertura del banco di lavoro
e il filo tagliente delle lame deve essere limitata al minimo indispensabile
rispetto alle esigenze della lavorazione.
Le pialle a filo devono inoltre essere provviste di
un riparo registrabile a mano o di altro idoneo dispositivo per la copertura
del portalame o almeno del tratto di questo eccedente la zona di lavorazione
in relazione alle dimensioni ed alla forma del materiale da piallare.
5.5.7
Le pialle a spessore devono essere munite di un dispositivo
atto ad impedire il rifiuto del pezzo o dei pezzi in lavorazione.
5.5.8
Le fresatrici da legno devono essere provviste di mezzi
di protezione atti ad evitare che le mani del lavoratore possano venire accidentalmente
in contatto con l’utensile. Tali mezzi debbono essere adatti alle singole
lavorazioni ed applicati sia nei lavori con guida che in quelli senza guida.
5.6 Presse e cesoie
5.6.1
Le presse, le trance e le macchine simili debbono essere
munite di ripari dispositivi atti ad evitare che le mani o altre parti del
corpo dei lavoratori siano offese dal punzone o da altri organi mobili lavoratori.
Tali ripari o dispositivi, a seconda del tipo della
macchina o delle esigenze della lavorazione, possono essere costituiti da:
a) schermi fissi che permettono il passaggio dei materiali
nella zona di lavoro pericolosa, ma non quello delle mani del lavoratore;
b) schermi mobili di completa protezione della zona
pericolosa, che non consentano il movimento del punzone se non quando sono
nella posizione di chiusura;
c) apparecchi scansamano comandati automaticamente dagli
organi mobili della macchina;
d) dispositivi che impediscano la discesa del punzone
quando le mani o altre parti del corpo dei lavoratori si trovino in posizione
di pericolo.
3. I dispositivi di sicurezza consistenti nel comando
obbligato della macchina per mezzo di due organi da manovrarsi contemporaneamente
con ambo le mani, possono essere ritenuti sufficienti soltanto nel caso che
alla macchina sia addetto un solo lavoratore. I suddetti ripari e dispositivi
di sicurezza possono essere omessi quando la macchina sia provvista di apparecchi
automatici o semi automatici di alimentazione.
5.6.2
Nei lavori di meccanica minuta con macchine di piccole
dimensioni, qualora l’applicazione di uno dei dispositivi indicati al punto
4.6.1 o di altri dispositivi di sicurezza non risulti praticamente possibile,
i lavoratori, per le operazione di collocamento e ritiro dei pezzi in lavorazione,
debbono essere forniti e fare uso di adatti attrezzi di lunghezza sufficiente
a mantenere le mani fuori della zona di pericolo.
5.6.3
L’applicazione di ripari o dispositivi di sicurezza,
in conformità a quanto stabilisce il punto 5.6.1, può essere omessa per le
presse o macchine simili mosse direttamente dalla persona che le usa, senza
intervento diretto indiretto di motori nonché per le presse comunque azionate
a movimento lento, purché le eventuali condizioni di pericolo siano eliminate
mediante altri dispositivi o accorgimenti.
5.6.4
Le presse meccaniche alimentate a mano debbono essere
munite di dispositivo antiripetitore del colpo.
5.6.5
Le presse a bilanciere azionate a mano, quando il volano
in movimento rappresenti un pericolo per il lavoratore, debbono avere le masse
rotanti protette mediante schermo circolare fisso o anello di guardia solidale
con le masse stesse.
5.6.6
Le cesoie a ghigliottina mosse da motore debbono essere
provviste di dispositivo atto ad impedire che le mani o altre parti del corpo
dei lavoratori addetti possano comunque essere offesi dalla lama, a meno che
non siano munite di alimentatore automatico o meccanico che non richieda l’introduzione
delle mani o altre parti del corpo nella zona di pericolo.
5.6.7
Le grandi cesoie a ghigliottina cui sono addetti contemporaneamente
due o più lavoratori debbono essere provviste di dispositivi di comando che
impegnino ambo le mani degli stessi per tutta la durata della discesa della
lama, a meno che non siano adottati altri efficaci mezzi di sicurezza.
5.6.8
Le cesoie a coltelli circolari, quando questi ultimi
sono accessibili e pericolosi, debbono essere provviste di cuffia o di schermi
o di altri mezzi idonei di protezione applicati alla parte di coltello soprastante
il banco di lavoro ed estendersi quanto più vicino possibile alla superficie
del materiale in lavorazione. Anche le parti dei coltelli sottostanti il banco
devono essere protette.
5.6.9
Le cesoie a tamburo portacoltelli e simili debbono essere
provviste di mezzi di protezione, che impediscano ai lavoratori di raggiungere
con le mani i coltelli in moto.
5.7 Frantoi, disintegratori, molazze
e polverizzatori
5.7.1 Gli organi lavoratori dei frantoi, dei disintegratori,
dei polverizzatori e delle macchine simili, i quali non siano completamente
chiusi nell’involucro esterno fisso della macchina e che presentino pericolo,
debbono essere protetti mediante idonei ripari, che possono essere costituiti
anche da robusti parapetti collocati a sufficiente distanza dagli organi da
proteggere.
5.7.2
I molini a palle e le macchine simili debbono essere
segregati mediante barriere o parapetti posti a conveniente distanza, ogni
qualvolta i loro elementi sporgenti vengano a trovarsi, durante la rotazione,
a meno di metri due di altezza dal pavimento.
5.7.3
Qualora per esigenze tecniche le aperture di alimentazione
dei frantoi, dei disintegratori e delle macchine simili, non possano essere
provviste di protezioni fisse complete, possono essere adottate protezioni
rimovibili o spostabili, le quali debbono essere rimesse al loro posto o in
posizione di difesa non appena sia cessata l’esigenza che ne ha richiesto
la rimozione.
In ogni caso il posto di lavoro o di manovra dei lavoratori
deve essere sistemato o protetto in modo da evitare cadute entro l’apertura
di alimentazione o offese da parte degli organi in moto.
5.7.4
Le molazze e le macchine simili debbono essere circondate
da un riparo atto ad evitare possibili offese dagli organi lavoratori in moto.
Le aperture di scarico della vasca debbono essere costruite
o protette in modo da impedire che le mani dei lavoratori possano venire in
contatto con gli organi mobili della macchina.
5.8 Macchine per centrifugare e
simili
5.8.1 Le macchine per centrifugare e simili debbono
essere usate entro i limiti di velocità e di carico stabiliti dal costruttore.
Tali limiti debbono risultare da apposita targa ben visibile applicata sulla
macchina e debbono essere riportati su cartello con le istruzioni per l’uso,
affisso presso la macchina.
5.8.2
Le macchine per centrifugare in genere, quali gli idroestrattori
e i separatori a forza centrifuga, debbono essere munite di solido coperchio
dotato del dispositivo di blocco previsto al punto 6.3 parte I e di freno
adatto ed efficace.
Qualora, in relazione al particolare uso della macchina,
non sia tecnicamente possibile applicare il coperchio, il bordo dell’involucro
esterno deve sporgere di almeno tre centimetri verso l’interno rispetto a
quello del paniere.
5.9 Laminatoi, rullatrici, calandre
e cilindri
5.9.1 Nelle macchine con cilindri lavoratori e alimentatori
accoppiati e sovrapposti, o a cilindro contrapposto a superficie piana fissa
o mobile, quali laminatoi, rullatrici, calandre, molini a cilindri, raffinatrici,
macchine tipografiche a cilindri e simili, la zona di imbocco, qualora non
sia inaccessibile, deve essere efficacemente protetta per tutta la sua estensione,
con riparo per impedire la presa e il trascinamento delle mani o di altre
parti del corpo del lavoratore.
Qualora per esigenze della lavorazione non sia possibile
proteggere la zona di imbocco, le macchine di cui al primo comma debbono essere
provviste di un dispositivo che, in caso di pericolo, permetta, mediante agevole
manovra, di conseguire il rapido arresto dei cilindri.
Inoltre, per quanto necessario ai fini della sicurezza
e tecnicamente possibile, il lavoratore deve essere fornito e fare uso di
appropriati attrezzi che gli consentano di eseguire le operazioni senza avvicinare
le mani alla zona pericolosa.
Le disposizioni del presente punto non si applicano
nei casi in cui, in relazione alla potenza, alla velocità, alle caratteristiche
ed alle dimensioni delle macchine, sia da escludersi il pericolo previsto
dal primo comma.
5.9.2 I laminatoi e le calandre che, in relazione alle
loro dimensioni, potenza, velocità o altre condizioni, presentano pericoli
specifici particolarmente gravi, quali i laminatoi (mescolatori) per gomma,
le calandre per foglie di gomma e simili, debbono essere provvisti di un dispositivo
per l’arresto immediato dei cilindri avente l’organo di comando conformato
e disposto in modo che l’arresto possa essere conseguito anche mediante semplice
e leggera pressione di una qualche parte del corpo del lavoratore nel caso
che questi venga preso con le mani dai cilindri in moto. Il dispositivo di
arresto di cui al comma precedente oltre al freno deve comprendere anche un
sistema per la contemporanea inversione del moto dei cilindri prima del loro
arresto definitivo.
5.10 Apritoii, battitoi, carde,
sfilacciatrici, pettinatrici e macchine simili
5.10.1
Gli organi lavoratori degli apritoi, dei battitoi, delle
carde, delle sfilacciatrici, delle pettinatrici e delle altre macchine pericolose
usate per la prima lavorazione delle fibre e delle materie tessili, quali
catene a punta, aspi, rulli, tamburi a denti o con guarnizioni a punta e coppie
di cilindri, devono essere protetti mediante custodie conformate e disposte
in modo da rendere impossibile il contatto con essi delle mani e delle altre
parti del corpo dei lavoratori.
Tali custodie, qualora non siano costituite dallo stesso
involucro esterno fisso della macchina, devono, salvo quanto è disposto nel
punto 4.10.2, essere fissate mediante viti, bulloni o altro idoneo mezzo.
5.10.2 Le custodie degli organi lavoratori delle macchine
indicate nel punto 4.10.1 e le loro parti, che, durante il lavoro, richiedono
di essere aperte o spostate, devono essere provviste del dispositivo di blocco
previsto al punto 6.3 parte I.
Lo stesso dispositivo deve essere applicato anche ai
portelli delle aperture di visita, di pulitura e di estrazione dei rifiuti
di lavorazione, qualora gli organi lavoratori interni possano essere inavvertitamente
raggiunti dai lavoratori.
5.10.3 Le aperture di carico e scarico delle macchine
indicate al primo comma al punto 5.10.1 devono avere una forma tale ed essere
disposte in modo che i lavoratori non possano, anche accidentalmente, venire
in contatto con le mani o con altre parti del corpo con gli organi lavoratori
o di movimento interni della macchina.
5.10.4 La zona di imbocco dei cilindri alimentatori
delle macchine indicate al primo comma al punto 5.10.1, escluse le carde e
le pettinatrici, deve essere resa inaccessibile mediante griglia o custodia
chiusa anche lateralmente, estendendosi fino a metri uno di distanza dall’imbocco
dei cilindri, o protetta con rullo folle che eviti il pericolo di presa delle
mani o di altre parti del corpo fra i cilindri, o munita di altro idoneo dispositivo
di sicurezza.
Se la griglia o custodia non è fissa, essa deve essere
provvista del dispositivo di blocco previsto al punto 6.3 parte I.
5.11 Macchine per filare e simili
5.11.1
Le custodie mobili degli ingranaggi, delle cremagliere
e degli altri organi di movimento pericolosi degli stiratoi dei banchi a fusi,
dei filatoi, dei binatoi, dei ritorcitoi e delle altre macchine tessili simili,
nonché gli sportelli delle aperture di accesso agli stessi organi eventualmente
ricavate nell’involucro esterno della macchina, devono essere provviste del
dispositivo di blocco previsto al punto 6.3 parte I, qualora debbano essere
aperte o rimosse durante il lavoro e gli organi pericolosi possano essere
inavvertitamente raggiunti dal lavoratore.
5.11.2
L’imbocco della coppia di tamburi longitudinali di comando
di fusi dei filatoi e dei ritorcitoi continui ad anello ad aletta ed a campana,
deve essere protetto, alle due estremità, mediante schermo e, longitudinalmente,
con sbarre sulle due fronti della macchina o con un riparo disposto nella
zona angolare formata dai due cilindri oppure con altro mezzo idoneo.
5.11.3
1. Il montaggio sui tamburi delle macchine indicate
nel punto 5.11.2 delle funicelle di comando dei fusi deve essere fatto a macchina
ferma.
2. È tuttavia consentito il montaggio a macchina in
moto, ferma restando l’osservanza delle disposizioni del punto 5.11.2, a condizione
che all’operazione sia adibito personale esperto fornito di appositi attrezzi,
quali anello o asticciola con gancio.
5.11.4
I filatoi automatici intermittenti devono essere provvisti
di:
a) staffe fisse alle ruote del carro distanti non più
di 6 millimetri dalle rotaie, allo scopo di evitare lo schiacciamento dei
piedi fra la ruota e la rotaia;
b) dispositivi, quali tamponi retrattili o altri equivalenti,
atti ad evitare lo schiacciamento degli arti inferiori tra il carro ed il
tampone di arresto, salvo il caso in cui questi siano disposti al disotto
del banco dei cilindri alimentatori ed in posizione tale per cui non risultino
facilmente accessibili;
c) custodie complete delle varie pulegge a gola dei
comandi che non risultino già inaccessibili, atte a impedire ogni contatto
con i punti di avvolgimento delle funi;
d) custodia cilindrica al nasello di arresto della bacchetta,
allo scopo di evitare lo schiacciamento delle mani fra lo stesso nasello e
l’albero della controbacchetta.
5.12 Telai meccanici di tessitura
5.12.1
I telai meccanici di tessitura e telai meccanici per
la fabbricazione di tele o tessuti metallici o di altre materie devono essere
provvisti di apparecchio guidanavetta applicato alla cassa battente, atto
ad impedire la fuoruscita della navetta dalla sua sede di corsa. Quando l’applicazione
del guidanavetta può riuscire dannosa per il prodotto, come nei casi di fabbricazione
dei tessuti molto leggeri e con l’ordito molto debole o quando la velocità
della navetta è molto limitata, l’apparecchio guidanavetta può essere sostituito
da reti intelaiate, poste sui fianchi del telaio, atte ad arrestare la navetta
in caso di fuoruscita.
5.12.2
L’apparecchio guidanavetta di cui al primo comma del
punto 5.12.1 deve essere applicato:
a) ai telai da cotone, lino, canapa e juta, che battono
più di 80 colpi al minuto primo o aventi una luce pettine maggiore di m. 1,60,
anche se usati per la fabbricazione di tessuti di altre fibre o misti, ad
eccezione dei telai adibiti alla fabbricazione dei tessuti leggeri di fantasia,
per i quali l’applicazione del guidanavetta è facoltativa;
b) ai telai da lana che battono più di 100 colpi al
minuto primo o aventi luce pettine maggiore di m. 2, anche se adibiti alla
fabbricazione di tessuti di altre fibre o misti.
5.12.3
L’apparecchio guidanavetta di cui al primo comma del
punto 5.12.1, deve essere tale che:
a) se mobile, assuma automaticamente la posizione di
lavoro (posizione attiva di protezione) non appena il telaio è messo in moto;
b) le due estremità laterali non distino dalla scatola
delle navette più di mezza lunghezza di navetta. L’efficienza del suddetto
apparecchio deve essere assicurata mediante una costante ed accurata manutenzione.
5.12.4
Non sono ammessi apparecchi guidanavette costituiti
da una unica barra avente un diametro inferiore a:
a) 12 millimetri se i tratti liberi della barra non
hanno una lunghezza superiore a 75 centimetri;
b) 14 millimetri se i tratti liberi della barra hanno
una lunghezza compresa tra i 75 centimetri e un metro;
c) 20 millimetri se i tratti liberi della barra hanno
una lunghezza superiore a un metro.
Ove la sezione della barra sia diversa dalla circolare,
le sue dimensioni devono essere tali da offrire resistenza e rigidità corrispondenti.
5.12.5
Le reti paranavetta, di cui al secondo comma del punto
4.12.1, devono avere le seguenti dimensioni minime:
a) cm. 50 x 50 per telai fino a m. 1,20 di luce pettine;
b) cm. 40 x 60 per telai con luce pettine da m. 1,21
a m. 1,60;
c) cm. 70 x 70 per telai con luce pettine superiore
a m. 1,60.
Dette reti devono essere disposte il più vicino possibile
alle due testate del telaio, immediatamente al di sopra della costola inferiore
del pettine e davanti a questo quando si trovi nella sua posizione estrema
posteriore.
Le reti paranavetta possono essere omesse alle testate
dei telai prospicienti pareti cieche, purché non vi sia possibilità di passaggio.
5.12.5
I pesi delle leve di pressione del subbio del tessuto
ed i pesi del freno del subbio dell’ordito dei telai meccanici di tessitura
e telai meccanici per la fabbricazione di tele o tessuti metallici o di altre
materie devono essere assicurati con mezzi idonei ad evitarne la caduta.
5.12.6
Gli impianti di tessitura devono essere attrezzati con
mezzi che permettano di eseguire in modo sicuro il montaggio e lo smontaggio
sia del subbio del tessuto, che del subbio dell’ordito.
5.13 Macchine diverse
5.13.1
Nelle ammorbidatrici per canapa e nelle distenditrici
per juta, l’imbocco dei cilindri deve essere protetto lateralmente con ripari
fissi alti m. 1,30 da terra, estesi fino a cm. 70 dall’imbocco stesso. Lo
scarico delle stesse macchine deve essere protetto con un riparo fisso atto
ad impedire che, nel movimento retrogrado, le mani del lavoratore possano
essere prese dai cilindri.
5.13.2
Le macchine di rottura per strappamento delle mannelle
di canapa e juta, alimentate a mano devono avere la caviglia fissa e l’albero
a sezione quadrata di avvolgimento disposti a sbalzo, con gli assi normali
al fronte di lavoro.
5.13.3
Le bobine delle macchine automatiche per la fabbricazione
di corde di fibre tessili o di corde metalliche, devono essere provviste di
coperchio o cuffia di protezione che impediscano la fuoruscita delle bobine
e siano muniti del dispositivo di blocco previsto al punto 6.3 parte I. Quando
le dimensioni della parte rotante della macchina sono rilevanti, la protezione
può essere costituita da schermi o reti metalliche di altezza, forma e resistenza
atti ad impedire il contatto dei lavoratori con le parti rotanti e a trattenere
le bobine in caso di sfuggita.
5.13.4
Le macchine a motore per cucire con filo devono essere
provviste, compatibilmente con le esigenze tecniche della lavorazione, di
una protezione dell’ago per evitare lesioni alle dita del lavoratore.
5.13.5
Le macchine a motore per cucire con graffe, quando non
siano ad alimentazione automatica, devono essere provviste di un riparo che
impedisca alle dita del lavoratore di trovarsi nella zona pericolosa.
5.13.6
Le bobine delle macchine per trafilare fili metallici
devono essere provviste di un dispositivo, azionabile direttamente dal lavoratore,
che consenta l’arresto immediato della macchina in caso di necessità.
5.13.7
Le macchine con cilindro a lame elicoidali, quali le
rasatrici, le depilatrici, le scarnitrici e le distenditrici, devono essere
provviste di cuffia di protezione al di sopra del cilindro portalame, la quale
lasci scoperto il tratto strettamente necessario per la lavorazione.
Quando la cuffia non sia fissa, deve essere munita del
dispositivo di blocco previsto al punto 6.3 parte I.
5.13.8
Nelle trebbiatrici sprovviste di alimentatore automatico
dei covoni, il vano d’imbocco del battitore deve essere munito di tavolette
fermapiedi alte almeno 15 centimetri e di un coperchio cernierato che abbia
nella parte posteriore un dispositivo di arresto che limiti l’ampiezza necessaria
per la normale introduzione del covone.
5.13.9
Sulle trebbiatrici, la parete anteriore della fossetta
ove prende posto l’imboccatore, deve essere completata da un robusto parapetto
provvisto di un dispositivo di blocco, che permetta di spostare la traversa
orizzontale nei limiti di altezza, a partire dal fondo, compresi fra un minimo
di 70 centimetri ed un massimo di 90 centimetri.
5.13.10
Il piano superiore di servizio nella trebbiatrice deve
essere munito ai bordi di sponde alte almeno 50 centimetri.
L’accesso a detto piano deve effettuarsi mediante scale
a mano munite di ganci di trattenuta e aventi un montante prolungato di almeno
m. 0,80 oltre il piano stesso.
v 5.13.11
Le trebbiatrici su ruote devono essere corredate di
freni efficienti e di calzatoie di legno per assicurarne la stabilità durante
il lavoro.
5.13.12
Le macchine per riempire bottiglie di vetro con liquidi
sotto pressione devono essere provvisti di schermi atti a trattenere i frammenti
di vetro in caso di scoppio della bottiglia. Detti schermi devono essere adottati
anche per le operazioni di chiusura delle bottiglie quando per queste operazioni
esistono fondati pericoli di scoppio.
4.13.13
Le macchine tipografiche a platina e le macchine simili
che non siano munite di alimentatore automatico devono essere provviste di
un dispositivo atto a determinare l’arresto automatico della macchina per
semplice urto della mano del lavoratore, quando questa venga a trovarsi in
posizione di pericolo fra la tavola fissa e il piano mobile, ovvero devono
essere munite di altro idoneo dispositivo di sicurezza di riconosciuta efficacia.
5.13.14
Le presse fustellatrici che richiedono il collocamento
a mano delle fustelle fra le due piastre devono essere attrezzate con fustelle
di altezza non inferiore a 50 millimetri munite di bordo sporgente, allo scopo
di consentirne l’uso senza pericolo per le mani. La disposizione di cui al
primo comma non è obbligatoria quando l’applicazione delle fustelle sul materiale
in lavorazione è effettuata a piastre di pressione spostate e quindi in condizioni
non pericolose.
5.13.15
I compressori devono essere provvisti di una valvola
di sicurezza tarata per la pressione massima di esercizio e di dispositivo
che arresti automaticamente il lavoro di compressione al raggiungimento della
pressione massima d’esercizio.
5.14 Impianti ed operazioni di
saldatura o taglio ossiacetilenica ossidrica, elettrica e simili
5.14.1
Fra gli impianti di combustione o gli apparecchi a fiamma
ed i generatori gasometri di acetilene deve intercorrere una distanza di almeno
10 metri, riducibili a 5 metri, nei casi in cui i generatori o gasometri siano
protetti contro le scintille e l’irradiamento del calore o usati per lavori
all’esterno
5.14.2
Sulle derivazioni di gas acetilene o di altri gas combustibili
di alimentazione nel cannello di saldatura deve essere inserita una valvola
idraulica o altro dispositivo di sicurezza che corrisponda ai seguenti requisiti:
a) impedisca il ritorno di fiamma e l’afflusso dell’ossigeno
o dell’aria nelle tubazioni del gas combustibile;
b) permetta un sicuro controllo, in ogni momento del
suo stato di efficienza;
c) sia costruito in modo da non costituire pericolo
in caso di eventuale scoppio per ritorno di fiamma.
5.14.4
Gli apparecchi per saldatura elettrica o per operazioni
simili devono essere provvisti di interruttore omnipolare sul circuito primario
di derivazione della corrente elettrica.
5.14.5
Quando la saldatura od altra operazione simile non è
effettuata con saldatrice azionata da macchina rotante di conversione, è vietato
effettuare operazioni di saldatura elettrica con derivazione diretta 10154
della corrente della normale linea di distribuzione senza l’impiego di un
trasformatore avente l’avvolgimento secondario isolato dal primario.
5.15 Forni e stufe di essiccamento
o di maturazione
5.15.1 Le bocche di carico e le altre aperture esistenti
nelle pareti dei forni, quando, per le loro posizioni e dimensioni, costituiscono
pericolo nell’interno, devono essere provviste di solide difese.
5.15.2 Le stufe di essiccamento o di maturazione, accessibili
per le operazioni connesse con il loro esercizio, devono essere provviste
di porte apribili anche dall’interno.
5.16 Impianti macchine ed apparecchi
elettrici
5.16.1 Le macchine e gli apparecchi elettrici devono
portare l’indicazione della tensione, dell’intensità e del tipo di corrente
e delle altre eventuali caratteristiche costruttive necessarie per l’uso.
5.16.2 Le macchine ed apparecchi elettrici mobili o
portatili devono essere alimentati solo da circuiti a bassa tensione.
Può derogarsi per gli apparecchi di sollevamento, per
i mezzi di trazione, per le cabine mobili di trasformazione e per quelle macchine
ed apparecchi che, in relazione al loro specifico impiego, debbono necessariamente
essere alimentati ad alta tensione.
5.16.3 Gli utensili elettrici portatili e le macchine
e gli apparecchi mobili con motore elettrico incorporato, alimentati a tensione
superiore a 25 V verso terra se alternata ed a 50 V verso terra se continua,
devono avere l’involucro metallico collegato a terra. L’attacco del conduttore
di terra deve essere realizzato con spinotto ed alveolo supplementari facenti
parte della presa di corrente o con altro idoneo sistema di collegamento.
5.16.4 Gli utensili elettrici portatili e gli apparecchi
elettrici mobili devono avere un isolamento supplementare di sicurezza fra
le parti interne in tensione e l’involucro metallico esterno.
Allegato VI - Disposizioni concernenti
l'uso delle attrezzature di lavoro
Osservazione preliminare
Le disposizioni del presente allegato si applicano allorché
esiste, per l'attrezzatura di lavoro considerata, un rischio corrispondente.
1 Disposizioni generali applicabili
a tutte le attrezzature di lavoro
1.1 Le attrezzature di lavoro devono essere installate,
disposte e usate in maniera tale da ridurre i rischi per i loro utilizzatori
e per le altre persone, ad esempio facendo in modo che vi sia sufficiente
spazio disponibile tra i loro elementi mobili e gli elementi fissi o mobili
circostanti e che tutte le energie e sostanze utilizzate o prodotte possano
essere addotte e/o estratte in modo sicuro.
1.2 Le operazioni di montaggio e smontaggio delle attrezzature
di lavoro devono essere realizzate in modo sicuro, in particolare rispettando
le eventuali istruzioni d'uso del fabbricante.
1.3 Illuminazione
1.3.1 Le zone di azione delle macchine operatrici e
quelle dei lavori manuali, i campi di lettura o di osservazione degli organi
e degli strumenti di controllo, di misure o indicatori in genere e ogni luogo
od elemento che presenti un particolare pericolo di infortunio o che necessiti
di una speciale sorveglianza, devono essere illuminati in modo diretto con
mezzi particolari.
1.3.2. Nei casi in cui, per le esigenze tecniche di
particolari lavorazioni o procedimenti, non sia possibile illuminare adeguatamente
i posti indicati al punto precedente, si devono adottare adeguate misure dirette
ad eliminare i rischi derivanti dalla mancanza o dalla insufficienza della
illuminazione.
1.4 Avviamento
Ogni inizio ed ogni ripresa di movimento dei motori
che azionano macchine complesse o più macchine contemporaneamente devono essere
preceduti da un segnale acustico convenuto, distintamente percettibile nei
luoghi dove vi sono trasmissioni e macchine dipendenti, associato, se necessario,
ad un segnale ottico. Un cartello indicatore richiamante l’obbligo stabilito
dal presente punto e le relative modalità, deve essere esposto presso gli
organi di comando della messa in moto del motore.
1.5 Rischio di proiezione di oggetti
Nelle operazioni di scalpellatura, sbavatura, taglio
di chiodi e in genere nei lavori eseguiti mediante utensili a mano o a motore,
che possono dar luogo alla proiezione pericolosa di schegge o di materiali,
si devono predisporre schermi o adottare altre misure atte ad evitare che
le materie proiettate abbiano a recare danno alle persone.
1.6 Rischi dovuti agli elementi
mobili
1.6.1 È vietato pulire, oliare o ingrassare a mano gli
organi e gli elementi in moto di attrezzature di lavoro, a meno che ciò non
sia richiesto da particolari esigenze tecniche, nel quale caso deve essere
fatto uso di mezzi idonei ad evitare ogni pericolo.
Del divieto stabilito dal presente punto devono essere
resi edotti i lavoratori mediante avvisi chiaramente visibili.
1.6.2 È vietato compiere su organi in moto qualsiasi
operazione di riparazione o registrazione.
Qualora sia necessario eseguire tali operazioni durante
il moto, si devono adottare adeguate cautele a difesa dell’incolumità del
lavoratore.
Del divieto indicato nel primo comma devono essere resi
edotti i lavoratori mediante avvisi chiaramente visibili.
1.6.3 Quando un motore, per le sue caratteristiche di
costruzione, costituisce un pericolo per chi lo avvicina, deve essere installato
in apposito locale o recintato o comunque protetto.
L’accesso ai locali o ai recinti dei motori deve essere
vietato a coloro che non vi sono addetti ed il divieto deve essere richiamato
mediante apposito avviso.
1.7 Rischio di caduta di oggetti
Durante il lavoro su scale o in luoghi sopraelevati,
gli utensili, nel tempo in cui non sono adoperati, devono essere tenuti entro
apposite guaine o assicurati in modo da impedirne la caduta.
1.8 Materie e prodotti pericolosi
e nocivi
1.8.1 Presso le macchine e gli apparecchi dove sono
effettuate operazioni che presentano particolari pericoli, per prodotti o
materie: infiammabili, esplodenti, corrosivi, a temperature dannose, asfissianti,
irritanti, tossici o infettanti, taglienti o pungenti, devono essere esposte
le disposizioni e le istruzioni concernenti la sicurezza delle specifiche
lavorazioni.
1.8.2 Nella fabbricazione, manipolazione, deposito e
trasporto di materie infiammabili od esplodenti e nei luoghi ove vi sia pericolo
di esplosione o di incendio per la presenza di gas, vapori o polveri esplosivi
o infiammabili, gli impianti, le macchine, gli attrezzi, gli utensili ed i
meccanismi in genere non devono nel loro uso dar luogo a riscaldamenti pericolosi
o a produzione di scintille.
1.8.3 Per la lubrificazione delle macchine o parti di
macchine o apparecchi in contatto con materie esplodenti o infiammabili, devono
essere usati lubrificanti di natura tale che non diano luogo a reazioni pericolose
in rapporto alla costituzione ed alle caratteristiche delle materie stesse.
1.8.4 L’accesso per i normali lavori di manutenzione
e riparazione a parti di impianti, apparecchi, macchine, pali e simili deve
essere reso sicuro ed agevole mediante l’impiego di mezzi appropriati, quali
andatoie, passerelle, scale, staffe o ramponi montapali o altri idonei dispositivi.
1.9 Rischio da spruzzi e investimento
da materiali incandescenti
1.9.1 I lavoratori addetti alle operazioni di colata
e quelli che possono essere investiti da spruzzi di metallo fuso o di materiali
incandescenti devono essere protetti mediante adatti schermi o con altri mezzi.
1.9.2 Nelle installazioni in cui la colata avviene entro
canali o fosse o spazi comunque delimitati del pavimento devono essere predisposte
idonee difese o altre misure per evitare che i lavoratori vengano a contatto
con il materiale fuso, nonché per permettere loro il rapido allontanamento
dalla zona di pericolo nel caso di spandimento dello stesso materiale sul
pavimento.
2 Disposizioni concernenti l’uso
delle attrezzature di lavoro mobili, semoventi o no.
2.1 La conduzione di attrezzature di lavoro semoventi
è riservata ai lavoratori che abbiano ricevuto un'adeguata formazione per
la guida di tali attrezzature di lavoro.
2.2 Se un'attrezzatura di lavoro manovra in una zona
di lavoro, devono essere stabilite e rispettate apposite regole di circolazione.
2.3 Si devono prendere misure organizzative atte e evitare
che lavoratori a piedi si trovino nella zona di attività di attrezzature di
lavoro semoventi. Qualora la presenza di lavoratori a piedi sia necessaria
per la buona esecuzione dei lavori, si devono prendere misure appropriate
per evitare che essi siano feriti dalle attrezzature.
2.4 L'accompagnamento di lavoratori su attrezzature
di lavoro mobili mosse meccanicamente è autorizzato esclusivamente su posti
sicuri predisposti a tal fine. Se si devono effettuare dei lavori durante
lo spostamento, la velocità dell'attrezzatura deve, all'occorrenza, essere
adeguata.
2.5 Le attrezzature di lavoro mobili dotate di un motore
a combustione possono essere utilizzate nella zona di lavoro soltanto qualora
sia assicurata una quantità sufficiente di aria senza rischi per la sicurezza
e la salute dei lavoratori.
2.6 Davanti alle uscite dei locali e alle vie che immettono
direttamente ed immediatamente in una via di transito dei mezzi meccanici
devono essere disposte barriere atte ad evitare investimenti e, quando ciò
non sia possibile, adeguate segnalazioni.
2.7 I segnali indicanti condizioni di pericolo nelle
zone di transito e quelli regolanti il traffico dei trasporti meccanici su
strada o su rotaia devono essere convenientemente illuminati durante il servizio
notturno.
2.8 Le vie di transito che, per lavori di riparazione
o manutenzione in corso o per guasti intervenuti, non sono percorribili senza
pericolo, devono essere sbarrate.
Apposito cartello deve essere posto ad indicare il divieto
di transito.
2.9 Durante l'esecuzione di lavoro di riparazione o
manutenzione su linee di transito su rotaie percorse da mezzi meccanici, quando
il traffico non è sospeso o la linea non è sbarrata, una o più persone devono
essere esclusivamente incaricate di segnalare ai lavoratori l'avvicinarsi
dei convogli ai posti di lavoro.
2.10 Quando uno o più veicoli sono mossi da un mezzo
meccanico il cui conducente non può, direttamente o a mezzo di altra persona
sistemata su uno di essi, controllarne il percorso, i veicoli devono essere
preceduti o affiancati da un incaricato che provveda alle necessarie segnalazioni
per assicurare l'incolumità delle persone.
2.11 E' vietato il trasporto delle persone su carrelli
di teleferiche o di altri sistemi di funicolari aeree costruiti per il trasporto
di sole cose, salvo che per le operazioni di ispezione, manutenzione e riparazione
e sempre che siano adottate idonee misure precauzionali, quali l'uso di cintura
di sicurezza, l'adozione di attacchi supplementari del carrello alla fune
traente, la predisposizione di adeguati mezzi di segnalazione.
3 Disposizioni concernenti l’uso
delle attrezzature di lavoro che servono a sollevare carichi
3.1 Disposizioni di carattere generale
3.1.1 I mezzi di sollevamento e di trasporto devono
essere scelti in modo da risultare appropriati, per quanto riguarda la sicurezza,
alla natura, alla forma e al volume dei carichi al cui sollevamento e trasporto
sono destinati, nonché alle condizioni d’impiego con particolare riguardo
alle fasi di avviamento e di arresto.
3.1.2 Le funi e le catene debbono essere sottoposte
a controlli trimestrali in mancanza di specifica indicazione da parte del
fabbricante.
3.1.3 Le attrezzature di lavoro smontabili o mobili
che servono a sollevare carichi devono essere utilizzate in modo tale da garantire
la stabilità dell'attrezzatura di lavoro durante il suo impiego, in tutte
le condizioni prevedibili e tenendo conto della natura del suolo.
3.1.4 Il sollevamento di persone è permesso soltanto
con attrezzature di lavoro e accessori previsti a tal fine.
A titolo eccezionale, possono essere utilizzate per
il sollevamento di persone attrezzature non previste a tal fine a condizione
che si siano prese adeguate misure in materia di sicurezza, conformemente
a disposizioni di buona tecnica che prevedono il controllo appropriato dei
mezzi impiegati e la registrazione di tale controllo.
Qualora siano presenti lavoratori a bordo dell'attrezzatura
di lavoro adibita al sollevamento di carichi, il posto di comando deve essere
occupato in permanenza. I lavoratori sollevati devono disporre di un mezzo
di comunicazione sicuro. Deve essere assicurata la loro evacuazione in caso
di pericolo.
3.1.5 Devono essere prese misure per impedire che i
lavoratori sostino sotto i carichi sospesi, salvo che ciò sia richiesto per
il buon funzionamento dei lavori.
Non è consentito far passare i carichi al di sopra di
luoghi di lavoro non protetti abitualmente occupati dai lavoratori.
In tale ipotesi, qualora non sia possibile in altro
modo il corretto svolgimento del lavoro, si devono definire ed applicare procedure
appropriate.
3.1.6 Gli accessori di sollevamento devono essere scelti
in funzione dei carichi da movimentare, dei punti di presa, del dispositivo
di aggancio, delle condizioni atmosferiche nonché tenendo conto del modo e
della configurazione dell'imbracatura. Le combinazioni di più accessori di
sollevamento devono essere contrassegnate in modo chiaro onde consentire all'utilizzatore
di conoscerne le caratteristiche qualora esse non siano scomposte dopo l'uso.
3.1.7 Gli accessori di sollevamento devono essere depositati
in modo tale da non essere danneggiati o deteriorati.
3.2 Attrezzature di lavoro che
servono al sollevamento di carichi non guidati
3.2.1 Quando due o più attrezzature di lavoro che servono
al sollevamento di carichi non guidati sono installate o montate in un luogo
di lavoro di modo che i loro raggi d'azione si intersecano, è necessario prendere
misure appropriate per evitare la collisione tra i carichi e/o elementi delle
attrezzature di lavoro stesse.
3.2.2 Nel caso di utilizzazione di attrezzature di lavoro
mobili che servono al sollevamento di carichi non guidati, si devono prendere
misure onde evitare l'inclinarsi, il ribaltamento e, se del caso, lo spostamento
e lo scivolamento dell'attrezzatura di lavoro. Si deve verificare la buona
esecuzione di queste misure.
3.2.3 Se l'operatore di un'attrezzatura di lavoro che
serve al sollevamento di carichi non guidati non può osservare l'intera traiettoria
del carico né direttamente né per mezzo di dispositivi ausiliari in grado
di fornire le informazioni utili, deve essere designato un capomanovra in
comunicazione con lui per guidarlo e devono essere prese misure organizzative
per evitare collisioni del carico suscettibili di mettere in pericolo i lavoratori.
3.2.4 I lavori devono essere organizzati in modo tale
che, quando un lavoratore aggancia o sgancia manualmente un carico, tali operazioni
possano svolgersi con la massima sicurezza e, in particolare, che il lavoratore
ne conservi il controllo diretto o indiretto.
3.2.5 Tutte le operazioni di sollevamento devono essere
correttamente progettate nonché adeguatamente controllate ed eseguite al fine
di tutelare la sicurezza dei lavoratori.
In particolare, quando un carico deve essere sollevato
simultaneamente da due o più attrezzature di lavoro che servono al sollevamento
di carichi non guidati, si deve stabilire e applicare una procedura d'uso
per garantire il buon coordinamento degli operatori.
3.2.6 Qualora attrezzature di lavoro che servono al
sollevamento di carichi non guidati non possono trattenere i carichi in caso
di interruzione parziale o totale dell'alimentazione di energia, si devono
prendere misure appropriate per evitare di esporre i lavoratori ai rischi
relativi.
I carichi sospesi non devono rimanere senza sorveglianza
salvo il caso in cui l'accesso alla zona di pericolo sia precluso e il carico
sia stato agganciato e sistemato con la massima sicurezza.
3.2.7. L'utilizzazione all'aria aperta di attrezzature
di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati deve essere sospesa
allorché le condizioni meteorologiche si degradano ad un punto tale da mettere
in pericolo la sicurezza di funzionamento esponendo così i lavoratori a rischi.
Si devono adottare adeguate misure di protezione per evitare di esporre i
lavoratori ai rischi relativi e in particolare misure che impediscano il ribaltamento
dell'attrezzatura di lavoro.
3.2.8 Quando argani, paranchi e apparecchi simili sono
usati per il sollevamento o la discesa dei carichi tra piani diversi di un
edificio attraverso aperture nei solai o nelle pareti, le aperture per il
passaggio del carico ai singoli piani, nonché il sottostante spazio di arrivo
o di sganciamento del carico stesso devono essere protetti, su tutti i lati,
mediante parapetti normali provvisti, ad eccezione di quello del piano terreno,
di arresto al piede.
I parapetti devono essere disposti in modo da garantire
i lavoratori anche contro i pericoli derivanti da urti o da eventuale caduta
del carico di manovra.
Gli stessi parapetti devono essere applicati anche sui
lati delle aperture dove si effettua il carico e lo scarico, a meno che per
le caratteristiche dei materiali in manovra ciò non sia possibile. In quest’ultimo
caso, in luogo del parapetto normale deve essere applicata una solida barriera
mobile, inasportabile e fissabile nella posizione di chiusura mediante chiavistello
o altro dispositivo. Detta barriera deve essere tenuta chiusa quando non siano
eseguite manovre di carico o scarico al piano corrispondente.
3.2.9 Il sollevamento dei laterizi, pietrame, ghiaia
e di altri materiali minuti deve essere effettuato esclusivamente a mezzo
di benne o cassoni metallici; non sono ammesse le piattaforme semplici e le
imbracature.
4 Disposizioni concernenti l’uso
delle attrezzature di lavoro che servono a sollevare persone
4.1 Sui ponti sviluppabili e simili gli operai addetti
devono fare uso di idonea cintura di sicurezza.
4.2 I ponti sviluppabili devono essere usati esclusivamente
per l'altezza per cui sono costruiti, senza aggiunte di sovrastrutture.
I ponti non devono essere spostati quando su di essi
si trovano lavoratori o sovraccarichi. E’ ammessa deroga quando si tratti
di lavori per le linee elettriche di contatto o dei ponti recanti la marcatura
CE o costruiti secondo le disposizioni dei decreti di cui all’art. II comma
3 del presente titolo, sempreché tale funzionalità risulti esplicitamente
prevista dal fabbricante.
5 Disposizioni concernenti l’uso
di determinate attrezzature di lavoro
5.1. Berte a caduta libera
5.1.1. Le berte a caduta libera per la frantumazione
della ghisa, dei rottami metallici o di altri materiali debbono essere completamente
circondate da robuste pareti atte ad impedire la proiezione all’esterno di
frammenti di materiale.
5.1.2. Anche l’accesso a tale recinto deve essere sistemato
in modo da rispondere allo stesso scopo.
5.1.3. La manovra di sganciamento della mazza deve eseguirsi
dall’esterno del recinto o comunque da posto idoneamente protetto.
5.2 Laminatoi siderurgici e simili
5.2.1. Negli impianti di laminazione in cui si ha uscita
violenta del materiale in lavorazione, quali i laminatoi siderurgici e simili,
devono essere predisposte difese per evitare che il materiale investa i lavoratori.
5.2.2. Quando per esigenze tecnologiche o per particolari
condizioni di impianto non sia possibile predisporre una efficiente difesa
diretta, dovranno essere adottate altre idonee misure per la sicurezza del
lavoro.
5.3 Trebbiatrici
Il datore di lavoro deve fornire occhiali di protezione
all’operaio imboccatore e ai suoi aiutanti e adatto copricapo a tutto il personale
addetto alla trebbiatrice.
6 Rischi per Energia elettrica
6.1 Tutte le attrezzature di lavoro debbono essere installate
in modo da proteggere i lavoratori esposti contro i rischi di un contatto
diretto o indiretto con la corrente elettrica.
6.2 Apparecchi elettrici mobili e portatili
6.2.1. Per i lavori all’aperto, ferma restando l’osservanza
di tutte le altre disposizioni del presente decreto relativo agli utensili
elettrici portatili, è vietato l’uso di utensili a tensione superiore a 220
V verso terra.
6.2.2. Nei lavori in luoghi bagnati o molto umidi, e
nei lavori a contatto od entro grandi masse metalliche, è vietato l’uso di
utensili elettrici portatili a tensione superiore a 50 V verso terra.
6.2.3. Se l’alimentazione degli utensili nelle condizioni
previste dal presente punto è fornita da una rete a bassa tensione attraverso
un trasformatore, questo deve avere avvolgimenti, primario e secondario, separati
ed isolati tra loro e deve funzionare col punto mediano dell’avvolgimento
secondario collegato a terra.
7 Materie e prodotti infiammabili
o esplodenti
7.1. Nella fabbricazione, manipolazione, deposito e
trasporto di materie infiammabili od esplodenti e nei luoghi ove vi sia pericolo
di esplosione o di incendio per la presenza di gas, vapori o polveri esplosivi
o infiammabili, gli impianti, le macchine, gli attrezzi, gli utensili ed i
meccanismi in genere non devono nel loro uso dar luogo a riscaldamenti pericolosi
o a produzione di scintille.
7.2. Per la lubrificazione delle macchine o parti di
macchine o apparecchi in contatto con materie esplodenti o infiammabili, devono
essere usati lubrificanti di natura tale che non diano luogo a reazioni pericolose
in rapporto alla costituzione ed alle caratteristiche delle materie stesse.
8. Impianti ed operazioni di saldatura
ossiacetilenica, ossidrica e simili
8.1. Non devono eseguirsi lavorazioni ed operazioni
con fiamme libere o con corpi incandescenti a meno di 5 metri di distanza
dai generatori o gasometri di acetilene.
8.2. Il trasporto nell’interno delle aziende e dei locali
di lavoro degli apparecchi mobili di saldatura al cannello deve essere effettuato
mediante mezzi atti ad assicurare la stabilità dei gasogeni e dei recipienti
dei gas compressi o disciolti e ad evitare urti pericolosi.
8.3. I recipienti dei gas compressi o sciolti, ad uso
di impianti fissi di saldatura, devono essere efficacemente ancorati, al fine
di evitarne la caduta accidentale.
9 Macchine utensili per legno
e materiali affini
La lavorazione di pezzi di piccole dimensioni alle macchine
da legno, ancorché queste siano provviste dei prescritti mezzi di protezione,
deve essere effettuata facendo uso di idonee attrezzature quali portapezzi,
spingitoi e simili.
10 Macchine per filare e simili
Il lavoratore che ha la responsabilità del funzionamento
del filatoio automatico intermittente, prima di mettere in moto la macchina,
deve assicurarsi che nessuna persona si trovi tra il carro mobile e il banco
fisso dei cilindri alimentatori.
È vietato a chiunque di introdursi nello spazio fra
il carro mobile e il banco fisso dei cilindri alimentatori durante il funzionamento
del filatoio automatico intermittente. È altresì vietato introdursi nello
stesso spazio a macchina ferma senza l’autorizzazione del lavoratore addetto
o di altro capo responsabile.
Le disposizioni del presente punto integrate con il
richiamo all’obbligo di assicurare la posizione di fermo della macchina prima
di introdursi tra il carro mobile e il banco fisso, devono essere rese note
al personale mediante avviso esposto presso la macchina.
11 Impianti ed operazioni di
saldatura o taglio ossiacetilenica ossidrica, elettrica e simili
Il trasporto nell’interno delle aziende e dei locali
di lavoro degli apparecchi mobili di saldatura al cannello deve essere effettuato
mediante mezzi atti ad assicurare la stabilità dei gasogeni e dei recipienti
dei gas compressi o disciolti e ad evitare urti pericolosi.
I recipienti dei gas compressi o sciolti, ad uso di
impianti fissi di saldatura, devono essere efficacemente ancorati, al fine
di evitarne la caduta accidentale.
Allegato VII - Verifiche di attrezzature
Attrezzatura |
Intervento/periodicità |
Scale aeree ad inclinazione variabile |
Verifica annuale |
Ponti mobili sviluppabili su carro ad azionamento motorizzato |
Verifica annuale |
Ponti mobili sviluppabili su carro a sviluppo verticale e azionati a mano |
Verifica biennale |
Ponti sospesi e relativi argani |
Verifica biennale |
Idroestrattori a forza centrifuga di tipo discontinuo con diametro x numero di giri>450 (m x giri/min) |
Verifica biennale |
Idroestrattori a forza centrifuga di tipo continuo con diametro x numero di giri >450 (m x giri/min) |
Verifica triennale |
Idroestrattori a forza centrifuga operanti con solventi infiammabili o tali da dar luogo a miscele esplosive ad instabili, aventi diametro esterno del paniere maggiore di 500mm |
Verifica annuale |
Apparecchi di sollevamento di portata superiore a 200kg materiali di tipo mobile o trasferibili , operanti in particolari settori di impiego come: costruzioni, siderurgico, portuale, estrattivo |
Verifica annuale |
Apparecchi di sollevamento di portata superiore a 200kg materiali di tipo mobile o trasferibili, operanti in altri settori, con anno di fabbricazione non antecedente 10 anni |
Verifica biennale |
Apparecchi di sollevamento di portata superiore a 200kg materiali di tipo mobile o trasferibili, operanti in altri settori, con anno di fabbricazione antecedente 10 anni |
Verifiche annuali |
Apparecchi di sollevamento di portata superiore a 200kg materiali di tipo fisso, operanti in particolari settori di impiego come: costruzioni, siderurgico, portuale, estrattivo, con anno di fabbricazione antecedente 10 anni |
Verifiche annuali |
Apparecchi di sollevamento di portata superiore a 200kg materiali di tipo fisso, operanti in particolari settori di impiego come: costruzioni, siderurgico, portuale, estrattivo, con anno di fabbricazione non antecedente 10 anni |
Verifiche biennali |
Apparecchi di sollevamento di portata superiore a 200kg materiali di tipo fisso, operanti in latri settori, con anno di fabbricazione antecedente 10 anni |
Verifiche biennali |
Apparecchi di sollevamento di portata superiore a 200kg materiali di tipo fisso, operanti in latri settori, con anno di fabbricazione non antecedente 10 anni |
Verifiche triennali |
Attrezzature/insiemi contenenti fluidi del gruppo 1 (D.Lgs. 93/2000 art.3) |
Verifica di funzionamento biennale |
Recipienti/insiemi classificati in III e IV categoria, recipienti contenenti gas instabili appartenenti alla categoria dalla I alla IV, forni per le industrie chimiche e affini, generatori e recipienti per liquidi surriscaldabili diversi dall’acqua |
Verifica di integrità: decennale |
Attrezzature/insiemi
contenenti fluidi del gruppo 1 (D.Lgs. 93/2000 art.3) |
Verifica
di funzionamento: quadriennale |
Attrezzature/insiemi
contenenti fluidi del gruppo 1 (D.Lgs. 93/2000 art.3) |
Verifica
di funzionamento: quinquennale |
Attrezzature/insiemi
contenenti fluidi del gruppo 1 (D.Lgs. 93/2000 art.3) |
Verifica
di funzionamento: quinquennale |
Attrezzature/insiemi
contenenti fluidi del gruppo 1 (D.Lgs. 93/2000 art.3) |
Verifica
di funzionamento: quinquennale |
Attrezzature/insiemi
contenenti fluidi del gruppo 2 (D.Lgs. 93/2000 art.3) |
Verifica
di funzionamento: triennale |
Attrezzature/insiemi
contenenti fluidi del gruppo 2 (D.Lgs. 93/2000 art.3) |
Verifica
di funzionamento: quinquennale |
Attrezzature/insiemi
contenenti fluidi del gruppo 2 (D.Lgs. 93/2000 art.3) |
Verifica
di funzionamento: biennale |
Attrezzature/insiemi
contenenti fluidi del gruppo 2 (D.Lgs. 93/2000 art.3) |
Verifica di integrità: decennale |
Attrezzature/insiemi
contenenti fluidi del gruppo 2 (D.Lgs. 93/2000 art.3) |
Verifica
di funzionamento: quinquennale |
Generatori di calore alimentati da combustibile solido, liquido o gassoso per impianti centrali di riscaldamento utilizzanti acqua calda sotto pressione con temperatura dell’acqua non superiore alla temperatura di ebollizione alla pressione atmosferica, aventi potenzialità globale dei focolari superiore a 116kW |
Verifica quinquennale |
Allegato VIII
1. Schema indicativo per l'inventario dei rischi
ai fini dell'impiego di attrezzature di protezione individuale
|
RISCHI |
||||||
FISICI |
|||||||
MECCANICI |
|||||||
Cadute dall’alto |
Urti, colpi, impatti, compressioni |
Punture, tagli, abrasioni |
Vibrazioni |
Scivolamenti, cadute a livello |
|||
PARTE DEL CORPO |
TESTA |
Cranio |
|
|
|
|
|
Udito |
|
|
|
|
|
||
Occhi |
|
|
|
|
|
||
Vie respiratorie |
|
|
|
|
|
||
Volto |
|
|
|
|
|
||
Testa |
|
|
|
|
|
||
ARTO SUPERIORE |
Mano |
|
|
|
|
|
|
Braccio (parti) |
|
|
|
|
|
||
ARTO INFERIORE |
Piede |
|
|
|
|
|
|
Gamba (parti) |
|
|
|
|
|
||
VARIE |
Pelle |
|
|
|
|
|
|
Tronco/addome |
|
|
|
|
|
||
Apparato gastrointestinale |
|
|
|
|
|
||
Corpo intero |
|
|
|
|
|
|
RISCHI |
|||||||
FISICI |
||||||||
TERMICI |
ELETTRICI |
RADIAZIONI |
RUMORE |
|||||
Calore, fiamme |
Freddo |
Non ionizzanti |
Ionizzanti |
|||||
PARTE DEL CORPO |
TESTA |
Cranio |
|
|
|
|
|
|
Udito |
|
|
|
|
|
|
||
Occhi |
|
|
|
|
|
|
||
Vie respiratorie |
|
|
|
|
|
|
||
Volto |
|
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Testa |
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ARTO SUPERIORE |
Mano |
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Braccio (parti) |
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ARTO INFERIORE |
Piede |
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Gamba (parti) |
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VARIE |
Pelle |
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Tronco/addome |
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Apparato grastrointestinale |
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Corpo intero |
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RISCHI |
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CHIMICI |
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AEROSOL |
LIQUIDI |
GAS, VAPORI |
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Polveri, fibre |
Fumi |
Nebbie |
Immersioni |
Getti, Schizzi |
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PARTE DEL CORPO |
TESTA |
Cranio |
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Udito |
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Occhi |
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Vie respiratorie |
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Volto |
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Testa |
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ARTO SUPERIORE |
Mano |
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Braccio (parti) |
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ARTO INFERIORE |
Piede |
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Gamba (parti) |
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VARIE |
Pelle |
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Tronco/addome |
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Apparato grastrointestinale |
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Corpo intero |
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RISCHI |
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BIOLOGICI |
||||||
Batterie patogene |
Virus patogeni |
Funghi produttori di micosi |
Antigeni biologici non microbici |
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PARTE DEL CORPO |
TESTA |
Cranio |
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Udito |
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||
Occhi |
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Vie respiratorie |
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Volto |
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||
Testa |
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ARTO SUPERIORE |
Mano |
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Braccio (parti) |
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ARTO INFERIORE |
Piede |
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Gamba (parti) |
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VARIE |
Pelle |
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Tronco/addome |
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Apparato grastrointestinale |
|
|
|
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Corpo intero |
|
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|
|
2. Elenco indicativo e non esauriente
delle attrezzature di protezione individuale
Dispositivi di protezione della testa
Caschi di protezione per l'industria (caschi per miniere,
cantieri di lavori pubblici, industrie varie).
Copricapo leggero per proteggere il cuoio capelluto
(berretti, cuffie, retine con o senza visiera).
Copricapo di protezione (cuffie, berretti, cappelli
di tela cerata ecc., in tessuto, in tessuto rivestito, ecc.).
Dispositivi di protezione dell'udito
Palline e tappi per le orecchie.
Caschi (comprendenti l'apparato auricolare).
Cuscinetti adattabili ai caschi di protezione per l'industria.
Cuffie con attacco per ricezione a bassa frequenza.
Dispositivi di protezione contro il rumore con apparecchiature
di intercomunicazione.
Dispositivi di protezione degli occhi e del viso
Occhiali a stanghette.
Occhiali a maschera.
Occhiali di protezione, contro i raggi X, i raggi laser,
le radiazioni ultraviolette, infrarosse, visibili.
Schermi facciali.
Maschera e caschi per la saldatura ad arco (maschere
a mano, a cuffia o adattabili a caschi protettivi).
Dispositivi di protezione delle vie respiratorie
Apparecchi antipolvere, antigas e contro le polveri
radioattive.
Apparecchi isolanti a presa d'aria.
Apparecchi respiratori con maschera per saldatura amovibile.
Apparecchi e attrezzature per sommozzatori.
Scafandri per sommozzatori.
Dispositivi di protezione delle mani e delle braccia
- Guanti contro le aggressioni meccaniche (perforazioni,
tagli, vibrazioni, ecc.); contro le aggressioni chimiche, per elettricisti
e antitermici.
- Guanti a sacco.
- Ditali.
- Manicotti.
- Fasce di protezione dei polsi.
- Guanti a mezze dita.
- Manopole.
Dispositivi di protezione dei piedi e delle gambe
Scarpe basse, scarponi, tronchetti, stivali di sicurezza.
Scarpe a slacciamento o sganciamento rapido.
Scarpe con protezione supplementare della punta del
piede;
Scarpe e soprascarpe con suola anticalore;
Scarpe, stivali e soprastivali di protezione contro
il calore;
Scarpe, stivali e soprastivali di protezione contro
il freddo;
Scarpe, stivali e soprastivali di protezione contro
le vibrazioni;
Scarpe, stivali e soprastivali di protezione antistatici;
Scarpe, stivali e soprastivali di protezione isolanti;
Stivali di protezione contro le catene delle trance
meccaniche;
Zoccoli;
Ginocchiere;
Dispositivi di protezione amovibili del collo del
piede
Ghette;
Suole amovibili (anticalore, antiperforazione o antitraspirazione);
Ramponi amovibili per ghiaccio, neve, terreno sdrucciolevole.
Dispositivi di protezione della pelle
Creme protettive/pomate.
Dispositivi di protezione del tronco e dell'addome
Giubbotti, giacche e grembiuli di protezione contro
le aggressioni meccaniche (perforazioni, tagli, spruzzi di metallo fuso, ecc.);
Giubbotti, giacche e grembiuli di protezione contro
le aggressioni chimiche;
Giubbotti termici;
Giubbotti di salvataggio;
Grembiuli di protezione contro i raggi x;
Cintura di sicurezza del tronco.
Dispositivi dell'intero corpo
Attrezzature di protezione contro le cadute;
Attrezzature cosiddette anticaduta (attrezzature complete
comprendenti tutti gli accessori necessari al funzionamento);
Attrezzature con freno ”ad assorbimento di energia cinetica“
(attrezzature complete comprendenti tutti gli accessori necessari al funzionamento);
Dispositivo di sostegno del corpo (imbracatura di
sicurezza)
Indumenti di protezione
Indumenti di lavoro cosiddetti ”di sicurezza" (due
pezzi e tute);
Indumenti di protezione contro le aggressioni meccaniche
(perforazioni, tagli, ecc.);
Indumenti di protezione contro le aggressioni chimiche;
Indumenti di protezione contro gli spruzzi di metallo
fuso e di raggi infrarossi;
Indumenti di protezione contro il calore;
Indumenti di protezione contro il freddo;
Indumenti di protezione contro la contaminazione radioattiva;
Indumenti antipolvere;
Indumenti antigas;
Indumenti ed accessori (bracciali e guanti, ecc.) fluorescenza
di segnalazione, catarifrangenti;
Coperture di protezione.
3. Elenco indicativo e non esauriente
delle attività e dei settori di attività per i quali può rendersi necessario
mettere a disposizione attrezzature di protezione individuale
1. Protezione del capo (protezione
del cranio)
Elmetti di protezione
- Lavori edili, soprattutto lavori sopra, sotto o in
prossimità di impalcature e di posti di lavoro sopraelevati, montaggio e smontaggio
di armature, lavori di installazione e di posa di ponteggi e operazioni di
demolizione.
- Lavori su ponti d'acciaio, su opere edili in strutture
d'acciaio di grande altezza, piloni, torri, costruzioni idrauliche in acciaio,
altiforni, acciaierie e laminatoi, grandi serbatoi, grandi condotte, caldaie
e centrali elettriche.
- Lavori in fossati, trincee, pozzi e gallerie di miniera.
- Lavori in terra e in roccia.
- Lavori in miniere sotterranee, miniere a cielo aperto
e lavori di spostamento di ammassi di sterile. - Uso di estrattori di bulloni.
- Brillatura mine.
- Lavori in ascensori e montacarichi, apparecchi di
sollevamento, gru e nastri trasportatori.
- Lavori nei pressi di altiforni, in impianti di riduzione
diretta, in acciaierie, in laminatoi, in stabilimenti metallurgici, in impianti
di fucinatura a maglio e a stampo, nonché in fonderie.
- Lavori in forni industriali, contenitori, apparecchi,
silos, tramogge e condotte.
- Costruzioni navali.
- Smistamento ferroviario.
- Macelli.
2. Protezione del piede
Scarpe di sicurezza con suola imperforabile
- Lavori di rustico, di genio civile e lavori stradali.
- Lavori su impalcatura.
- Demolizioni di rustici.
- Lavori in calcestruzzo e in elementi prefabbricati
con montaggio e smontaggio di armature.
- Lavori in cantieri edili e in aree di deposito.
- Lavori su tetti.
Scarpe di sicurezza senza suola imperforabile
- Lavori su ponti d'acciaio, opere edili in strutture
di grande altezza, piloni, torri, ascensori e montacarichi, costruzioni idrauliche
in acciaio, altiforni, acciaierie, laminatoi, grandi contenitori, grandi condotte,
gru, caldaie e impianti elettrici.
- Costruzioni di forni, installazioni di impianti di
riscaldamento e di aerazione, nonché montaggio di costruzioni metalliche.
- Lavori di trasformazione e di manutenzione.
- Lavori in altiforni, impianti di riduzione diretta,
acciaierie e laminatoi, stabilimenti metallurgici, impianti di fucinatura
a maglio e a stampo, impianti di pressatura a caldo e di trafilatura.
- Lavori in cave di pietra, miniere, a cielo aperto
e rimozione di discarica.
- Lavorazione e finitura di pietre.
- Produzione di vetri piani e di vetri cavi, nonché
lavorazione e finitura.
- Manipolazione di stampi nell'industria della ceramica.
- Lavori di rivestimenti in prossimità del forno nell'industria
della ceramica.
- Lavori nell'industria della ceramica pesante e nell'industria
dei materiali da costruzione.
- Movimentazione e stoccaggio.
- Manipolazione di blocchi di carni surgelate e di contenitori
metallici di conserve.
- Costruzioni navali.
- Smistamento ferroviario.
Scarpe di sicurezza con tacco o con suola continua
e con intersuola imperforabile
- Lavori sui tetti.
- Scarpe di sicurezza con intersuola termoisolante.
- Attività su e con masse molte fredde o ardenti.
Scarpe di sicurezza a slacciamento rapido
- In caso di rischio di penetrazione di masse incandescenti
fuse.
3. Protezione degli occhi o
del volto
Occhiali di protezione, visiere o maschere di
protezione
- Lavori di saldatura, molatura e tranciatura
- Lavori di mortasatura e di scalpellatura
- Lavorazione e finitura di pietre
- Uso di estrattori di bulloni.
- Impiego di macchine asportatrucioli durante la lavorazione
di materiale che producono trucioli corti.
- Fucinatura a stampo.
- Rimozione e frantumazione di schegge.
- Operazioni di sabbiatura.
- Manipolazione di prodotti acidi e alcalini, disinfettanti
e detergenti corrosivi.
- Impiego di pompe a getto liquido.
- Manipolazione di masse incandescenti fuse o lavori
in prossimità delle stesse.
- Lavori che comportano esposizione al calore radiante.
- Impiego di laser.
4. Protezione delle vie respiratorie
Autorespiratori
- Lavori in contenitori, in vani ristretti e in forni
industriali riscaldati a gas, qualora sussista il rischio di intossicazione
da gas o di carenza di ossigeno.
- lavoro nella zona di caricamento dell'altoforno.
- Lavori in prossimità dei convertitori e delle condutture
di gas di altoforno.
- Lavori in prossimità della colata in siviera qualora
sia prevedibile che se ne sprigionino fumo di metalli pesanti.
- Lavori di rivestimento di forni e di siviere qualora
sia prevedibile la formazione di polveri.
- Verniciatura a spruzzo senza sufficiente aspirazione.
- Lavori in pozzetti, canali e altri vani sotterranei
nell'ambito della rete fognaria.
- Attività in impianti frigoriferi che presentino un
rischio di fuoriuscita del refrigerante.
5. Protezione dell'udito
Otoprotettori
- Lavori nelle vicinanze di presse per metalli.
- Lavori che implicano l'uso di utensili pneumatici.
- Attività del personale a terra negli aeroporti.
- Battitura di pali e costipazione del terreno.
- Lavori nel legname e nei tessili.
6. Protezione del tronco, delle
braccia e delle mani
Indumenti protettivi
- Manipolazione di prodotti acidi e alcalini, disinfettanti
e detergenti corrosivi.
- Lavori che comportano la manipolazione di masse calde
o la loro vicinanza o comunque un'esposizione al calore.
- Lavorazione di vetri piani.
- Lavori di sabbiatura.
- Lavori in impianti frigoriferi.
Indumenti protettivi difficilmente infiammabili
- Lavori di saldatura in ambienti ristretti
Grembiuli imperforabili
- Operazioni di disossamento e di squartamento nei macelli.
- Lavori che comportano l'uso di coltelli, nel caso
in cui questi siano mossi in direzione del corpo.
Grembiuli di cuoio
- Saldatura
- Fucinatura
- Fonditura
Bracciali
- Operazioni di disossamento e di squartamento nei macelli.
Guanti
- Saldatura.
- Manipolazione di oggetti con spigoli vivi, esclusi
i casi in cui sussista il rischio che il guanto rimanga impigliato nelle macchine.
- Manipolazione a cielo aperto di prodotti acidi e alcalini.
Guanti a maglia metallica
- Operazione di disossamento e di squartamento nei macelli.
- Attività protratta di taglio con il coltello nei reparti
di produzione e macellazione.
- Sostituzione di coltelli nelle taglierine.
7. Indumenti di protezione contro
le intemperie
- Lavori edili all'aperto con clima piovoso e freddo.
8. Indumenti fosforescenti
- Lavori in cui è necessario percepire in tempo la presenza
dei lavoratori.
9. Attrezzatura di protezione
anticaduta (imbracature di sicurezza)
- Lavori su impalcature.
- Montaggio di elementi prefabbricati.
- Lavori su piloni.
10. Attacco di sicurezza con
corda
- Posti di lavoro in cabine sopraelevate di gru.
- Posti di lavoro in cabine di manovra sopraelevate
di transelevatori.
- Posti di lavoro sopraelevati su torri di trivellazione.
- Lavori in pozzi e in fogne.
11. Protezione dell'epidermide
- Manipolazione di emulsioni.
- Concia di pellami.
4) Indicazioni non esaurienti
per la valutazione dei dispositivi di protezione individuale
1. Elmetti di protezione per l’industria
2. Occhiali protettivi e schermi per la protezione del
viso
3. Otoprotettori
4. Dispositivi di protezione delle vie respiratorie
5. Guanti di protezione
6. Calzature per uso professionale
7. Indumenti di protezione
8. Giubbotti di salvataggio per l’industria
9. Dispositivi di protezione contro le cadute dall’alto
1. ELMETTI DI PROTEZIONE PER L’INDUSTRIA |
||
RISCHI
DA CUI PROTEGGERE |
||
Rischi |
Origine
e forma dei rischi |
Criteri
di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Meccanici |
Cadute di oggetti, urti |
-Capacità
d’ammortizzare gli urti |
Schiacciamento laterale |
Resistenza laterale |
|
Elettrici |
Bassa tensione elettrica |
Isolamento elettrico |
Termici |
Freddo, caldo |
Mantenimento delle caratteristiche alle basse e alte temperature |
Spruzzi di metallo fuso |
Resistenza agli spruzzi di metallo fuso |
|
Ridotta visibilità |
Percettibilità insufficiente |
Colore luminescente/riflettente |
RISCHI
DERIVANTI DAL DISPOSITIVO |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Disagio, interferenza con l’attività lavorativa |
Comfort inadeguato |
-Progetto
ergonomico: |
Infortuni e rischi per la salute |
Scarsa compatibilità |
Qualità dei materiali |
Carenza di igiene |
Facilità di manutenzione |
|
Scarsa stabilità, perdita dell’elmetto |
Adattamento dell’elmetto alla testa |
|
Contratto con le fiamme |
Non infiammabilità e resistenza alla fiamma |
|
Invecchiamento |
Esposizione a fenomeni atmosferici, condizioni dell’ambiente, pulizia, utilizzo |
-Resistenza
del dispositivo alle condizioni di utilizzo industriali |
RISCHI
DERIVANTI DALL’USO DEL DISPOSITIVO |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Protezione inadeguata |
Errata scelta del dispositivo |
-Scelta
del dispositivo in relazione al tipo, entità dei rischi e condizioni
di lavoro: |
Uso non corretto del dispositivo |
-Impiego
appropriato del dispositivo con attenzione al rischio |
|
Dispositivo sporco, logoro o deteriorato |
-Mantenimento
del dispositivo in buono stato |
|
||
2. OCCHIALI PROTETTIVI E SCHERMI PER LA PROTEZIONE DEL VISO |
||
RISCHI DA CUI PROTEGGERE |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Generali (non specifici) |
-Sollecitazioni
connesse con l'utilizzo |
-Lente con
resistenza meccanica sufficiente e rottura in schegge non pericolose |
Meccanici |
-Particelle ad alta velocità, schegge, proiezioni |
-Resistenza meccanica |
Termici/Meccanici |
Particelle incandescenti ad alta velocità |
Resistenza a materiali incandescenti o fusi |
Bassa temperatura |
Ipotermia degli occhi |
Perfetto adattamento al viso |
Chimici |
-Irritazione
causata da |
Impenetrabilità (protezione laterale) e resistenza a prodotti chimici |
Radiazioni |
-sorgenti
tecnologiche di radiazioni infrarosse, visibili e ultraviolette, di
radiazioni ionizzanti e di radiazioni laser |
-Caratteristiche
filtranti delle lenti |
RISCHI
DERIVANTI DAL DISPOSITIVO |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Disagio, interferenza con l'attività lavorativa |
-Comfort
inadeguato |
-Progetto
ergonomico |
-aumento della traspirazione |
-ventilazione sufficiente, lenti antiappannanti |
|
-adattamento poco stabile, pressione di contatto troppo alta |
-Adattabilità individuale all'utilizzatore |
|
Infortuni e rischi per la salute |
Scarsa compatibilità |
Qualità dei materiali |
Carenze di igiene |
Facilità di manutenzione |
|
Rischio di riferimento causato da spigoli taglienti |
-Spigoli
e bordi arrotondati |
|
Alterazione della vista causata da cattiva qualità ottica, per es. distorsione delle immagini, modificazione dei colori e in particolare dei segnali, diffuzione |
-Essere
vigilanti qualità ottica |
|
Riduzione del campo visivo |
Lenti di dimensioni sufficienti |
|
Riverbero |
Lenti e montature antiriverbero |
|
Brusco e notevole cambiamento di trasparenza (chiaro/scuro) |
Velocità di reazione degli oculari (fotocromatici) |
|
Lente appannata |
Dispositivi antiappannanti> |
|
Invecchiamento |
Esposizione a fenomeni atmosferici, condizioni dell'ambiente, pulizia, utilizzo |
-Resistenza
del dispositivo alle condizioni di utilizzo industriali |
RISCHI
DERIVANTI DALL'USO DEL DISPOSITIVO |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Protezione inadeguata |
Errata scelta del dispositivo |
-Scelta
del dispositivo in relazione al tipo, entità dei rischi e condizioni
di lavoro |
Uso non corertto del dispositivo |
-Impiego
appropriato del dispositivo con attenzione al rischio |
|
Dispositivo sporco, logoro o deteriorato |
-Mantenimento
del dispositivo in buono stato |
|
3. OTOPROTETTORI |
||
RISCHI DA CUI PROTEGGERE |
||
Rumore |
-Rumore
continuo |
-Attenuazione acustica sufficiente per ogni tipo di rumore |
Termici |
Proiezioni di gocce di metallo, ad esempio durante la saldatura |
Resistenza agli oggetti fusi o incandescenti |
RISCHI
DERIVANTI DAL DISPOSITIVO |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Disagio, interferenza con l'attività lavorativa |
-Comfort
inadeguato: |
-Progetto
ergonomico: |
Restrizione della capacità auditiva |
Deterioramento dell'intelligibilità della parola, del riconoscimento dei segnali, del riconoscimento dei rumori informativi connessi con il lavoro, deterioramento della capacità di localizzazione direzionale |
-Variazione
dell'attenuazione con la frequenza, ridotte prestazioni acustiche |
Infortuni e rischi per la salute |
Scarsa compatibilità |
Qualità dei materiali |
Carenze di igiene |
Facilità di manutenzione |
|
Materiali inadatti |
Possibilità di sostituire gli auricolari con conchiglie, impiego di tappi auricolari a perdere |
|
Spigoli vivi |
Spigoli e angoli arrotondati |
|
Dispositivo che si impiglia nei capelli |
Eliminazione degli elementi sporgenti |
|
Contatto con corpi incandescenti |
Resistenza alla combustione e alla fusione |
|
Contatto con le giamme |
Non infiammabilità, resistenza alla fiamma |
|
Invecchiamento |
Esposizione a fenomeni atmosferici, condizioni dell'ambiente, pulizia, utilizzo |
-Resistenza
del dispositivo alle condizioni di utilizzo industriali |
RISCHI
DERIVANTI DALL'USO DEL DISPOSITIVO |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Protezione inadeguata |
Errata scelta del dispositivo |
-Scelta
del dispositivo in relazione al tipo, entità dei rischi e condizioni
di lavoro: |
Uso non corretto del dispositivo |
-Impiego
appropriato del dispositivo con attenzione al rischio |
|
Dispositivo sporco, logoro o deteriorato |
-Mantenimento
del dispositivo in buono stato |
|
||
RISCHI DA CUI PROTEGGERE |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Sostanze pericolose nell'aria inalata |
Inquinanti in forma particellare (polveri, fumi, aerosol) |
Filtro
antipolvere di efficienza appropriata (classe del filtro), in relazione
alla concentrazione, tossicità/rischio per la salute, e allo spettro
granulometrico delle particelle. |
Inquinanti in forma di gas e vapori |
Selezione dell'adatto tipo di filtro antigas e dell'appropriata classe del filtro in relazione alla concentrazione, tossicità/rischio per la salute, alla durata di impiego prevista ed al tipo di lavoro |
|
Inquinanti in forma sia particellare che gassosa |
Selezione dell'adatto tipo di filtro combinato secondo gli stessi criteri indicati per i filtri antipolvere e per i filtri antigas |
|
Carenza di ossigeno nell'aria inalata |
-Consumo
di ossigeno |
-Alimentazione
in ossigeno garantita dal dispositivo |
RISCHI
DERIVANTI DAL DISPOSITIVO |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Disagio, interferenza con l'attività lavorativa |
-Comfort
inadeguato |
Progetto
ergonomico |
-massa |
massa ridotta, buona distribuzione del peso |
|
-alimentazione |
-ridotta interferenza con i movimenti del capo |
|
-resistenza respiratoria |
-resistenza respiratoria e sovrapposizione nella zona respiratoria |
|
-microclima nel facciale |
-dispositivi con valvole, ventilazione |
|
-utilizzo |
-maneggevolezza / utilizzo semplice |
|
Infortuni e rischi per la salute |
Scarsa compatibilità |
Qualità dei materiali |
Carenza di igiene |
Facilità di manutenzione e disinfezione |
|
Scarsa tenuta (perdite) |
Adattamento a tenuta al viso, tenuta del dispositivo |
|
Accumulo di CO2 nell'aria inalata |
Dispositivi con valvole, ventilati o con assorbitori di CO2 |
|
Contatto con fiamme, scintille, protezioni di metallo fuso |
Uso di materiali non infiammabili |
|
Riduzione del campo visivo |
Adeguato campo visivo |
|
Contaminazione |
Resistenza, facilità alla decontaminazione |
|
Invecchiamento |
Esposizione a fenomeni atmosferici, condizioni dell'ambiente, pulizia, utilizzo |
-
Resistenza del dispositivo alle condizioni di uso industriali |
RISCHI
DERIVANTI DALL'USO DEL DISPOSITIVO |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Protezione inadeguata |
Errata scelta del dispositivo |
-Scelta
del disositivo in relazione al tipo, entità dei rischi e condizioni
di lavoro |
Uso non corretto del dispositivo |
-Impiego
appropriato del dispositivo con attenzione al rischio |
|
Dispositivo sporco, logoro o deteriorato |
Mantenimento
del dispositivo in buono stato |
5. GUANTI DI PROTEZIONE |
||
RISCHI DA CUI PROTEGGERE |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Generali |
Contatto |
Zona della mano da proteggere |
Sollecitazioni connesse con l'utilizzo |
Resistenza allo strappo, allungamento, abrasione |
|
Meccanici |
Abrasivi, oggetti taglienti o appuntiti |
Resistenza alla penetrazione, al taglio |
Impatto |
Imbottitura |
|
Termici |
Matariali caldi o freddi, temperatura dell'ambiente |
Isolamento contro il caldo o il freddo |
Contatto con fiamme |
Non infiammabilità, resistenza alla fiamma |
|
Lavori di saldatura |
Protezione e resistenza alla radiazione e alle proiezioni di metalli fusi |
|
Elettrici |
Elettricità |
Isolamento elettrico |
Chimici |
Effetti dei prodotti chimici |
Impenetrabilità, resistenza |
Vibrazioni |
Vibrazioni meccaniche |
Attenuazione delle vibrazioni |
Contaminazioni |
Contatto con materiali radioattivi |
Impenetrabilità, facilità di decontaminazione, resistenza |
RISCHI
DERIVANTI DAL DISPOSITIVO |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Disagio, interferenza con l'attività lavorativa |
Comfort inadeguato |
-Progetto
ergonomico: |
Infortuni e rischi per la salute |
Scarsa compatibilità |
Qualità dei materiali |
Carenza di igiene |
Facilità di manutenzione |
|
Calzata insoddisfacente |
Progetto del modello |
|
Invecchiamento |
Esposizione a fenomeni atmosferici, condizioni dell'ambiente, pulizia, utilizzo |
-Resistenza
del dispositivo alel condizioni di utilizzo industriali |
RISCHI
DERIVANTI DALL'USO DEL DISPOSITIVO |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Protezione inadeguata |
Errata scelta del dispositivo |
-Scelta
del dispositivo in relazione al tipo, entità dei rischi e condizioni
di lavoro |
Uso non corretto del dispositivo |
-Impiego
appropriato del dispositivo con attenzione al rischio |
|
Dispositivo sporco, logoro o deteriorato |
-Mantenimento
del dispositivo in buono stato |
6. CALZATURE PER USO PROFESSIONALE |
||
RISCHI DA CUI PROTEGGERE |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Meccanici |
Caduta di oggetti o schiacciamento della parte anteriore del piede |
Resistenza della parte anterioer della calzatura |
Cadute e urti sul tallone |
-Capacità
di assorbimento di energia nella zona del tallone |
|
Cadute per scivolamento |
Resistenza delle suole allo scivolamento |
|
Calpestamento di oggetti appuntiti o taglienti |
Resistenza delle suole alla perforazione |
|
-Danneggiamento
di: |
-Protezione
di: |
|
Elettrici |
Bassa e media tensione |
Isolamento elettrico |
Alta tensione |
Conducibilità elettrica |
|
Termici |
Freddo, caldo |
Isolamento termico |
Proiezioni di metalli fusi |
Resistenza, impermeabilità |
|
Chimici |
Polveri o liquidi dannosi |
Resistenza e impermeabilità |
RISCHI
DERIVANTI DAL DISPOSITIVO |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Disagio, interferenza con l'attività lavorativa |
-Comfort
inadeguato: |
Progetto
ergonomico |
-insufficiente eliminazione della traspirazione |
-permeabilità al vapore acqueo e capacità di assorbimento d'acqua |
|
-fatica causata dall'impiego del dispositivo |
-flessibilità, massa |
|
-penetrazione di umidità |
-impermeabilità all'acqua |
|
Infortuni e rischi per la salute |
Scarsa compatibilità |
Facilità di manutenzione |
Carenza di igiene |
Facilità di manutenzione |
|
Rischio di lussazione o di storte dovuto alla scorretta posizione del piede |
Rigidità trasversale della scarpa e del cambriglione, adattabilità |
|
Invecchiamento |
Esposizione a fenomeni atmosferici, condizioni dell'ambiente, pulizia, utilizzo |
-Resistenza
alla corrosione, all'abrasione e allo sforzo della suola |
Carica elettrostatica |
Scarica dell'elettricità statica |
Conducibilità elettrica |
RISCHI
DERIVANTI DALL'USO DEL DISPOSITIVO |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Protezione inadeguata |
Errata scelta del dispositivo |
-Scelta
del dispositivo in relazione al tipo, entità dei rischi e condizioni
di lavoro |
Uso non corretto del dispositivo |
-Impiego
appropriato del dispositivo con attenzione al rischio |
|
Dispositivo sporco, logoro o deteriorato |
-Mantenimento
del dispositivo in biono stato |
7. INDUMENTI DI PROTEZIONE |
||
RISCHI DA CUI PROTEGGERE |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Generali |
Contatto |
Zona del corpo da proteggere |
Sollecitazioni derivanti dall'utilizzo |
Resistenza allo strappo, allungamento, capacità di prevenire l'estensione delle lacerazioni |
|
Meccanici |
Oggetti abrasivi, appuntiti e taglienti |
Resistenza alla penetrazione |
Termici |
Materiali freddi o caldi, temperatura dell'ambiente |
Isolamento contro il freddo e il caldo, mantenimento delle caratteristiche protettive |
Contatto con fiamme |
Non infiammabilità, resistenza alla fiamma |
|
Lavori di saldatura |
Protezione e resistenza alla radiazione e alle proiezioni di metalli fusi |
|
Elettrici |
Elettricità |
Isolamento elettrici |
Chimici |
Effetti dei prodotti chimici |
Impermeabilità e resistenza ai prodotti chimici |
Umidità |
Assorbimento di acqua da parte dell'abbigliamento |
Impermeabilità all'acqua |
Ridotta visibilità |
Insufficiente percettibilità dell'abbigliamento |
Colore brillante o riflettente |
Contaminazione |
Contatto con prodotti radioattivi |
Impenetrabilità, facilità di decontaminazione, resistenza |
RISCHI
DERIVANTI DAL DISPOSITIVO |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Disagio, interferenza con l'attività lavorativa |
Comfort inadeguato |
-Progetto
ergonomico |
Infortuni e rischi per la salute |
Scarsa compatibilità |
Qualità dei materiali |
Carenza di igiene |
Facilità di manutenzione |
|
Vestibilità insoddisfacente |
|
|
Invecchiamento |
Esposizione a fenomeni atmosferici, condizioni dell'ambiente, pulizia, utilizzo |
-Resistenza
del dispositivo alle condizioni di utilizzo industriali |
RISCHI
DERIVANTI DALL'USO DEL DISPOSITIVO |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Protezione inadeguata |
Errata scelta del dispositivo |
Scelta
del disopsitivo in relazione al tipo, entità dei rischi e condizioni
di lavoro |
Uso non corretto del dispositivo |
-Impiego
appropriato del dispositivo con attenzione al rischio |
|
Dispositivo sporco, logoro o deteriorato |
-Mantenimento
del dispositivo in buono stato |
|
8. GIUBBOTTI DI SALVATAGGIO PER L'INDUSTRIA |
||
RISCHI DA CUI PROTEGGERE |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Annegamento |
Caduta in acqua di persona in abito da lavoro, priva di coscienza o delle necessarie facoltà fisiche |
-Galleggiabilità
|
RISCHI
DERIVANTI DAL DISPOSITIVO |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Disagio, interferenza con la'ttività lavorativa |
Costrizione provocata da dimensioni o progetto inadeguati |
Progetto ergonomico che non limiti la vista, la respirazione o il movimento |
Infortuni e rischi per la salute |
Perdita del giubbotto nella caduta in acqua |
progetto (mantenimento in posizione) |
Danneggiamento del giubbotto durante l'utilizzo |
Resistenza al danneggiamento (urto, schiacciamento, perforazione) |
|
Alterazione della funzionalità del sistema di gonfiaggio |
-Mantenimento
delle caratteristiche di sicurezza in tutte le condizioni |
|
Utilizzo improprio |
Schema delle istruzioni per l'uso stampate in modo indelebile sul giubbotto |
|
Invecchiamento |
Esposizione a fenomeni atmosferici, condizioni dell'ambiente, pulizia, utilizzo |
-Resistenza
agli agenti chimici, biologici e fisici: acqua di mare, detergenti,
idrocarburi, microrganismi (batteri, muffe) |
RISCHI
DERIVANTI DALL'USO DEL DISPOSITIVO |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Protezione inadeguata |
Errata scelta del dispositivo |
-Scelta
del dispositivo in relazione al tipo, entità dei rischi e condizioni
di lavoro: |
Uso non corretto del dispositivo |
-Impiego
appropriato del dispositivo con attenzione al rischio |
|
Dispositivo sporco, logoro o deteriorato |
-Mantenimento
del dispositivo in buono stato |
9. DISPOSITIVI DI PROTEZIONE CONTRO LE CADUTE DALL'ALTO |
||
RISCHI DA CUI PROTEGGERE |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
urto |
-Cadute
da posizione elevata |
-Resistenza e idoneità del dispositivo del punto di ancoraggio |
RISCHI
DERIVANTI DAL DISPOSITIVO |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Disagio, interferenza con l'attività lavorativa |
-Progetto
ergonomico inadeguato |
-Progetto
ergonomico: |
Infortuni e rischi per la salute |
Sollecitazione dinamica esercitata sull'utilizzaotre e sul dispositivo durante la frenata |
-Idoneità
del dispositivo |
Oscillazione e urto laterale |
Punto d'ancoraggio al di sopra della testa, ancoraggio in altri punti |
|
Rischio di sospensione inerte |
-Progetto del dispositivo (distribuzione delle sollecitazioni) |
|
Scivolamento del dispositivo di collegamento |
-Frazionamento degli ancoraggi |
|
Invecchiamento |
Modifica della resistenza meccanica causata da esposizione a fenomeni atmosferici, condizioni dell'ambiente, pulizia, utilizzo |
-Resistenza
alla corrosione |
RISCHI
DERIVANTI DALL'USO DEL DISPOSITIVO |
||
Rischi |
Origine e forma dei rischi |
Criteri di sicurezza e prestazionali per la scelta del dispositivo |
Protezione inadeguata |
Errata scelta del dispositivo |
-Scelta
del dispositivo in relazione al tipo, entità dei rischi e condizioni
di lavoro: |
Uso non corretto del dispositivo |
-Impiego
appropriato del dispositivo con attenzione al rischio |
|
Dispositivo sporco, logoro o deteriorato |
-Mantenimento
del dispositivo in buono stato |
Allegato IX
Ai fini del presente Capo, si considerano norme di buona
tecnica le specifiche tecniche emanate dai seguenti organismi nazionali e
internazionali:
• UNI (Ente Nazionale di Unificazione);
• CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano);
• CEN (Comitato Europeo di normalizzazione);
• CENELEC (Comitato Europeo per la standardizzazione Elettrotecnica);
• IEC (Commissione Internazionale Elettrotecnica);
• ISO (Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione).
L’applicazione delle suddette norme è finalizzata all’individuazione delle
misure di cui all’articolo 1 e dovrà tenere conto dei seguenti principi:
1. La scelta di una o più norme di buona tecnica deve essere indirizzata alle
norme che trattano i rischi individuati.
2. L’adozione di norme tecniche emesse da organismi diversi, deve garantire
la congruità delle misure adottate nel rispetto dei rischi individuati.
Tab. 1 allegato IX – Distanze di sicurezza da parti
attive di linee elettriche e di impianti elettrici non protette o non sufficientemente
protette.
Un (kV) |
Distanza minima consentita (M) |
<=1 |
3 |
10 |
3,5 |
15 |
3,5 |
132 |
5 |
220 |
7 |
380 |
7 |
Allegato X - Elenco dei lavori edili
o di ingegneria civile di cui all'articolo 89 comma 1, lettera a)
1. I lavori di costruzione, manutenzione, riparazione,
demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento,
la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti
o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri
materiali, comprese le linee elettriche e le parti strutturali degli impianti
elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche
e, solo per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le
opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro.
2. Sono, inoltre, lavori di costruzione edile o di ingegneria
civile gli scavi, ed il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati
utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile.
Allegato XI - Elenco dei lavori
comportanti rischi particolari per la sicurezza e la salute dei lavoratori
di cui all'articolo 100, comma 1
1. Lavori che espongono i lavoratori a rischi di seppellimento
o di sprofondamento a profondità superiore a m 1,5 o di caduta dall'alto da
altezza superiore a m 2, se particolarmente aggravati dalla natura dell'attività
o dei procedimenti attuati oppure dalle condizioni ambientali del posto di
lavoro o dell'opera.
2. Lavori che espongono i lavoratori a sostanze chimiche
o biologiche che presentano rischi particolari per la sicurezza e la salute
dei lavoratori oppure comportano un'esigenza legale di sorveglianza sanitaria.
3. Lavori con radiazioni ionizzanti che esigono la designazione
di zone controllate o sorvegliate, quali definite dalla vigente normativa
in materia di protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti.
4. Lavori in prossimità di linee elettriche aree a conduttori
nudi in tensione.
5. Lavori che espongono ad un rischio di annegamento.
6. Lavori in pozzi, sterri sotterranei e gallerie.
7. Lavori subacquei con respiratori.
8. Lavori in cassoni ad aria compressa.
9. Lavori comportanti l'impiego di esplosivi.
10. Lavori di montaggio o smontaggio di elementi prefabbricati
pesanti.
Allegato XII - Contenuto della
notifica preliminare di cui all'articolo 99
1. Data della comunicazione.
2. Indirizzo del cantiere.
3. Committente (i) (nome (i), cognome (i), codice fiscale
e indirizzo (i)).
4. Natura dell'opera.
5. Responsabile (i) dei lavori (nome (i), cognome (i),
codice fiscale e indirizzo (i)).
6. Coordinatore (i) per quanto riguarda la sicurezza
e la salute durante la progettazione dell'opera (nome (i), cognome (i), codice
fiscale e indirizzo (i)).
7. Coordinatore (i) per quanto riguarda la sicurezza
e la salute durante la realizzazione dell'opera (nome (i), cognome (i), codice
fiscale e indirizzo (i)).
8. Data presunta d'inizio dei lavori in cantiere.
9. Durata presunta dei lavori in cantiere.
10. Numero massimo presunto dei lavoratori sul cantiere.
11. Numero previsto di imprese e di lavoratori autonomi
sul cantiere.
12. Identificazione, codice fiscale o partita IVA, delle
imprese già selezionate.
13. Ammontare complessivo presunto dei lavori (€).
Allegato XIII - Prescrizioni di
sicurezza e di salute per la logistica di cantiere
1. I luoghi di lavoro al servizio dei cantieri edili
devono rispondere, tenuto conto delle caratteristiche del cantiere e della
valutazione dei rischi, alle norme specifiche nel presente decreto legislativo.
Prescrizioni per i servizi igienico-assistenziali
a disposizione dei lavoratori nei cantieri
1. Spogliatoi e armadi per il vestiario
1.1. I locali spogliatoi devono disporre di adeguata
aerazione, essere illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante
la stagione fredda, muniti di sedili ed essere mantenuti in buone condizioni
di pulizia.
1.2. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature
che consentano a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti
durante il tempo di lavoro.
1.3. La superficie dei locali deve essere tale da consentire,
una dislocazione delle attrezzature, degli arredi, dei passaggi e delle vie
di uscita rispondenti a criteri di funzionalità e di ergonomia per la tutela
e l’igiene dei lavoratori, e di chiunque acceda legittimamente ai locali stessi.
2. Docce
2.1. I locali docce devono essere riscaldati nella stagione
fredda, dotati di acqua calda e fredda e di mezzi detergenti e per asciugarsi
ed essere mantenuti in buone condizioni di pulizia. Il numero minimo di docce
è di uno ogni dieci lavoratori impegnati nel cantiere.
3. Gabinetti e lavabi
3.1. I locali che ospitano i lavabi devono essere dotati
di acqua corrente, se necessario calda e di mezzi detergenti e per asciugarsi.
3.2. I servizi igienici devono essere costruiti in modo
da salvaguardare la decenza e mantenuti puliti.
3.3. I lavabi devono essere in numero minimo di uno
ogni 5 lavoratori e 1 gabinetto ogni 10 lavoratori impegnati nel cantiere.
3.4. Quando per particolari esigenze vengono utilizzati
bagni mobili chimici, questi devono presentare caratteristiche tali da minimizzare
il rischio sanitario per gli utenti.
3.5. In condizioni lavorative con mancanza di spazi
sufficienti per l’allestimento dei servizi di cantiere, e in prossimità di
strutture idonee aperte al pubblico, è consentito attivare delle convenzioni
con tali strutture al fine di supplire all’eventuale carenza di servizi in
cantiere: copia di tali convenzioni deve essere tenuta in cantiere ed essere
portata a conoscenza dei lavoratori.
4. Locali di riposo e di refezione
4.1. I locali di riposo e di refezione devono essere
forniti di sedili e di tavoli, ben illuminati, aerati e riscaldati nella stagione
fredda. Il pavimento e le pareti devono essere mantenute in buone condizioni
di pulizia.
4.2. Nel caso i pasti vengano consumati in cantiere,
i lavoratori devono disporre di attrezzature per scaldare e conservare le
vivande ed eventualmente di attrezzature per preparare i loro pasti in condizioni
di soddisfacente igienicità.
4.3. I lavoratori devono disporre sul cantiere di acqua
potabile in quantità sufficiente nei locali occupati, nonché nelle vicinanze
dei posti di lavoro.
4.4. Nei locali di riposo e di refezione così come nei
locali chiusi di lavoro è vietato fumare.
5. Utilizzo di monoblocchi prefabbricati
per i locali ad uso spogliatoi, locali di riposo e eefezione
5.1. Non devono avere altezza netta interna inferiore
a m 2.40, l'aerazione e l'illuminazione devono essere sempre assicurate da
serramenti apribili; l'illuminazione naturale, quando necessario, sarà integrata
dall'impianto di illuminazione artificiale.
6. Utilizzo di caravan ai fini igienico assistenziali
6.1. L'uso di caravan o roulottes quali servizi igienico-assistenziali,
è consentito esclusivamente ad inizio cantiere per un periodo massimo di 5
giorni, prima dell'installazione dei servizi di cantiere veri e propri.
6.2. L'uso di caravan o roulottes quali servizi igienico-assistenziali,
è consentito nei cantieri stradali di rilevante lunghezza e brevi tempi di
lavorazione su singole posizioni fra loro molto lontane in aggiunta agli ordinari
servizi igienico assistenziali posizionati presso le aree di cantiere o i
campi base.
Prescrizioni per i posti di
lavoro nei cantieri
1. I posti di lavoro all’interno dei locali in cui si
esercita l'attività di costruzione, tenuto conto delle caratteristiche del
cantiere e della valutazione dei rischi, devono soddisfare alle disposizioni
di seguito riportate.
1. Porte di emergenza
1.1. Le porte di emergenza devono aprirsi verso l'esterno.
1.2. Le porte di emergenza non devono essere chiuse
in modo tale da non poter essere aperte facilmente e immediatamente da ogni
persona che abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza.
1.3. Le porte scorrevoli e le porte a bussola sono vietate
come porte di emergenza.
2. Aerazione
2.1. Ai lavoratori deve essere garantita una sufficiente
e salubre quantità di aria. Qualora vengano impiegati impianti di condizionamento
d'aria o di ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo tale che
i lavoratori non vengano esposti a correnti d'aria moleste.
2.2. Ogni deposito e accumulo di sporcizia che possono
comportare immediatamente un rischio per la salute dei lavoratori a causa
dell'inquinamento dell'aria respirata devono essere eliminati rapidamente.
3. Illuminazione naturale e artificiale
3.1. I posti di lavoro devono disporre, nella misura
del possibile, di sufficiente luce naturale ed essere dotati di dispositivi
che consentano un'adeguata illuminazione artificiale per tutelare la sicurezza
e la salute dei lavoratori.
4. Pavimenti, pareti e soffitti dei locali
4.1. I pavimenti dei locali non devono presentare protuberanze,
cavità o piani inclinati pericolosi; essi devono essere fissi, stabili e antisdrucciolevoli.
4.2. Le superfici dei pavimenti, delle pareti e dei
soffitti nei locali devono essere tali da poter essere pulite e intonacate
per ottenere condizioni appropriate di igiene.
4.3. Le pareti trasparenti o translucide, in particolare
le pareti interamente vetrate nei locali o nei pressi dei posti di lavoro
e delle vie di circolazione devono essere chiaramente segnalate ed essere
costituite da materiali di sicurezza ovvero essere separate da detti posti
di lavoro e vie di circolazione, in modo tale che i lavoratori non possano
entrare in contatto con le pareti stesse, nè essere feriti qualora vadano
in frantumi.
5. Finestre e lucernari dei locali
5.1. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione
devono poter essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in maniera
sicura. Quando sono aperti essi non devono essere posizionati in modo da costituire
un pericolo per i lavoratori.
5.2. Le finestre e i lucernari devono essere progettati
in maniera congiunta con le attrezzature ovvero essere dotati di dispositivi
che ne consentano la pulitura senza rischi per i lavoratori che effettuano
questo lavoro nonché per i lavoratori presenti.
6. Porte e portoni
6.1. La posizione, il numero, i materiali impiegati
e le dimensioni delle porte e dei portoni sono determinati dalla natura e
dall'uso dei locali.
6.2. Un segnale deve essere apposto ad altezza d'uomo
sulle porte trasparenti.
6.3. Le porte ed i portoni a vento devono essere trasparenti
o essere dotati di pannelli trasparenti.
6.4. Quando le superfici trasparenti o translucide delle
porte e dei portoni sono costituite da materiale di sicurezza e quando c'è
da temere che i lavoratori possano essere feriti se una porta o un portone
va in frantumi, queste superfici devono essere protette contro lo sfondamento.
7. Vie di circolazione
7.1. Quando l'uso e l'attrezzatura dei locali lo richiedano
per assicurare la protezione dei lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione
deve essere messo in evidenza.
8. Misure specifiche per le scale e i marciapiedi
mobili
8.1. Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare
in modo sicuro.
8.2. Essi devono essere dotati dei necessari dispositivi
di sicurezza.
8.3. Essi devono essere dotati di dispositivi di arresto
di emergenza facilmente identificabili e accessibili.
Allegato XIV - Contenuti minimi
del corso di formazione per i coordinatori per la progettazione e per l’esecuzione
dei lavori
PARTE TEORICA
Modulo giuridico per complessive 28 ore
• La legislazione di base in materia di sicurezza e
di igiene sul lavoro; la normativa contrattuale inerente gli aspetti di sicurezza
e salute sul lavoro; la normativa sull’assicurazione contro gli infortuni
sul lavoro e le malattie professionali;
• Le normative europee e la loro valenza; le norme di
buona tecnica; le direttive di prodotto;
• Il presente decreto in materia di salute e sicurezza
nei luoghi di lavoro con particolare riferimento al Titolo I. I soggetti del
Sistema di Prevenzione Aziendale: i compiti, gli obblighi, le responsabilità
civili e penali. Metodologie per l’individuazione, l’analisi e la valutazione
dei rischi;
• La legislazione specifica in materia di salute e sicurezza
nei cantieri temporanei o mobili e nei lavori in quota. Il titolo IV del Testo
Unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;
• Le figure interessate alla realizzazione dell’opera:
i compiti, gli obblighi, le responsabilità civili e penali;
• La legge quadro in materia di lavori pubblici ed i
principali decreti attuativi;
• La disciplina sanzionatoria e le procedure ispettive.
Modulo tecnico per complessive 52 ore
• Rischi di caduta dall’alto. Ponteggi e opere provvisionali
• L’organizzazione in sicurezza del Cantiere. Il cronoprogramma dei lavori
• Gli obblighi documentali da parte dei committenti, imprese, coordinatori
per la sicurezza
• Le malattie professionali ed il primo soccorso
• Il rischio elettrico e la protezione contro le scariche atmosferiche
• Il rischio negli scavi, nelle demolizioni, nelle opere in sotterraneo ed
in galleria
• I rischi connessi all’uso di macchine e attrezzature di lavoro con particolare
riferimento agli apparecchi di sollevamento e trasporto
• I rischi chimici in cantiere
• I rischi fisici: rumore, vibrazioni, microclima, illuminazione
• I rischi connessi alle bonifiche da amianto
• I rischi biologici
• I rischi da movimentazione manuale dei carichi
• I rischi di incendio e di esplosione
• I rischi nei lavori di montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati
• I dispositivi di protezione individuali e la segnaletica di sicurezza
Modulo metodologico/organizzativo per complessive 16 ore
• I contenuti minimi del piano di sicurezza e di coordinamento, del piano
sostitutivo di sicurezza e del piano operativo di sicurezza.
• I criteri metodologici per : a) l’elaborazione del piano di sicurezza e
di coordinamento e l’integrazione con i piani operativi di sicurezza ed il
fascicolo; b) l’elaborazione del piano operativo di sicurezza; c) l’elaborazione
del fascicolo; d) l’elaborazione del P.I.M.U.S. (Piano di Montaggio, Uso,
Smontaggio dei ponteggi; e) la stima dei costi della sicurezza
• Teorie e tecniche di comunicazione, orientate alla risoluzione di problemi
e alla cooperazione; teorie di gestione dei gruppi e leadership
• I rapporti con la committenza, i progettisti, la direzione dei lavori, i
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza
PARTE PRATICA per complessive 24 ore
• Esempi di Piano di Sicurezza e Coordinamento: presentazione dei progetti,
discussione sull’analisi dei rischi legati all’area, all’organizzazione del
cantiere, alle lavorazioni ed alle loro interferenze
• Stesura di Piani di Sicurezza e Coordinamento, con particolare riferimento
a rischi legati all’area, all’organizzazione del cantiere, alle lavorazioni
ed alle loro interferenze. Lavori di gruppo
• Esempi di Piani Operativi di Sicurezza e di Piani Sostitutivi di Sicurezza
• Esempi e stesura di fascicolo basati sugli stessi casi dei Piano di Sicurezza
e Coordinamento
• Simulazione sul ruolo del Coordinatore per la Sicurezza in fase di esecuzione
VERIFICA FINALE DI APPRENDIMENTO
La verifica finale di apprendimento dovrà essere effettuata da una commissione
costituita da almeno 3 docenti del corso, tramite:
● Simulazione al fine di valutare le competenze tecnico – professionali
● Test finalizzati a verificare le competenze cognitive
MODALITÀ DI SVOLGIMENTO DEI CORSI>
La presenza ai corsi di formazione deve essere garantita almeno nella misura
del 90%. Il numero massimo di partecipanti per ogni corso è fissato a 30.
E’ inoltre previsto l’obbligo di aggiornamento a cadenza quinquennale della
durata complessiva di 40 ore.
Allegato XV - Contenuti minimi dei
piani di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili
1. DISPOSIZIONI GENERALI
1.1. - Definizioni e termini di efficacia
1.1.1. Ai fini del presente allegato si intendono per:
a) scelte progettuali ed organizzative: insieme di scelte
effettuate in fase di progettazione dal progettista dell'opera in collaborazione
con il coordinatore per la progettazione, al fine di garantire l'eliminazione
o la riduzione al minimo dei rischi di lavoro. Le scelte progettuali sono
effettuate nel campo delle tecniche costruttive, dei materiali da impiegare
e delle tecnologie da adottare; le scelte organizzative sono effettuate nel
campo della pianificazione temporale e spaziale dei lavori;
b) procedure: le modalità e le sequenze stabilite per
eseguire un determinato lavoro od operazione;
c) apprestamenti: le opere provvisionali necessarie
ai fini della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori in cantiere;
d) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio,
utensile o impianto destinato ad essere usato durante il lavoro;
e) misure preventive e protettive: gli apprestamenti,
le attrezzature, le infrastrutture, i mezzi e servizi di protezione collettiva,
atti a prevenire il manifestarsi di situazioni di pericolo, a proteggere i
lavoratori da rischio di infortunio ed a tutelare la loro salute;
f) prescrizioni operative: le indicazioni particolari
di carattere temporale, comportamentale, organizzativo, tecnico e procedurale,
da rispettare durante le fasi critiche del processo di costruzione, in relazione
alla complessità dell'opera da realizzare;
g) cronoprogramma dei lavori: programma dei lavori in
cui sono indicate, in base alla complessità dell'opera, le lavorazioni, le
fasi e le sottofasi di lavoro, la loro sequenza temporale e la loro durata;
h) PSC: il piano di sicurezza e di coordinamento di
cui all'articolo100;
i) PSS: il piano di sicurezza sostitutivo del piano
di sicurezza e di coordinamento, di cui all'articolo 131, comma 2, lettera
b) del D.Lgs. 163/2006 e successive modifiche;
l) POS: il piano operativo di sicurezza di cui all'articolo
89, lettera h, e all'articolo 131, comma 2, lettera c), del D.Lgs. 163/2006
e successive modifiche;
m) costi della sicurezza: i costi indicati all'articolo
100, nonché gli oneri indicati all'articolo 131 del D.Lgs. 163/2006 e successive
modifiche.
2. PIANO DI SICUREZZA E DI COORDINAMENTO
2.1. - Contenuti minimi
2.1.1. Il PSC è specifico per ogni singolo cantiere temporaneo o mobile e
di concreta fattibilità; i suoi contenuti sono il risultato di scelte progettuali
ed organizzative conformi alle prescrizioni dell'articolo 15 del presente
decreto.
2.1.2. Il PSC contiene almeno i seguenti elementi:
a) l'identificazione e la descrizione dell'opera, esplicitata con:
1) l'indirizzo del cantiere;
2) la descrizione del contesto in cui é collocata l'area di cantiere;
3) una descrizione sintetica dell'opera, con particolare riferimento alle
scelte progettuali, architettoniche, strutturali e tecnologiche;
b) l'individuazione dei soggetti con compiti di sicurezza, esplicitata con
l'indicazione dei nominativi del responsabile dei lavori, del coordinatore
per la sicurezza in fase di progettazione e, qualora già nominato, del coordinatore
per la sicurezza in fase di esecuzione ed a cura dello stesso coordinatore
per l'esecuzione con l'indicazione, prima dell'inizio dei singoli lavori,
dei nominativi dei datori di lavoro delle imprese esecutrici e dei lavoratori
autonomi;
c) una relazione concernente l'individuazione, l'analisi e la valutazione
dei rischi in riferimento all'area ed all'organizzazione dello specifico cantiere,
alle lavorazioni interferenti ed ai rischi aggiuntivi rispetto a quelli specifici
propri dell’attività delle singole imprese esecutrici o dei lavoratori autonomi;
d) le scelte progettuali ed organizzative, le procedure, le misure preventive
e protettive, in riferimento:
1) all'area di cantiere, ai sensi dei punti 2.2.1. e 2.2.4.;
2) all'organizzazione del cantiere, ai sensi dei punti 2.2.2. e 2.2.4.;
3) alle lavorazioni, ai sensi dei punti 2.2.3. e 2.2.4.;
e) le prescrizioni operative, le misure preventive e protettive ed i dispositivi
di protezione individuale, in riferimento alle interferenze tra le lavorazioni,
ai sensi dei punti 2.3.1., 2.3.2. e 2.3.3.;
f) le misure di coordinamento relative all'uso comune da parte di più imprese
e lavoratori autonomi, come scelta di pianificazione lavori finalizzata alla
sicurezza, di apprestamenti, attrezzature, infrastrutture, mezzi e servizi
di protezione collettiva di cui ai punti 2.3.4. e 2.3.5.;
g) le modalità organizzative della cooperazione e del coordinamento, nonché
della reciproca informazione, fra i datori di lavoro e tra questi ed i lavoratori
autonomi;
h) l'organizzazione prevista per il servizio di pronto soccorso, antincendio
ed evacuazione dei lavoratori, nel caso in cui il servizio di gestione delle
emergenze è di tipo comune, nonché nel caso di cui all'articolo 104, comma
4; il PSC contiene anche i riferimenti telefonici delle strutture previste
sul territorio al servizio del pronto soccorso e della prevenzione incendi;
i) la durata prevista delle lavorazioni, delle fasi di lavoro e, quando la
complessità dell'opera lo richieda, delle sottofasi di lavoro, che costituiscono
il cronoprogramma dei lavori, nonché l'entità presunta del cantiere espressa
in uomini-giorno;
l) la stima dei costi della sicurezza, ai sensi del punto 4.1.
2.1.3. Il coordinatore per la progettazione indica nel PSC, ove la particolarità
delle lavorazioni lo richieda, il tipo di procedure complementari e di dettaglio
al PSC stesso e connesse alle scelte autonome dell'impresa esecutrice, da
esplicitare nel POS.
2.1.4. Il PSC è corredato da tavole esplicative di progetto, relative agli
aspetti della sicurezza, comprendenti almeno una planimetria e, ove la particolarità
dell'opera lo richieda, un profilo altimetrico e una breve descrizione delle
caratteristiche idrogeologiche del terreno o il rinvio a specifica relazione
se già redatta.
2.1.5. L'elenco indicativo e non esauriente degli elementi essenziali utili
alla definizione dei contenuti del PSC di cui al punto 2.1.2., è riportato
nell'allegato XV.1.
2.2. - Contenuti minimi del PSC in riferimento all'area di cantiere,
all'organizzazione del cantiere, alle lavorazioni.
2.2.1. In riferimento all'area di cantiere, il PSC contiene l'analisi degli
elementi essenziali di cui all'allegato XV.2, in relazione:
a) alle caratteristiche dell'area di cantiere, con particolare attenzione
alla presenza nell'area del cantiere di linee aeree e condutture sotterranee;
b) all'eventuale presenza di fattori esterni che comportano rischi per il
cantiere, con particolare attenzione:
b1) a lavori stradali ed autostradali al fine di garantire la sicurezza e
la salute dei lavoratori impiegati nei confronti dei rischi derivanti dal
traffico circostante;
b2) al rischio di annegamento;
c) agli eventuali rischi che le lavorazioni di cantiere possono comportare
per l'area circostante.
2.2.2. In riferimento all'organizzazione del cantiere il PSC contiene, in
relazione alla tipologia del cantiere, l'analisi dei seguenti elementi:
a) le modalità da seguire per la recinzione del cantiere, gli accessi e le
segnalazioni;
b) i servizi igienico-assistenziali;
c) la viabilità principale di cantiere;
d) gli impianti di alimentazione e reti principali di elettricità, acqua,
gas ed energia di qualsiasi tipo;
e) gli impianti di terra e di protezione contro le scariche atmosferiche;
f) le disposizioni per dare attuazione a quanto previsto dall'articolo 102;
g) le disposizioni per dare attuazione a quanto previsto dall'articolo 92,
comma 1, lettera c);
h) le eventuali modalità di accesso dei mezzi di fornitura dei materiali;
i) la dislocazione degli impianti di cantiere;
l) la dislocazione delle zone di carico e scarico;
m) le zone di deposito attrezzature e di stoccaggio materiali e dei rifiuti;
n) le eventuali zone di deposito dei materiali con pericolo d'incendio o di
esplosione.
2.2.3. In riferimento alle lavorazioni, il coordinatore per la progettazione
suddivide le singole lavorazioni in fasi di lavoro e, quando la complessità
dell'opera lo richiede, in sottofasi di lavoro, ed effettua l'analisi dei
rischi aggiuntivi, rispetto a quelli specifici propri dell’attività delle
imprese esecutrici o dei lavoratori autonomi, connessi in particolare ai seguenti
elementi:
a) al rischio di investimento da veicoli circolanti nell'area di cantiere;
b) al rischio di seppellimento da adottare negli scavi;
c) al rischio di caduta dall'alto;
d) al rischio di insalubrità dell'aria nei lavori in galleria;
e) al rischio di instabilità delle pareti e della volta nei lavori in galleria;
f) ai rischi derivanti da estese demolizioni o manutenzioni, ove le modalità
tecniche di attuazione siano definite in fase di progetto;
g) ai rischi di incendio o esplosione connessi con lavorazioni e materiali
pericolosi utilizzati in cantiere;
h) ai rischi derivanti da sbalzi eccessivi di temperatura;
i) al rischio di elettrocuzione;
l) al rischio rumore;
m) al rischio dall'uso di sostanze chimiche.
2.2.4. Per ogni elemento dell'analisi di cui ai punti 2.2.1., 2.2.2., 2.2.3.,
il PSC contiene:
a) le scelte progettuali ed organizzative, le procedure, le misure preventive
e protettive richieste per eliminare o ridurre al minimo i rischi di lavoro;
ove necessario, vanno prodotte tavole e disegni tecnici esplicativi;
b) le misure di coordinamento atte a realizzare quanto previsto alla lettera
a).
2.3. - Contenuti minimi del PSC in riferimento alle interferenze
tra le lavorazioni ed al loro coordinamento
2.3.1. Il coordinatore per la progettazione effettua l'analisi delle interferenze
tra le lavorazioni, anche quando sono dovute alle lavorazioni di una stessa
impresa esecutrice o alla presenza di lavoratori autonomi, e predispone il
cronoprogramma dei lavori. Per le opere rientranti nel campo di applicazione
del D.Lgs. n. 163 del 12 aprile 2006 e successive modifiche, il cronoprogramma
dei lavori ai sensi del presente regolamento, prende esclusivamente in considerazione
le problematiche inerenti gli aspetti della sicurezza ed è redatto ad integrazione
del cronoprogramma delle lavorazioni previsto dall'articolo 42 del decreto
del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554.
2.3.2. In riferimento alle interferenze tra le lavorazioni, il PSC contiene
le prescrizioni operative per lo sfasamento spaziale o temporale delle lavorazioni
interferenti e le modalità di verifica del rispetto di tali prescrizioni;
nel caso in cui permangono rischi di interferenza, indica le misure preventive
e protettive ed i dispositivi di protezione individuale, atti a ridurre al
minimo tali rischi.
2.3.3. Durante i periodi di maggior rischio dovuto ad interferenze di lavoro,
il coordinatore per l'esecuzione verifica periodicamente, previa consultazione
della direzione dei lavori, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi
interessati, la compatibilità della relativa parte di PSC con l'andamento
dei lavori, aggiornando il piano ed in particolare il cronoprogramma dei lavori,
se necessario.
2.3.4. Le misure di coordinamento relative all'uso comune di apprestamenti,
attrezzature, infrastrutture, mezzi e servizi di protezione collettiva, sono
definite analizzando il loro uso comune da parte di più imprese e lavoratori
autonomi.
2.3.5. Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori integra il PSC con i nominativi
delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi tenuti ad attivare quanto
previsto al punto 2.2.4 ed al punto 2.3.4 e, previa consultazione delle imprese
esecutrici e dei lavoratori autonomi interessati, indica la relativa cronologia
di attuazione e le modalità di verifica.
3. - PIANO DI SICUREZZA SOSTITUTIVO E PIANO OPERATIVO
DI SICUREZZA
3.1. - Contenuti minimi del piano di sicurezza sostitutivo
3.1.1. Il PSS, redatto a cura dell'appaltatore o del concessionario, contiene
gli stessi elementi del PSC di cui al punto 2.1.2, con esclusione della stima
dei costi della sicurezza.
3.2. - Contenuti minimi del piano operativo di sicurezza
3.2.1. Il POS è redatto a cura di ciascun datore di lavoro delle imprese esecutrici,
ai sensi dell’articolo 17 del presente decreto, e successive modificazioni,
in riferimento al singolo cantiere interessato; esso contiene almeno i seguenti
elementi:
a) i dati identificativi dell'impresa esecutrice, che comprendono:
1) il nominativo del datore di lavoro, gli indirizzi ed i riferimenti telefonici
della sede legale e degli uffici di cantiere;
2) la specifica attività e le singole lavorazioni svolte in cantiere dall'impresa
esecutrice e dai lavoratori autonomi subaffidatari;
3) i nominativi degli addetti al pronto soccorso, antincendio ed evacuazione
dei lavoratori e, comunque, alla gestione delle emergenze in cantiere, del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, aziendale o territoriale,
ove eletto o designato;
4) il nominativo del medico competente ove previsto;
5) il nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione;
6) i nominativi del direttore tecnico di cantiere e del capocantiere;
7) il numero e le relative qualifiche dei lavoratori dipendenti dell'impresa
esecutrice e dei lavoratori autonomi operanti in cantiere per conto della
stessa impresa;
b) le specifiche mansioni, inerenti la sicurezza, svolte in cantiere da ogni
figura nominata allo scopo dall'impresa esecutrice;
c) la descrizione dell'attività di cantiere, delle modalità organizzative
e dei turni di lavoro;
d) l'elenco dei ponteggi, dei ponti su ruote a torre e di altre opere provvisionali
di notevole importanza, delle macchine e degli impianti utilizzati nel cantiere;
e) l'elenco delle sostanze e preparati pericolosi utilizzati nel cantiere
con le relative schede di sicurezza;
f) l'esito del rapporto di valutazione del rumore;
g) l'individuazione delle misure preventive e protettive, integrative rispetto
a quelle contenute nel PSC quando previsto, adottate in relazione ai rischi
connessi alle proprie lavorazioni in cantiere;
h) le procedure complementari e di dettaglio, richieste dal PSC quando previsto;
i) l'elenco dei dispositivi di protezione individuale forniti ai lavoratori
occupati in cantiere;
l) la documentazione in merito all'informazione ed alla formazione fornite
ai lavoratori occupati in cantiere.
3.2.2. Ove non sia prevista la redazione del PSC, il PSS, quando previsto,
è integrato con gli elementi del POS.
4. - STIMA DEI COSTI DELLA SICUREZZA
4.1. - Stima dei costi della sicurezza
4.1.1. Ove è prevista la redazione del PSC ai sensi del Titolo IV, Capo I,
del presente decreto, nei costi della sicurezza vanno stimati, per tutta la
durata delle lavorazioni previste nel cantiere, i costi:
a) degli apprestamenti previsti nel PSC;
b) delle misure preventive e protettive e dei dispositivi di protezione individuale
eventualmente previsti nel PSC per lavorazioni interferenti;
c) degli impianti di terra e di protezione contro le scariche atmosferiche,
degli impianti antincendio, degli impianti di evacuazione fumi;
d) dei mezzi e servizi di protezione collettiva;
e) delle procedure contenute nel PSC e previste per specifici motivi di sicurezza;
f) degli eventuali interventi finalizzati alla sicurezza e richiesti per lo
sfasamento spaziale o temporale delle lavorazioni interferenti;
g) delle misure di coordinamento relative all'uso comune di apprestamenti,
attrezzature, infrastrutture, mezzi e servizi di protezione collettiva.
4.1.2. Per le opere rientranti nel campo di applicazione del D.Lgs. n. 163
del 12 aprile 2006 e successive modifiche e per le quali non è prevista la
redazione del PSC ai sensi del Titolo IV Capo I del presente decreto, le amministrazioni
appaltanti nei costi della sicurezza stimano, per tutta la durata delle lavorazioni
previste nel cantiere, i costi delle misure preventive e protettive finalizzate
alla sicurezza e salute dei lavoratori.
4.1.3. La stima dovrà essere congrua, analitica per voci singole, a corpo
o a misura, riferita ad elenchi prezzi standard o specializzati, oppure basata
su prezziari o listini ufficiali vigenti nell'area interessata, o sull'elenco
prezzi delle misure di sicurezza del committente; nel caso in cui un elenco
prezzi non sia applicabile o non disponibile, si farà riferimento ad analisi
costi complete e desunte da indagini di mercato. Le singole voci dei costi
della sicurezza vanno calcolate considerando il loro costo di utilizzo per
il cantiere interessato che comprende, quando applicabile, la posa in opera
ed il successivo smontaggio, l'eventuale manutenzione e l'ammortamento.
4.1.4. I costi della sicurezza così individuati sono compresi nell'importo
totale dei lavori, ed individuano la parte del costo dell'opera da non assoggettare
a ribasso nelle offerte delle imprese esecutrici.
4.1.5. Per la stima dei costi della sicurezza relativi a lavori che si rendono
necessari a causa di varianti in corso d'opera previste dall'articolo 132
del D.Lgs. n. 163 del 12 aprile 2006 e successive modifiche, o dovuti alle
variazioni previste dagli articoli 1659, 1660, 1661 e 1664, secondo comma,
del codice civile, si applicano le disposizioni contenute nei punti 4.1.1,
4.1.2 e 4.1.3. I costi della sicurezza così individuati sono compresi nell'importo
totale della variante, ed individuano la parte del costo dell'opera da non
assoggettare a ribasso.
4.1.6. Il direttore dei lavori liquida l'importo relativo ai costi della sicurezza
previsti in base allo stato di avanzamento lavori, previa approvazione da
parte del coordinatore per l'esecuzione dei lavori quando previsto.
Allegato XV.1 - Elenco indicativo
e non esauriente degli elementi essenziali utili alla definizione dei contenuti
del PSC di cui al punto 2.1.2.
1. Gli apprestamenti comprendono: ponteggi; trabattelli;
ponti su cavalletti; impalcati; parapetti; andatoie; passerelle; armature
delle pareti degli scavi; gabinetti; locali per lavarsi; spogliatoi; refettori;
locali di ricovero e di riposo; dormitori; camere di medicazione; infermerie;
recinzioni di cantiere.
2. Le attrezzature comprendono: centrali e impianti di betonaggio; betoniere; gru; autogrù; argani; elevatori; macchine movimento terra; macchine movimento terra speciali e derivate; seghe circolari; piegaferri; impianti elettrici di cantiere; impianti di terra e di protezione contro le scariche atmosferiche; impianti antincendio; impianti di evacuazione fumi; impianti di adduzione di acqua, gas, ed energia di qualsiasi tipo; impianti fognari.
3. Le infrastrutture comprendono: viabilità principale di cantiere per mezzi
meccanici; percorsi pedonali; aree di deposito materiali, attrezzature e rifiuti
di cantiere.
4. I mezzi e servizi di protezione collettiva comprendono: segnaletica di
sicurezza; avvisatori acustici; attrezzature per primo soccorso; illuminazione
di emergenza; mezzi estinguenti; servizi di gestione delle emergenze.
Allegato XV.2. - Elenco indicativo
e non esauriente degli elementi essenziali ai fini dell'analisi dei rischi
connessi all'area di cantiere, di cui al punto 2.2.1.
1. Falde; fossati; alvei fluviali; banchine portuali;
alberi; manufatti interferenti o sui quali intervenire;infrastrutture quali
strade, ferrovie, idrovie, aeroporti; edifici con particolare esigenze di
tutela quali scuole, ospedali, case di riposo, abitazioni; linee aeree e condutture
sotterranee di servizi; altri cantieri o insediamenti produttivi; viabilità;
rumore; polveri; fibre; fumi; vapori; gas; odori o altri inquinanti aerodispersi;
caduta di materiali dall'alto.
Allegato XVI - Fascicolo con le
caratteristiche dell'opera
I. Introduzione.
Il fascicolo predisposto la prima volta a cura del coordinatore
per la progettazione, è eventualmente modificato nella fase esecutiva in funzione
dell’evoluzione dei lavori ed è aggiornato a cura del committente a seguito
delle modifiche intervenute in un’opera nel corso della sua esistenza. Per
interventi su opere esistenti già dotate di fascicolo e che richiedono la
designazione dei coordinatori, l’aggiornamento del fascicolo è predisposto
a cura del coordinatore per la progettazione.
Per le opere di cui al D.Lgs. n. 163 del 12 aprile 2006
e successive modifiche, il fascicolo tiene conto del piano di manutenzione
dell’opera e delle sue parti, di cui all’articolo 40 del Decreto del Presidente
della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554.
Il fascicolo accompagna l’opera per tutta la sua durata
di vita.
II. Contenuti.
Il fascicolo comprende tre capitoli:
CAPITOLO I – la descrizione sintetica dell’opera e l’indicazione
dei soggetti coinvolti (scheda I)
CAPITOLO II – l’individuazione dei rischi, delle misure preventive
e protettive in dotazione dell’opera e di quelle ausiliarie, per gli interventi
successivi prevedibili sull’opera, quali le manutenzioni ordinarie e straordinarie,
nonché per gli altri interventi successivi già previsti o programmati (schede
II-1, II-2 e II-3).
Le misure preventive e protettive in dotazione dell’opera sono le misure preventive
e protettive incorporate nell'opera o a servizio della stessa, per la tutela
della sicurezza e della salute dei lavoratori incaricati di eseguire i lavori
successivi sull’opera.
Le misure preventive e protettive ausiliarie sono, invece, le altre misure
preventive e protettive la cui adozione è richiesta ai datori di lavoro delle
imprese esecutrici ed ai lavoratori autonomi incaricati di eseguire i lavori
successivi sull’opera.
Al fine di definire le misure preventive e protettive in dotazione dell’opera
e quelle ausiliarie, devono essere presi in considerazione almeno i seguenti
elementi:
a) accessi ai luoghi di lavoro;
b) sicurezza dei luoghi di lavoro;
c) impianti di alimentazione e di scarico;
d) approvvigionamento e movimentazione materiali;
e) approvvigionamento e movimentazione attrezzature;
f) igiene sul lavoro;
g) interferenze e protezione dei terzi.
Il fascicolo fornisce, inoltre, le informazioni sulle misure preventive e
protettive in dotazione dell’opera, necessarie per pianificarne la realizzazione
in condizioni di sicurezza, nonché le informazioni riguardanti le modalità
operative da adottare per:
a) utilizzare le stesse in completa sicurezza;
b) mantenerle in piena funzionalità nel tempo, individuandone in particolare
le verifiche, gli interventi manutentivi necessari e la loro periodicità.
CAPITOLO III - i riferimenti alla documentazione di supporto
esistente (schede III-1, III-2 e III-3).
CAPITOLO I
Modalità per la descrizione dell'opera e l’individuazione dei soggetti
interessati.
1. Per la realizzazione di questa parte di fascicolo è utilizzata come riferimento
la successiva scheda I, che è sottoscritta dal soggetto responsabile della
sua compilazione.
Scheda I. Descrizione sintetica dell'opera ed
individuazione dei soggetti interessati
CAPITOLO II
Individuazione dei rischi, delle misure preventive e protettive in dotazione
dell’opera e di quelle ausiliarie.
1. Per la realizzazione di questa parte di fascicolo sono utilizzate come
riferimento le successive schede, che sono sottoscritte dal soggetto responsabile
della sua compilazione.
2.1 La scheda II-1 è redatta per ciascuna tipologia di lavori prevedibile,
prevista o programmata sull’opera, descrive i rischi individuati e, sulla
base dell’analisi di ciascun punto critico (accessi ai luoghi di lavoro, sicurezza
dei luoghi di lavoro, ecc.), indica le misure preventive e protettive in dotazione
dell’opera e quelle ausiliarie. Tale scheda è corredata, quando necessario,
con tavole allegate, contenenti le informazioni utili per la miglior comprensione
delle misure preventive e protettive in dotazione dell’opera ed indicanti
le scelte progettuali effettuate allo scopo, come la portanza e la resistenza
di solai e strutture, nonché il percorso e l’ubicazione di impianti e sottoservizi;
qualora la complessità dell’opera lo richieda, le suddette tavole sono corredate
da immagini, foto o altri documenti utili ad illustrare le soluzioni individuate.
2.2 La scheda II-2 è identica alla scheda II-1 ed è utilizzata per eventualmente
adeguare il fascicolo in fase di esecuzione dei lavori ed ogniqualvolta sia
necessario a seguito delle modifiche intervenute in un’opera nel corso della
sua esistenza. Tale scheda sostituisce la scheda II-1, la quale è comunque
conservata fino all’ultimazione dei lavori.
2.3 La scheda II-3 indica, per ciascuna misura preventiva e protettiva in
dotazione dell’opera, le informazioni necessarie per pianificarne la realizzazione
in condizioni di sicurezza, nonché consentire il loro utilizzo in completa
sicurezza e permettere al committente il controllo della loro efficienza.
Scheda II-1. Misure preventive e protettive in dotazione dell’opera ed
ausiliarie
Scheda II-2. Adeguamento delle misure preventive e protettive in dotazione
dell’opera ed ausiliarie
CAPITOLO III
Indicazioni per la definizione dei riferimenti della documentazione di
supporto esistente.
1. All'interno del fascicolo sono indicate le informazioni utili al reperimento
dei documenti tecnici dell’opera che risultano di particolare utilità ai fini
della sicurezza, per ogni intervento successivo sull’opera, siano essi elaborati
progettuali, indagini specifiche o semplici informazioni; tali documenti riguardano:
a) il contesto in cui è collocata;
b) la struttura architettonica e statica;
c) gli impianti installati.
2. Qualora l’opera sia in possesso di uno specifico libretto di manutenzione
contenente i documenti sopra citati ad esso si rimanda per i riferimenti di
cui sopra.
3. Per la realizzazione di questa parte di fascicolo sono utilizzate come
riferimento le successive schede, che sono sottoscritte dal soggetto responsabile
della sua compilazione.
Scheda III-1. Elenco e collocazione degli elaborati tecnici relativi all'opera
nel proprio contesto
Scheda III-2. Elenco e collocazione degli elaborati tecnici relativi alla
struttura architettonica e statica dell'opera
Scheda III-3. Elenco e collocazione degli elaborati tecnici relativi agli
impianti dell'opera
Allegato XVII - Idoneità tecnico
professionale
1. Ai fini della verifica dell’idoneità tecnico professionale
le imprese dovranno esibire al committente o al responsabile dei lavori almeno:
a) iscrizione alla camera di commercio, industria ed
artigianato con oggetto sociale inerente alla tipologia dell’appalto
b) documento di valutazione dei rischi di cui all’articolo
17, comma 1, lettera a) o autocertificazione di cui all’articolo 29, comma
5, del presente decreto legislativo
c) specifica documentazione attestante la conformità
alle disposizioni di cui al presente decreto legislativo, di macchine, attrezzature
e opere provvisionali
d) elenco dei dispositivi di protezione individuali
forniti ai lavoratori
e) nomina del responsabile del servizio di prevenzione
e protezione, degli incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione
incendi e lotta antincendio, di evacuazione, di primo soccorso e gestione
dell’emergenza, del medico competente quando necessario
f) nominativo (i) del (i) rappresentante (i) dei lavoratori
per la sicurezza
g) attestati inerenti la formazione delle suddette figure
e dei lavoratori prevista dal presente decreto legislativo
h) elenco dei lavoratori risultanti dal libro matricola
e relativa idoneità sanitaria prevista dal presente decreto legislativo
i) documento unico di regolarità contributiva di cui
al Decreto Ministeriale 24 ottobre 2007
l) dichiarazione di non essere oggetto di provvedimenti
di sospensione o interdittivi di cui all’art. 14 del presente decreto legislativo
2. I lavoratori autonomi dovranno esibire almeno:
a) iscrizione alla camera di commercio, industria ed
artigianato con oggetto sociale inerente alla tipologia dell’appalto
b) specifica documentazione attestante la conformità
alle disposizioni di cui al presente decreto legislativo di macchine, attrezzature
e opere provvisionali
c) elenco dei dispositivi di protezione individuali
in dotazione
d) attestati inerenti la propria formazione e la relativa
idoneità sanitaria previsti dal presente decreto legislativo
e) documento unico di regolarità contributiva di cui
al Decreto Ministeriale 24 ottobre 2007
3. In caso di sub-appalto il datore di lavoro committente
verifica l’idoneità tecnico-professionale dei subappaltatori con gli stessi
criteri di cui al precedente punto 1.
Allegato XVIII - Viabilità nei
cantieri, ponteggi e trasporto dei materiali
1. Viabilità nei cantieri
1.1. Le rampe di accesso al fondo degli scavi di splateamento
o di sbancamento devono avere una carreggiata solida, atta a resistere al
transito dei mezzi di trasporto di cui è previsto l'impiego, ed una pendenza
adeguata alla possibilità dei mezzi stessi. L’accesso pedonale al fondo dello
scavo deve essere reso indipendente dall’accesso carrabile; solo nel caso
in cui non fosse possibile realizzare tale accesso, la larghezza delle rampe
deve essere tale da consentire un franco di almeno 70 centimetri, oltre la
sagoma di ingombro del veicolo. Qualora nei tratti lunghi il franco venga
limitato ad un solo lato, devono essere realizzate piazzuole o nicchie di
rifugio ad intervalli non superiori a 20 metri lungo l'altro lato.
1.2. I viottoli e le scale con gradini ricavati nel
terreno o nella roccia devono essere provvisti di parapetto nei tratti prospicienti
il vuoto quando il dislivello superi i 2 metri.
1.3. Le alzate dei gradini ricavati in terreno friabile
devono essere sostenute, ove occorra, con tavole e paletti robusti o altri
sistemi che garantiscano idonea stabilità.
1.4. Alle vie di accesso ed ai punti pericolosi non
proteggibili devono essere apposte segnalazioni opportune e devono essere
adottate le disposizioni necessarie per evitare la caduta di gravi dal terreno
a monte dei posti di lavoro.
2. Ponteggi
2.1. Ponteggi in legname
2.1.1. Collegamenti delle impalcature
2.1.1.1. L'accoppiamento degli elementi che costituiscono
i montanti dei ponteggi deve essere eseguito mediante fasciatura con piattina
di acciaio dolce fissata con chiodi oppure a mezzo di traversini di legno
(ganasce); sono consentite legature fatte con funi di fibra tessile o altri
idonei sistemi di connessione.
2.1.2. Correnti
2.1.2.1. I correnti devono essere disposti a distanze
verticali consecutive non superiori a m 2.
2.1.2.2. Essi devono poggiare su gattelli in legno inchiodati
ai montanti ed essere solidamente assicurati ai montanti stessi con fasciatura
di piattina di acciaio dolce (reggetta) o chiodi forgiati. Il collegamento
può essere ottenuto anche con gattelli in ferro e con almeno doppio giro di
catena metallica (agganciaponti); sono consentite legature con funi di fibra
tessile o altri idonei sistemi di connessione.
2.1.2.3. Le estremità dei correnti consecutivi di uno
stesso impalcato devono essere sovrapposte e le sovrapposizioni devono avvenire
in corrispondenza dei montanti.
2.1.3. Traversi
2.1.3.1. I traversi di sostegno dell'intavolato devono
essere montati perpendicolarmente al fronte della costruzione.
2.1.3.2. Quando l'impalcatura è fatta con una sola fila
di montanti, un estremo dei traversi deve poggiare sulla muratura per non
meno di 15 centimetri e l'altro deve essere assicurato al corrente.
2.1.3.3. La distanza fra due traversi consecutivi non
deve essere superiore a m 1,20. E' ammessa deroga alla predetta disposizione
sulla distanza reciproca dei traversi, a condizione che:
a) la distanza fra due traversi consecutivi non sia
superiore a m 1,80;
b) il modulo di resistenza degli elementi dell'impalcato
relativo sia superiore a 1,5 volte quello risultante dall'impiego di tavole
poggianti su traversi disposti ad una distanza reciproca di m 1,20 e aventi
spessore e larghezza rispettivamente di cm 4 e di cm 20. Tale maggiore modulo
di resistenza può essere ottenuto mediante impiego, sia di elementi d'impalcato
di dimensioni idonee, quali tavole di spessore e di larghezza rispettivamente
non minore di 4 x 30 cm ovvero di 5 x 20 cm, sia di elementi d'impalcato compositi
aventi caratteristiche di resistenza adeguata.
2.1.4. Intavolati
2.1.4.1. Le tavole costituenti il piano di calpestio
di ponti, passerelle, andatoie ed impalcati di servizio devono avere le fibre
con andamento parallelo all'asse, spessore adeguato al carico da sopportare
ed in ogni caso non minore di 4 centimetri, e larghezza non minore di 20 centimetri.
Le tavole stesse non devono avere nodi passanti che riducano più del dieci
per cento la sezione di resistenza.
2.1.4.2. Le tavole non devono presentare parti a sbalzo
e devono poggiare almeno su tre traversi, le loro estremità devono essere
sovrapposte, in corrispondenza sempre di un traverso, per non meno di 40 centimetri.
2.1.4.3. Le tavole devono essere assicurate contro gli
spostamenti e ben accostate tra loro e all'opera in costruzione; è tuttavia
consentito un distacco dalla muratura non superiore a 20 centimetri soltanto
per la esecuzione di lavori in finitura.
2.1.4.4. Le tavole esterne devono essere a contatto
dei montanti.
2.1.5. Parapetti
2.1.5.1. Il parapetto di cui all’articolo 126 del Capo
IV è costituito da uno o più correnti paralleli all'intavolato, il cui margine
superiore sia posto a non meno di 1 metro dal piano di calpestio, e di tavola
fermapiede alta non meno di 20 centimetri, messa di costa e poggiante sul
piano di calpestio.
2.1.5.2. Correnti e tavola fermapiede non devono lasciare
una luce, in senso verticale, maggiore di 60 centimetri.
2.1.5.3. Sia i correnti che la tavola fermapiede devono
essere applicati dalla parte interna dei montanti.
2.1.5.4. E' considerata equivalente al parapetto definito
ai commi precedenti, qualsiasi protezione, realizzante condizioni di sicurezza
contro la caduta verso i lati aperti non inferiori a quelle presentate dal
parapetto stesso.
2.1.6. Ponti a sbalzo
2.1.6.1. Per il ponte a sbalzo in legno di cui all’articolo
127 del Capo IV devono essere osservate le seguenti norme:
a) l'intavolato deve essere composto con tavole a stretto
contatto, senza interstizi che lascino passare materiali minuti, e il parapetto
del ponte deve essere pieno; quest’ultimo può essere limitato al solo ponte
inferiore nel caso di più ponti sovrapposti;
b) l'intavolato non deve avere larghezza utile maggiore
di metri 1,20;
c) i traversi di sostegno dell'impalcato devono essere
solidamente ancorati all'interno a parte stabile dell'edificio ricorrendo
eventualmente all'impiego di saettoni; non è consentito l'uso di contrappesi
come ancoraggio dei traversi, salvo che non sia possibile provvedere altrimenti;
d) i traversi devono poggiare su strutture e materiali
resistenti;
e) le parti interne dei traversi devono essere collegate
rigidamente fra di loro con due robusti correnti, di cui uno applicato contro
il lato interno del muro o dei pilastri e l'altro alle estremità dei traversi
in modo da impedire qualsiasi spostamento.
2.1.7. Mensole metalliche
2.1.7.1. Nei ponteggi a sbalzo possono essere usati
sistemi di mensole metalliche, purché gli elementi fissi portanti siano applicati
alla costruzione con bulloni passanti trattenuti dalla parte interna da dadi
e controdadi su piastra o da chiavella oppure con altri dispositivi che offrano
equivalente resistenza.
2.2. Ponteggi in altro materiale
2.2.1. Caratteristiche di resistenza
2.2.1.1. Gli elementi costituenti il ponteggio devono
avere carico di sicurezza non minore di quello indicato nell'autorizzazione
ministeriale prevista all'articolo 131.
2.2.1.2. L'estremità inferiore del montante deve essere
sostenuta dalla piastra di base, di adeguate dimensioni, corredata da elementi
di ripartizione del carico trasmesso dai montanti aventi dimensioni e caratteristiche
adeguate ai carichi da trasmettere ed alla consistenza dei piani di posa.
La piastra deve avere un dispositivo di collegamento col montante atto a regolare
il centraggio del carico su di essa.
2.2.1.3. I ponteggi devono essere controventati opportunamente
sia in senso longitudinale che trasversale; è ammessa deroga alla controventatura
trasversale a condizione che i collegamenti realizzino una adeguata rigidezza
angolare. Ogni controvento deve resistere a trazione e a compressione.
2.2.1.4. A giunto serrato, le due ganasce non devono
essere a contatto dalla parte del bullone.
2.2.1.5. Le parti costituenti il giunto di collegamento,
in esercizio devono essere riunite fra di loro permanentemente e solidamente
in modo da evitare l'accidentale distacco di qualcuna di esse.
2.2.2. Ponti su cavalletti
2.2.2.1. I piedi dei cavalletti, oltre ad essere irrigiditi
mediante tiranti normali e diagonali, devono poggiare sempre su piano stabile
e ben livellato.
2.2.2.2. La distanza massima tra due cavalletti consecutivi
può essere di m 3,60, quando si usino tavole con sezione trasversale di cm
30 x 5 e lunghe m 4. Quando si usino tavole di dimensioni trasversali minori,
esse devono poggiare su tre cavalletti.
2.2.2.3. La larghezza dell'impalcato non deve essere
inferiore a 90 centimetri e le tavole che lo costituiscono, oltre a risultare
bene accostate fra loro ed a non presentare parti in sbalzo superiori a 20
centimetri, devono essere fissate ai cavalletti di appoggio.
2.2.2.4. E' fatto divieto di usare ponti su cavalletti
sovrapposti e ponti con i montanti costituiti da scale a pioli.
3. Trasporto dei materiali
3.1. Castelli per elevatori
3.1.1. I castelli collegati ai ponteggi e costruiti
per le operazioni di sollevamento e discesa dei materiali mediante elevatori,
devono avere i montanti controventati per ogni due piani di ponteggio.
3.1.2. I montanti che portano l'apparecchio di sollevamento
devono essere costituiti, a seconda dell'altezza e del carico massimo da sollevare,
da più elementi collegati fra loro e con giunzioni sfalsate, poggianti sui
corrispondenti elementi sottostanti.
3.1.3. I castelli devono essere progettati ai sensi
dell’articolo 133 ed ancorati alla costruzione ad ogni piano di ponteggio.
3.2. Impalcati e parapetti dei castelli
3.2.1. Gli impalcati dei castelli devono risultare sufficientemente
ampi e muniti, sui lati verso il vuoto, di parapetto e tavola fermapiede normali.
3.2.2. Per il passaggio della benna o del secchione
può essere lasciato un varco purché in corrispondenza di esso sia applicato
un fermapiede alto non meno di 30 centimetri. Il varco deve essere ridotto
allo stretto necessario e delimitato da robusti e rigidi sostegni laterali,
dei quali quello opposto alla posizione del tiro deve essere assicurato superiormente
ad elementi fissi dell'impalcatura.
3.2.3. Dal lato interno dei sostegni di cui sopra, all'altezza
di m 1,20 e nel senso normale all'apertura, devono essere applicati due staffoni
in ferro sporgenti almeno cm 20, da servire per appoggio e riparo del lavoratore.
3.2.4. Gli intavolati dei singoli ripiani devono essere
formati con tavoloni di spessore non inferiore a cm 5 che devono poggiare
su traversi aventi sezione ed interasse dimensionati in relazione al carico
massimo previsto per ciascuno dei ripiani medesimi.
3.3. Montaggio degli elevatori
3.3.1. I montanti delle impalcature, quando gli apparecchi
di sollevamento vengono fissati direttamente ad essi, devono essere rafforzati
e controventati in modo da ottenere una solidità adeguata alle maggiori sollecitazioni
a cui sono sottoposti.
3.3.2. Nei ponti metallici i montanti, su cui sono applicati
direttamente gli elevatori, devono essere di numero ampiamente sufficiente
ed in ogni caso non minore di due.
3.3.3. I bracci girevoli portanti le carrucole ed eventualmente
gli argani degli elevatori devono essere assicurati ai montanti mediante staffe
con bulloni a vite muniti di dado e controdado; analogamente deve essere provveduto
per le carrucole di rinvio delle funi ai piedi dei montanti quando gli argani
sono installati a terra.
3.3.4. Gli argani installati a terra, oltre ad essere
saldamente ancorati, devono essere disposti in modo che la fune si svolga
dalla parte inferiore del tamburo.
3.3.5. Il manovratore degli argani "a bandiera"
fissati a montanti di impalcature, quando non possano essere applicati parapetti
sui lati e sulla fronte del posto di manovra, deve indossare la cintura di
sicurezza.
3.3.6. La protezione di cui al precedente punto 3.2.3.
deve essere applicata anche per il lavoratore addetto al ricevimento dei carichi
sulle normali impalcature.
3.4. Sollevamento di materiali dagli scavi
3.4.1. Le incastellature per sostenere argani a mano
od a motore per gli scavi in genere, devono poggiare su solida ed ampia piattaforma
munita di normali parapetti e tavole fermapiede sui lati prospicienti il vuoto.
3.4.2. Le armature provvisorie per sostenere apparecchi
leggeri per lo scavo di pozzi o di scavi a sezione ristretta (arganetti o
conocchie) azionati solamente a braccia, devono avere per base un solido telaio,
con piattaforme per i lavoratori e fiancate di sostegno dell'asse dell'apparecchio
opportunamente irrigidite e controventate.
3.4.3. In ogni caso, quando i suddetti apparecchi sono
installati in prossimità di cigli di pozzi o scavi, devono essere adottate
le misure necessarie per impedire franamenti o caduta di materiali.
Allegato XIX - Verifiche di sicurezza
dei ponteggi metallici fissi
Si ritiene opportuno sottolineare che nel ponteggio
metallico fisso la sicurezza strutturale, che ha un rilievo essenziale, dipende
da numerosi parametri, quali: la frequenza di utilizzo, il numero dei montaggi
e smontaggi, il corretto stoccaggio dei componenti, l’ambiente di lavoro,
l’utilizzo conforme all’autorizzazione ministeriale e lo stato di conservazione
degli elementi costituenti lo stesso.
In relazione a quanto sopra, non essendo possibile stabilire
una durata limite di vita del ponteggio, sono state elaborate le seguenti
istruzioni, che ribadiscono i controlli minimali, ritenuti necessari, che
l’utilizzatore deve eseguire prima del montaggio e durante l’uso del ponteggio,
focalizzando, per le diverse tipologie costruttive, gli elementi principali
in cui eventuali anomalie riscontrate potrebbero influire sulla stabilità
complessiva del sistema ridurre la sicurezza dei lavoratori.
In particolare, le schede che seguono elencano le verifiche
che l’utilizzatore deve comunque eseguire prima di ogni montaggio, rispettivamente
per i ponteggi metallici a telai prefabbricati, a montanti e traversi prefabbricati
e a tubi giunti. L’ultima parte, infine, elenca le verifiche da effettuarsi
durante l’uso delle attrezzature in argomento.
Elementi |
Tipo di verifica |
Modalità di verifica |
Misura adottata |
GENERALE |
controllo esistenza del libretto di cui all’autorizzazione ministeriale, rilasciata dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale |
Visivo |
Se non esiste il libretto, il ponteggio non può essere utilizzato. Occorre richiedere il libretto, che deve contenere tutti gli elementi del ponteggio, al fabbricante del ponteggio |
Controllo che gli elementi in tubi e giunti, eventualmente utilizzati, siano di tipo autorizzato appartenenti ad unico fabbricante |
Visivo |
Se il controllo è negativo, è necessario utilizzare elementi autorizzati appartenenti ad un unico fabbricante, richiedendone il relativo libretto |
|
TELAIO |
controllo marchio come da libretto |
Visivo |
Se il marchio non è rilevabile, o è difforme rispetto a quello indicato nel libretto, occorre scartare l’elemento |
Controllo di conservazione della protezione contro la corrosione |
Visivo |
Se
il controllo è negativo, procedere al controllo degli spessori: |
|
Controllo verticalità montanti telaio |
Visivo, ad esempio con utilizzo filo a piombo |
Se la verticalità dei montanti non è soddisfatta occorre scartare l’elemento |
|
Controllo spinotto di collegamento fra montanti |
Visivo e/o funzionale |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
Controllo attacchi controventature: perni e/o boccole |
Visivo e/o funzionale |
Se
il controllo è negativo, occorre: |
|
Controllo orizzontalità traverso |
Visivo |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
CORRENTI E DIAGONALI |
Controllo marchio come da libretto |
Visivo |
Se il marchio non è rilevabile o è difforme rispetto a quello indicato nel libretto, occorre scartare l’elemento |
Controllo stato di conservazione della protezione contro la corrosione |
Visivo |
Se
il controllo è negativo procedere al controllo degli spessori
|
|
Controllo lincarità dell’elemento |
Visivo |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
Controllo stato di conservazione collegamenti al telaio |
Visivo e/o funzionale |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
IMPALCATI PREFABBRICATI |
Controllo marchio da libretto |
Visivo |
Se il marchio non è rilevabile, o è difforme rispetto a quello indicato nel libretto, occorre scartare l’elemento |
Controllo stato di conservazione della protezione contro la corrosione |
visivo |
Se
il controllo è negativo, procedere al controllo degli spessori: |
|
Controllo orizzontalità piani di calpestio |
Visivo |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
Controllo assenza di deformazione negli appoggi al traverso |
Visivo e/o funzionale |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
Controllo dei sistemi di collegamento tra: piani di collegamento al traverso ed irrigidimenti (saldatura, rivettatura, bullonatura e cianfrinatura) |
Visivo: |
Se
il controllo è negativo: |
|
BASETTE FISSE |
Controllo marchio come da libretto |
Visivo |
Se il marchio non è rilevabile, o è difforme rispetto a quello indicato nel libretto, occorre scartare l’elemento |
Controllo orizzontalità piatto di base |
Visivo, ad esempio con un piano di riscontro |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
BASETTE REGOLABILI |
Controllo marchio come da libretto |
Visivo |
Se il marchio non è rilevabile, o è difforme rispetto a quello indicato nel libretto, occorre scartare l’elemento |
Controllo orizzontabilità piatto di base |
Visivo, ad esempio con un piano di riscontro |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
Controllo verticalità stelo |
Visivo |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
Controllo stato di conservazione della filettatura dello stelo e della ghiera filettata |
Visivo
e funzionale |
-
se i controlli, visivo e funzionale, sono negativi occorre scartare
l’elemento |
|
N.B.: Per le verifiche relative ad altri elementi di ponteggio (quali ad esempio: fermapiede, trave per passo carraio, mensola, montante per parapetto di sommità, scala, parasassi), riportati nel libretto di cui all’autorizzazione ministeriale, occorre utilizzare: tipo, modalità di verifica e misure, analoghi a quelli descritti per gli elementi sopraelencati |
B – PONTEGGI METALLICI MONTANTI E TRAVERSI PREFABBRICATI
Elementi |
Tipo di verifica |
Modalità di verifica |
Misura adottata |
GENERALE |
Controllo esistenza del libretto di cui all’autorizzazione ministeriale rilasciata al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale |
Visivo |
Se non esiste il libretto, il ponteggio non può essere utilizzato. Occorre richiedere il libretto, che deve contenere tutti gli elementi del ponteggio, al fabbricante del ponteggio |
Controllo che gli elementi in tubi e giunti, siano di tipo autorizzato appartenenti ad unico fabbricante |
Visivo |
Se il controllo è negativo, è necessario utilizzare elementi autorizzati appartenenti ad un unico fabbricante, richiedendone il relativo libretto |
|
MONTANTE |
Controllo marchio come da libretto |
Visivo |
Se il marchio non è rilevabile, o è difforme rispetto a quello indicato nel libretto, occorre scartare l’elemento |
Controllo stato di conservazione della protezione contro la corrosione |
Visivo |
Se
il controllo è negativo, procedere al controllo degli spessori: |
|
Controllo verticalità |
Visivo, ad esempio con utilizzo filo a piombo |
Se la verticalità del montante non è soddisfatta occorre scartare l’elemento |
|
Controllo spinotto di collegamento fra montanti |
Visivo e/o funzionale |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
Controllo attacchi elementi |
Visivo e/o funzionale |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
TRAVERSO |
Controllo marchio come da libretto |
Visivo |
Se il marchio non è rilevabile, o è difforme rispetto a quello indicato nel libretto, occorre scartare l’elemento |
Controllo orizzontalità traverso |
Visivo |
Se il controllo è negativo scartare l’elemento |
|
Controllo stato di conservazione della protezione contro la corrosione |
Visivo |
Se
il controllo è negativo, procedere al controllo degli spessori: |
|
Controllo stato di conservazione collegamenti ai montanti |
Visivo e/o funzionale |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento o ripristinare la funzionalità dell’elemento in conformità alle modalità previste dal fabbricante del ponteggio |
|
CORRENTI E DIAGONALI |
Controllo marchio come da libretto |
Visivo |
Se il marchio non è rilevabile, o è difforme rispetto a quello indicato nel libretto, occorre scartare l’elemento |
Controllo stato di conservazione della protezione contro la corrosione |
Visivo |
Se
il controllo è negativo, procedere al controllo degli spessori: |
|
Controllo linearità dell’elemento |
Visivo |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
Controllo stato di conservazione collegamenti ai montanti |
Visivo e/o funzionale |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento o ripristinare la funzionalità dell’elemento in conformità alle modalità previste dal fabbricante del ponteggio |
|
IMPALCATI PREFABBRICATI |
Controllo marchio come da libretto |
Visivo |
Se il marchio non è rilevabile, o è difforme rispetto a quello indicato nel libretto, occorre scartare l’elemento |
Controllo stato di conservazione della protezione contro la corrosione |
Visivo |
Se
il controllo è negativo, procedere al controllo degli spessori: |
|
Controllo orizzontalità pianti di calpestio |
Visivo |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
Controllo assenza di deformazioni negli appoggi al traverso |
Visivo e/o funzionale |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
controllo efficienza dei sistemi di collegamento tra: piani di calpestio, testata con ganci di collegamento al traverso ed irrigidimenti (saldatura, rivettatura, bullonatura e cianfrinatura) |
Visivo: |
Se
il controllo è negativo: |
|
BASETTE FISSE |
Controllo marchio come da libretto |
Visivo |
Se il marchio non è rilevabile, o è difforme rispetto a quello indicato nel libretto, occorre scartare l’elemento |
Controllo orizzontalità piatto di base |
Visivo, ad esempio con un piano di riscontro |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
BASETTE REGOLABILI |
Controllo marchio come da libretto |
Visivo |
Se il marchio non è rilevabile, o è difforme rispetto a quello indicato nel libretto, occorre scartare l’elemento |
Controllo orizzontalità piatto di base |
Visivo, ad esempio con un piano di riscontro |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
Controllo verticale stelo |
Visivo |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
Controllo stato di conservazione della filettatura dello stelo e della ghiera filettata |
Visivo
e funzionale: |
-
Se i controlli, visivo e funzionale, sono negativi occorre scartare
l’elemento |
|
N.B.: Per le verifiche relative ad altri elementi di ponteggio (quali ad esempio: fermapiede, trave per passo carraio, mensola, montante per parapetto di sommità, scala, parasassi), riportati nel libretto di cui all’autorizzazione ministeriale, occorre utilizzare: tipo, modalità di verifica e misure, analoghi a quelli descritti per gli elementi sopraelencati |
C – PONTEGGI METALLICI A TUBI E GIUNTI
Elementi |
Tipo di verifica |
Modalità di verifica |
Misura adottata |
GENERALE |
controllo esistenza del libretto di cui all’utilizzazione ministeriale rilasciata dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale |
Visivo |
Se non esiste il libretto, il ponteggio non può essere utilizzato. Occorre richiedere il libretto, che deve contenere tutti gli elementi del ponteggio, al fabbricante del ponteggio. |
TUBI |
Controllo marchio come da libretto |
Visivo |
Se il marchio non è rilevabile, o è difforme rispetto a quello indicato nel libretto, occorre scartare l’elemento |
Controllo stato di conservazione della protezione contro la corrosione |
Visivo |
Se
il controllo è negativo, procedere al controllo degli spessori: |
|
Controllo verticalità |
Visivo, ad esempio con utilizzo filo a piombo |
Se la verticalità del tubo non è soddisfacente occorre scartare l’elemento |
|
GIUNTI |
Controllo marchio come da libretto |
Visivo |
Se il marchio non è rilevabile, o è difforme rispetto a quello indicato nel libretto, occorre scartare l’elemento |
Controllo stato di conservazione della protezione contro la corrosione |
Visivo |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
Controllo bulloni completi di dadi |
Visivo
e funzionale: |
Se
il controllo visivo è negativo occorre: sostituire il bullone e/o il
dado con altro fornito dal fabbricante del giunto |
|
Controllo linearità martelletti |
Visivo |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
Controllo perno rotazione giunto girevole |
Visivo
e funzionale: |
Se i controlli sono negativi occorre scartare l’elemento |
|
IMPALCATI |
Controllo marchio come da libretto |
Visivo |
Se il marchio non è rilevabile, o è difforme rispetto a quello indicato nel libretto, occorre scartare l’elemento |
PREFABBRICATI (non strutturali) |
controllo stato di conservazione della protezione contro la corrosione |
Visivo |
Se
il controllo è negativo, procedere al controllo degli spessori: |
Controllo orizzontalità piani di calpestio |
Visivo |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
Controllo assenza di deformazioni negli appoggi al traverso |
Visivo e/o funzionale |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
Controllo efficienza dei sistemi di collegamento tra: piani di calpestio, testata con ganci di collegamento al traverso ed irrigidimenti (saldatura, rivettatura, bullonatura e cianfrinatura) |
Visivo: |
Se
il controllo è negativo: |
|
BASETTE FISSE |
Controllo marchio come da libretto |
Visivo |
|
Controllo orizzontalità piatto base |
Visivo, ad esempio con un piano di riscontro |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
BASETTE REGOLABILI |
Controllo marchio come da libretto |
Visivo |
Se il marchio non è rilevabile, o è difforme rispetto a quello indicato nel libretto, occorre scartare l’elemento |
Controllo orizzontalità piatto base |
Visivo, ad esempio con un piano di riscontro |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
Controllo verticalità stelo |
Visivo |
Se il controllo è negativo occorre scartare l’elemento |
|
Controllo stato di conservazione della filettatura dello stelo e della ghiera filettata |
Visivo
e funzionale: |
-
Se i controlli, visivo e funzionale, sono negativi occorre scartare
l’elemento |
|
N.B.: Per le verifiche relative ad altri elementi di ponteggio (quali ad esempio: fermapiede, trave per passo carraio, mensola, montante per parapetto di sommità, scala, parasassi), riportati nel libretto di cui all’autorizzazione ministeriale, occorre utilizzare: tipo, modalità di verifica e misure, analoghi a quelli descritti per gli elementi sopraelencati |
2-Verifiche durante l'uso dei ponteggi metallici
fissi
• Controllare che il disegno esecutivo:
- Sia conforme allo schema tipo fornito dal fabbricante
del ponteggio;
- Sia firmato dal responsabile del cantiere per conformità
agli schemi tipo forniti dal fabbricante del ponteggio;
- Sia tenuto in cantiere, a disposizione degli organi
di vigilanza, unitamente alla copia del libretto di cui all'autorizzazione
ministeriale.
• Controllare che per i ponteggi di altezza superiore
a 20 metri e per i ponteggi non conformi agli schemi tipo:
- Sia stato redatto un progetto, firmato da un ingegnere
o architetto abilitato a norma di legge all'esercizio della professione;
- Che tale progetto sia tenuto in cantiere a disposizione
dell'autorità di vigilanza, unitamente alla copia del libretto di cui all'autorizzazione
ministeriale.
• Controllare che vi sia la documentazione dell’esecuzione,
da parte del responsabile di cantiere, dell’ultima verifica del ponteggio
di cui trattasi, al fine di assicurarne l'installazione corretta ed il buon
funzionamento.
• Controllare che qualora siano montati sul ponteggio
tabelloni pubblicitari, graticci, teli o altre schermature sia stato redatto
apposito calcolo, eseguito da Ingegnere o da Architetto abilitato a norma
di legge all'esercizio della professione, in relazione all'azione del vento
presumibile per la zona ove il ponteggio è montato. In tale calcolo deve essere
tenuto conto del grado di permeabilità delle strutture servite.
• Controllare che sia mantenuto un distacco congruente
con il punto 2.1.4.3 dell’allegato XVIII o l’articolo 138, comma 2, della
Sezione V tra il bordo interno dell'impalcato del ponteggio e l’opera servita.
• Controllare che sia mantenuta l'efficienza dell'elemento
parasassi, capace di intercettare la caduta del materiale dall'alto.
• Controllare il mantenimento dell'efficienza del serraggio
dei giunti, secondo le modalità previste dal fabbricante del ponteggio, riportate
nel libretto di cui all'autorizzazione ministeriale.
• Controllare il mantenimento dell'efficienza del serraggio
dei collegamenti fra gli elementi del ponteggio, secondo le modalità previste
dal fabbricante del ponteggio, riportate nel libretto di cui all'autorizzazione
ministeriale.
• Controllare il mantenimento dell'efficienza degli
ancoraggi, secondo le modalità previste dal fabbricante del ponteggio riportate
nel libretto di cui all'autorizzazione ministeriale.
• Controllare il mantenimento della verticalità dei
montanti, ad esempio con l'utilizzo del filo a piombo.
• Controllare il mantenimento dell'efficienza delle
controventature di pianta e di facciata mediante:
- Controllo visivo della linearità delle aste delle
diagonali di facciata e delle diagonali in pianta;
- Controllo visivo dello stato di conservazione dei
collegamenti ai montanti delle diagonali di facciata e delle diagonali in
pianta;
- Controllo visivo dello stato di conservazione degli
elementi di impalcato aventi funzione di controventatura in pianta.
• Controllare il mantenimento in opera dei dispositivi
di blocco degli elementi di impalcato.
• Controllare il mantenimento in opera dei dispositivi
di blocco o dei sistemi antisfilamento dei fermapiedi.
Allegato XX
A. Costruzione e impiego di scale portatili
1. E' riconosciuta la conformità alle vigenti disposizioni,
delle scale portatili, alle seguenti condizioni:
a) le scale portatili siano costruite conformemente
alla norma tecnica UNI EN 131 parte Ia e parte 2a;
b) il costruttore fornisca le certificazioni, previste
dalla norma tecnica di cui al punto a), emesse da un laboratorio ufficiale.
Per laboratori ufficiali si intendono:
• laboratorio dell'ISPESL;
• laboratorio delle università e dei politecnici dello
Stato;
• laboratori degli istituti tecnici dello Stato riconosciuti
ai sensi della legge 5 novembre 1971, n. 1086;
• laboratori autorizzati in conformità a quanto previsto
dalla sezione B del presente allegato, con decreto dei Ministri del lavoro
e della previdenza sociale, dello sviluppo economico e della salute;
• laboratori dei Paesi membri dell'Unione europea o
dei paesi aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo riconosciuti
dai rispettivi Stati;
c) le scale portatili siano accompagnate da un foglio
o libretto recante:
• una breve descrizione con l'indicazione degli elementi
costituenti;
• le indicazioni utili per un corretto impiego;
• le istruzioni per la manutenzione e conservazione;
• gli estremi del laboratorio che ha effettuato le prove,
numeri di identificazione dei certificati, date dei rilascio) dei certificati
delle prove previste dalla norma tecnica UNI EN 131 parte 1a e parte 2a;
• una dichiarazione del costruttore di conformità alla
norma tecnica UNI EN 131 parte 1a e parte 2a.
2. L'attrezzatura di cui al punto 1 legalmente fabbricata
e commercializzata in un altro Paese dell'Unione europea o in un altro Paese
aderente all'Accordo sullo spazio economico europeo, può essere commercializzata
in Italia purché il livello di sicurezza sia equivalente a quello garantito
dalle disposizioni, specifiche tecniche e standard previsti dalla normativa
italiana in materia.
B. Autorizzazione ai laboratori
di certificazione (concernenti ad esempio: scale, puntelli, ponti su ruote
a torre e ponteggi)
1. Requisiti
1.1. I laboratori per essere autorizzati alla certificazione:
a) non devono esercitare attività di consulenza, progettazione,
costruzione, commercializzazione, installazione o manutenzione nella materia
oggetto della certificazione. Il rapporto contrattuale a qualsiasi titolo
intercorrente tra i laboratori autorizzati ed il personale degli stessi deve
essere vincolato da una condizione di esclusiva per tutta la durata del rapporto
stesso;
b) devono disporre di personale qualificato in numero
sufficiente e dei mezzi tecnici necessari per assolvere adeguatamente alle
mansioni tecniche ed amministrative connesse con le procedure riguardanti
l'attività di certificazione;
c) devono dotarsi di manuale di qualità redatto in conformità
alla norma UNI CEI EN 45011; d) devono utilizzare locali ed impianti che garantiscano
le norme di igiene ambientale e la sicurezza del lavoro.
2. Presentazione della domanda
2.1. L'istanza relativa alla richiesta di autorizzazione
alla certificazione deve essere indirizzata al Ministero del lavoro e della
previdenza sociale - Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro
- Div. VI.
2.2. L'istanza relativa alla richiesta di autorizzazione
di cui al punto 2.1, sottoscritta dal legale rappresentante del laboratorio
e contenente il numero di iscrizione al registro delle imprese presso la Camera
di commercio competente, deve essere prodotta in originale bollato unitamente
a due copie, e contenere l'esplicita indicazione dell'autorizzazione richiesta,
nonché l'elenco delle certificazioni per le quali viene richiesta.
3. Documentazione richiesta per l'autorizzazione
alla certificazione
3.1. All'istanza di autorizzazione alla certificazione
da inviarsi con le modalità di cui al punto 2, devono essere allegati i seguenti
documenti in triplice copia:
a) copia dell'atto costitutivo o statuto, per i soggetti
di diritto privato, ovvero estremi dell'atto normativo per i soggetti di diritto
pubblico, da cui risulti l'esercizio dell'attività di certificazione richiesta;
b) elenco dei macchinari e attrezzature, corredato delle
caratteristiche tecniche ed operative, posseduti in proprio;
c) elenco dettagliato del personale con relative qualifiche,
titoli di studio, mansioni e organigramma complessivo del laboratorio da cui
si evinca il ruolo svolto dai preposti alla direzione delle diverse attività;
d) polizza di assicurazione di responsabilità civile
con massimale non inferiore a 1.549.370,70 euro per i rischi derivanti dall'esercizio
di attività di certificazione;
e) manuale di qualità del laboratorio, redatto in base
alle norme della serie UNI CEI EN 45000 contenente, tra l'altro, la specifica
sezione in cui vengono dettagliate le attrezzature e gli strumenti necessari
alle certificazioni richieste, nonché le procedure che vengono seguite. In
detta sezione devono essere indicati anche i seguenti elementi: normativa
seguita, ente che ha effettuato la taratura e scadenza della taratura degli
strumenti di misura;
f) planimetria, in scala adeguata, degli uffici e del
laboratorio in cui risultino evidenziate la funzione degli ambienti e la disposizione
delle attrezzature;
g) dichiarazione impegnativa in ordine al soddisfacimento
dei requisiti minimi di cui al punto 1.1, lettere a) e d).
3.2. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale
si riserva di richiedere ogni altra documentazione ritenuta necessaria per
la verifica del possesso dei requisiti di cui al punto 1.
4. Procedura autorizzativa
4.1. Con provvedimento del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale è istituita presso lo stesso Ministero, senza nuovi o maggiori
oneri per il bilancio dello Stato, una Commissione per l'esame della documentazione
di cui al punto 3.
4. 2. La Commissione di cui al punto 4.1 è presieduta
da un funzionario del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, ed
e' composta da:
a) un funzionario esperto effettivo ed uno supplente
del Ministero del lavoro e della previdenza sociale;
b) un funzionario esperto effettivo ed uno supplente
del Ministero dello sviluppo economico;
c) un funzionario esperto effettivo ed uno supplente
del Ministero della salute;
d) un funzionario esperto effettivo ed uno supplente
dell'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza del lavoro;
e) un funzionario esperto effettivo ed uno supplente
del Consiglio nazionale delle ricerche.
4. 3. Sulla base dei risultati positivi dell'esame della
documentazione di cui al punto 3, il Ministero del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero
della salute, adotta il provvedimento di autorizzazione.
5. Condizioni e validità dell'autorizzazione
5. 1. L'autorizzazione alla certificazione ha validità
quinquennale e può essere rinnovata a seguito di apposita istanza, previo
esito positivo dell'esame della documentazione di rinnovo da effettuarsi secondo
le stesse modalità previste nel punto 4.
5. 2. I laboratori devono riportare in apposito registro
gli estremi delle certificazioni rilasciate e conservare, per un periodo non
inferiore a dieci anni, tutti gli atti relativi all'attività di certificazione.
6. Verifiche
6. 1. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale
per il tramite dei propri organi periferici, entro il periodo di validità
dell'autorizzazione, procede al controllo della sussistenza dei presupposti
di base dell'idoneità medesima.
6. 2. Nel caso di verifica della non sussistenza dei
presupposti di base dell'idoneità medesima, l'autorizzazione viene sospesa
con effetto immediato, dando luogo al controllo di tutta l'attività certificativa
fino a quel momento effettuata. Nei casi di particolare gravità si procede
alla revoca dell'autorizzazione.
Allegato XXI - Accordo Stato, regioni
e province autonome sui corsi di formazione per lavoratori addetti a lavori
in quota
Soggetti formatori, durata, indirizzi e requisiti minimi
di validità dei corsi per lavoratori e preposti addetti all’uso di attrezzature
di lavoro in quota
INTRODUZIONE
La partecipazione ai suddetti corsi, secondo quanto
disposto dall’articolo 37 del presente decreto legislativo, deve avvenire
in orario di lavoro e non può comportare oneri economici per i lavoratori.
Si rende, inoltre, noto che la formazione di seguito
prevista essendo formazione specifica non è sostitutiva della formazione obbligatoria
spettante comunque a tutti i lavoratori e realizzata ai sensi dell’articolo
37 del presente decreto legislativo.
Si ribadisce come durata e contenuti dei seguenti corsi
siano da considerarsi come minimi e che quindi i Soggetti formatori, qualora
lo ritengano opportuno, potranno decidere di organizzare corsi “specifici”
per lavoratori addetti e per preposti con rilascio di specifico attestato.
Si riporta di seguito una proposta riguardante i corsi
di formazione per lavoratori/preposti addetti a lavori in quota.
SOGGETTI FORMATORI, DURATA, INDIRIZZI E REQUISITI
MINIMI DEI CORSI DI FORMAZIONE TEORICO-PRATICO PER LAVORATORI E PREPOSTI ADDETTI
AL MONTAGGIO / SMONTAGGIO / TRASFORMAZIONE DI PONTEGGI (articolo 136 comma
8)
1. INDIVIDUAZIONE DEI SOGGETTI FORMATORI E SISTEMA
DI ACCREDITAMENTO
Sono soggetti formatori del corso di formazione e del
corso di aggiornamento:
Regioni e Province Autonome, mediante le strutture tecniche
operanti nel settore della prevenzione, e/o mediante strutture della formazione
professionale accreditate in conformità al modello di accreditamento definito
in ogni Regione e Provincia Autonoma ai sensi del DM n. 166/01;
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, mediante
il personale tecnico impegnato in attività del settore della sicurezza sul
lavoro;
ISPESL;
Associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori,
nel settore dei lavori edili e di ingegneria civile;
Organismi paritetici istituiti nel settore dell’edilizia;
Scuole edili.
Qualora i soggetti indicati nell’accordo intendano avvalersi
di soggetti formatori esterni alla propria struttura, questi ultimi dovranno
essere in possesso dei requisiti previsti nei modelli di accreditamento definiti
in ogni Regione e Provincia Autonoma ai sensi del DM n. 166/01.
2. INDIVIDUAZIONE E REQUISITI DEI DOCENTI
Le docenze verranno effettuate, con riferimento ai diversi
argomenti, da personale con esperienza documentata, almeno biennale, sia nel
settore della formazione sia nel settore della prevenzione, sicurezza e salute
nei luoghi di lavoro e da personale con esperienza professionale pratica,
documentata, almeno biennale, nelle tecniche per il montaggio/smontaggio ponteggi.
3. INDIRIZZI E REQUISITI MINIMI DEI CORSI
3.1 ORGANIZZAZIONE
In ordine all’organizzazione dei corsi di formazione,
si conviene sui seguenti requisiti:
a) individuazione di un responsabile del progetto formativo;
b) tenuta del registro di presenza dei “formandi” da
parte del soggetto che realizza il corso;
c) numero dei partecipanti per ogni corso: massimo 30
unità;
d) per le attività pratiche il rapporto istruttore /allievi
non deve essere superiore al rapporto di 1 a 5 (almeno 1 docente ogni 5 allievi);
nel caso di solo 5 allievi (o meno di 5) sono richiesti comunque 2 docenti
(un docente che si occupa delle attività teoriche e un codocente che si occupa
delle pratiche);
e) assenze ammesse: massimo 10% del monte orario complessivo.
3.2. ARTICOLAZIONE DEL PERCORSO FORMATIVO
Il percorso formativo è finalizzato all’apprendimento
di tecniche operative adeguate ad eseguire in condizioni di sicurezza le attività
di montaggio, smontaggio e trasformazione di ponteggi.
Il percorso formativo è strutturato in tre moduli della
durata complessiva di 28 ore più una prova di verifica finale:
a) Modulo giuridico - normativo della durata di quattro
ore.
b) Modulo tecnico della durata di dieci ore
c) Prova di verifica intermedia (questionario a risposta
multipla)
d) Modulo pratico della durata di quattordici ore
e) Prova di verifica finale (prova pratica).
3.3 METODOLOGIA DIDATTICA
Per quanto concerne la metodologia di insegnamento/apprendimento
si concorda nel privilegiare le metodologie “attive”, che comportano la centralità
dell’allievo nel percorso di apprendimento.
A tali fini è necessario:
a) garantire un equilibrio tra lezioni frontali, valorizzazione
e confronto delle esperienze in aula, nonché lavori di gruppo, nel rispetto
del monte ore complessivo e di ciascun modulo, laddove possibile con il supporto
di materiali anche multimediali;
b) favorire metodologie di apprendimento basate sul
problem solving, applicate a simulazioni e problemi specifici, con particolare
attenzione ai processi di valutazione e comunicazione legati alla prevenzione;
c) prevedere dimostrazioni e prove pratiche, nonché
simulazione di gestione autonoma da parte dell’allievo della pratica in cantiere.
4. PROGRAMMA DEI CORSI
PONTEGGI - 28 ORE
Modulo giuridico - normativo (4 ore) |
|
Legislazione generale di sicurezza in materia di prevenzione infortuni - Analisi dei rischi - Norme di buona tecnica e di buona prassi - Statistiche degli infortuni e delle violazioni delle norme nei cantieri |
2 ore |
Titolo IV, capo II limitatamente ai "Lavori in quota" e Titolo IV, capo I "Cantieri" |
2 ore |
Modulo tecnico (10 ore) |
|
Piano di montaggio, uso e smontaggio in sicurezza (PiM.U.S.), autorizzazione ministeriale, disegno esecutivo, progetto |
4 ore |
DPI anticaduta: uso, caratteristiche tecniche, manutenzione, durata e conservazione |
2 ore |
Ancoraggi: tipologie e tecniche |
2 ore |
Verifiche di sicurezza: primo impianto, periodiche e straordinarie |
2 ore |
Modulo pratico (14 ore) |
|
Montaggio-smontaggio-trasformazione di ponteggio a tubi e giunti (PTG) |
4 ore |
Montaggio-smontaggio-trasformazione di ponteggio a telai prefabbricati (PTP) |
4 ore |
Montaggio-smontaggio-trasformazione di ponteggio a montanti e traversi prefabbricati (PMTP) |
4 ore |
Elementi di gestione prima emergenza-salvataggio |
2 ore |
5. VALUTAZIONE E CERTIFICAZIONE
Al termine dei due moduli teorici si svolgerà una prima
prova di verifica: un questionario a risposta multipla. Il superamento della
prova, che si intende superata con almeno il 70% delle risposte esatte, consentirà
il passaggio alla seconda parte del corso, quella pratica. Il mancato superamento
della prova, di converso, comporta la ripetizione dei due moduli.
Al termine del modulo pratico avrà luogo una prova pratica
di verifica finale, consistente in:
montaggio-smontaggio-trasformazione di parti di ponteggi (PTG, PTP e PMTP),
realizzazione di ancoraggi.
Il mancato superamento delle prova di verifica finale
comporta l’obbligo di ripetere il modulo pratico.
L’esito positivo delle prove di verifica intermedia
e finale, unitamente a una presenza pari almeno al 90% del monte ore, consente
il rilascio, al termine del percorso formativo, dell’attestato di frequenza
con verifica dell’apprendimento.
L’accertamento dell’apprendimento, tramite le varie
tipologie di verifiche intermedie e finali, viene effettuato da una Commissione
composta da docenti interni che formula il proprio giudizio in termini di
valutazione globale e redige il relativo verbale, da trasmettere alle Regioni
e Province Autonome competenti per territorio.
Gli attestati di frequenza, con verifica degli apprendimenti,
vengono rilasciati sulla base di tali verbali dalle Regioni e Province Autonome
competenti per territorio, ad esclusione di quelli rilasciati dai soggetti
individuati al punto 1 lettere a) limitatamente alle strutture tecniche operanti
nel settore della prevenzione, e quelli di cui alle lettere b), c), d), e),
f) del presente accordo.
Le Regioni e Province Autonome in attesa della definizione
del sistema nazionale di certificazione delle competenze e riconoscimento
dei crediti, si impegnano a riconoscere reciprocamente gli attestati rilasciati.
6. MODULO DI AGGIORNAMENTO
I datori di lavoro provvederanno a far effettuare ai
lavoratori formati con il corso di formazione teorico-pratico un corso di
aggiornamento ogni quattro anni.
L’aggiornamento ha durata minima di 4 ore di cui 3 ore
di contenuti tecnico pratici.
7. REGISTRAZIONE SUL LIBRETTO FORMATIVO DEL CITTADINO
L’attestato di frequenza con verifica dell’apprendimento
e la frequenza ai corsi di aggiornamento potranno essere inseriti nella III
sezione “Elenco delle certificazioni e attestazioni” del libretto formativo
del cittadino, così come definito all’art. 2, comma 1 – lettera i), del d.lgs
10 settembre 2003, n. 276, approvato con Decreto del Ministero del Lavoro
e delle Politiche Sociali del 10 ottobre 2005.
SOGGETTI FORMATORI, DURATA, INDIRIZZI E REQUISITI
MINIMI DEI CORSI DI FORMAZIONE TEORICO-PRATICO PER LAVORATORI ADDETTI AI SISTEMI
DI ACCESSO E POSIZIONAMENTO MEDIANTE FUNI (art. 116, comma 4)
1. INDIVIDUAZIONE DEI SOGGETTI FORMATORI E SISTEMA DI
ACCREDITAMENTO
Soggetti formatori del corso di formazione e del corso
di aggiornamento:
a) Regioni e Province Autonome, mediante le strutture
tecniche operanti nel settore della prevenzione, e/o mediante strutture della
formazione professionale accreditate in conformità al modello di accreditamento
definito in ogni Regione e Provincia Autonoma ai sensi del DM n. 166/01;
b) Ministero del lavoro e delle politiche sociali, mediante
il personale tecnico impegnato in attività del settore della sicurezza sul
lavoro;
c) ISPESL;
d) Associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei
lavoratori, nel settore dei lavori edili e di ingegneria civile;
e) Organismi paritetici istituiti nel settore dell’edilizia;
f) Scuole edili;
g) Ministero dell’interno “Corpo dei VV.F.”;
h) Collegio nazionale delle guide alpine di cui alla
legge 02/01/1989 n. 6 “Ordinamento della professione di guida alpina”.
Qualora i soggetti indicati nell’accordo intendano avvalersi
di soggetti formatori esterni alla propria struttura, questi ultimi dovranno
essere in possesso dei requisiti previsti nei modelli di accreditamento definiti
in ogni Regione e Provincia Autonoma ai sensi del DM n. 166/01.
2. INDIVIDUAZIONE E REQUISITI DEI DOCENTI
Le docenze verranno effettuate, con riferimento ai diversi
argomenti, da personale con esperienza formativa, documentata, almeno biennale,
nel settore della prevenzione, sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, e
da personale con esperienza formativa, documentata, almeno biennale nelle
tecniche che comportano l’impiego di sistemi di accesso e posizionamento mediante
funi e il loro utilizzo in ambito lavorativo.
3. DESTINATARI DEI CORSI
Sono destinatari dei corsi:
a) lavoratori adibiti a lavori temporanei in quota con
impiego di sistemi di accesso e posizionamento mediante funi;
b) operatori con funzione di sorveglianza dei lavori
di cui al punto a) come richiesto dal comma 1 lettera e) dell’art. 116;
c) eventuali altre figure interessate (datori di lavoro,
lavoratori autonomi, personale di vigilanza ed ispezione ecc.).
4. INDIRIZZI E REQUISITI MINIMI DEI CORSI
4.1 ORGANIZZAZIONE
In ordine all’organizzazione dei corsi di formazione,
si conviene sui seguenti requisiti:
a) individuazione di un responsabile del progetto formativo;
b) tenuta del registro di presenza dei “formandi” da
parte del soggetto che realizza il corso;
c) numero dei partecipanti per ogni corso: massimo 20
unità. Per le attività pratiche il rapporto istruttore /allievi non deve essere
superiore al rapporto di 1 a 4 (almeno 1 docente ogni 4 allievi);
d) assenze ammesse: massimo 10% del monte orario complessivo.
4.2. ARTICOLAZIONE DEL PERCORSO FORMATIVO
Il percorso formativo è finalizzato all’apprendimento
di tecniche operative adeguate ad eseguire in condizioni di sicurezza le attività
che richiedono l’impiego di sistemi di accesso e posizionamento mediante funi.
Il percorso formativo è strutturato in moduli:
• Modulo base (comune ai due differenti percorsi
formativi) propedeutico alla frequenza ai successivi moduli specifici, che
da solo non abilita all’esecuzione dell’attività lavorativa. I partecipanti
devono conseguire l’idoneità alla prosecuzione del corso, mediante test di
accertamento delle conoscenze acquisite. Nel caso di mancata idoneità si possono
attivare azioni individuali di recupero.
• Moduli specifici (A – B) differenziati per
contenuti, che forniscono le conoscenze tecniche per operare negli specifici
settori lavorativi.
4.3 METODOLOGIA DIDATTICA
Per quanto concerne la metodologia di insegnamento/apprendimento
si concorda nel privilegiare le metodologie “attive”, che comportano la centralità
dell’allievo nel percorso di apprendimento.
A tali fini è necessario:
a) garantire un equilibrio tra lezioni frontali, valorizzazione
e confronto delle esperienze in aula, nonché lavori di gruppo, nel rispetto
del monte ore complessivo e di ciascun modulo, laddove possibile con il supporto
di materiali anche multimediali;
b) favorire metodologie di apprendimento basate sul
problem solving, applicate a simulazioni e problemi specifici, con particolare
attenzione ai processi di valutazione e comunicazione legati alla prevenzione;
c) prevedere dimostrazioni e prove pratiche, nonché
simulazione di gestione autonoma da parte del discente della pratica in cantiere.
Inoltre, data la specificità della formazione, le prove
pratiche e gli addestramenti dovranno essere effettuati in siti ove possano
essere ricreate condizioni operative simili a quelle che si ritrovano sui
luoghi di lavoro e che tengano conto della specifica tipologia di corso.
5. PROGRAMMA DEI CORSI (PER LAVORATORI)
MODULO BASE - TEORICO - PRATICO (comune ai due indirizzi) |
Sede di svolgimento: aula (lezioni frontali - presentazione di attrezzature e DPI) |
Durata complessiva: 12 ore |
Argomenti |
Presentazione del corso. Normativa generale in materia di igiene e sicurezza del lavoro con particolare riferimento ai cantieri edili ed ai lavori in quota. |
Analisi e valutazione dei rischi più ricorrenti nei lavori in quota (rischi ambientali, di caduta dall’alto e sospensione, da uso di attrezzature e sostanze particolari, ecc.). |
DPI specifici per lavori su funi (a) imbracature e caschi – b) funi, cordini, fettucce, assorbitori di energia – c) connettori, freni, bloccanti, carrucole riferiti ad accesso, posizionamento e sospensione. Loro idoneità e compatibilità con attrezzature e sostanze; manutenzione (verifica giornaliera e periodica, pulizia e stoccaggio, responsabilità). |
Classificazione normativa e tecniche di realizzazione degli ancoraggi e dei frazionamenti |
Illustrazione delle più frequenti tipologie di lavoro con funi, suddivisione in funzione delle modalità di accesso e di uscita dalla zona di lavoro. |
Tecniche e procedure operative con accesso dall’alto, di calata o discesa su funi e tecniche di accesso dal basso (fattore di caduta). |
Rischi e modalità di protezione delle funi (spigoli, nodi, usura). |
Organizzazione del lavoro in squadra, compiti degli operatori e modalità di comunicazione. |
Elementi di primo soccorso e procedure operative di salvataggio: illustrazione del contenuto del kit di recupero e della sua utilizzazione. |
MODULO
A - SPECIFICO PRATICO |
Sede di svolgimento: sito operativo/addestrativi |
Durata complessiva: 20 ore |
Destinatari: operatori che impiegano sistemi di accesso e posizionamento mediante funi alle quali sono direttamente sostenuti |
Argomenti |
Movimento su linee di accesso fisse (superamento dei frazionamenti, salita in sicurezza di scale fisse, tralicci e lungo funi). |
Applicazione di tecniche di posizionamento dell’operatore |
Accesso in sicurezza ai luoghi di realizzazione degli ancoraggi |
Realizzazione di ancoraggi e frazionamenti su strutture artificiali o su elementi naturali (statici, dinamici, ecc.). |
Esecuzione di calate (operatore sospeso al termine della fune) e discese (operatore in movimento sulla fune già distesa o portata al seguito), anche con frazionamenti. |
Esecuzione di tecniche operative con accesso e uscita situati in alto rispetto alla postazione di lavoro (tecniche di risalita e recupero con paranchi o altre attrezzature specifiche). |
Esecuzione di tecniche operative con accesso e uscita situati in basso rispetto alla postazione di lavoro (posizionamento delle funi, frazionamenti, ecc.). |
Applicazione di tecniche di sollevamento, posizionamento e calata dei materiali. |
Applicazione di tecniche di evacuazione e salvataggio |
MODULO
B - SPECIFICO PRATICO |
Sede di svolgimento: sito operativo/addestrativi |
Durata complessiva: 20 ore |
Destinatari: operatori che impiegano sistemi di accesso e posizionamento mediante funi alle quali sono direttamente sostenuti |
Argomenti |
Utilizzo delle funi e degli altri sistemi di accesso. Salita e discesa in sicurezza. |
Realizzazione degli ancoraggi e di eventuali frazionamenti |
Movimento all’interno della chioma. |
Posizionamento in chioma. |
Simulazione di svolgimento di attività lavorativa con sollevamento dell’attrezzatura di lavoro e applicazione di tecniche di calata del materiale di risulta. |
Applicazione di tecniche di evacuazione e salvataggio |
6. VALUTAZIONE E CERTIFICAZIONE
Al termine del modulo base comune si svolgerà una prima
prova di verifica: un questionario a risposta multipla. Il successo nella
prova, che si intende superata con almeno il 70% delle risposte esatte, consentirà
il passaggio alla seconda parte del corso, quella specifico - pratica.
Il mancato superamento della prova, di converso, comporta
la ripetizione del modulo.
Eventuali errori, nella prova, attinenti argomenti riferiti
al rischio di caduta incontrollata o altre situazioni di pericolo grave dovranno
essere rilevati e fatti oggetto di valutazione mirata aggiuntiva nella successiva
prova pratica;
Al termine del modulo specifico avrà luogo una prova
pratica di verifica finale, consistente nell’esecuzione di tecniche operative
sui temi del modulo specifico frequentato. La prova si intende superata se
le operazioni vengono eseguite correttamente.
Il mancato superamento della prova di verifica finale
comporta l’obbligo di ripetere il modulo specifico pratico.
L’esito positivo delle prove di verifica intermedia
e finale, unitamente a una presenza pari almeno al 90% del monte ore, consente
il rilascio, al termine del percorso formativo, dell’attestato di frequenza
con verifica dell’apprendimento. L’attestato dovrà riportare anche l’indicazione
del modulo specifico pratico frequentato.
L’accertamento dell’apprendimento, tramite le varie
tipologie di verifiche intermedie e finali, viene effettuato da una Commissione
composta da docenti interni che formula il proprio giudizio in termini di
valutazione globale e redige il relativo verbale, da trasmettere alle Regione
e Provincia Autonome competenti per territorio.
Gli attestati di frequenza, con verifica degli apprendimenti,
vengono rilasciati sulla base di tali verbali dalle Regioni e Province Autonome
competenti per territorio, ad esclusione di quelli rilasciati dai soggetti
individuati nel punto 1 lettere a) limitatamente alle strutture tecniche operanti
nel settore della prevenzione, e quelli di cui alle lettere b), c), d), e),
f), g), h) del presente accordo. Le Regioni e Province Autonome in attesa
della definizione del sistema nazionale di certificazione delle competenze
e riconoscimento dei crediti, si impegnano a riconoscere reciprocamente gli
attestati rilasciati.
7. MODULO DI AGGIORNAMENTO
I datori di lavoro provvederanno a far effettuare ai
lavoratori formati con il corso di formazione teorico-pratico un corso di
aggiornamento ogni cinque anni. L’aggiornamento ha durata minima di 8 ore
di cui almeno 4 ore di contenuti tecnico pratici.
8. REGISTRAZIONE SUL LIBRETTO FORMATIVO DEL CITTADINO
L’attestato di frequenza con verifica dell’apprendimento
e la frequenza ai corsi di aggiornamento potranno essere inseriti nella III
sezione “Elenco delle certificazioni e attestazioni” del libretto formativo
del cittadino, così come definito all’art. 2, comma 1 – lettera i), del D.Lgs.
10 settembre 2003, n. 276, approvato con Decreto del Ministero del Lavoro
e delle Politiche Sociali del 10 ottobre 2005.
MODULO DI FORMAZIONE SPECIFICO TEORICO-PRATICO PER
PREPOSTI CON FUNZIONE DI SORVEGLIANZA DEI LAVORI ADDETTI AI SISTEMI DI ACCESSO
E POSIZIONAMENTO MEDIANTE FUNI (art. 116 comma 4)
I lavoratori che abbiano frequentato i corsi per operatori
all’effettuazione di lavori su funi potranno avere accesso ad un MODULO SPECIFICO
di formazione per “PREPOSTI” con funzione di sorveglianza dei lavori”, tendente
ad offrire gli strumenti utili ad effettuare le operazioni di programmazione,
controllo e coordinamento dei lavori della squadra loro affidata.
Alla conclusione di esso è previsto un colloquio finalizzato
alla verifica delle capacità di valutazione, controllo, gestione delle condizioni
lavorative e delle possibili situazioni di emergenza, al termine del quale
viene rilasciato un giudizio finale di idoneità con specifico Attestato e
annotata la partecipazione al corso sulla Scheda Personale di Formazione.
Sede di svolgimento: aula → lezioni frontali / sito operativo/addestrativo → tecniche e valutazione ancoraggi |
Durata complessiva: 8 ore |
Argomenti |
Cenni sui criteri di valutazione delle condizioni operative e dei rischi presenti sui luoghi di lavoro. |
Cenni su criteri di scelta delle procedure e delle tecniche operative in relazione alle misure di prevenzione e protezione adottabili. |
Organizzazione dell’attività di squadra anche in relazione a macchine e attrezzature utilizzate ordinariamente e cenni di sicurezza nell’interazione con mezzi d’opera o attività di elitrasporto. |
Modalità di scelta e di controllo degli ancoraggi, uso dei DPI e corrette tecniche operative |
Modalità di verifica dell’idoneità e buona conservazione (giornaliera e periodica) dei DPI e delle attrezzature e responsabilità. |
Ruolo dell’operatore con funzione di sorveglianza dei lavori nella gestione delle emergenze |
MODULO DI AGGIORNAMENTO
I datori di lavoro provvederanno a far effettuare agli
operatori con funzione di sorveglianza dei lavori un corso di aggiornamento
ogni cinque anni. L’aggiornamento, per la funzione specifica, registrato sulla
Scheda Personale di Formazione, ha durata minima di 4 ore La formazione è
inerente le tecniche già apprese, l’eventuale analisi e applicazione di nuove
attrezzature o tecniche operative e prevede il rilascio di un giudizio di
affidabilità da parte dei docenti.
Allegato XXII - Contenuti minimi
del Pi.M.U.S.
1. Dati identificativi del luogo di lavoro;
2. Identificazione del datore di lavoro che procederà
alle operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio;
3. Identificazione della squadra di lavoratori, compreso
il preposto, addetti alle operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio
del ponteggio;
4. Identificazione del ponteggio;
5. Disegno esecutivo del ponteggio;
6. Progetto del ponteggio, quando previsto;
7. Indicazioni generali per le operazioni di montaggio
e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio ("piano di applicazione
generalizzata"):
7.1. planimetria delle zone destinate allo stoccaggio
e al montaggio del ponteggio, evidenziando, inoltre: delimitazione, viabilità,
segnaletica, ecc.,
7.2. modalità di verifica e controllo del piano di appoggio
del ponteggio (portata della superficie, omogeneità, ripartizione del carico,
elementi di appoggio, ecc.),
7.3. modalità di tracciamento del ponteggio, impostazione
della prima campata, controllo della verticalità, livello/bolla del primo
impalcato, distanza tra ponteggio (filo impalcato di servizio) e opera servita,
ecc.,
7.4. descrizione dei DPI utilizzati nelle operazioni
di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio e loro modalità
di uso, con esplicito riferimento all'eventuale sistema di arresto caduta
utilizzato ed ai relativi punti di ancoraggio,
7.5. descrizione delle attrezzature adoperate nelle
operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio e
loro modalità di installazione ed uso,
7.6. misure di sicurezza da adottare in presenza, nelle
vicinanze del ponteggio, di linee elettriche aeree nude in tensione, di cui
all’articolo 117 .
7.7. tipo e modalità di realizzazione degli ancoraggi,
7. 8. misure di sicurezza da adottare in caso di cambiamento
delle condizioni meteorologiche (neve, vento, ghiaccio, pioggia) pregiudizievoli
alla sicurezza del ponteggio e dei lavoratori,
7. 9. misure di sicurezza da adottare contro la caduta
di materiali e oggetti;
8. Illustrazione delle modalità di montaggio, trasformazione
e smontaggio, riportando le necessarie sequenze “passo dopo passo”, nonché
descrizione delle regole puntuali/specifiche da applicare durante le suddette
operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio (“istruzioni e progetti
particolareggiati”), con l’ausilio di elaborati esplicativi contenenti le
corrette istruzioni, privilegiando gli elaborati grafici costituiti da schemi,
disegni e foto;
9. Descrizione delle regole da applicare durante l’uso
del ponteggio;
10. Indicazioni delle verifiche da effettuare sul ponteggio
prima del montaggio e durante l’uso (vedasi ad es. allegato XIX )
Allegato XXIII - Deroga ammessa
per i ponti su ruote a torre
E' ammessa deroga per i ponti su ruote a torre alle
seguenti condizioni:
a. il ponte su ruote a torre sia costruito conformemente
alla norma tecnica UNI EN 1004;
b. il costruttore fornisca la certificazione del superamento
delle prove di rigidezza, di cui all'appendice A della norma tecnica citata,
emessa da un laboratorio ufficiale.
Per laboratori ufficiali si intendono:
• laboratorio dell'ISPESL;
• laboratori delle università e dei politecnici dello
Stato;
• laboratori degli istituti tecnici di Stato, riconosciuti
ai sensi della legge 5-11-1971, n. 1086;
• laboratori autorizzati in conformità all’allegato
XX sezione B, con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale,
dello sviluppo economico e della salute;
• laboratori dei paesi membri dell'Unione europea o
dei Paesi aderenti all'accordo sullo spazio economico europeo riconosciuti
dai rispettivi Stati.
c. l'altezza del ponte su ruote non superi 12 m se utilizzato
all'interno (assenza di vento) e 8 m se utilizzato all'esterno (presenza di
vento);
d. per i ponti su ruote utilizzati all'esterno degli
edifici sia realizzato, ove possibile, un fissaggio all'edificio o altra struttura;
e. per il montaggio, uso e smontaggio del ponte su ruote
siano seguite le istruzioni indicate dal costruttore in un apposito manuale
redatto in accordo alla norma tecnica UNI EN 1004.
2. L'attrezzatura di cui al punto 1 è riconosciuta ed
ammessa se legalmente fabbricata o commercializzata in altro Paese membro
dell'Unione europea o nei Paesi aderenti all'accordo sullo spazio economico
europeo, in modo da garantire un livello di sicurezza equivalente a quello
garantito sulla base delle disposizioni, specifiche tecniche e standard previsti
dalla normativa italiana in materia.
Allegato XXIV - Prescrizioni generali
per la segnaletica di sicurezza
1. Considerazioni preliminari.
1.1. La segnaletica di sicurezza deve essere conforme
ai requisiti specifici che figurano negli allegati da II a IX.
1.2. Il presente allegato stabilisce tali requisiti,
descrive le diverse utilizzazioni delle segnaletiche di sicurezza ed enuncia
norme generali sull'intercambiabilità o complementarità di tali segnaletiche.
1.3. Le segnaletiche di sicurezza devono essere utilizzate
solo per trasmettere il messaggio o l'informazione precisati all'articolo
1, comma 2.
2. Modi di segnalazione.
2.1. Segnalazione permanente.
2.1.1. La segnaletica che si riferisce a un divieto,
un avvertimento o un obbligo ed altresì quella che serve ad indicare l'ubicazione
e ad identificare i mezzi di salvataggio o di pronto soccorso deve essere
di tipo permanente e costituita da cartelli.
La segnaletica destinata ad indicare l'ubicazione e
ad identificare i materiali e le attrezzature antincendio deve essere di tipo
permanente e costituita da cartelli o da un colore di sicurezza.
2.1.2. La segnaletica su contenitori e tubazioni deve
essere del tipo previsto nell'allegato III.
2.1.3. La segnaletica per i rischi di urto contro ostacoli
e di caduta delle persone deve essere di tipo permanente e costituita da un
colore di sicurezza o da cartelli.
2.1.4. La segnaletica delle vie di circolazione deve
essere di tipo permanente e costituita da un colore di sicurezza.
2.2. Segnalazione occasionale
2.2.1. La segnaletica di pericoli, la chiamata di persone
per un'azione specifica e lo sgombero urgente delle persone devono essere
fatti in modo occasionale e, tenuto conto del principio dell'intercambiabilità
e complementarità previsto al paragrafo 3, per mezzo di segnali luminosi,
acustici o di comunicazioni verbali.
2.2.2. La guida delle persone che effettuano manovre
implicanti un rischio o un pericolo deve essere fatta in modo occasionale
per mezzo di segnali gestuali o comunicazioni verbali.
3. Intercambiabilità e complementarità della
segnaletica
3.1. A parità di efficacia e a condizione che si provveda ad una azione specifica
di informazione e formazione al riguardo, è ammessa libertà di scelta fra:
- un colore di sicurezza o un cartello, per segnalare
un rischio di inciampo o caduta con dislivello;
- segnali luminosi, segnali acustici o comunicazione
verbale;
- segnali gestuali o comunicazione verbale.
3.2. Determinate modalità di segnalazione possono essere
utilizzate assieme, nelle combinazioni specificate di seguito:
- segnali luminosi e segnali acustici;
- segnali luminosi e comunicazione verbale;
- segnali gestuali e comunicazione verbale.
4. Colori di sicurezza.
4.1. Le indicazioni della tabella che segue si applicano
a tutte le segnalazioni per le quali è previsto l'uso di un colore di sicurezza.
Colore |
Significato o scopo |
Indicazioni e precisazioni |
Rosso |
Segnali di divieto |
Atteggiamenti pericolosi |
|
Pericolo - allarme |
Alt, arresto, dispositivi di interruzione d'emergenza, sgombero |
|
Materiali e attrezzature antincendio |
Identificazione e ubicazione |
Giallo o giallo-arancio |
Segnali di avvertimento |
Attenzione, cautela, verifica |
Azzurro |
Segnali di prescrizione |
Comportamento o azione specifica - obbligo di portare un mezzo di sicurezza personale |
Verde |
Segnali di salvataggio o di soccorso |
Porte, uscite, percorsi, materiali, postazioni, locali |
|
Situazione di sicurezza |
Ritorno alla normalità |
5. L'efficacia della segnaletica non deve essere
compromessa da:
5.1. presenza di altra segnaletica o di altra fonte
emittente dello stesso tipo che turbino la visibilità o l'udibilità; ciò comporta,
in particolare, la necessità di:
5.1.1. evitare di disporre un numero eccessivo di cartelli
troppo vicini gli uni agli altri;
5.1.2. non utilizzare contemporaneamente due segnali
luminosi che possano confondersi;
5.1.3. non utilizzare un segnale luminoso nelle vicinanze
di un'altra emissione luminosa poco distinta;
5.1.4. non utilizzare contemporaneamente due segnali
sonori;
5.1.5. non utilizzare un segnale sonoro se il rumore
di fondo è troppo intenso;
5.2. cattiva progettazione, numero insufficiente, ubicazione
irrazionale, cattivo stato o cattivo funzionamento dei mezzi o dei dispositivi
di segnalazione.
6. I mezzi e i dispositivi segnaletici devono, a seconda
dei casi, essere regolarmente puliti, sottoposti a manutenzione, controllati
e riparati e, se necessario, sostituiti, affinché conservino le loro proprietà
intrinseche o di funzionamento.
7. Il numero e l'ubicazione dei mezzi o dei dispositivi
segnaletici da sistemare è in funzione dell'entità dei rischi, dei pericoli
o delle dimensioni dell'area da coprire.
8. Per i segnali il cui funzionamento richiede una fonte
di energia, deve essere garantita un'alimentazione di emergenza nell'eventualità
di un'interruzione di tale energia, tranne nel caso in cui il rischio venga
meno con l'interruzione stessa.
9. Un segnale luminoso o sonoro indica, col suo avviamento,
l'inizio di un'azione che si richiede di effettuare; esso deve avere una durata
pari a quella richiesta dall'azione. I segnali luminosi o acustici devono
essere reinseriti immediatamente dopo ogni utilizzazione.
10. Le segnalazioni luminose ed acustiche devono essere
sottoposte ad una verifica del buon funzionamento e dell'efficacia reale prima
di essere messe in servizio e, in seguito, con periodicità sufficiente.
11. Qualora i lavoratori interessati presentino limitazioni
delle capacità uditive o visive, eventualmente a causa dell'uso di mezzi di
protezione personale, devono essere adottate adeguate misure supplementari
o sostitutive.
12. Le zone, i locali o gli spazi utilizzati per il
deposito di quantitativi notevoli di sostanze o preparati pericolosi devono
essere segnalati con un cartello di avvertimento appropriato, conformemente
all'allegato II, punto 3.2, o indicati conformemente all'allegato III, punto
1, tranne nel caso in cui l'etichettatura dei diversi imballaggi o recipienti
stessi sia sufficiente a tale scopo.
Allegato XXV - Prescrizioni generali
per i cartelli segnaletici
1. Caratteristiche intrinseche.
1.1. Forma e colori dei cartelli da impiegare sono definiti
al punto 3, in funzione del loro oggetto specifico (cartelli di divieto, di
avvertimento, di prescrizione, di salvataggio e per le attrezzature antincendio).
1.2. I pittogrammi devono essere il più possibile semplici,
con omissione dei particolari di difficile comprensione.
1.3. I pittogrammi utilizzati potranno differire leggermente
dalle figure riportate al punto 3 o presentare rispetto ad esse un maggior
numero di particolari, purché il significato sia equivalente e non sia reso
equivoco da alcuno degli adattamenti o delle modifiche apportati.
1.4. I cartelli devono essere costituiti di materiale
il più possibile resistente agli urti, alle in temperie ed alle aggressioni
dei fattori ambientali.
1.5. Le dimensioni e le proprietà colorimetriche e fotometriche
dei cartelli devono essere tali da garantirne una buona visibilità e comprensione.
1.5.1. Per le dimensioni si raccomanda di osservare
la seguente formula: A < L (2)/2000
Ove A rappresenta la superficie del cartello espressa
in m (2) ed L è la distanza, misurata in metri, alla quale il cartello deve
essere ancora riconoscibile. La formula è applicabile fino ad una distanza
di circa 50 metri.
1.5.2. Per le caratteristiche cromatiche e fotometriche
dei materiali si rinvia alla normativa di buona tecnica dell'UNI.
2. Condizioni d'impiego.
2.1. I cartelli vanno sistemati tenendo conto di eventuali
ostacoli, ad un'altezza e in una posizione appropriata rispetto all'angolo
di visuale, all'ingresso alla zona interessata in caso di rischio generico
ovvero nelle immediate adiacenze di un rischio specifico o dell'oggetto che
s'intende segnalare e in un posto bene illuminato e facilmente accessibile
e visibile.
Ferme restando le disposizioni del decreto legislativo
626 del 1994, in caso di cattiva illuminazione naturale sarà opportuno utilizzare
colori fosforescenti, materiali riflettenti o illuminazione artificiale.
2.2. Il cartello va rimosso quando non sussiste più
la situazione che ne giustificava la presenza.
3. Cartelli da utilizzare.
3.1. Cartelli di divieto:
- Caratteristiche intrinseche:
- forma rotonda;
- pittogramma nero su fondo bianco; bordo e banda (verso
il basso da sinistra a destra lungo il simbolo, con un inclinazione di 45º
rossi (il rosso deve coprire almeno il 35% della superficie del cartello).
Vietato fumare |
|
Vietato fumare o usare fiamma libera |
|
Vietato ai pedoni |
Divieto di spegnere con acqua |
|
Acqua non potabile |
|
Divieto di accesso alle persone non autorizzate |
Vietato ai carrelli di movimentazione |
|
|
Non toccare |
3.2. Cartelli di avvertimento:
- Caratteristiche intrinseche:
- forma triangolare,
- pittogramma nero su fondo giallo; bordo nero il giallo
deve coprire almeno il 50% della superficie del cartello.
Materiale infiammabile o alta temperatura |
|
Materiale esplosivo |
|
Sostanze velenose |
Sostanze corrosive |
|
Materiali radioattivi |
|
Carichi sospesi |
Carrelli di movimentazione |
|
Tensione elettrica pericolosa |
|
Pericolo generico |
Raggi laser |
|
Materiale comburente |
|
Radiazioni non ionizzanti |
Campo magnetico intenso |
|
Pericolo di inciampo |
|
Caduta di dislivello |
Rischio biologico |
|
Bassa temperatura |
|
Sostanze nocive o irritanti |
3.3. Cartelli di prescrizione:
- Caratteristiche intrinseche:
- forma rotonda;
- pittogramma bianco su fondo azzurro; l'azzurro deve
coprire almeno il 50% della superficie del cartello.
Protezione obbligatoria degli occhi |
|
Casco di protezione obbligatoria |
|
Protezione obbligatoria dell'udito |
Protezione obbligatoria delle vie respiratorie |
|
Calzature di sicurezza obbligatoria |
|
Guanti di protezione obbligatoria |
Protezione obbligatoria del corpo |
|
Protezione obbligatoria del viso |
|
Protezione individuale obbligatoria contro le cadute |
Passaggio obbligatorio per i pedoni |
|
|
Obbligo generico (con eventuale carrello supplementare) |
3.4. Cartelli di salvataggio:
- Caratteristiche intrinseche:
- forma quadrata o rettangolare;
- pittogramma bianco su fondo verde; il verde deve coprire
almeno il 50% della superficie del cartello.
3.5. Cartelli per le attrezzature antincendio:
- Caratteristiche intrinseche:
- forma quadrata o rettangolare;
- pittogramma bianco su fondo rosso; il rosso deve coprire
almeno il 50% della superficie del cartello.
Allegato XXVI - Prescrizioni per
la segnaletica dei contenitori e dellle tubazioni
1. I recipienti utilizzati sui luoghi di lavoro e contenenti
sostanze o preparati pericolosi di cui ai decreti legislativi 3 febbraio 1997,
n.52, e 14 marzo 2003, n.65, e successive modifiche i recipienti utilizzati
per il magazzinaggio di tali sostanze o preparati pericolosi nonché le tubazioni
visibili che servono a contenere o a trasportare dette sostanze o preparati
pericolosi, vanno muniti dell'etichettatura (pittogramma o simbolo sul colore
di fondo) prevista dalle disposizioni citate.
Il primo comma non si applica ai recipienti utilizzati
sui luoghi di lavoro per una breve durata né a quelli il cui contenuto cambia
frequentemente, a condizione che si prendano provvedimenti alternativi idonei,
in particolare azioni di informazione o di formazione, che garantiscano un
livello identico di protezione.
L'etichettatura di cui al primo comma può essere:
- sostituita da cartelli di avvertimento previsti all'allegato
II che riportino lo stesso pittogramma o simbolo;
- completata da ulteriori informazioni, quali il nome
o la formula della sostanza o del preparato pericoloso, e da dettagli sui
rischi connessi;
- completata o sostituita, per quanto riguarda il trasporto
di recipienti sul luogo di lavoro, da cartelli utilizzati a livello comunitario
per il trasporto di sostanze o preparati pericolosi.
2. La segnaletica di cui sopra deve essere applicata
come segue:
- sul lato visibile o sui lati visibili;
- in forma rigida, autoadesiva o verniciata.
3. All'etichettatura di cui al punto 1 che precede si
applicano, se del caso, i criteri in materia di caratteristiche intrinseche
previsti all'allegato II, punto 1.4 e le condizioni di impiego all'allegato
II, punto 2, riguardanti i cartelli di segnalazione.
4. L'etichettatura utilizzata sulle tubazioni deve essere
applicata, fatti salvi i punti 1, 2 e 3, in modo visibile vicino ai punti
che presentano maggiore pericolo, quali valvole e punti di raccordo, e deve
comparire ripetute volte.
5. Le aree, i locali o i settori utilizzati per il deposito
di sostanze o preparati pericolosi in quantità ingenti devono essere segnalati
con un cartello di avvertimento appropriato scelto tra quelli elencati nell'allegato
II, punto 3.2 o essere identificati conformemente all'allegato III, punto
1, a meno che l'etichettatura dei vari imballaggi o recipienti sia sufficiente
a tale scopo, in funzione dell'allegato II, punto 1.5 relativo alle dimensioni.
Il deposito di un certo quantitativo di sostanze o preparati
pericolosi può essere indicato con il cartello di avvertimento "ericolo
generico"
I cartelli o l'etichettatura di cui sopra vanno applicati,
secondo il caso, nei pressi dell'area di magazzinaggio o sulla porta di accesso
al locale di magazzinaggio.
Allegato XXVII - Prescrizioni
per la segnaletica destinata ad identificare e ad indicare l'ubicazione delle
attrezzature antincendio
1. Premessa.
Il presente allegato si applica alle attrezzature destinate
in via esclusiva alla lotta antincendio.
2. Le attrezzature antincendio devono essere identificate
mediante apposita colorazione ed un cartello indicante la loro ubicazione
o mediante colorazione delle posizioni in cui sono sistemate o degli accessi
a tali posizioni.
3. Il colore d'identificazione di queste attrezzature
è il rosso.
La superficie in rosso dovrà avere ampiezza sufficiente
per consentire un'agevole identificazione.
4. I cartelli descritti all'allegato II, punto 3.5 devono
essere utilizzati per indicare l'ubicazione delle attrezzature in questione.
Allegato XXVIII - Prescrizioni
per la segnalazione di ostacoli di punti di pericolo e per la segnalazione
delle vie di circolazione
1. Segnalazione di ostacoli e di punti di pericolo.
1.1. Per segnalare i rischi di urto contro ostacoli,
di cadute di oggetti e di caduta da parte delle persone entro il perimetro
delle aree edificate dell'impresa cui i lavoratori hanno accesso nel corso
del lavoro, si usa il giallo alternato al nero ovvero il rosso alternato al
bianco.
1.2. Le dimensioni della segnalazione andranno commisurate
alle dimensioni dell'ostacolo o del punto pericoloso che s'intende segnalare.
1.3. Le sbarre gialle e nere ovvero rosse e bianche
dovranno avere un'inclinazione di circa 45º e dimensioni più o meno uguali
fra loro.
1.4. Esempio:
2. Segnalazione delle vie di circolazione.
2.1. Qualora l'uso e l'attrezzatura dei locali lo rendano
necessario per la tutela dei lavoratori, le vie di circolazione dei veicoli
devono essere chiaramente segnalate con strisce continue di colore ben visibile,
preferibilmente bianco o giallo, in rapporto al colore del pavimento.
2.2. L'ubicazione delle strisce dovrà tenere conto delle
distanze di sicurezza necessarie tra i veicoli che possono circolare e tutto
ciò che può trovarsi nelle loro vicinanze nonché tra i pedoni e i veicoli.
2.3. Le vie permanenti situate all'esterno nelle zone
edificate vanno parimenti segnalate, nella misura in cui ciò si renda necessario,
a meno che non siano provviste di barriere o di una pavimentazione appropriate.
Allegato XXIX - Prescrizioni per
i segnali luminosi
1. Proprietà intrinseche.
1.1. La luce emessa da un segnale deve produrre un contrasto
luminoso adeguato al suo ambiente, in rapporto alle condizioni d'impiego previste,
senza provocare abbagliamento per intensità eccessiva o cattiva visibilità
per intensità insufficiente.
1.2. La superficie luminosa emettitrice del segnale
può essere di colore uniforme o recare un simbolo su un fondo determinato.
1.3. Il colore uniforme deve corrispondere alla tabella
dei significati dei colori riportata all'allegato I, punto 4.
1.4. Quando il segnale reca un simbolo, quest'ultimo
dovrà rispettare, per analogia, le regole ad esso applicabili, riportate all'allegato
II.
2. Regole particolari d'impiego.
2.1. Se un dispositivo può emettere un segnale continuo
ed uno intermittente, il segnale intermittente sarà impiegato per indicare,
rispetto a quello continuo, un livello più elevato di pericolo o una maggiore
urgenza dell'intervento o dell'azione richiesta od imposta.
La durata di ciascun lampo e la frequenza dei lampeggiamenti
di un segnale luminoso andranno calcolate in modo:
- da garantire una buona percezione del messaggio, e
- da evitare confusioni sia con differenti segnali luminosi
che con un segnale luminoso continuo.
2.2. Se al posto o ad integrazione di un segnale acustico
si utilizza un segnale luminoso intermittente, il codice del segnale dovrà
essere identico.
2.3. Un dispositivo destinato ad emettere un segnale
luminoso utilizzabile in caso di pericolo grave andrà munito di comandi speciali
o di lampada ausiliaria.
Allegato XXX - Prescrizioni per
i segnali acustici
1. Proprietà intrinseche.
1.1. Un segnale acustico deve:
a) avere un livello sonoro nettamente superiore al rumore
di fondo, in modo da essere udibile, senza tuttavia essere eccessivo o doloroso;
b) essere facilmente riconoscibile in rapporto particolarmente
alla durata degli impulsi ed alla separazione fra impulsi e serie di impulsi,
e distinguersi nettamente, da una parte, da un altro segnale acustico e, dall'altra,
dai rumori di fondo.
1.2. Nei casi in cui un dispositivo può emettere un
segnale acustico con frequenza costante e variabile, la frequenza variabile
andrà impiegata per segnalare, in rapporto alla frequenza costante, un livello
più elevato di pericolo o una maggiore urgenza dell'intervento o dell'azione
sollecitata o prescritta.
2. Codice da usarsi.
Il suono di un segnale di sgombero deve essere continuo.
Allegato XXXI - Prescrizioni per
la comunicazione verbale
1. Proprietà intrinseche.
1.1. La comunicazione verbale s'instaura fra un parlante
o un emettitore e uno o più ascoltatori, in forma di testi brevi, di frasi,
di gruppi di parole o di parole isolate, eventualmente in codice.
1.2. I messaggi verbali devono essere il più possibile
brevi, semplici e chiari; la capacità verbale del parlante e le facoltà uditive
di chi ascolta devono essere sufficienti per garantire una comunicazione verbale
sicura.
1.3. La comunicazione verbale può essere diretta (impiego
della voce umana) o indiretta (voce umana o sintesi vocale diffusa da un mezzo
appropriato).
2. Regole particolari d'impiego.
2.1. Le persone interessate devono conoscere bene il
linguaggio utilizzato per essere in grado di pronunciare e comprendere correttamente
il messaggio verbale e adottare, in funzione di esso, un comportamento adeguato
nel campo della sicurezza e della salute.
2.2. Se la comunicazione verbale è impiegata in sostituzione
o ad integrazione dei segnali gestuali, si dovrà far uso di parole chiave,
come:
via: per indicare che si è assunta la direzione dell'operazione;
alt: per interrompere o terminare un movimento;
ferma: per arrestare le operazioni;
solleva: per far salire un carico;
abbassa: per far scendere un carico;
avanti, indietro, a destra, a sinistra (se necessario,
questi ordini andranno coordinati coi codici gestuali corrispondenti);
attenzione: per ordinare un alt o un arresto d'urgenza;
presto: per accelerare un movimento per motivi di sicurezza.
Allegato XXXII - Prescrizioni
per i segnali gestuali
1. Proprietà.
Un segnale gestuale deve essere preciso, semplice, ampio,
facile da eseguire e da comprendere e nettamente distinto da un altro segnale
gestuale.
L'impiego contemporaneo delle due braccia deve farsi
in modo simmetrico e per un singolo segnale gestuale.
I gesti impiegati, nel rispetto delle caratteristiche
sopra indicate, potranno variare leggermente o essere più particolareggiati
rispetto alle figurazioni riportate al punto 3, purché il significato e la
comprensione siano per lo meno equivalenti.
2. Regole particolari d'impiego
2.1. La persona che emette i segnali, detta "segnalatore" impartisce,
per mezzo di segnali gestuali, le istruzioni di manovra al destinatario dei
segnali, detto "operatore".
2.2. Il segnalatore deve essere in condizioni di seguire
con gli occhi la totalità delle manovre, senza essere esposto a rischi a causa
di esse.
2.3. Il segnalatore deve rivolgere la propria attenzione
esclusivamente al comando delle manovre e alla sicurezza dei lavoratori che
si trovano nelle vicinanze.
2.4 Se non sono soddisfatte le condizioni di cui al
punto 2.2, occorrerà prevedere uno o più segnalatori ausiliari.
2.5. Quando l'operatore non può eseguire con le dovute
garanzie di sicurezza gli ordini ricevuti, deve sospendere la manovra in corso
e chiedere nuove istruzioni.
2.6. Accessori della segnalazione gestuale.
Il segnalatore deve essere individuato agevolmente dall'operatore.
Il segnalatore deve indossare o impugnare uno o più
elementi di riconoscimento adatti, come giubbotto, casco, manicotti, bracciali,
palette.
Gli elementi di riconoscimento sono di colore vivo,
preferibilmente unico, e riservato esclusivamente al segnalatore.
3. Gesti convenzionali da utilizzare.
Premessa:
La serie dei gesti convenzionali che si riporta di seguito
non pregiudica la possibilità di impiego di altri sistemi di codici applicabili
a livello comunitario, in particolare in certi settori nei quali si usino
le stesse manovre.
Significato |
Descrizione |
Figura |
&NBSP; |
A. Gesti generali |
&NBSP; |
INIZIO |
Le due braccia sono aperte in senso orizzontale, le palme delle mani rivolte in avanti |
|
ALT |
Il braccio destro è teso verso l'alto, con la palma della mano destra rivolta in avanti |
|
FINE delle operazioni |
Le due mani sono giunte all'altezza del petto |
|
|
B. Movimenti verticali |
|
SOLLEVARE |
Il braccio destro, teso verso l'alto, con la palma della mano destra rivolta in avanti, descrive lentamente un cerchio |
|
ABBASSARE |
Il braccio destro, teso verso il basso, con la palma della mano destra rivolta verso il corpo, descrive lentamente un cerchio |
|
DISTANZA VERTICALE |
Le mani indicano la distanza |
|
|
C. Movimenti orizzontali |
|
AVANZARE |
Entrambe le braccia sono ripiegate, le palme delle mani rivolte all'indietro; gli avambracci compiono movimenti lenti in direzione del corpo |
|
RETROCEDERE |
Entrambe le braccia piegate, le palme delle mani rivolte in avanti; gli avambracci compiono movimenti lenti che s'allontanano dal corpo |
|
A
DESTRA |
Il braccio destro, teso più o meno lungo l'orizzontale, con la palma della mano destra rivolta verso il basso, compie piccoli movimenti lenti nella direzione |
|
A
SINISTRA |
Il braccio sinistro, teso più o meno in orizzontale, con la palma della mano sinistra rivolta verso il basso, compie piccoli movimenti lenti nella direzione |
|
DISTANZA ORIZZONTALE |
Le mani indicano la distanza |
|
|
D. Pericolo |
|
PERICOLO |
Entrambe le braccia tese verso l'alto; le palme delle mani rivolte in avanti |
|
MOVIMENTO RAPIDO |
I gesti convenzionali utilizzati per indicare i movimenti sono effettuati con maggiore rapidità |
|
MOVIMENTO LENTO |
I gesti convenzionali utilizzati per indicare i movimenti sono effettuati molto lentamente |
|
Allegato XXXIII
La prevenzione del rischio di patologie da sovraccarico
biomeccanico, in particolare dorso-lombari, connesse alle attività lavorative
di movimentazione manuale dei carichi dovrà considerare, in modo integrato,
il complesso degli elementi di riferimento e dei fattori individuali di rischio
riportati nel presente allegato.
ELEMENTI DI RIFERIMENTO
1. Caratteristiche del carico.
La movimentazione manuale di un carico può costituire
un rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari
nei seguenti casi:
- il carico è troppo pesante;
- è ingombrante o difficile da afferrare;
- è in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia
di spostarsi;
- è collocato in una posizione tale per cui deve essere
tenuto o maneggiato a una certa distanza dal tronco o con una torsione o inclinazione
del tronco;
- può, a motivo della struttura esterna e/o della consistenza,
comportare lesioni per il lavoratore, in particolare in caso di urto.
2. Sforzo fisico richiesto.
Lo sforzo fisico può presentare rischi di patologie
da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari nei seguenti casi:
- è eccessivo;
- può essere effettuato soltanto con un movimento di
torsione del tronco;
- può comportare un movimento brusco del carico;
- è compiuto col corpo in posizione instabile.
3. Caratteristiche dell'ambiente di lavoro.
Le caratteristiche dell'ambiente di lavoro possono aumentare
le possibilità di rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare
dorso-lombari nei seguenti casi:
- lo spazio libero, in particolare verticale, è insufficiente
per lo svolgimento dell'attività richiesta;
- il pavimento è ineguale, quindi presenta rischi di
inciampo o è scivoloso
- il posto o l'ambiente di lavoro non consentono al
lavoratore la movimentazione manuale di carichi a un'altezza di sicurezza
o in buona posizione;
- il pavimento o il piano di lavoro presenta dislivelli
che implicano la manipolazione del carico a livelli diversi;
- il pavimento o il punto di appoggio sono instabili;
- la temperatura, l'umidità o la ventilazione sono inadeguate.
4. Esigenze connesse all'attività.
L'attività può comportare un rischio di patologie da
sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari se comporta una o
più delle seguenti esigenze:
- sforzi fisici che sollecitano in particolare la colonna
vertebrale, troppo frequenti o troppo prolungati;
- pause e periodi di recupero fisiologico insufficienti;
- distanze troppo grandi di sollevamento, di abbassamento
o di trasporto;
- un ritmo imposto da un processo che non può essere
modulato dal lavoratore.
FATTORI INDIVIDUALI DI RISCHIO
Fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente
in tema di tutela e sostegno della maternità e di protezione dei giovani sul
lavoro, il lavoratore può correre un rischio nei seguenti casi:
- inidoneità fisica a svolgere il compito in questione
tenuto altresì conto delle differenze di genere e di età;
- indumenti, calzature o altri effetti personali inadeguati
portati dal lavoratore;
- insufficienza o inadeguatezza delle conoscenze o della
formazione o dell’addestramento
RIFERIMENTI A NORME TECNICHE
Le norme tecniche della serie ISO 11228 (parti 1-2-3)
relative alle attività di movimentazione manuale (sollevamento, trasporto,
traino, spinta, movimentazione di carichi leggeri ad alta frequenza) sono
da considerarsi tra quelle previste all’articolo 152, comma 3.
Allegato XXXIV - Requisiti minimi
Osservazione preliminare .
Gli obblighi previsti dal presente allegato si applicano
al fine di realizzare gli obiettivi del titolo VII.
I requisiti minimi previsti dal presente allegato si
applicano anche alle attività di cui all’articolo 3, comma 7.
1. Attrezzature
a) Osservazione generale. L'utilizzazione in sé dell'attrezzatura
non deve essere fonte di rischio per i lavoratori.
b) Schermo.
La risoluzione dello schermo deve essere tale da garantire
una buona definizione, una forma chiara, una grandezza sufficiente dei caratteri
e, inoltre, uno spazio adeguato tra essi.
L'immagine sullo schermo deve essere stabile; esente
da farfallamento, tremolio o da altre forme di instabilità.
La brillanza e/o il contrasto di luminanza tra i caratteri
e lo sfondo dello schermo devono essere facilmente regolabili da parte dell'utilizzatore
del videoterminale e facilmente adattabili alle condizioni ambientali.
Lo schermo deve essere orientabile ed inclinabile liberamente
per adeguarsi facilmente alle esigenze dell'utilizzatore.
È possibile utilizzare un sostegno separato per lo schermo
o un piano regolabile.
Sullo schermo non devono essere presenti riflessi e
riverberi che possano causare disturbi all'utilizzatore durante lo svolgimento
della propria attività.
Lo schermo deve essere posizionato di fronte all’operatore
in maniera che, anche agendo su eventuali meccanismi di regolazione, lo spigolo
superiore dello schermo sia posto un pò più in basso dell’orizzontale che
passa per gli occhi dell’operatore e ad una distanza degli occhi pari a circa
50-70 cm, per i posti di lavoro in cui va assunta preferenzialmente la posizione
seduta
c) Tastiera e dispositivi di puntamento.
La tastiera deve essere separata dallo schermo e facilmente
regolabile e dotata di meccanismo di variazione della pendenza onde consentire
al lavoratore di assumere una posizione confortevole e tale da non provocare
l'affaticamento delle braccia e delle mani.
Lo spazio sul piano di lavoro deve consentire un appoggio
degli avambracci davanti alla tastiera nel corso della digitazione, tenendo
conto delle caratteristiche antropometriche dell’operatore.
La tastiera deve avere una superficie opaca onde evitare
i riflessi.
La disposizione della tastiera e le caratteristiche
dei tasti devono agevolarne l'uso. I simboli dei tasti devono presentare sufficiente
contrasto ed essere leggibili dalla normale posizione di lavoro. Il mouse
o qualsiasi dispositivo di puntamento in dotazione alla postazione di lavoro
deve essere posto sullo stesso piano della tastiera, in posizione facilmente
raggiungibile e disporre di uno spazio adeguato per il suo uso.
d) Piano di lavoro.
Il piano di lavoro deve avere una superficie a basso
indice di riflessione, essere stabile, di dimensioni sufficienti a permettere
una disposizione flessibile dello schermo, della tastiera, dei documenti e
del materiale accessorio.
L’altezza del piano di lavoro fissa o regolabile deve
essere indicativamente compresa fra 70 e 80 cm. Lo spazio a disposizione deve
permettere l’alloggiamento e il movimento degli arti inferiori, nonché l’ingresso
del sedile e dei braccioli se presenti.
La profondità del piano di lavoro deve essere tale da
assicurare una adeguata distanza visiva dallo schermo.
Il supporto per i documenti deve essere stabile e regolabile
e deve essere collocato in modo tale da ridurre al minimo i movimenti della
testa e degli occhi.
e) Sedile di lavoro.
Il sedile di lavoro deve essere stabile e permettere
all'utilizzatore libertà nei movimenti, nonché una posizione comoda. Il sedile
deve avere altezza regolabile in maniera indipendente dallo schienale e dimensioni
della seduta adeguate alle caratteristiche antropometriche dell’utilizzatore.
Lo schienale deve fornire un adeguato supporto alla
regione dorso-lombare dell’utente. Pertanto deve essere adeguato alle caratteristiche
antropometriche dell’utilizzatore e deve avere altezza e inclinazione regolabile.
Nell’ambito di tali regolazioni l’utilizzatore dovrà poter fissare lo schienale
nella posizione selezionata.
Lo schienale e la seduta devono avere bordi smussati.
I materiali devono presentare un livello di permeabilità tali da non compromettere
il comfort dell’utente e pulibili.
Il sedile deve essere dotato di un meccanismo girevole
per facilitare i cambi di posizione e deve poter essere spostato agevolmente
secondo le necessità dell’utilizzatore.
Un poggiapiedi sarà messo a disposizione di coloro che
lo desiderino per far assumere una postura adeguata agli arti inferiori. Il
poggiapiedi non deve spostarsi involontariamente durante il suo uso.
f) Computer portatili
L’impiego prolungato dei computer portatili necessita
della fornitura di una tastiera e di un mouse o altro dispositivo di puntamento
esterni nonchè di un idoneo supporto che consenta il corretto posizionamento
dello schermo.
2. Ambiente
a) Spazio
Il posto di lavoro deve essere ben dimensionato e allestito
in modo che vi sia spazio sufficiente per permettere cambiamenti di posizione
e movimenti operativi.
b) Illuminazione
L'illuminazione generale e specifica (lampade da tavolo)
deve garantire un illuminamento sufficiente e un contrasto appropriato tra
lo schermo e l'ambiente circostante, tenuto conto delle caratteristiche del
lavoro e delle esigenze visive dell'utilizzatore.
Riflessi sullo schermo, eccessivi contrasti di luminanza
e abbagliamenti dell’operatore devono essere evitati disponendo la postazione
di lavoro in funzione dell'ubicazione delle fonti di luce naturale e artificiale.
Si dovrà tener conto dell’esistenza di finestre, pareti
trasparenti o traslucide, pareti e attrezzature di colore chiaro che possono
determinare fenomeni di abbagliamento diretto e/o indiretto e/o riflessi sullo
schermo.
Le finestre devono essere munite di un opportuno dispositivo
di copertura regolabile per attenuare la luce diurna che illumina il posto
di lavoro.
d) Rumore
Il rumore emesso dalle attrezzature presenti nel posto
di lavoro non deve perturbare l'attenzione e la comunicazione verbale.
f) Radiazioni
Tutte le radiazioni, eccezion fatta per la parte visibile
dello spettro elettromagnetico, devono essere ridotte a livelli trascurabili
dal punto di vista della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori
e) Parametri microclimatici
Le condizioni microclimatiche non devono essere causa
di discomfort per i lavoratori.
Le attrezzature in dotazione al posto di lavoro non
devono produrre un eccesso di calore che possa essere fonte di discomfort
per i lavoratori.
3. Interfaccia elaboratore/uomo
All'atto dell'elaborazione, della scelta, dell'acquisto
del software, o allorchè questo venga modificato, come anche nel definire
le mansioni che implicano l'utilizzazione di unità videoterminali, il datore
di lavoro terrà conto dei seguenti fattori:
a) il software deve essere adeguato alla mansione da
svolgere;
b) il software deve essere di facile uso adeguato al
livello di conoscenza e di esperienza dell'utilizzatore. Inoltre nessun dispositivo
di controllo quantitativo o qualitativo può essere utilizzato all'insaputa
dei lavoratori;
c) il software deve essere strutturato in modo tale
da fornire ai lavoratori indicazioni comprensibili sul corretto svolgimento
dell’attività;
d) i sistemi devono fornire l’informazione di un formato
e ad un ritmo adeguato agli operatori;
e) i principi dell’ergonomia devono essere applicati
in particolare all’elaborazione dell’informazione da parte dell’uomo.
Allegato XXXV
A. Vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio.
1. Valutazione dell'esposizione.
La valutazione del livello di esposizione alle vibrazioni
trasmesse al sistema mano-braccio si basa principalmente sul calcolo del valore
dell'esposizione giornaliera normalizzato a un periodo di riferimento di 8
ore, A (8), calcolato come radice quadrata della somma dei quadrati (valore
totale) dei valori quadratici medi delle accelerazioni ponderate in frequenza,
determinati sui tre assi ortogonali (ahwx, ahwy, ahwz) conformemente alla
norma UNI EN ISO 5349-1 (2004) che viene qui adottata in toto.
La valutazione del livello di esposizione può essere
effettuata sulla base di una stima fondata sulle informazioni relative al
livello di emissione delle attrezzature di lavoro utilizzate, fornite dai
fabbricanti, e sull'osservazione delle specifiche pratiche di lavoro, oppure
attraverso una misurazione. Come elementi di riferimento possono essere utilizzate
anche le banche dati dell'ISPESL e delle regioni contenenti i livelli di esposizione
professionale alle vibrazioni. Le linee guida per la valutazione delle vibrazioni
dell’ISPESL e delle regioni hanno valore di norma i buona tecnica.
2. Misurazione.
Qualora si proceda alla misurazione:
a) i metodi utilizzati possono includere la campionatura,
purché sia rappresentativa dell'esposizione di un lavoratore alle vibrazioni
meccaniche considerate; i metodi e le apparecchiature utilizzati devono essere
adattati alle particolari caratteristiche delle vibrazioni meccaniche da misurare,
ai fattori ambientali e alle caratteristiche dell'apparecchio di misurazione,
conformemente alla norma ISO 5349-2 (2001);
b) nel caso di attrezzature che devono essere tenute
con entrambe le mani, la misurazione e' eseguita su ogni mano. L'esposizione
e' determinata facendo riferimento al più alto dei due valori; deve essere
inoltre fornita l'informazione relativa all'altra mano.
3. Interferenze.
Le disposizioni dell'articolo 202, comma 5, lettera
d), si applicano in particolare nei casi in cui le vibrazioni meccaniche ostacolano
il corretto uso manuale dei comandi o la lettura degli indicatori.
4. Rischi indiretti.
Le disposizioni dell'articolo 202, comma 5, lettera
d), si applicano in particolare nei casi in cui le vibrazioni meccaniche incidono
sulla stabilità delle strutture o sulla buona tenuta delle giunzioni.
5. Attrezzature di protezione individuale.
Attrezzature di protezione individuale contro le vibrazioni
trasmesse al sistema mano-braccio possono contribuire al programma di misure
di cui all'articolo 203, comma 1.
B. Vibrazioni trasmesse al corpo intero.
1. Valutazione dell'esposizione.
La valutazione del livello di esposizione alle vibrazioni
si basa sul calcolo dell'esposizione giornaliera A (8) espressa come l'accelerazione
continua equivalente su 8 ore, calcolata come il più alto dei valori quadratici
medi delle accelerazioni ponderate in frequenza, determinati sui tre assi
ortogonali (1,4·awx, 1,4·awy, 1·awz, per un lavoratore seduto o in piedi),
conformemente alla norma ISO 2631-1 (1997) che viene qui adottata in toto.
La valutazione del livello di esposizione può essere
effettuata sulla base di una stima fondata sulle informazioni relative al
livello di emissione delle attrezzature di lavoro utilizzate, fornite dai
fabbricanti, e sull'osservazione delle specifiche pratiche di lavoro, oppure
attraverso una misurazione. Come elementi di riferimento possono essere utilizzate
anche le banche dati dell'ISPESL e delle regioni contenenti i livelli di esposizione
professionale alle vibrazioni.
Le linee guida per la valutazione delle vibrazioni dell’ISPESL
e delle regioni hanno valore di norma i buona tecnica.
Per quanto riguarda la navigazione marittima, si prendono
in considerazione, ai fini della valutazione degli effetti cronici sulla salute,
solo le vibrazioni di frequenza superiore a 1 Hz.
2. Misurazione.
Qualora si proceda alla misurazione, i metodi utilizzati
possono includere la campionatura, purché sia rappresentativa dell'esposizione
di un lavoratore alle vibrazioni meccaniche considerate. I metodi utilizzati
devono essere adeguati alle particolari caratteristiche delle vibrazioni meccaniche
da misurare, ai fattori ambientali e alle caratteristiche dell'apparecchio
di misurazione. I metodi rispondenti a norme di buona tecnica si considerano
adeguati a quanto richiesto dal presente punto.
3. Interferenze.
Le disposizioni dell'articolo 202, comma 5, lettera
d), si applicano in particolare nei casi in cui le vibrazioni meccaniche ostacolano
il corretto uso manuale dei comandi o la lettura degli indicatori.
4. Rischi indiretti.
Le disposizioni dell'articolo 202, comma 5, lettera
d), si applicano in particolare nei casi in cui le vibrazioni meccaniche incidono
sulla stabilità delle strutture o sulla buona tenuta delle giunzioni.
5. Prolungamento dell'esposizione.
Le disposizioni dell'articolo 202, comma 5, lettera
g), si applicano in particolare nei casi in cui, data la natura dell'attività'
svolta, un lavoratore utilizza locali di riposo e ricreazione messi a disposizione
dal datore di lavoro; tranne nei casi di forza maggiore, l'esposizione del
corpo intero alle vibrazioni in tali locali deve essere ridotto a un livello
compatibile con le funzioni e condizioni di utilizzazione di tali locali.
Allegato XXXVI - Valori limite
di esposizione e valori di azione per i campi elettromagnetici
Le seguenti grandezze fisiche sono utilizzate per descrivere
l'esposizione ai campi elettromagnetici:
Corrente di contatto (IC). La corrente che
fluisce al contatto tra un individuo ed un oggetto conduttore caricato dal
campo elettromagnetico. La corrente di contatto è espressa in Ampere (A).
Corrente indotta attraverso gli arti (IL).
La corrente indotta attraverso qualsiasi arto, a frequenze comprese tra 10
e 110 MHz, espressa in Ampere (A).
Densità di corrente (J). È definita come la corrente
che passa attraverso una sezione unitaria perpendicolare alla sua direzione
in un volume conduttore quale il corpo umano o una sua parte. È espressa in
Ampere per metro quadro (A/m2).
Intensità di campo elettrico. È una grandezza vettoriale
(E) che corrisponde alla forza esercitata su una particella carica indipendentemente
dal suo movimento nello spazio. È espressa in Volt per metro (V/m).
Intensità di campo magnetico. È una grandezza vettoriale
(H) che, assieme all'induzione magnetica, specifica un campo magnetico in
qualunque punto dello spazio. È espressa in Ampere per metro (A/m).
Induzione magnetica. È una grandezza vettoriale (B)
che determina una forza agente sulle cariche in movimento. È espressa in Tesla
(T). Nello spazio libero e nei materiali biologici l'induzione magnetica e
l'intensità del campo magnetico sono legate dall'equazione 1 A m-1
= 4..... 10-7 T.
Densità di potenza (S). Questa grandezza si impiega
nel caso delle frequenze molto alte per le quali la profondità di penetrazione
nel corpo è modesta. Si tratta della potenza radiante incidente perpendicolarmente
a una superficie, divisa per l'area della superficie in questione ed è espressa
in Watt per metro quadro (W/m2).
Assorbimento specifico di energia (SA). Si definisce
come l'energia assorbita per unità di massa di tessuto biologico e si esprime
in Joule per chilogrammo (J/kg). Nella presente direttiva esso si impiega
per limitare gli effetti non termici derivanti da esposizioni a microonde
pulsate.
Tasso di assorbimento specifico di energia (SAR). Si
tratta del valore mediato su tutto il corpo o su alcune parti di esso, del
tasso di assorbimento di energia per unità di massa di tessuto corporeo ed
è espresso in Watt per chilogrammo (W/kg). Il SAR a corpo intero è una misura
ampiamente accettata per porre in rapporto gli effetti termici nocivi dell'esposizione
a radiofrequenze (RF). Oltre al valore del SAR mediato su tutto il corpo,
sono necessari anche valori locali del SAR per valutare e limitare la deposizione
eccessiva di energia in parti piccole del corpo conseguenti a particolari
condizioni di esposizione, quali ad esempio il caso di un individuo in contatto
con la terra, esposto a RF dell'ordine di pochi MHz e di individui esposti
nel campo vicino di un'antenna.
Tra le grandezze sopra citate, possono essere misurate
direttamente l'induzione magnetica, la corrente indotta attraverso gli arti
e la corrente di contatto, le intensità di campo elettrico e magnetico, e
la densità di potenza.
A. VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE
Per specificare i valori limite di esposizione relativi
ai campi elettromagnetici, a seconda della frequenza, sono utilizzate le seguenti
grandezze fisiche:
• sono definiti valori limite di esposizione per la
densità di corrente relativamente ai campi variabili nel tempo fino a1 Hz,
al fine di prevenire effetti sul sistema cardiovascolare e sul sistema nervoso
centrale;
• fra1 Hz e 10 MHz sono definiti valori limite di esposizione
per la densità di corrente, in modo da prevenire effetti sulle funzioni del
sistema nervoso;
• fra100 kHz e10 GHz sono definiti valori limite di
esposizione per il SAR, in modo da prevenire stress termico sul corpo intero
ed eccessivo riscaldamento localizzato dei tessuti. Nell'intervallo di frequenza
compreso fra100 kHz e10 MHz, i valori limite di esposizione previsti si riferiscono
sia alla densità di corrente che al SAR;
• fra10 GHz e 300 GHz sono definiti valori limite di
esposizione per la densità di potenza al fine di prevenire l'eccessivo riscaldamento
dei tessuti della superficie del corpo o in prossimità della stessa.
TABELLA 1
Valori limite di esposizione ( articolo 188, comma 1).
Tutte le condizioni devono essere rispettate.
Intervallo di frequenza |
Densità
di corrente per corpo e tronco |
SAR Mediato sul corpo intero (W/kg) |
SAR
localizzato (capo e tronco) |
SAR
localizzato (arti) |
Densità di potenza (W/m2) |
Fino a 1 Hz |
40 |
/ |
/ |
/ |
/ |
1-4 Hz |
40/f |
/ |
/ |
/ |
/ |
4-1000 Hz |
10 |
/ |
/ |
/ |
/ |
1000 Hz – 100 kHz |
f/100 |
/ |
/ |
/ |
/ |
100 kHz – 10 Mhz |
f/100 |
0,4 |
10 |
20 |
/ |
10 MHz – 10 GHz |
/ |
0,4 |
10 |
20 |
/ |
10-300 GHz |
/ |
/ |
/ |
/ |
50 |
Note:
1. f è la frequenza in Hertz.
2. I valori limite di esposizione per la densità di
corrente si prefiggono di proteggere dagli effetti acuti, risultanti dall'esposizione,
sui tessuti del sistema nervoso centrale nella testa e nel torace. I valori
limite di esposizione nell'intervallo di frequenza compreso fra 1 Hz e 10
MHz sono basati sugli effetti nocivi accertati sul sistema nervoso centrale.
Tali effetti acuti sono essenzialmente istantanei e non v'è alcuna giustificazione
scientifica per modificare i valori limite di esposizione nel caso di esposizioni
di breve durata. Tuttavia, poiché i valori limite di esposizione si riferiscono
agli effetti nocivi sul sistema nervoso centrale, essi possono permettere
densità di corrente più elevate in tessuti corporei diversi dal sistema nervoso
centrale a parità di condizioni di esposizione.
3. Data la non omogeneità elettrica del corpo, le densità
di corrente dovrebbero essere calcolate come medie su una sezione di 1 cm2
perpendicolare alla direzione della corrente.
4. Per le frequenze fino a 100 kHz, i valori di picco
della densità di corrente possono essere ottenuti moltiplicando il valore
efficace rms per (2)1/2.
5. Per le frequenze fino a 100 kHz e per i campi magnetici
pulsati, la massima densità di corrente associata agli impulsi può essere
calcolata in base ai tempi di salita/discesa e al tasso massimo di variazione
dell'induzione magnetica. La densità di corrente indotta può essere confrontata
con il corrispondente valore limite di esposizione. Per gli impulsi di durata
tp la frequenza equivalente per l'applicazione dei limiti di esposizione va
calcolata come f = 1/(2tp).
6. Tutti i valori di SAR devono essere ottenuti come
media su un qualsiasi periodo di 6 minuti.
7. La massa adottata per mediare il SAR localizzato
è pari a ogni 10g di tessuto contiguo. Il SAR massimo ottenuto in tal modo
costituisce il valore impiegato per la stima dell'esposizione. Si intende
che i suddetti 10 g di tessuto devono essere una massa di tessuto contiguo
con proprietà elettriche quasi omogenee. Nello specificare una massa contigua
di tessuto, si riconosce che tale concetto può essere utilizzato nella dosimetria
numerica ma che può presentare difficoltà per le misurazioni fisiche dirette.
Può essere utilizzata una geometria semplice quale una massa cubica di tessuto,
purché le grandezze dosimetriche calcolate assumano valori conservativi rispetto
alle linee guida in materia di esposizione.
8. Per esposizioni pulsate nella gamma di frequenza
compresa fra 0,3 e 10 GHz e per esposizioni localizzate del capo, allo scopo
di limitare ed evitare effetti uditivi causati da espansione termoelastica,
si raccomanda un ulteriore valore limite di esposizione. Tale limite è rappresentato
dall'assorbimento specifico (SA) che non dovrebbe superare 10 mJ/kg calcolato
come media su 10 g di tessuto.
9. Le densità di potenza sono ottenute come media su
una qualsiasi superficie esposta di 20 cm2 e su un qualsiasi periodo di 68/f1,05
minuti (f in GHz) per compensare la graduale diminuzione della profondità
di penetrazione con l'aumento della frequenza. Le massime densità di potenza
nello spazio, mediate su una superficie di 1 cm2, non dovrebbero superare
20 volte il valore di 50 W/m2.
10. Per quanto riguarda i campi elettromagnetici pulsati
o transitori o in generale per quanto riguarda l'esposizione simultanea a
campi di frequenza diversa, è necessario adottare metodi appropriati di valutazione,
misurazione e/o calcolo in grado di analizzare le caratteristiche delle forme
d'onda e la natura delle interazioni biologiche, tenendo conto delle norme
armonizzate europee elaborate dal CENELEC.
B. VALORI DI AZIONE
I valori di azione di cui alla tabella 2 sono ottenuti
a partire dai valori limite di esposizione secondo le basi razionali utilizzate
dalla Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti
(ICNIRP) nelle sue linee guida sulla limitazione dell'esposizione alle radiazioni
non ionizzanti (ICNIRP 7/99).
TABELLA 2
Valori di azione ( art. 188, comma 2)
[valori efficaci (rms) imperturbati]
Intervallo di frequenza |
Intensità di campo elettrico E (V/m) |
Intensità di campo magnetico h (A/m) |
Induzione magnetica B (uT) |
Densità di potenza di onda piana Seq (W/m2) |
Corrente di contatto, Ic |
Corrente indotta attraverso gli arti IL (mA) |
0-1 Hz |
/ |
1,63x105 |
2x105 |
/ |
1,0 |
/ |
1-8Hz |
20000 |
1,63x |
2x105 / f2 |
/ |
1,0 |
/ |
8-25Hz |
20000 |
2x104/f |
2,5x104/f |
/ |
1,0 |
/ |
0,025-0,82 kHz |
500/f |
20/f |
25/f |
/ |
1,0 |
/ |
0,82-2,5 kHz |
610 |
24,4 |
30,7 |
/ |
1,0 |
/ |
2,5-65 kHz |
610 |
24,4 |
30,7 |
/ |
0,4f |
/ |
65-100 kHz |
610 |
1600/f |
2000/f |
/ |
0,4f |
/ |
0,1-1 MHz |
610 |
1,6/f |
2/f |
/ |
40 |
/ |
1-10 MHz |
610/f |
1,6/f |
2/f |
/ |
40 |
/ |
10-100 MHz |
61 |
0,16 |
0,2 |
10 |
40 |
100 |
110-400 MHz |
61 |
0,16 |
0,2 |
10 |
/ |
/ |
400-2000 MHz |
3f1/2 |
0,008f1/2 |
0,01f1/2 |
f/40 |
/ |
/ |
2-300GHz |
137 |
0,36 |
0,45 |
50 |
/ |
/ |
Note :
1. f è la frequenza espressa nelle unità indicate nella
colonna relativa all'intervallo di frequenza.
2. Per le frequenze comprese fra 100 kHz e 10 GHz, Seq
, E2, H2, B2 e IL devono essere calcolati
come medie su un qualsiasi periodo di 6 minuti.
3. Per le frequenze che superano 10 GHz, Seq
, E2, H2 e B2 devono essere calcolati come
medie su un qualsiasi periodo di 68/f1,05 minuti (f in GHz).
4. Per le frequenze fino a 100 kHz, i valori di azione
di picco per le intensità di campo possono essere ottenuti moltiplicando il
valore efficace rms per (2)1/2. Per gli impulsi di durata tp la
frequenza equivalente da applicare per i valori di azione va calcolata come
f = 1/(2tp). Per le frequenze comprese tra 100 kHz e 10 MHz, i
valori di azione di picco per le intensità di campo sono calcolati moltiplicando
i pertinenti valori efficaci (rms) per 10a, dove a = (0,665 log
(f/10) + 0,176), f in Hz.
Per le frequenze comprese tra 10 MHz e 300 GHz, i valori
di azione di picco sono calcolati moltiplicando i valori efficaci (rms) corrispondenti
per 32 nel caso delle intensità di campo e per 1000 nel caso della densità
di potenza di onda piana equivalente.
5. Per quanto riguarda i campi elettromagnetici pulsati
o transitori o in generale l'esposizione simultanea a campi di frequenza diversa,
è necessario adottare metodi appropriati di valutazione, misurazione e/o calcolo
in grado di analizzare le caratteristiche delle forme d'onda e la natura delle
interazioni biologiche, tenendo conto delle norme armonizzate europee elaborate
dal CENELEC.
6. Per i valori di picco di campi elettromagnetici pulsati
modulati si propone inoltre che, per le frequenze portanti che superano 10
MHz, Seq valutato come media sulla durata dell'impulso non superi
di 1000 volte i valori di azione per Seq, o che l'intensità di
campo non superi di 32 volte i valori di azione dell'intensità di campo alla
frequenza portante.
Allegato XXXVII - Radiazioni
ottiche
Radiazioni ottiche
I valori limite di esposizione alle radiazioni ottiche,
pertinenti dal punto di vista biofisico, possono essere determinati con le
formule seguenti. Le formule da usare dipendono dal tipo della radiazione
emessa dalla sorgente e i risultati devono essere comparati con i corrispondenti
valori limite di esposizione indicati nella tabella 1.1. Per una determinata
sorgente di radiazioni ottiche possono essere pertinenti più valori di esposizione
e corrispondenti limiti di esposizione.
Ai fini della direttiva, le formule di cui sopra possono
essere sostituite dalle seguenti espressioni e dall'utilizzo dei valori discreti
che figurano nelle tabelle successive:
n.b. le disposizioni di cui al Titolo VIII Capo V riguardanti
la protezione dei lavoratori a radiazioni ottiche entrano in vigore il 26
aprile 2010.
Allegato XXXVIII - Valori limite
di esposizione professionale
EINECS 1) |
CAS 2) |
NOME AGENTE |
VALORI LIMITE |
NOTAZIONE 3) |
|||
8 ore 4) |
Breve termine 5) |
||||||
mg/m3 6) |
ppm 7) |
mg/m3 6) |
ppm 7) |
||||
200-467-2 |
60-29-7 |
Dietiletere |
308 |
100 |
616 |
200 |
- |
200-662-6 |
67-64-1 |
Acetone |
1210 |
500 |
- |
- |
- |
200-663-8 |
67-66-3 |
Cloroformio |
10 |
2 |
- |
- |
Pelle |
200-756-3 |
71-55-6 |
Tricloroetano, 1,1,1 |
555 |
100 |
1110 |
200 |
- |
200-834-7 |
75-04-7 |
Etilammina |
9,4 |
5 |
- |
- |
- |
200-863-5 |
75-34-3 |
Dicloroetano, 1,1 |
412 |
100 |
- |
- |
Pelle |
200-870-3 |
75-44-5 |
Fosgene |
0,08 |
0,02 |
0,4 |
0,1 |
- |
200-871-9 |
75-45-6 |
Clorodifluorometano |
3600 |
1000 |
- |
- |
- |
201-159-0 |
78-93-3 |
Butanone |
600 |
200 |
900 |
300 |
- |
201-176-3 |
79-09-4 |
Acido propionico |
31 |
10 |
62 |
20 |
- |
202-422-2 |
95-47-6 |
o-Xilene |
221 |
50 |
442 |
100 |
Pelle |
202-425-9 |
95-50-1 |
Diclorobenzene 1,2 |
122 |
20 |
306 |
50 |
Pelle |
202-436-9 |
95-63-6 |
1,2,4-Trimetilbenzene |
100 |
20 |
- |
- |
- |
202-704-5 |
98-82-8 |
Cumene |
100 |
20 |
250 |
50 |
Pelle |
202-705-0 |
98-83-9 |
Fenilpropene 2 |
246 |
50 |
492 |
100 |
- |
202-849-4 |
100-41-4 |
Etilbenzene |
442 |
100 |
884 |
200 |
Pelle |
203-313-2 |
105-60-2 |
Caprolattame (polveri evapori) 8) |
10 |
- |
40 |
- |
- |
203-388-1 |
106-35-4 |
Eptan-3-one |
95 |
20 |
- |
- |
- |
203-396-5 |
106-42-3 |
p-Xilene |
221 |
50 |
442 |
100 |
Pelle |
203-400-5 |
106-46-7 |
Diclorobenzene 1,4 |
122 |
20 |
306 |
50 |
- |
203-470-7 |
107-18-6 |
Alcole Allilico |
4,8 |
2 |
12,1 |
5 |
Pelle |
203-473-3 |
107-21-1 |
Etilen Glicol |
52 |
20 |
104 |
40 |
Pelle |
203-539-1 |
107-98-2 |
Metossipropanolo 2,1 |
375 |
100 |
568 |
150 |
Pelle |
203-550-1 |
108-10-1 |
Metilpentan-2-one 4 |
83 |
20 |
208 |
50 |
- |
203-576-3 |
108-38-3 |
m-Xilene |
221 |
50 |
442 |
100 |
Pelle |
203-603-9 |
108-65-6 |
2-Metossi-1-metiletilacetato |
275 |
50 |
550 |
100 |
Pelle |
203-604-4 |
108-67-8 |
Mesitilene (1,3,5 - trimetilbenzene) |
100 |
20 |
- |
- |
- |
203-628-5 |
108-90-7 |
Clorobenzene |
47 |
10 |
94 |
20 |
- |
203-631-1 |
108-94-1 |
Cicloesanone |
40,8 |
10 |
81,6 |
20 |
Pelle |
203-632-7 |
108-95-2 |
Fenolo |
7,8 |
2 |
- |
- |
Pelle |
203-726-8 |
109-99-9 |
Tetraidrofurano |
150 |
50 |
300 |
100 |
Pelle |
203-737-8 |
110-12-3 |
5-metilesan-2-one |
95 |
20 |
- |
- |
- |
203-767-1 |
110-43-0 |
eptano-2-one |
238 |
50 |
475 |
100 |
Pelle |
203-808-3 |
110-85-0 |
Piperazine (polvere e vapore) 8) |
0,1 |
- |
0,3 |
- |
- |
203-905-0 |
111-76-2 |
Butossietanolo - 2 |
98 |
20 |
246 |
50 |
Pelle |
203-933-3 |
112-07-2 |
2-Butossietilacetato |
133 |
20 |
333 |
50 |
Pelle |
204-065-8 |
115-10-6 |
Etere dimetilico |
1920 |
1000 |
- |
- |
- |
204-428-0 |
120-82-1 |
1,2,4-Triclorobenzene |
15,1 |
2 |
37,8 |
5 |
Pelle |
204-469-4 |
121-44-8 |
Trietilammina |
8,4 |
2 |
12,6 |
3 |
Pelle |
204-662-3 |
123-92-2 |
Acetato di isoamile |
270 |
50 |
540 |
100 |
- |
204-697-4 |
124-40-3 |
Dimetillamina |
3,8 |
2 |
9,4 |
5 |
- |
204-826-4 |
127-19-5 |
N,N-Dimetilacetammide |
36 |
10 |
72 |
20 |
Pelle |
205-480-7 |
141-32-2 |
Acrilato di n-butile |
11 |
2 |
53 |
10 |
- |
205-563-8 |
142-82-5 |
Eptano, n- |
2085 |
500 |
- |
- |
- |
208-394-8 |
526-73-8 |
1,2,3-Trimetilbenzene |
100 |
20 |
- |
- |
- |
208-793-7 |
541-85-5 |
5-Metileptano-3-one |
53 |
10 |
107 |
20 |
- |
210-946-8 |
626-38-0 |
Acetato di 1-metilbutile |
270 |
50 |
540 |
100 |
- |
211-047-3 |
628-63-7 |
Acetato di pentile |
270 |
50 |
540 |
100 |
- |
|
620-11-1 |
Acetato di 3-amile |
270 |
50 |
540 |
100 |
- |
|
625-16-1 |
Acetato di terz-amile |
270 |
50 |
540 |
100 |
- |
215-535-7 |
1330-20-7 |
Xilene, isomeri misti, puro |
221 |
50 |
442 |
100 |
Pelle |
222-995-2 |
3689-24-5 |
Sulfotep |
0,1 |
- |
- |
- |
Pelle |
231-634-8 |
7664-39-3 |
Acido fluoridrico |
1,5 |
1,8 |
2,5 |
3 |
- |
231-131-3 |
7440-22-4 |
Argento, metallico |
0,1 |
- |
- |
- |
- |
231-595-7 |
7647-01-0 |
Acido cloridrico |
8 |
5 |
15 |
10 |
- |
231-633-2 |
7664-38-2 |
Acido ortofosforico |
1 |
- |
2 |
- |
- |
231-635-3 |
7664-41-7 |
Ammoniaca anidra |
14 |
20 |
36 |
50 |
- |
231-954-8 |
7782-41-4 |
Fluoro |
1,58 |
1 |
3,16 |
2 |
- |
231-978-9 |
7783-07-5 |
Seleniuro di idrogeno |
0,07 |
0,02 |
0,17 |
0,05 |
- |
233-113-0 |
10035-10-6 |
Acido bromidrico |
- |
- |
6,7 |
2 |
- |
247-852-1 |
26628-22-8 |
Azoturo di sodio |
0,1 |
- |
0,3 |
- |
Pelle |
252-104-2 |
34590-94-8 |
(2-Metossimetiletossi)-propanolo |
308 |
50 |
- |
- |
Pelle |
|
|
Fluoruri inorganici (espressi come F) |
2,5 |
- |
- |
- |
- |
|
|
Piombo inorganico e suoi composti |
0,15 |
|
|
|
|
200-193-3 |
54-11-5 |
Nicotina |
0,5 |
- |
- |
- |
Pelle |
200-579-1 |
64-18-6 |
Acido formico |
9 |
5 |
- |
- |
- |
200-659-6 |
67-56-1 |
Metanolo |
260 |
200 |
- |
- |
Pelle |
200-830-5 |
75-00-3 |
Cloroetano |
268 |
100 |
- |
- |
Pelle |
200-835-2 |
75-05-8 |
Acetonitrile |
35 |
20 |
- |
- |
Pelle |
201-142-8 |
78-78-4 |
Isopentano |
2000 |
667 |
- |
- |
- |
202-716-0 |
98-95-3 |
Nitrobenzene |
1 |
0,2 |
- |
- |
Pelle |
203-585-2 |
108-46-3 |
Resorcinolo |
45 |
10 |
- |
- |
Pelle |
203-625-9 |
108-88-3 |
Toluene |
192 |
50 |
- |
- |
Pelle |
203-628-5 |
108-90-7 |
Monoclorobenzene |
23 |
5 |
70 |
15 |
- |
203-692-4 |
109-66-0 |
Pentolo |
2000 |
667 |
- |
- |
- |
203-716-3 |
109-89-7 |
Dietilammina |
15 |
5 |
30 |
10 |
- |
203-777-6 |
110-54-3 |
n-Esano |
72 |
20 |
- |
- |
- |
203-806-2 |
110-82-7 |
Cicloesano |
350 |
100 |
- |
- |
- |
203-815-1 |
110-91-8 |
Morfolina |
36 |
10 |
72 |
20 |
Pelle |
203-906-6 |
111-77-3 |
2-(2-Metossietosi) etanolo |
50,1 |
10 |
- |
- |
Pelle |
203-961-6 |
112-34-5 |
2-(2-Butossietosi) etanolo |
67,5 |
10 |
101,2 |
15 |
- |
204-696-9 |
124-38-9 |
Anidride carbonica |
9000 |
5000 |
- |
- |
- |
205-483-3 |
141-43-5 |
2-Amminoetanolo |
2,5 |
1 |
7,6 |
3 |
Pelle |
205-634-3 |
144-67-7 |
Acido ossalico |
1 |
- |
- |
- |
- |
206-992-3 |
420-04-2 |
Cianammide |
1 |
- |
- |
- |
Pelle |
207-343-7 |
463-82-1 |
Neopentano |
3000 |
1000 |
- |
- |
- |
215-236-1 |
1314-56-3 |
Pentaossido di fosforo |
1 |
- |
- |
- |
- |
215-242-4 |
1314-80-3 |
Pentasolfuro di difosforo |
1 |
- |
- |
- |
- |
231-131-3 |
|
Argento (composti solubili come Ag) |
0,01 |
- |
- |
- |
- |
|
|
Bario (composti solubili come Ba) |
0,5 |
- |
- |
- |
- |
|
|
Cromo metallico, composti di cromo inorganico (II) e composti di cromo inorganico (III) (non solubili) |
0,5 |
- |
- |
- |
- |
231-714-2 |
7697-37-2 |
Acido nitrico |
- |
- |
2,6 |
1 |
- |
231-778-1 |
7726-95-6 |
Bromo |
0,7- |
0,1 |
- |
- |
- |
231-959-5 |
7782-50-5 |
Cloro |
- |
- |
1,5 |
0,5 |
- |
232-260-8 |
7803-51-2 |
Fosfina |
0,14 |
0,1 |
0,28 |
0,2 |
- |
|
8003-34-7 |
Piretro (depurato dai lattoni sensibilizanti) |
1 |
- |
- |
- |
- |
233-060-3 |
10026-13-8 |
Pentacloruro di fosforo |
1 |
- |
- |
- |
- |
(1) EINECS: Inventario europeo delle sostanze
chimiche esistenti a carattere commerciale.
(2) CAS: Chemical abstract Service Registry
Number (Numero del registro del Chemical Abstract Service).
(3) Notazione cutanea attribuita ai LEP che
identifica la possibilità di un assorbimento significativo attraverso la Pelle.
(4) Misurato o calcolato in relazione ad
un periodo di riferimento di otto ore, come media ponderata.
(5) Un valore limite al di sopra del quale
l'esposizione non deve avvenire e si riferisce ad un periodo di 15 minuti,
salvo indicazione contraria.
(6) mg/m: milligrammi per metro di aria a
20°C e 101,3kPa.
(7)ppm: parti per milione nell'aria (ml/m3).
Allegato XXXIX - Valori limite
biologici obbligatori e procedure di sorveglianza sanitaria
Piombo e suoi composti ionici.
1. Il monitoraggio biologico comprende la misurazione
del livello di piombo nel sangue (PbB) con l'ausilio della spettroscopia ad
assorbimento atomico o di un metodo che dia risultati equivalenti. Il valore
limite biologico è il seguente: 60 mg Pb/100 ml di sangue. Per le lavoratrici
in età fertile il riscontro di valori di piombemia superiori a 40 microgrammi
di piombo per 100 millilitri di sangue comporta, comunque, allontanamento
dall'esposizione.
2. La sorveglianza sanitaria si effettua quando:
l'esposizione a una concentrazione di piombo nell'aria,
espressa come media ponderata nel tempo calcolata su 40 ore alla settimana,
è superiore a 0,075; mg/m3 nei singoli lavoratori è riscontrato un contenuto
di piombo nel sangue superiore a 40mg Pb/100 ml di sangue.
Allegato XL - Divieti
a) Agenti chimici
N. EINECS (1) |
N. CAS (2) |
Nome dell'agente |
Limite di concentrazione per l'esenzione |
- |
- |
- |
- |
202-080-4 |
91-59-8 |
2-naftilammina e suoi sali |
0.1% in peso |
202-177-1 |
92-67-1 |
4-amminodifenile e suoi sali |
0,1% in peso |
202-199-1 |
92-87-5 |
Benzidina e suoi sali |
0,1% in peso |
202-204-7 |
92-93-3 |
4-nitrodifenile |
0,1% in peso |
b) Attività lavorative: Nessuna
(1) EINECS European Inventory of Existing Commercial
Chemical Substance (2) CAS Chemical Abstracts Service
UNI EN 481:1994 |
Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Definizione delle frazioni granulometriche per la misurazione delle particelle aerodisperse. |
UNI EN 482:1998 |
Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Requisiti generali per le prestazioni dei procedimenti di misurazione degli agenti chimici. |
UNI EN 689 1997 |
Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Guida alla valutazione dell'esposizione per inalazione a composti chimici ai fini del confronto con i valori limite e strategia di misurazione. |
UNI EN 838 1998 |
Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Campionatori diffusivi per la determinazione di gas e vapori. Requisiti e metodi di prova. |
UNI EN 1076:1999 |
Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Tubi di assorbimento mediante pompaggio per la determinazione di gas e vapori. Requisiti e metodi di prova. |
UNI EN 1231 1999 |
Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Sistemi di misurazione di breve durata con tubo di rivelazione. Requisiti e metodi di prova. |
UNI EN 1232: 1999 |
Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Pompe per il campionamento personale di agenti chimici. Requisiti e metodi di prova. |
UNI EN 1540:2001 |
Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Terminologia. |
UNI EN 12919:2001 |
Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Pompe per il campionamento di agenti chimici con portate maggiori di 5 l/min. Requisiti e metodi di prova . |
Allegato XLII - Elenco di sostanze,
preparati e processi
ELENCO DI SOSTANZE, PREPARATI E PROCESSI
1. Produzione di auramina con il metodo Michler.
2. I lavori che espongono agli idrocarburi policiclici
aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame o nella pece di carbone.
3. Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie
prodotti durante il raffinamento del nichel a temperature elevate.
4. Processo agli acidi forti nella fabbricazione di
alcool isopropilico.
5. Il lavoro comportante l'esposizione a polvere di
legno duro.
Allegato XLIII - Valori limite
di esposizione professionale
Nome agente |
EINECS (1) |
CAS (2) |
Valore limite esposizione professionale |
Osservazioni |
Misure transitorie |
|
|
|
|
Mg/m3 (3) |
ppm (4) |
|
|
Benzene |
200-753-7 |
71-43-2 |
3,25 (5) |
1 (5) |
Pelle (6) |
Sino al 31 dicembre 2001 il valore limite è 3 ppm (= 9,75mg/m 3 ) |
Cloruro di vinile monomero |
200-831 |
75-01-4 |
7,77 (5) |
3 (5) |
- |
- |
Polveri di legno |
- |
- |
5,00 (5) (7) |
- |
- |
- |
(1) EINECS: Inventario europeo delle sostanze chimiche
esistenti (European Inventory of Existing Chemical Susbstances).
(2) CAS: Numero Chemical Abstract Service.
(3) mg/m3 = milligrammi per metro cubo d'aria a 20o
e 101,3 Kpa (corrispondenti a 760 mm di mercurio).
(4) ppm = parti per milione nell'aria (in volume: ml/m3).
(5) Valori misurati o calcolati in relazione ad un periodo
di riferimento di otto ore.
(6) Sostanziale contributo al carico corporeo totale
attraverso la possibile esposizione cutanea.
(7) Frazione inalabile; se le polveri di legno duro
sono mescolate con altre polveri di legno, il valore limite si applica a tutte
le polveri di legno presenti nella miscela in questione".
Allegato XLIV - Elenco esemplificativo
di attività lavorative che possono comportare la presenza di agenti biologici
1. Attività in industrie alimentari.
2. Attività nell'agricoltura.
3. Attività nelle quali vi è contatto con gli animali
e/o con prodotti di origine animale.
4. Attività nei servizi sanitari, comprese le unità
di isolamento e post mortem.
5. Attività nei laboratori clinici, veterinari e diagnostici,
esclusi i laboratori di diagnosi microbiologica.
6. Attività impianti di smaltimento rifiuti e di raccolta
di rifiuti speciali potenzialmente infetti.
7. Attività negli impianti per la depurazione delle
acque di scarico.
Allegato XLV - Segnale di rischio
biologico
Allegato XLVI - Elenco degli agenti
biologici classificati
1. Sono inclusi nella classificazione unicamente gli
agenti di cui è noto che possono provocare malattie infettive in soggetti
umani.
I rischi tossico ovvero allergenico eventualmente presenti
sono indicati a fianco di ciascun agente in apposita colonna.
Non sono stati presi in considerazione gli agenti patogeni
di animali e piante di cui è noto che non hanno effetto sull'uomo.
In sede di compilazione di questo primo elenco di agenti
biologici classificati non si è tenuto conto dei microrganismi geneticamente
modificati.
2. La classificazione degli agenti biologici si basa
sull'effetto esercitato dagli stessi su lavoratori sani.
Essa non tiene conto dei particolari effetti sui lavoratori
la cui sensibilità potrebbe essere modificata da altre cause quali malattia
preesistente, uso di medicinali, immunità compromessa, stato di gravidanza
o allattamento, fattori dei quali è tenuto conto nella sorveglianza sanitaria
di cui all'art. 40.
3. Gli agenti biologici che non sono stati inclusi nei
gruppi 2, 3, 4 dell'elenco non sono implicitamente inseriti nel gruppo 1.
Per gli agenti di cui è nota per numerose specie la
patogenicità per l'uomo, l'elenco comprende le specie più frequentemente implicate
nelle malattie, mentre un riferimento di carattere più generale indica che
altre specie appartenenti allo stesso genere possono avere effetti sulla salute
dell'uomo.
Quando un intero genere è menzionato nell'elenco degli
agenti biologici, è implicito che i ceppi e le specie definiti non patogeni
sono esclusi dalla classificazione.
4. Quando un ceppo è attenuato o ha perso geni notoriamente
virulenti, il contenimento richiesto dalla classificazione del ceppo parentale
non è necessariamente applicato a meno che la valutazione del rischio da esso
rappresentato sul luogo di lavoro non lo richieda.
5. Tutti i virus che sono già stati isolati nell'uomo
e che ancora non figurano nel presente allegato devono essere considerati
come appartenenti almeno al gruppo 2, a meno che sia provato che non possono
provocare malattie nell'uomo.
6. Taluni agenti classificati nel gruppo 3 ed indicati
con doppio asterisco (**) nell'elenco allegato possono comportare un rischio
di infezione limitato perchè normalmente non sono veicolati dall'aria. Nel
caso di particolari attività comportanti l'utilizzazione dei suddetti agenti,
in relazione al tipo di operazione effettuata e dei quantitativi impiegati
può risultare sufficiente, per attuare le misure di cui ai punti 2 e 13 dell'Allegato
XII ed ai punti 2, 3, 5 dell'Allegato XIII, assicurare i livelli di contenimento
ivi previsti per gli agenti del gruppo 2.
7. Le misure di contenimento che derivano dalla classificazione
dei parassiti si applicano unicamente agli stadi del ciclo del parassita che
possono essere infettivi per l'uomo.
8. L'elenco contiene indicazioni che individuano gli
agenti biologici che possono provocare reazioni allergiche o tossiche, quelli
per i quali è disponibile un vaccino efficace e quelli per i quali è opportuno
conservare per almeno dieci anni l'elenco dei lavoratori che hanno operato
in attività con rischio di esposizione a tali agenti.
Tali indicazioni sono:
A: possibili effetti allergici;
D: l'elenco dei lavoratori che hanno operato con detti
agenti deve essere conservato per almeno dieci anni dalla cessazione dell'ultima
attività comportante rischio di esposizione; T: produzione di tossine;
V: vaccino efficace disponibile.
Batteri e organismi
simili
N.B.: Per gli agenti che figurano nel presente elenco
la menzione "spp" si riferisce alle altre specie riconosciute patogene
per l'uomo.
Agente biologico |
Classificazione |
Rilievi |
Actinobacillus actinomycetemcomitans |
2 |
|
Actinomadura madurae |
2 |
|
Actinomadura pelletieri |
2 |
|
Actinomyces gereneseriae |
2 |
|
Actinomyces Israelii |
2 |
|
Actinomyces pyogenes |
2 |
|
Actinomyces spp |
2 |
|
Arcanobacterium haemolyticum (Corynebacterium haemolyticum) |
2 |
|
Bacillus anthracis |
3 |
|
Bacteroides fragilis |
2 |
|
Bartonella bacilliformis |
2 |
|
Bartonella (Rochalimea) spp |
2 |
|
Bartonella quintana (Rochalimea quintana) |
2 |
|
Bordetella bronchiseptica |
2 |
|
Bordetella parapertussis |
2 |
|
Bordetella pertussis |
2 |
V |
Borrelia burgdorferi |
2 |
|
Borrelia duttonii |
2 |
|
Borrelia recurrentis |
2 |
|
Borrelia spp |
2 |
|
Brucelia abortus |
3 |
|
Brucella canis |
3 |
|
Brucella melitensis |
3 |
|
Brucella suis |
3 |
|
Burkhoideria mallei (pseudomonas mallei) |
3 |
|
Burkhoideria pseudomallei (pseudomonas pseudomallei) |
3 |
|
Campylobacter fetus |
2 |
|
Campylobacter jejuni |
2 |
|
Campylobacter spp |
2 |
|
Cardiobacterium hominis |
2 |
|
Chlamydia pneumoniae |
2 |
|
Chlamydia trachomatis |
2 |
|
Chlamydia psittaci (ceppi aviari) |
3 |
|
Chlamydia psittaci (ceppi non aviari) |
2 |
|
Clostridium botulinum |
2 |
T |
Clostridium perfringens |
2 |
|
Clostridium tetani |
2 |
T.V |
Clostridium spp |
2 |
|
Corynebacterium diphtheriae |
2 |
T.V |
Corynebacterium minutissimum |
2 |
|
Corynebacterium pseudotuberculosis |
2 |
|
Corynebacterium spp |
2 |
|
Coxiella burnetii |
3 |
|
Edwardsiella tarda |
2 |
|
Ehrlichia sennetsu (Rickettsia sennetsu) |
2 |
|
Ehrlichia spp |
2 |
|
Elkenella corrodens |
2 |
|
Enterobacter aerogenes/cloacae |
2 |
|
Enterobacter spp |
2 |
|
Enterococcus spp |
2 |
|
Erysipelothrix rhusiopathiae |
2 |
|
Escherichia coli (ad eccezione dei ceppi non patogeni) |
|
|
Escherichia coli. ceppi verocitotossigenici (es.0157:H7 oppure 0103) |
3(**) |
T |
Flavobacterium meningosepticum |
2 |
|
Fluoribacter bozemanii (Legionella) |
2 |
|
Francisella tularensis (Tipo A) |
3 |
|
Francisella tularensis (Tipo B) |
2 |
|
Fusobacterium necrophorum |
2 |
|
Gardnerella vaginalis |
2 |
|
Haemophilus ducreyl |
2 |
|
Haemophilus influenzae |
2 |
V |
Haemophilus spp |
2 |
|
Helicobacter pylori |
2 |
|
Klebsiella oxytoca |
2 |
|
Klebsiella pneumoniae |
2 |
|
Klebsiella spp |
2 |
|
Legionella pneumophila |
2 |
|
Legionella spp |
2 |
|
Leptospira interrogans (tutti I serotipi) |
2 |
|
Listeria monocytogenes |
2 |
|
Listeria ivanovii |
2 |
|
Morganella morganii |
2 |
|
Mycobacterium africanum |
3 |
V |
Mycobacterium avium/intracellulare |
2 |
|
Mycobacterium bovis (ad eccezione del ceppo BCG) |
3 |
V |
Mycobacterium chelonae |
2 |
|
Mycobacterium fortuitum |
2 |
|
Mycobacterium kansasii |
2 |
|
Mycobacterium leprae |
3 |
|
Mycobacterium maimoense |
2 |
|
Mycobacterium marinum |
2 |
|
Mycobacterium microti |
3(**) |
|
Mycobacterium paratuberculosis |
2 |
|
Mycobacterium scrofulaceum |
2 |
|
Mycobacterium simiae |
2 |
|
Mycobacterium szulgai |
2 |
|
Mycobacterium tuberculosis |
3 |
V |
Mycobacterium ulcerans |
3(**) |
|
Mycobacterium xenopi |
2 |
|
Mycoplasma caviae |
2 |
|
Mycoplasma hominis |
2 |
|
Mycoplasma pneumoniae |
2 |
|
Neisseria gonorrhoeae |
2 |
|
Neisseria meningitidis |
2 |
V |
Nocardia asteroides |
2 |
|
Nocardia brasiliensis |
2 |
|
Nocardia farcinica |
2 |
|
Nocardia nova |
2 |
|
Nocardia otitidiscaviarum |
2 |
|
Pasteurella multocida |
2 |
|
Pasteurella spp |
2 |
|
Peptostreptococcus anaerobius |
2 |
|
Plesiomonas shigelloides |
2 |
|
Porphyromonas spp |
2 |
|
Prevotella spp |
2 |
|
Proteus mirabils |
2 |
|
Proteus penneri |
2 |
|
Proteus vulgaris |
2 |
|
Providencia alcalifaciens |
2 |
|
Providencia rettgeri |
2 |
|
Providencia spp |
2 |
|
Pseudomonas aeruginosa |
2 |
|
Rhodococcus equi |
2 |
|
Rickettsia akari |
3(**) |
|
RickettsIa canada |
3(**) |
|
Rickettsia conorii |
3 |
|
Rickettsia montana |
3(**) |
|
Rickettsia typhi (Rickettsia mooseri) |
3 |
|
Rickettsia prowazekii |
3 |
|
Rickettsia rickettsii |
3 |
|
Rickettsia tsutsugamushi |
3 |
|
Rickettsia spp |
2 |
|
Salmonella arizonae |
2 |
|
Salmonella enteritidis |
2 |
|
Salmonella typhimurium |
2 |
|
Salmonella paratyphi A, B, C |
2 |
V |
Salmonella typhi |
3(**) |
V |
Salmonella (altre varietà serologiche) |
2 |
|
Serpulina spp |
2 |
|
Shigella boydii |
2 |
|
Shigella dysenteriae (Tipo 1) |
(3**) |
T |
Shigella dysenteriae. diverso dal Tipo 1 |
2 |
|
Shigella flexneri |
2 |
|
Shigella sonnei |
2 |
|
Staphylococcus aureus |
2 |
|
Streptobacillus moniliformis |
2 |
|
Streptococcus pneumoniae |
2 |
|
Streptococcus pyogenes |
2 |
|
Streptococcus spp |
2 |
|
Streptococcus suis |
2 |
|
Treponema carateum |
2 |
|
Treponema pallidum |
2 |
|
Treponema pertenue |
2 |
|
Treponema spp |
2 |
|
Vibrio cholerae (incluso El Tor) |
2 |
|
Vibrio parahaemolyticus |
2 |
|
Vibrio spp |
2 |
|
Yersinia enterocolitica |
2 |
|
Yersinia pestis |
3 |
V |
Yersinia pseudotuberculosis |
2 |
|
Yersinia spp |
2 |
|
Agente biologico |
Classificazione |
Rilievi |
Adenoviridae |
2 |
|
Arenaviridae: |
|
|
LCM-Lassa Virus complex (Arenavirus del Vecchio Mondo): |
|
|
Virus Lassa |
4 |
|
Virus della coriomeningite linfocitaria (ceppi neurotropi) |
3 |
|
Virus della coriomeningite linfocitaria (altri ceppi) |
2 |
|
Virus Mopeia |
2 |
|
Altri LCM-Lassa Virus complex |
2 |
|
Virus complex Tacaribe (Arenavirus del Nuovo Mondo): |
|
|
Virus Guanarito |
4 |
|
Virus Junin |
4 |
|
Virus Sabia |
4 |
|
Virus Machupo |
4 |
|
Virus Flexal |
3 |
|
Altri Virus del Complesso Tacaribe |
2 |
|
Astroviridae |
2 |
|
Bunyaviridae: |
|
|
Bhanja |
2 |
|
Virus Bunyamwera |
2 |
|
Germiston |
2 |
|
Virus Oropouche |
3 |
|
Virus dell'encefalite Californiana |
2 |
|
Hantavirus: |
|
|
Hantaan (lebbre emorragica coreana) |
3 |
|
Belgrado (noto anche come Dobrava) |
3 |
|
Seoul-VIrus |
3 |
|
Sin Nombre (ex Muerto Canyon) |
3 |
|
Puumala-Virus |
2 |
|
Prospect HiII-Virus |
2 |
|
Altri Hantavirus |
2 |
|
Nairovirus: |
|
|
Virus della febbre emorragica di Crimea/Congo |
4 |
|
Virus Hazara |
2 |
|
Phiebovirus: |
|
|
Febbre della Valle del Rift |
3 |
V |
Febbre da Flebotomi |
2 |
|
Virus Toscana |
2 |
|
Altri bunyavirus noti come patogeni |
2 |
|
Caliciviridae: |
|
|
Virus dell'epatite E |
3(**) |
|
Norwalk-Virus |
2 |
|
Altri Caliciviridae |
2 |
|
Coronaviridae |
2 |
|
Filoviridae : |
|
|
Virus Ebola |
4 |
|
Virus di Marburg |
4 |
|
Flaviviridae : |
|
|
Encefalite d'Australia (Encefalite della Valle Murray) |
3 |
|
Virus dell'encefalite da zecca dell'Europa Centrale |
3(**) |
V |
Absettarov |
3 |
|
Hanzalova |
3 |
|
Hypr |
3 |
|
Kumlinge |
3 |
|
Virus della dengue tipi 1-4 |
3 |
|
Virus dell'epatite C |
3(**) |
D |
Virus dell'epatite G |
3(**) |
0 |
Encefalite B giapponese |
3 |
V |
Foresta di Kyasanur |
3 |
V |
Louping ill |
3(**) |
|
Omsk (a) |
3 |
V |
Powassan |
3 |
|
Rodo |
3 |
|
Encefalite verno-estiva russa (a) |
3 |
V |
Encefalite di St. Louis |
3 |
|
Virus Wesselsbron |
3(**) |
|
Virus della Valle del Nilo |
3 |
|
Febbre gialla |
3 |
V |
Altri flavivirus noti per essere patogeni |
2 |
|
Hepadnaviridae: |
|
|
Virus dell'epatite B |
3(**) |
V, D |
Virus dell'epatite D (Detta) (b) |
3(**) |
V, D |
Herpesviridae: |
|
|
Cytomegalovirus |
2 |
|
Virus d'Epstein-Barr |
2 |
|
Herpesvirus simiae (B virus) |
3 |
|
Herpes simplex virus tipi 1 e 2 |
2 |
|
Herpesvirus varicella-zoster |
2 |
|
Virus Herpes dell'uomo tipo 7 |
2 |
|
Virus Herpes dell'uomo tipo 8 |
2 |
D |
Virus linfotropo B dell'uomo (HBLV-HHV6) |
2 |
|
Orthomyxoviridae: |
|
|
Virus influenzale tipi A, B e C |
2 |
V (c) |
Orthomyxoviridae trasmesse dalle zecche: Virus Dhori eThogoto |
2 |
|
Papovaviridae: |
|
|
Virus BK e JC |
2 |
D (d) |
Papillomavirus dell'uomo |
2 |
D (d) |
Paramyxoviridae: |
|
|
Virus del morbillo |
2 |
V |
Virus della parotite |
2 |
V |
Virus della malattia di Newcastle |
2 |
|
Virus parainfluenzali tipi 1-4 |
2 |
|
Virus respiratorio sinciziale |
2 |
|
Parvoviridae: |
|
|
Parvovirus dell'uomo (B 19) |
2 |
|
Picomaviridae: |
|
|
Virus della congiuntivite emorragica (AHC) |
2 |
|
Virus Coxackie |
2 |
|
Virus Echo |
2 |
|
Virus dell'epatite A (enterovirus dell'uomo tipo 72) |
2 |
V |
Virus della poliomielite |
2 |
V |
Rhinovirus |
2 |
|
Poxviridae: |
|
|
Buffalopox virus (e) |
2 |
|
Cowpox virus |
2 |
|
Elephantpox virus (f) |
2 |
|
Virus del nodulo del mungitori |
2 |
|
Molluscum contagiosum virus |
2 |
|
Monkeypox virus |
3 |
V |
Orf virus |
2 |
|
Rabbitpox virus (g) |
2 |
|
Vaccinia virus |
2 |
|
Variola (mayor & minor) virus |
4 |
V |
Whitepox virus (variola virus) |
4 |
V |
Yatapox virus (Tana & Yaba) |
2 |
|
Reoviridae: |
|
|
Coltivirus |
2 |
|
Rotavirus umano |
2 |
|
Orbivirus |
2 |
|
Reovirus |
2 |
|
Retroviridae |
|
|
Virus della sindrome di immunodeficienza umana (AIDS) |
3(**) |
D |
Virus di leucemie umane a cellule T (HTLV) tipi 1 e 2 |
3(**) |
0 |
SIV (h)) |
3(**) |
|
Rhabdoviridae: |
|
|
Virus della rabbia |
3(**) |
V |
Virus della stomatite vescicolosa |
2 |
|
Togaviridae : |
|
|
Alfavirus: |
|
|
Encefalomielite equina dell'America dell'est |
3 |
V |
Virus Bebaru |
2 |
|
Virus Chikungunya |
3(**) |
|
Virus Everglades |
3(**) |
|
Virus Mayaro |
3 |
|
Virus Mucambo |
3(**) |
|
Virus Ndumu |
3 |
|
Virus O'nyong-nyong |
2 |
|
Virus del fiume Ross |
2 |
|
Virus della foresta di Semliki |
2 |
|
Virus Sindbis |
2 |
|
Virus Tonate |
3(**) |
|
Encefalomielite equina del Venezuela |
3 |
V |
Encefalomielite equina dell'America dell'Ovest |
3 |
V |
Altri alfavirus noti |
2 |
|
Rubivirus (rubella) |
2 |
|
Toroviridae: |
2 |
|
Virus non classificati: |
||
Virus dell'epatite non ancora identificati |
3(**) |
D |
Morbillivirus equino |
4 |
|
Agenti non classici associati con le encefaliti spongiformi trasmissibili (TSE) (i): |
||
Morbo di Creutzfeldt-Jakob |
3(**) |
D (d) |
Variante del morbo di Creutzfeldt-Jacob |
3(**) |
D (d) |
Encefalite spongiforme bovina (BSE) ed altre TSE degli animali a queste associate |
3(**) |
D (d) |
Sindrome di Gerstmann-Straussler-Scheinker |
3(**) |
D (d) |
Kuru |
3(**) |
D (d) |
(a) Tick-borne encefalitis.
(b) Il virus dell'epatite D esercita il suo potere patogeno nel lavoratore
soltanto in caso di infezione simultanea o secondaria rispetto a quella provocata
dal virus dell'epatite B. La vaccinazione contro il virus dell'epatite B protegge
pertanto i lavoratori non affetti dal virus dell'epatite B contro il virus
dell'epatite D (Delta).
(c) Soltanto per i tipi A e B.
(d) Raccomandato per i lavori che comportano un contatto diretto con questi
agenti.
(e) Alla rubrica possono essere identificati due virus, un genere "buffalopox"
e una variante del virus "vaccinia".
(f) Variante del "Cowpox".
(g) Variante di "Vaccinia".
(h) Non esiste attualmente alcuna prova di infezione dell'uomo provocata da
retrovirus di origine scimmiesca. A titolo di precauzione si raccomanda un
contenimento di livello 3 per i lavori che comportano un'esposizione di tale
retrovirus.
(i) Non esiste attualmente alcuna prova di infezione dell'uomo provocata dagli
agenti responsabili di altre TSE negli animali. Tuttavia a titolo precauzionale,
si consiglia di applicare nei laboratori il livello di contenimento 3 (**),
ad eccezione dei lavori relativi ad un agente identificato di "scrapie"
per cui un livello di contenimento 2 è sufficiente.
PARASSITI
Agente biologico |
Classificazione |
Rilievi |
Acanthamoeba castellanii |
2 |
|
Ancylostoma duodenale |
2 |
|
Angiostrongylus cantonensis |
2 |
|
Angiostrongylus costaricensis |
2 |
|
Ascaris lumbricoides |
2 |
A |
Ascaris suum |
2 |
A |
Babesia divergens |
2 |
|
Babesia microti |
2 |
|
Balantidium coli |
2 |
|
Brugia malayi |
2 |
|
Brugia pahangi |
2 |
|
Capillaria philippinensis |
2 |
|
Capillaria spp |
2 |
|
Clonorchis sinensis |
2 |
|
Ctonorchis viverrini |
2 |
|
Cryptosporidium parvum |
2 |
|
Cryptosporidium spp |
2 |
|
Cyclospora cayetanensis |
2 |
|
Dipetalonema streptocerca |
2 |
|
Diphyllobothrium latum |
2 |
|
Dracunculus medinensis |
2 |
|
Echinococcus granulosus |
3(**) |
|
Echinococcus multilocularis |
3(**) |
|
Echinococcus vogeli |
3(**) |
|
Entamoeba histolytica |
2 |
|
Fasciola gigantica |
2 |
|
Fasciola hepatica |
2 |
|
Fasciolopsis buski |
2 |
|
Giardia lamblia (Giardia intestinalis) |
2 |
|
Hymenolepis diminuta |
2 |
|
Hymenolepis nana |
2 |
|
Leishmania braziliensis |
3(**) |
|
Leishmania donovani |
3(**) |
|
Leishmania aethiopica |
2 |
|
Leishmania mexicana |
2 |
|
Leishmania peruviana |
2 |
|
Leishmanla tropica |
2 |
|
Leishmania major |
2 |
|
Leishmanla spp |
2 |
|
LoaLoa |
2 |
|
Mansonella ozzardi |
2 |
|
Mansonella persiana |
2 |
|
Naegleria fowleri |
3 |
|
Necator americanus |
2 |
|
Onchocerca volvulus |
2 |
|
Opisthorchis felineus |
2 |
|
Opisthorchis spp |
2 |
|
Paragonimus westermani |
2 |
|
Plasmodium falciparum |
3(**) |
|
Plasmodium spp (uomo & scimmia) |
2 |
|
Sarcocystis suihominis |
2 |
|
Schistosoma haematobium |
2 |
|
Schistosoma intercalatum |
2 |
|
Schistosoma japonicum |
2 |
|
Schistosoma mansoni |
2 |
|
Shistosoma mekongi |
2 |
|
Strongyioides stercoralis |
2 |
|
Strongyloides spp |
2 |
|
Taenia saginata |
2 |
|
Taenia solium |
3(**) |
|
Toxocara canis |
2 |
|
Toxoplasma gondii |
2 |
|
Trichinella spiralis |
2 |
|
Trichuris trichiura |
2 |
|
Trypanosoma brucei brucei |
2 |
|
Trypanosoma brucei gambiense |
2 |
|
Trypanosoma brucei rhodesiense |
3(**) |
|
Trypanosoma cruzi |
3 |
|
Wuchereria bancrofti |
2 |
|
Agente biologico |
Classificazione |
Rilievi |
Aspergillus fumigatus |
2 |
A |
Blastomyces dermatitidis (Ajellomyces dermatitidis) |
3 |
|
Candida albicans |
2 |
A |
Candida tropicalis |
2 |
|
Cladophialophora bantiana (es. Xylohypha bantiana. Cladosporium bantianum o trichoides) |
3 |
|
Coccidioides Immitis |
3 |
A |
Cryptococcus neoformans var. neoformans (Filobasidiella neoformans var. neoformans) |
2 |
A |
Cryptococcus neoformans var. gattii (Filobasidiella bacillispora) |
2 |
A |
Emmonsia parva var. parva |
2 |
|
Emmonsia parva var. crescens |
2 |
|
Epidermophyton fioccosum |
2 |
A |
Fonsecaea compacta |
2 |
|
Fonsecaea pedrosoi |
2 |
|
Histoplasma capsulatum var. capsulatum (Aiellomyces capsulatum) |
3 |
|
Histoplasma capsulatum duboisii |
3 |
|
Madurella grisea |
2 |
|
Madurella mycetomatis |
2 |
|
Microsporum spp |
2 |
A |
Neotestudina rosatii |
2 |
|
Paracoccidioides brasiliensis |
3 |
|
Penicillium marneffei |
2 |
A |
Scedosporium apiospermum, Psaudallescheria boydii |
2 |
|
Scedosporium prolificans (inflantum) |
2 |
|
Sporothrix schenckii |
2 |
|
Trichophyton rubrum |
2 |
|
Trichophyton spp |
2 |
|
Allegato XLVII - Specifiche sulle
misure di contenimento e sui livelli di contenimento
Nota preliminare: Le misure contenute in questo allegato
debbono essere applicate in base alla natura delle attività, la valutazione
del rischio per i lavoratori e la natura dell'agente biologico di cui trattasi.
A. Misure di contenimento |
B. Livelli di contenimento |
||
2 |
3 |
4 |
|
1. La zona di lavoro deve essere separata da qualsiasi altra attività nello stesso edificio |
No |
Raccomandato |
Sì |
2. L'aria immessa nella zona di lavoro e l'aria estratta devono essere filtrate attraverso un ultrafiltro (HEPA) o un filtro simile |
No |
Sì, sull'aria estratta |
Sì, sull'aria immessa e su quella estratta |
3. L'accesso deve essere limitato alle persone autorizzate |
Raccomandato |
Sì |
Sì, attraverso una camera di compensazione |
4. La zona di lavoro deve poter essere chiusa a tenuta per consentire la disinfezione |
No |
Raccomandato |
Sì |
5. Specifiche procedure di disinfezione |
Sì |
Sì |
Sì |
6. La zona di lavoro deve essere mantenuta ad una pressione negativa rispetto a quella atmosferica |
No |
Raccomandato |
Sì |
7. Controllo efficace dei vettori, ad esempio, roditori ed insetti |
Raccomandato |
Sì |
Sì |
8. Superfici idrorepellenti e di facile pulitura |
Sì, per il banco di lavoro |
Sì, per il banco di lavoro e il pavimento |
Sì, per il banco di lavoro, l'arredo, i muri, il pavimento e il soffitto |
9. Superfici resistenti agli acidi, agli alcali, ai solventi, ai disinfettanti |
Raccomandato |
Sì |
Sì |
10. Deposito sicuro per agenti biologici |
Sì |
Sì |
Sì, deposito sicuro |
11. Finestra d'ispezione o altro dispositivo che permetta di vederne gli occupanti |
Raccomandato |
Raccomandato |
Sì |
12. I laboratori devono contenere l'attrezzatura a loro necessaria |
No |
Raccomandato |
Sì |
13. I materiali infetti, compresi gli animali, devono essere manipolati in cabine di sicurezza, isolatori o altri adeguati contenitori |
Ove opportuno |
Sì, quando l'infezione è veicolata dall'aria |
Sì |
14. Inceneritori per l'eliminazione delle carcasse di animali |
Raccomandato |
Sì (disponibile) |
Sì, sul posto |
15. Mezzi e procedure per il trattamento dei rifiuti |
Sì |
Sì |
Sì, con sterilizzazione |
16. Trattamento delle acque reflue |
No |
Facoltativo |
Facoltativo |
Allegato XLVIII - Specifiche
per processi industriali
Agenti biologici del gruppo 1
Per le attività con agenti biologici del gruppo 1, compresi
i vaccini spenti, si osserveranno i principi di una buona sicurezza ed igiene
professionali.
Agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4
Può risultare opportuno selezionare ed abbinare specifiche
di contenimento da diverse categorie tra quelle sottoindicate, in base ad
una valutazione di rischio connessa con un particolare processo o parte di
esso.
Misure di contenimento |
Livelli di contenimento |
||
2 |
3 |
4 |
|
1. Gli organismi vivi devono essere manipolati in un sistema che separi fisicamente il processo dall'ambiente |
Sì |
Sì |
Sì |
2. I gas di scarico del sistema chiuso devono essere trattati in modo da: |
ridurre al minimo le emissioni |
evitare le emissioni |
evitare le emissioni |
3. Il prelievo di campioni, l'aggiunta di materiali in un sistema chiuso e il trasferimento di organismi vivi in un altro sistema chiuso devono essere effettuati in modo da: |
ridurre al minimo le emissioni |
evitare le emissioni |
evitare le emissioni |
4. La coltura deve essere rimossa dal sistema chiuso solo dopo che gli organismi vivi sono stati: |
inattivati con mezzi collaudati |
inattivati con mezzi chimici o fisici collaudati |
inattivati con mezzi chimici o fisici collaudati |
5. I dispositivi di chiusura devono essere previsti in modo da: |
ridurre al minimo le emissioni |
evitare le emissioni |
evitare le emissioni |
6. I sistemi chiusi devono essere collocati in una zona controllata |
Facoltativo |
Facoltativo |
Sì e costruita all'uopo |
a) Vanno previste segnalazioni di pericolo biologico |
Facoltativo |
Sì |
Sì |
b) È ammesso solo il personale addetto |
Facoltativo |
Sì |
Sì, attraverso camere di condizionamento |
c) Il personale deve indossare tute di protezione |
Sì, tute da lavoro |
Sì |
Ricambio completo |
d) Occorre prevedere una zona di decontaminazione e le docce per il personale |
Sì |
Sì |
Sì |
e) Il personale deve fare una doccia prima di uscire dalla zona controllata |
No |
Facoltativo |
Sì |
f) Gli effluenti dei lavandini e delle docce devono essere raccolti e inattivati prima dell'emissione |
No |
Facoltativo |
Sì |
g) La zona controllata deve essere adeguatamente ventilata per ridurre al minimo la contaminazione atmosferica |
Facoltativo |
Facoltativo |
Sì |
h) La pressione ambiente nella zona controllata deve essere mantenuta al di sotto di quella atmosferica |
No |
Facoltativo |
Sì |
i) L'aria in entrata e in uscita dalla zona controllata deve essere filtrata con ultrafiltri (HEPA) |
No |
Facoltativo |
Sì |
j) La zona controllata deve essere concepita in modo da impedire qualsiasi fuoriuscita dal sistema chiuso |
No |
Facoltativo |
Sì |
k) La zona controllata deve poter essere sigillata in modo da rendere possibile le fumigazioni |
No |
Facoltativo |
Sì |
l) Trattamento degli effluenti prima dello smaltimento finale |
Inattivati con mezzi collaudati |
Inattivati con mezzi chimici o mezzi fisici collaudati |
Inattivati con mezzi fisici collaudati |
Allegato XLIX - Ripartizione delle
aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive
OSSERVAZIONE PRELIMINARE.
Il sistema di classificazione che segue si applica alle
aree in cui vengono adottati provvedimenti di protezione in applicazione degli
articoli 289, 290, 293, 294.
1. Aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive.
Un'area in cui può formarsi un'atmosfera esplosiva in
quantità tali da richiedere particolari provvedimenti di protezione per tutelare
la sicurezza e la salute dei lavoratori interessati è considerata area esposta
a rischio di esplosione ai sensi del presente titolo.
Un'area in cui non è da prevedere il formarsi di un'atmosfera
esplosiva in quantità tali da richiedere particolari provvedimenti di protezione
è da considerare area non esposta a rischio di esplosione ai sensi del presente
titolo.
Le sostanze infiammabili e combustibili sono da considerare
come sostanze che possono formare un'atmosfera esplosiva a meno che l'esame
delle loro caratteristiche non abbia evidenziato che esse, in miscela con
l'aria, non sono in grado di propagare autonomamente un'esplosione.
2. Classificazione delle aree a rischio di esplosione.
Le aree a rischio di esplosione sono ripartite in zone
in base alla frequenza e alla durata della presenza di atmosfere esplosive.
Il livello dei provvedimenti da adottare in conformità
dell'allegato L, parte A, è determinato da tale classificazione.
Zona 0.
Area in cui è presente in permanenza o per lunghi periodi
o frequentemente un'atmosfera esplosiva consistente in una miscela di aria
e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapore o nebbia.
Zona 1.
Area in cui la formazione di un'atmosfera esplosiva,
consistente in una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma
di gas, vapori o nebbia, è probabile che avvenga occasionalmente durante le
normali attività.
Zona 2.
Area in cui durante le normali attività non è probabile
la formazione di un'atmosfera esplosiva consistente in una miscela di aria
e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapore o nebbia o, qualora
si verifichi, sia unicamente di breve durata.
Zona 20.
Area in cui è presente in permanenza o per lunghi periodi
o frequentemente un'atmosfera esplosiva sotto forma di nube di polvere combustibile
nell'aria.
Zona 21.
Area in cui la formazione di un'atmosfera esplosiva
sotto forma di nube di polvere combustibile nell'aria, è probabile che avvenga
occasionalmente durante le normali attività.
Zona 22.
Area in cui durante le normali attività non è probabile
la formazione di un'atmosfera esplosiva sotto forma di nube di polvere combustibile
o, qualora si verifichi, sia unicamente di breve durata.
Note.
1. Strati, depositi o cumuli di polvere combustibile
sono considerati come qualsiasi altra fonte che possa formare un'atmosfera
esplosiva.
2. Per "normali attività" si intende la situazione
in cui gli impianti sono utilizzati entro i parametri progettuali.
3. Per la classificazione delle aree si può fare riferimento
alle norme tecniche armonizzate relative ai settori specifici, tra le quali:
EN 60079-10 (CEI 31-30) per atmosfere esplosive in presenza
di gas;
EN 50281-3 per atmosfere esplosive in presenza di polveri
combustibili.
Allegato L (articolo 293, articolo
294, comma 2, lettera d), articolo 295, commi 1 e 2)
A. PRESCRIZIONI MINIME PER IL MIGLIORAMENTO DELLA
PROTEZIONE DELLA SICUREZZA E DELLA SALUTE DEI LAVORATORI CHE POSSONO ESSERE
ESPOSTI AL RISCHIO DI ATMOSFERE ESPLOSIVE.
Osservazione preliminare.
Le prescrizioni di cui al presente allegato si applicano:
a) alle aree classificate come pericolose in conformità
dell'allegato XLIX, in tutti i casi in cui lo richiedano le caratteristiche
dei luoghi di lavoro, dei posti di lavoro, delle attrezzature o delle sostanze
impiegate ovvero i pericoli derivanti dalle attività correlate al rischio
di atmosfere esplosive;
b) ad attrezzature in aree non esposte a rischio di
esplosione che sono necessarie o contribuiscono al funzionamento delle attrezzature
che si trovano nelle aree a rischio di esplosione.
1. Provvedimenti organizzativi.
1.1. Formazione professionale dei lavoratori.
Il datore di lavoro provvede ad una sufficiente ed adeguata
formazione in materia di protezione dalle esplosioni dei lavoratori impegnati
in luoghi dove possono formarsi atmosfere esplosive.
1.2. Istruzioni scritte e autorizzazione al lavoro.
Ove stabilito dal documento sulla protezione contro
le esplosioni:
a) il lavoro nelle aree a rischio si effettua secondo
le istruzioni scritte impartite dal datore di lavoro;
b) è applicato un sistema di autorizzazioni al lavoro
per le attività pericolose e per le attività che possono diventare pericolose
quando interferiscono con altre operazioni di lavoro.
Le autorizzazioni al lavoro sono rilasciate prima dell'inizio
dei lavori da una persona abilitata a farlo.
2. Misure di protezione contro le esplosioni.
2.1. Fughe e emissioni, intenzionali o no, di gas, vapori,
nebbie o polveri combustibili che possano dar luogo a rischi di esplosioni
sono opportunamente deviate o rimosse verso un luogo sicuro o, se ciò non
è realizzabile, contenuti in modo sicuro, o resi adeguatamente sicuri con
altri metodi appropriati.
2.2. Qualora l'atmosfera esplosiva contenga più tipi
di gas, vapori, nebbie o polveri infiammabili o combustibili, le misure di
protezione devono essere programmate per il massimo pericolo possibile.
2.3. Per la prevenzione dei rischi di accensione, conformemente
all'articolo 289, si tiene conto anche delle scariche elettrostatiche che
provengono dai lavoratori o dall'ambiente di lavoro che agiscono come elementi
portatori di carica o generatori di carica. I lavoratori sono dotati di adeguati
indumenti di lavoro fabbricati con materiali che non producono scariche elettrostatiche
che possano causare l'accensione di atmosfere esplosive.
2.4. Impianti, attrezzature, sistemi di protezione e
tutti i loro dispositivi di collegamento sono posti in servizio soltanto se
dal documento sulla protezione contro le esplosioni risulta che possono essere
utilizzati senza rischio in un'atmosfera esplosiva. Ciò vale anche per attrezzature
di lavoro e relativi dispositivi di collegamento che non sono apparecchi o
sistemi di protezione ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica
23 marzo 1998, n. 126, qualora possano rappresentare un pericolo di accensione
unicamente per il fatto di essere incorporati in un impianto. Vanno adottate
le misure necessarie per evitare il rischio di confusione tra i dispositivi
di collegamento.
2.5. Si devono prendere tutte le misure necessarie per
garantire che le attrezzature di lavoro con i loro dispositivi di collegamento
a disposizione dei lavoratori, nonchè la struttura del luogo di lavoro siano
state progettate, costruite, montate, installate, tenute in efficienza e utilizzate
in modo tale da ridurre al minimo i rischi di esplosione e, se questa dovesse
verificarsi, si possa controllarne o ridurne al minimo la propagazione all'interno
del luogo di lavoro e dell'attrezzatura. Per detti luoghi di lavoro si adottano
le misure necessarie per ridurre al minimo gli effetti sanitari di una esplosione
sui lavoratori.
2.6. Se del caso, i lavoratori sono avvertiti con dispositivi
ottici e acustici e allontanati prima che le condizioni per un'esplosione
siano raggiunte.
2.7. Ove stabilito dal documento sulla protezione contro
le esplosioni, sono forniti e mantenuti in servizio sistemi di evacuazione
per garantire che in caso di pericolo i lavoratori possano allontanarsi rapidamente
e in modo sicuro dai luoghi pericolosi.
2.8. Anteriormente all'utilizzazione per la prima volta
di luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possano formarsi atmosfere
esplosive, è verificata la sicurezza dell'intero impianto per quanto riguarda
le esplosioni. Tutte le condizioni necessarie a garantire protezione contro
le esplosioni sono mantenute. La verifica del mantenimento di dette condizioni
è effettuata da persone che, per la loro esperienza e formazione professionale,
sono competenti nel campo della protezione contro le esplosioni.
2.9. Qualora risulti necessario dalla valutazione del
rischio:
a) deve essere possibile, quando una interruzione di
energia elettrica può dar luogo a rischi supplementari, assicurare la continuità
del funzionamento in sicurezza degli apparecchi e dei sistemi di protezione,
indipendentemente dal resto dell'impianto in caso della predetta interruzione;
b) gli apparecchi e sistemi di protezione a funzionamento
automatico che si discostano dalle condizioni di funzionamento previste devono
poter essere disinseriti manualmente, purchè ciò non comprometta la sicurezza.
Questo tipo di interventi deve essere eseguito solo da personale competente;
c) in caso di arresto di emergenza, l'energia accumulata
deve essere dissipata nel modo più rapido e sicuro possibile o isolata in
modo da non costituire più una fonte di pericolo.
2.10. Nel caso di impiego di esplosivi è consentito,
nella zona 0 o zona 20 solo l'uso di esplosivi di sicurezza antigrisutosi,
dichiarati tali dal fabbricante e classificati nell'elenco di cui agli articoli
42 e 43 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 320.
L'accensione delle mine deve essere fatta elettricamente dall'esterno. Tutto
il personale deve essere fatto uscire dal sotterraneo durante la fase di accensione
delle mine.
2.11. Qualora venga rilevata in qualsiasi luogo sotterraneo
una concentrazione di gas infiammabile o esplodente superiore all'1 per cento
in volume rispetto all'aria, con tendenza all'aumento, e non sia possibile,
mediante la ventilazione o con altri mezzi idonei, evitare l'aumento della
percentuale dei gas oltre il limite sopraindicato, tutto il personale deve
essere fatto sollecitamente uscire dal sotterraneo. Analogo provvedimento
deve essere adottato in caso di irruzione massiva di gas.
2.12. Qualora non sia possibile assicurare le condizioni
di sicurezza previste dal punto precedente possono essere eseguiti in sotterraneo
solo i lavori strettamente necessari per bonificare l'ambiente dal gas e quelli
indispensabili e indifferibili per ripristinare la stabilità delle armature
degli scavi. Detti lavori devono essere affidati a personale esperto numericamente
limitato, provvisto dei necessari mezzi di protezione, comprendenti in ogni
caso l'autoprotettore, i quali non devono essere prelevati dalla dotazione
prevista dall'articolo 101 del decreto del Presidente della Repubblica n.
320 del 1956 per le squadre di salvataggio.
B. CRITERI PER LA SCELTA DEGLI APPARECCHI E
DEI SISTEMI DI PROTEZIONE.
Qualora il documento sulla protezione contro le esplosioni
basato sulla valutazione del rischio non preveda altrimenti, in tutte le aree
in cui possono formarsi atmosfere esplosive sono impiegati apparecchi e sistemi
di protezione conformi alle categorie di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 23 marzo 1998, n. 126.
In particolare, in tali aree sono impiegate le seguenti
categorie di apparecchi, purchè adatti, a seconda dei casi, a gas, vapori
o nebbie e/o polveri:
- nella zona 0 o nella zona 20, apparecchi di categoria
1;
- nella zona 1 o nella zona 21, apparecchi di categoria
1 o di categoria 2;
- nella zona 2 o nella zona 22, apparecchi di categoria
1, 2 o 3.
Allegato LI (articolo 293, comma
3) - Segnale di avvertimento per indicare le aree in cui possono formarsi
atmosfere esplosive
Area in cui puo' formarsi un'atmosfera esplosiva